Episodio 2.24

Episodio 2.24

Chiudiamo oggi la lunga e doverosa parentesi con cui ci siamo allontanati dal filo conduttore del libro di Céline Lafontaine L’empire cibernetique (dalla macchina per pensare al pensiero macchina), per introdurre nel filo del discorso l’Internazionale Situazionista, e torniamo al punto in cui eravamo rimasti: la comparsa sulla scena di taluni pensatori, ahinoi tutt’oggi ancora in auge, che non solo hanno innestato nel pensiero filosofico e socio-politico europeo le idee cibernetiche di fine del soggetto e della storia, di morte dell’Uomo e onnipotenza del Sistema, ma hanno incarnato tanto il recupero delle istanze contestatarie (se non già rivoluzionarie) quanto il disinnesco delle loro potenzialità sovversive nell’acqua di colonia ideologica, sguazzando tra carriere accademiche e salotti culturali, tra partiti e gruppuscoli gauchistes.

Primo fra tutti, ma come vedremo in allegra compagnia della fitta schiera di king’s men, quel Michel Foucault ancora oggi letto, studiato, tracopiato, clonato e talvolta venerato da molte persone che, pensando di combattere il Sistema, si affidano alle armi sputate di chi ha contribuito se non ad edificarlo quanto meno a sostenerlo e rafforzarlo. Questa casta di sinistri intellettuali – già smascherati e bollati dall’I.S. come “cibernetici” (“Lettera a un cibernetico”, n° 9) – e chi ne ha raccolto il testimone, continua ancor oggi a replicare idee magniloquenti quanto insulse, eppure di gran moda e griffate con il marchio French Theory, dando una grossa mano al Sistema nel gettare un cortina fumogena di confusione sistematica, anche negli ambienti radicali: si va da biopolitica a decostruzione, dispositivo, razializzazione, cognitariato passando per attraversamenti, riappropriazioni culturali e molte altre parole d’ordine, tra cui il terribile post-anarchismo, che nascono già come parole dell’ordine. Di questo magma concettuale, lontano dal vissuto comune e terreno di specialismi, dove il linguaggio tortuoso dissimula l’aridità del pensiero, o meglio, la sua totale assenza, gli umani ancora desiderosi di rimanere tali e in incombente pericolo di estinzione – epistemologica e reale – non sanno proprio davvero che farsene.

Non a caso l’I.S., definitasi “corpo anti-gerarchico costituito da anti-specialisti”, aveva intuito già negli anni ’60 – remando in senso opposto al flusso degli enunciati dei pensatori integrati – uno dei fulcri della questione, e cioè che «tutti gli aspetti dello sviluppo tecnico nella società presente, e innanzitutto i mezzi cosiddetti di comunicazione, sono orientati verso il massimo isolamento passivo degli individui, verso il loro controllo tramite un “collegamento diretto e permanente” a senso unico, con le incitazioni senza replica diffuse da ogni sorta di leader.» (“La tecnica dell’isolamento”, n° 9).

E ora, all’arrembaggio, ciurma dei folli! A dritta contro il vascello fantasma dei post-corsari: da spietati cannibali ne faremo un banchetto, e getteremo le loro ossa nel deserto della critica.

 

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Sommario Ep. 2.24

  • Introduzione
  • Biblioteca anarchica Disordine – Ci hanno rubato la notte
  • Simone Weil, Riflessioni sulle cause della libertà e dell’oppressione sociale (1934)
  • Bergteufel – Il mondo a distanza: Su pandemia, 5G, materialità rimossa del digitale e l’orizzonte di un controllo totalitario – Seconda parte
  • VacciniMegamix11
  • Caro no vax, stai sbagliando tutto
  • L’informazione di TeleLecco-Canale69: Spot del Ministero della Verità
  • Simone Weil, Riflessioni sulle cause della libertà e dell’oppressione sociale (1934)

 

Riferimenti Ep 2.24

  • Phil Dadson and From Scratch, Pacific 3, 2, 1 ZERO (1980-86)
  • Timo Boll vs. KUKA Robot, The Revenge (2015)
  • Speed Caravan, Kalashnik Love, (Kalashnik Love, 2008)
  • Jo Privat, Sa préférée (1945)
  • Jablkon, Smuteční tanec (Danse Macabre) (Devátá vlna, 1988)
  • Dj Spooky That Subliminal Kid, Sound Check (with Sb Dub) e Journey (Paraspace Mix) (Necropolis: The Dialogic Project, 1996)
  • Crystal Distortion, Jack Goes To Toyland (Perce Oreille Vol. 2/4, 2007)
  • Joe Rossi, Czardas (1925-42)
  • Guerino, Idyle inconsciente (1933)
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Episodio 2.23

