Episodio 2.29

Episodio 2.29

La prima parte di Posizionamento: Contro i tecnocrati di Henri Lefebvre, libro pubblicato in francese nel 1967 e mai tradotto in italiano, intitolata “TECNICITÀ E QUOTIDIANITÀ. Frammenti di un manifesto del Possibile”, prosegue con alcune riflessioni sull’oggetto-re di allora, l’automobile, per approdare a uno dei temi più cari all’autore de Il diritto alla città, l’urbanistica. Egli dichiara più volte di essere favorevole al progresso, dunque non si può certo bollarlo come un retrogrado reazionario; ciò che gli interessa è il trattamento riservato all’essere umano, e nel caso della città sottolinea come le si stiano sventrando per lasciar spazio ai flussi del traffico. Per Lefebvre, «che ciò si definisce “urbanesimo” altro non è che un insieme troppo coerente – un sistema – di permessi e limitazioni che servono a mantenere un’attività essenzialmente al livello