Episodio 2.23

Non è nostra intenzione dipingere l’Internazionale Situazionista come la paladina della lotta contro il progressivo instaurarsi del predominio industrial-tecno-scientifico, dato che ha avuto – in particolar modo agli inizi – un approccio tutt’altro che luddista al problema della tecnica. Non nasconderemo perciò le sue contraddizioni. Già nel primo numero del bollettino dell’IS del giugno ’58, in I situazionisti e l’automazione Asger Jorn sottolineava: «L’automazione contiene due prospettive opposte: toglie all’individuo ogni possibilità di aggiungere qualcosa di personale alla produzione automatizzata (…) e nello stesso tempo economizza energie umane liberate massivamente dalle attività riproduttive e non creative.»

Posizione ribadita nel giungo ’60 sul bollettino n° 4, nel testo a firma redazionale intitolato Manifesto: «L’automazione della produzione e la socializzazione dei beni vitali ridurranno sempre di più il lavoro come necessità esterna, e daranno infine la libertà completa all’individuo. Liberato così da ogni responsabilità economica, liberato da tutti i suoi debiti e le sue colpe verso il passato e gli altri, l’uomo avrà a disposizione un nuovo plusvalore, incalcolabile in denaro perché impossibile da ridurre a misura del lavoro salariato: il valore del gioco, della vita liberamente costruita.»

Figlia del proprio tempo, la loro prospettiva rifletteva un ottimismo nei confronti del progresso della tecnica all’epoca rintracciabile – con rare eccezioni – un po’ dappertutto; eppure, al tempo stesso, l’IS manteneva uno sguardo lucido e critico sulle basi ideologiche, come sulle applicazioni pratiche, dell’incombente società informazionista, tanto nei paesi a capitalismo avanzato quanto nei regimi burocratici comunisti, nel campo del potere come tra le fila della contestazione. Sul bollettino n° 10 del ’66, infatti, Jean Garnault precisava: «La concezione cibernetica del superamento della filosofia va di pari passo con il suo sogno di ricostruire, sulla base della società dello spettacolo, il paradiso perduto delle società unitarie, arricchendolo di due millenni di progresso nell’alienazione sociale. Questi sogni rivelano il carattere sperimentale nascosto e mistificato di quelle società: esse non hai mai tratto la loro unità che dalla repressione. In un reale interamente ridotto al quantitativo, dominato integralmente dal principio di identità, senza che la minima particella di contestazione venga a minacciare il suo equilibrio, il vecchio sproloquio filosofico-economico diventerebbe infatti inutile. Queste fantasie trovano d’altronde talvolta un embrione di realizzazione pratica, sempre esemplarmente rivelatore. L’ospedale di Richmond, in Virginia, ha messo a punto una “Isola di vita” per grandi ustionati. Si tratta di una gigantesca bolla di plastica tenuta libera da ogni germe. All’interno gli ustionati, dopo la completa decontaminazione, sono sistemati in un’atmosfera presterilizzata. “Nessuna claustrofobia: l’Isola di vita è trasparente”, scrive Paris Match. Aspettando che un conflitto nucleare fornisca a quest’opera filantropica i clienti che si merita, questa società edifica l’immagine delle condizioni che essa impone: la sopravvivenza nell’isolamento controllato.» (Le strutture elementari della reificazione)

 

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Sommario Ep. 2.23

  • Introduzione
  • Vaccelerazione (La recherche en vitesse, la recherche de vitesse, tradotto da Mutation (ce que signifie accélérer), Pièces et main d’oeuvre, 22 febbraio 2021). Tratto da IL ROVESCIO – cronache dallo stato d’emergenza.
  • Totò e i vaccini
  • Bergteufel – Il mondo a distanza: Su pandemia, 5G, materialità rimossa del digitale e l’orizzonte di un controllo totalitario – Prima parte
  • CarognaVirus (RadioNeanderthal) – “Aiutiamoci a casa loro”
  • VacciniMegamix10

 

Riferimenti Ep 2.23

  • The Orkustra, Flash Gordon e Freeform Improvisation (While Wat) (Adventures In Experimental Electric Orchestra From The San Francisco Psychedelic Underground 1966/67, 2009)
  • Mattarelli e Draghi alla giornatadellamemoria18marzo; cacofonie; Crozza su Draghi
  • Albert Ayler, Drudgery, Music Is The Healing Force Of The Universe (1969)
  • Danny Boyle, Trainspottting (1996)
  • Alessandro Benvenuti, Ad ovest di Paperino (1981)
  • RAI, “Io sono… Italia
  • Kina, Nessun fiore (Irreale realtà, 1985)
  • Neri Parenti, Pappa e ciccia (1983)
  • Dj Spooky That Subliminal Kid, Intro e Sistrum (Graphene) (Necropolis: The Dialogic Project, 1996)
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Episodio 2.22

Episodio 2.22

Nel numero del 1966 della loro rivista (I.S. n° 10), i situazionisti tornano sulla critica del linguaggio e abbozzano un progetto – peraltro mai realizzato – di contro / dizionario nel tentativo di liberare le parole e il loro senso dalla prigionia patita nei regimi autoritari dell’epoca, capitalisti come socialisti. L’intervento, a firma di Mustapha Khayati, si intitola Le parole prigioniere e di seguito ne proponiamo ampi stralci.

«È impossibile sbarazzarsi di un mondo senza sbarazzarsi del lin­guaggio che lo nasconde e lo garantisce, senza mettere a nudo la sua verità. Come il potere è la menzogna permanente e la “verità sociale”, il linguaggio ne è la garanzia permanente, e il Dizionario il suo rife­rimento universale. (…) Il fatto è che il linguaggio è la dimora del potere, il rifugio della sua violenza poliziesca. Ogni dialogo con il potere è violenza, subita o provocata. Quando il potere risparmia l’u­so delle armi, è al linguaggio che affida la cura di conservare l’ordine oppressivo. (…) Passare dalle parole alle idee, non è che un passo; sempre su­perato dal potere e dai suoi pensatori. Tutte le teorie del linguaggio, dal misticismo demente dell’essere fino alla suprema razionalità (op­pressiva) della macchina cibernetica, appartengono ad un solo e me­desimo mondo, vale a dire il discorso del potere, considerato come il solo ambito di riferimento possibile, come la mediazione universale. (…) La critica del linguaggio dominante, il suo deturnamento, diventerà la pratica permanente della nuova teoria rivoluzionaria. Poiché ogni senso nuovo è chiamato controsenso dalle autorità, i situazionisti instaureranno la legittimità del controsenso, e denun­ceranno l’impostura del senso garantito e dato dal potere. Poiché il dizionario è il guardiano del senso esistente, noi ci proponiamo di distruggerlo sistematicamente. La sostituzione del dizionario, del padrone della parola (e del pensiero) di tutto il linguaggio ereditato ed addomesticato, troverà espressione adeguata nell’infiltrazione ri­voluzionaria del linguaggio, nel deturnamento.

Dal suo avvento, la borghesia trionfante ha sognato una lingua universale, che i cibernetici cercano oggi di realizzare elettronicamente. Cartesio sognava una lingua (antenata della neolingua) dove i pensieri si susseguissero come i numeri, con un rigore matematico: la “mathesis universalis” o l’eternità delle ca­tegorie borghesi. Gli Enciclopedisti che sognavano (sotto il potere feudale) “definizioni così rigorose che la tirannia non saprebbe ser­virsene”, preparavano l’eternità del potere futuro, come ultima ratio del mondo, della storia.

Là dove il potere separato prende il posto dell’azione autonoma delle masse, quindi là dove la burocrazia s’impadronisce della dire­zione di tutti gli aspetti della vita sociale, attacca il linguaggio e riduce la sua poesia alla volgare prosa della sua informazione. La burocra­zia si appropria del linguaggio, privatizzandolo come tutto il resto, e l’impone alle masse. Il linguaggio ha allora il compito di comunicare i suoi messaggi e contenere il suo pensiero: è il supporto materiale della sua ideologia. Che il linguaggio sia prima di tutto un mezzo di comunicazione tra gli uomini, la burocrazia lo ignora. Siccome ogni comunicazione passa attraverso di essa, gli uomini non hanno nem­meno più bisogno di parlarsi: devono prima di tutto assumere il loro ruolo di ricettori, nella rete di comunicazione informazionista alla quale è ridotta tutta la società, ricettori di ordini da eseguire.

Il declino del pensiero radicale accresce considerevolmente il potere delle parole, le parole del potere. (… ) Le parole forgiate dalla critica rivoluzionaria sono come le armi dei partigiani, abbandonate su un campo di bat­taglia: passano alla controrivoluzione; e come i prigionieri di guerra, sono sottoposte al regime di lavori forzati. I nostri nemici più imme­diati sono i sostenitori della falsa critica, i suoi funzionari autorizzati. La separazione tra la teoria e la pratica fornisce la base centrale del recupero, della pietrificazione della teoria rivoluzionaria in ideologia, che trasforma le esigenze pratiche reali (i cui indici di realizzazione esistono già nella società attuale) in sistemi d’idee, in esigenze della ragione.

Noi rifiutiamo ogni autorità, linguistica o di altro tipo: solo la vita reale permette un senso, e solo la prassi lo verifica. La polemica sulla realtà o la non-realtà del senso di una pa­rola, isolata dalla pratica, è una questione puramente scolastica. Noi collochiamo il nostro dizionario in questa regione libertaria che sfug­ge ancora al potere, ma che è la sua sola erede universale possibile.»

 

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Sommario Ep. 2.22

 

Riferimenti Ep 2.22

  • Throbbing Gristle, tracce 2 e 4 da Heathen Earth (live, 1980)
  • Terry Jones, Brian di Nazareth (1979)
  • Orkestra Obsolete, Blue Monday (BBC, 2016)
  • Redux, Roll On (Expressillon 606, 2011)
  • La Ligne Maginot, Cafe Kastanie (La Ligne Maginot, 2011)
  • La Caravane Passe, Romance de Fabian (Velkom Plechti!, 2007)
  • Les Troublamours, Le Crabe Tambourin (Ama L’Acqua, 2007)
  • MC Fioti, Vacina Butantan – Remix Bum Bum Tam Tam (KondZilla) 2021
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Episodio 2.21

Episodio 2.21

Prima di addentrarci nella polemica di Lefebvre contro gli strutturalisti, facciamo uno scalo per approfondire proprio la questione delle critiche mosse alla cibernetica. Celine Lafontaine, infatti, non ha ancora accennato – per motivi di spazio e forse di pertinenza – a quelle voci contrarie agli sviluppi tecno-scientifici del dopoguerra, che erano davvero molte e di provenienza la più disparata (Anders, Arendt, Charbonneau, Ellul, Mumford e la lista potrebbe continuare a lungo), e che inseriremo qua e là nel prosieguo del racconto.

Ma una delle primissime critiche mosse in maniera diretta alla cibernetica viene dall’Internazionale Situazionista, a torto bollata in modo sbrigativo come favorevole a priori alla tecnologia e all’automazione, ma che in realtà già nei primi anni ’60 aveva individuato nella cibernetica una nuova forma di espressione materiale del potere, così come nel linguaggio il veicolo principale della sua diffusione.

La critica di questo linguaggio colonizzato dall’informatica sarà opera della poesia divenuta rivoluzionaria, perché ogni rivoluzione è nata nella poesia e si fa innanzitutto con la forza della poesia. Contrari all’idea di un sistema totale da cui è impossibile sfuggire, già da allora i situazionisti invitavano a contrastare l’informazione ufficiale e ad organizzare il pensiero libero nella prospettiva di una clandestinità che sarà (chissà ) incontrollabile dalle tecniche di polizia informatica.

Questi sono alcuni passaggi tratti dal bollettino n° 8 dell’IS del gennaio 1963:

ALL THE KING’S MEN – «Il problema del linguaggio è al centro di tutte le lotte per l’a­bolizione o il mantenimento dell’alienazione presente; inseparabile dall’insieme del terreno di queste lotte. Viviamo nel linguaggio come nell’aria viziata. Contrariamente a ciò che pensano le persone di spi­rito, le parole non giocano. Non fanno l’amore, come credeva Breton, salvo che in sogno. Le parole lavorano, per conto dell’organizzazio­ne dominante della vita. E ciononostante, non sono robotizzate; a dispetto dei teorici dell’informazione, le parole non sono di per se stesse “informazioniste”: alcune forze si manifestano in esse o pos­sono scombinare i calcoli. (…) Sotto il controllo del potere, il linguaggio designa sempre altro dal vissuto autentico. È precisamente in questo punto che ri­siede la possibilità di una contestazione completa. La confusione è divenuta tale, nell’organizzazione del linguaggio, che la comunica­zione imposta dal potere si svela come un’impostura e un imbro­glio. Invano un embrione di potere cibernetico si sforza di collocare il linguaggio alle dipendenze delle macchine che controlla, in modo che l’informazione sia ormai la sola comunicazione possibile. (…) Il potere vive di ricettazione. Non crea niente, recupera. Se cre­asse il senso delle parole, non ci sarebbe poesia, ma vi sarebbero soltanto delle “informazioni” utili. Non ci si potrebbe mai opporre nel linguaggio, e ogni rifiuto sarebbe esterno. Ora, cos’è la poesia se non il momento rivoluzionario del lin­guaggio, inseparabile in quanto tale dai momenti rivoluzionari della storia, e della storia della vita personale? La presa di possesso del linguaggio da parte del potere è assi­milabile al suo impadronirsi della totalità. Solo il linguaggio che ab­bia perso ogni riferimento con la totalità può fondare l’informazione. L’informazione è la poesia del potere (la contropoesia del manteni­mento dell’ordine), è il trucco mediatizzato di ciò che è. Al contrario, la poesia deve essere capita in quanto comunicazione immediata nel reale e modificazione reale di questo reale. Non è altro che il lin­guaggio liberato, il linguaggio che riacquista la propria ricchezza e, spezzandone i segni, ricopre insieme le parole, la musica, le grida, i gesti, la pittura, la matematica, i fatti. (…) gli informazionisti si sono messi a combattere tutte le “ri­dondanze” della libertà per trasmettere semplicemente degli ordini. I pensatori dell’automatizzazione mirano esplicitamente ad un pensie­ro teorico automatico, attraverso la fissazione ed eliminazione delle variabili nella vita come nel linguaggio. (…) i pensatori informazionisti si comportano da grossolani precursori dei brevetti per il futuro che hanno scelto, e che sono per l’appunto quelli che modellano le forze dominanti della società attuale: il rafforzamento dello Stato ciberne­tico.»

 

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Sommario Ep. 2.21

 

Riferimenti Ep 2.21

  • Officine Schwartz, Il dio macchina ha voluto il caos (Stoccaggio, armonia e meccanica, 1983/1994)
  • Thelonious Monk, Don’t Blame Me (live in Danimarca, aprile 1966)
  • Light bearer, Armoury Choir (Lapsus, 2011)
  • Uutai Olena, Blessing of Nature (live in Sacha/Jacuzia)
  • Arab Strap, Screaming in the Trees (The Red Thread, 2011)
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Episodio 2.20

Episodio 2.20

A questo punto delle cronache dall’Impero cibernetico è necessaria una breve pausa, le acque si fanno più agitate e qualcosa si muove all’orizzonte. Dopo aver ripercorso le principali tappe delle cibernetica, al di là dell’Atlantico prima, in Europa e soprattutto in area francofona poi, giunti agli anni ’60 del Novecento dobbiamo introdurre un paio di novità decisamente rilevanti.

Dalle torri d’avorio della pura teoria, degli specialisti rinchiusi nei propri ambiti limitati, un po’ alla volta la cibernetica comincia a permeare la cultura, la società, la politica, anche laddove – per sincera ignoranza o per calcolo strategico – la discendenza dalle idee di Wiener and company non veniva palesemente ammessa. È proprio nella prima metà degli anni ’60 che la cibernetica fa capolino tanto nella teoria socio-politica quanto nella critica radicale che le viene rivolta, e i due protagonisti di questa fase sono entrambi francesi, il filosofo Michel Foucault e il sociologo Henri Lefebvre.

Sebbene complessa e non del tutto riducibile a esso, l’opera di Foucault partecipa al paradigma informatico nella misura in cui, a suo avviso, l’intrecciarsi dei discorsi diventa il fondamento stesso dell’ordine sociale. Sebbene non parli mai apertamente  di cibernetica, il suo debito nei confronti dello strutturalismo è manifesto, come ammette lo stesso Foucault in un’intervista del 1966: «Il punto di rottura è da collocare il giorno in cui Lévi-Strauss per le società e Lacan per l’inconscio ci hanno dimostrato che il senso è soltanto un effetto di superficie, un luccichio, una schiuma; e che ciò che ci attraversa profondamente, ciò che ci preesiste, ciò che ci sostiene nel tempo e nello spazio, è il sistema».

 

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Sommario Ep. 2.20

 

Riferimenti Ep 2.20

  • Jean Barraqué, Séquence (1950-1955) (Soprano: Joséphine Nendrick)
  • Light bearer, Primum Movens, (Lapsus, 2011)
  • ASTRONAVE: Coro dell’Armata Rossa “Aleksandrov”, Kalinka / Riadattamento di Ivan Baranov, ЕСТЬ у революции начало (YEST’ u revolyutsii nachalo – “C’è una rivoluzione in corso”) di Vano Muradeli, 1967 / Remix 1917-2017, И вновь продолжается бой, (I vnov’ prodolzhayetsya boy, “La battaglia continua ancora”) conosciuta anche come “Lenin è di nuovo giovane”, musica di Aleksandra Pakhmutova e testo di Nikolai Dobronravov, 1974 / Clara Rockmore (con Nadia Reisenberg), The Swan, di Camille Saint-Saëns (Theremin, 1977) / La battaglia continua ancora, versione metal / Vladimir Majakovski, Vladimir Il’itch Lenin
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Episodio 2.19

Episodio 2.19

Nel suo continuo tentativo di distruggere il “mito” dell’autonomia individuale, Jacques Lacan riconosce all’essere umano uno status unicamente “trans-soggettivo”. A suo dire la scoperta fondamentale di Freud è stata quella di una soggettività che andava oltre l’ambito dell’“organizzazione individuale”. Questa soggettività “trans-individuale”, definita da Lacan «sistemi organizzati di simboli», non coincide con i “sistemi di relazioni comunicative” elaborati da Bateson?

Al di là delle profonde divergenze teoriche che li separano, entrambi condividono un’idea totalizzante dell’ordine sociale, dove l’individuo è pura mediazione. Quindi non sorprende che, come il soggetto cibernetico, anche il suo omologo strutturale sia sprovvisto di interiorità nel senso proprio del termine. Precisando che ai suoi occhi «l’individuale e il collettivo sono assolutamente la stessa cosa», Lacan caratterizza l’essere umano «per il fatto che i suoi organi sono esterni a esso».

Al contrario di Freud, secondo cui le pulsioni istintuali «sono indice di un mondo interiore» e radicalmente separate dalla realtà sociale, Lacan concepisce il desiderio umano unicamente nel suo rapporto con l’Altro, con l’universo simbolico della mediazione.

Il soggetto lacaniano, de-biologizzato, non possiede alcuna interiorità nel senso in cui lo intende la tradizione umanista: senza essere reversibile come nel pensiero cibernetico, è un “essere vuoto”, sempre decentrato.

 

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Sommario Ep. 2.19

  • Introduzione
  • Michel de Montaigne, Saggi, Libro 2, capitolo 37 (1580)
  • MAD NEWS 24 – Il teleradiogiornale della Nave dei folli (3° episodio)
  • Giorgio Cesarano, Manuale di sopravvivenza

 

Riferimenti Ep 2.19

  • Coil, Penetralia + Ravenous (Horse Rotorvator, 1986)
  • Mel Brooks, Frankenstein Junior (1974)
  • Fabritio Carosio (1527-1605 circa), Ballo del fiore
  • Paul O’Dette, varie tracce dall’album Alla Venetiana – Early 16th Century Venetian Lute Music (1999)
  • The Ex & Tom Cora, One-liner from China (And The Weathermen Shrug Their Shoulders (1993)
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Episodio 2.18

Episodio 2.18

Concepito come pura finzione, secondo Lacan il soggetto esiste unicamente nell’orizzonte dell’ordine simbolico che lo determina, allo stesso modo di un circuito cibernetico. Lo fa intendere quando dice che l’inconscio è il discorso dell’altro, ma non tanto di un altro “astratto”, quanto «il discorso del circuito in cui sono integrato», circuito che corrisponde a quello delle «porte cibernetizzate» il cui concatenamento combinatorio funziona al di là di qualunque soggettività.

Per comprendere quanto detto bisogna tener presente che Lacan definisce la cibernetica come «una scienza della sintassi»; e ricordando che la linguistica strutturale assegna il primato alla sintassi, e un ruolo determinante al significante, si giunge alla conclusione che in Lacan il simbolico è una trasposizione del modello cibernetico. Per lui è indubbio che, «attraverso la cibernetica, il simbolo s’incarna in un apparecchio. E s’incarna in modo letteralmente trans-soggettivo.»

Questa incarnazione macchinica del simbolo mette in luce l’opposizione radicale tra simbolico e immaginario: se quest’ultimo è luogo dell’illusione, il simbolico è lo spazio di mediazione entro cui si organizza la cultura umana. Restituendo, tramite le combinazioni binarie, autonomia al simbolico la cibernetica tocca i fondamenti stessi della cultura umana pretendendo che «l’uomo non sia più padrone a casa propria.» Dunque, secondo Lacan il simbolico s’imporrebbe al soggetto dall’esterno, seguendo le stesse combinazioni matematiche individuate da Levi-Strauss. Che questa idea sia nettamente anti-umanista non è sfuggita al celebre psicanalista francese: infatti, secondo Lacan, «Freud non è un umanista».

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Sommario Ep. 2.18

  • Introduzione
  • Una piccola amica della campagna emiliana che interpreta Aragorn del Signore degli anelli, in risposta a Elon Musk e Neuralink.
  • KOMBUCHA – Rubrica di autogestione della salute della Nave dei Folli (K5) Thomas Cowan, “La febbre nei bambini” tratto da: www.westonaprice.org • Leggi PDF • Vai alla pagina di Kombucha
  • I PERICOLI DEI NEGAZIONISTI – Miniserie che promuove Progresso e Verità – 5
  • VacciniMegamix5
  • Woody Allen, Il dormiglione (1973)

Riferimenti Ep 2.18

  • Okay Temiz, Cay Elinden (Zikir, 1979)
  • Pan de Capazo, Monjes argelinos (Ni, 2004)
  • Explosions in the Sky, (All of a Sudden I Miss Everyone, 2007)
  • Psalters, Diggers All, (Ch. VII – Carry the Bones 2011)
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Episodio 2.17

Episodio 2.17

Come per Bateson e colleghi la terapia sistemica punta a ristabilire nel paziente il buon funzionamento del sistema di comunicazione, secondo Jacques Lacan la psicanalisi ha come missione far tornare il soggetto nel girone del simbolico: lo psicanalista, come lo sciamano di Levi-Strauss, ha il compito di arginare la frattura esistente tra l’individuo e l’ordine simbolico. Basandosi sull’arbitrarietà del segno, la psicanalisi lacaniana cerca di rimettere in scena il soggetto all’interno del mito moderno della scienza, basandosi principalmente sulla struttura linguistica dell’inconscio. Come ricorda Borch-Jacobsen in Lacan, le maître absolu, «la differenza tra Lacan e gli psicanalisti americani fustigati per il loro human engineering (…) risiede unicamente nel fatto che questi ultimi concepiscono la società come una realtà a cui l’ego deve conformarsi, mentre Lacan la concepisce, come Levi-Strauss, nella sua natura simbolica: ciò a cui il soggetto deve conformarsi è una pura convenzione arbitraria, un puro e semplice contratto linguistico».

Eppure la cura proposta da Lacan ricorda sotto molti aspetti il percorso terapeutico portato avanti dal gruppo di Palo Alto. Nella misura in cui entrambi presuppongono un intervento nell’ordine del discorso, è possibile avvicinare le tecniche di manipolazione linguistica preconizzate dagli americani e la punteggiatura analitica proposta da Lacan. Si può rintracciare una certa vicinanza di spirito tra il concetto lacaniano di “parola piena”, o parola simbolica, e la nozione batesoniana di metacomunicazione. Dirà Lacan: «Anche se non si comunica nulla, il discorso rappresenta l’esistenza della comunicazione; anche se nega l’evidenza, afferma che la parola costituisce verità; anche se è destinato ad ingannare, specula sulla fede nella testimonianza». (“Funzione e campo della parola e del linguaggio in psicoanalisi”, Relazione del Congresso di Roma tenutosi presso l’Istituto di Psicologia dell’università di Roma il 26 e 27 settembre 1953).

Lacan si era già avvicinato a Bateson nel seminario dell’anno 1953-54, interamente sotto il segno della cibernetica e delle macchine calcolatrici, e aveva esposto le sue idee nella famosa Conferenza di Roma del 1953, quando aveva dato il via alla rifondazione del freudismo sulla base della triade immaginario-simbolico-reale, oltre ad esporre la sua idea secondo cui l’inconscio è strutturato come un linguaggio. Ed è qui che appare più chiaramente l’impronta informatica del suo pensiero: «la funzione simbolica costituisce un universo all’interno del quale tutto ciò che è umano deve ordinarsi», a cui aggiunge che «il mondo simbolico, è il mondo della macchina». Adoperando come esempio le macchine cibernetiche, Lacan riconduce, né più né meno, la parola al codice informatico, e così descrive la soggettività: «è per il fatto di essere impegnato in un gioco di simboli (…) che l’uomo è un soggetto decentrato. Ed è proprio sulla base di questo stesso gioco, questo mondo, che la macchina è costruita. Le macchine più complicate non sono fatte che di parole.»

 

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Sommario Ep. 2.17

  • Addio, Ivan…
  • Introduzione
  • Giornata europea della protezione dei dati 2021 – Convegno “Privacy e neurodiritti: la persona al tempo delle neuroscienze” , 28 gennaio 2021. Intervento di Pasquale Stanzione, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali
  • Alex Fusaro, Lezioni on line
  • Il futuro dei ristortanti
  • I PERICOLI DEI NEGAZIONISTI – Miniserie che promuove Progresso e Verità – 4

Riferimenti Ep 2.17

  • Fabrizio de Andrè, Quello che non ho (Fabrizio de Andrè, 1981)
  • Sun Ra and his Arkestra, Blues At Midnight (Jazz In Silhouette, 1958)
  • Andrej Tarkovskij, Stalker (1979)
  • John Cage, Quietly Flowing Along – Estate (String Quartet in Four Parts, 1950)
  • Les Anarchistes, The mask of anarchy (Figli di origine oscura, 2002)
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Episodio 2.16

Episodio 2.16

Se nella teoria di Levi-Strauss l’inconscio occupa un posto centrale, è l’importazione del modello strutturale in psicanalisi che farà emergere l’influenza della cibernetica sul pensiero francese del dopoguerra. E ancora una volta sarà la casualità di un incontro a essere fondamentale, sia quello tra Levi-Strauss e Jacques Lacan a una cena organizzata a casa di Alexandre Koyré nel 1949, sia quando l’anno successivo Levi-Strauss presenterà a Lacan il linguista Jakobson. Nel solco di questi due incontri germoglierà la rilettura lacaniana di Freud.

Sulla base della teoria del simbolico elaborata da Levi-Strauss, negli anni del dopoguerra Lacan darà inizio a una rilettura completa della psicanalisi, e liberare quest’ultima dalla sua impronta biologica sarà uno dei suoi principali obiettivi. Se l’inconscio freudiano è di natura psichica, dinamica e affettiva, mosso nel suo complesso dalla pulsione, quello di Lacan prenderà la forma di una struttura linguistica esterna a qualunque realtà fisiologica.

In un testo programmatico, “L’istanza della lettera nell’inconscio, o la ragione dopo Freud” del 1957, allorché sostiene che «l’inconscio non è affatto primordiale, né istintuale, e di elementare non conosce che gli elementi significanti», Lacan si colloca nel prolungamento dello strutturalismo levistraussiano secondo il quale «i simboli sono più reali di ciò che simbolizzano, e il significante precede e determina il significato». L’inconscio passa così dallo statuto di rifugio psichico pulsionale, dai profondi abissi dell’interiorità dove Freud l’aveva collocato, a quello di luogo vuoto destinato unicamente agli scambi simbolici.

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Sommario Ep. 2.16

  • Introduzione
  • Poesia anonima di Whyrnal
  • KOMBUCHA – Rubrica di autogestione della salute della Nave dei Folli – Natasha Campbell Mc-Bride, “Benedici il tuo raffreddore”, tratto da Gut and Physiology Syndrome (2020) • Leggi PDF • Vai alla pagina di Kombucha
  • Radiogiornale dell’Istituto Duce
  • SLAUGHTERBOTS – I ROBOT DEL MASSACRO (Micro Drones Killer Arms Robots) – VIDEO

Riferimenti Ep 2.16

  • Bobby Beausoleil, Tar Pit (7, 2001)
  • Coil, Are You Shivering (Musick to Play in the Dark, 1999)
  • Jessika Kenney & Eyvind Kang, Orcus Pellicano / Figura Nox (Aestuarium, 2011)
  • Rozette, Disinfect (2020)
  • Einstürzende Neubauten, Kalte sterne (Kalte sterne – Early recordings, 1981)
  • Manuel Gottsching, Echo Waves (Inventions For Electric Guitar, 1975)
  • Bob Dylan, Masters Of War (Freewheelin’ Bob Dylan, 1963)
Link alla puntata su Radio Blackout

Episodio 2.15

Episodio 2.15

Distinguendo tra subconscio e inconscio, Levi-Strauss assegna al primo il ruolo di «riserva dei ricordi e delle immagini collezionate nel corso di una vita», mentre il secondo è un luogo vuoto, «tanto estraneo alle immagini quanto lo stomaco agli alimenti che lo attraversano». Unica funzione dell’inconscio è quella di imporre leggi strutturali, cosa che permette di dare un senso al concetto di memoria sub-cosciente. Come Bateson anche Levi-Strauss elimina completamente ogni affetto e considera i fenomeni inconsci unicamente sotto aspetti socio-cognitivi, legati alla comunicazione.

Mentre l’approccio di Palo Alto ruota attorno a un modello interattivo, in cui le strutture sono pensate in termini di immanenza e contestualità, Levi-Strauss poggia il suo modello teorico sul postulato di una trascendenza delle categorie dello spirito umano. Dietro l’inconscio strutturalista si delineano strutture intellettuali universali, la cui decodifica permette il dispiegamento di una logica combinatoria, mentre la “scatola nera” di Bateson contiene i codici culturali necessari all’interpretazione contestuale dei flussi comunicativi.

Nell’uno come nell’altro approccio, il risultato è la cacciata dal proprio orizzonte del soggetto libero e autonomo dell’umanesimo.

 

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Sommario Ep. 2.15

 

Riferimenti Ep 2.15

  • Hedningarna, Viktorin (Kaksi!, 1992)
  • Demetrio Stratos, Le Sirene, (Cantare la voce, 1978)
  • Marco Brambilla, Demolition Man (1993)
  • Okay Temiz, Sufi Dream; Yihhuu; Duri; Landscape (Yihhuu, 2007)
  • Grand Funk Railroad, People, Let’s Stop The War (E Pluribus Funk, 1971) (TESTO)
Link alla puntata su Radio Blackout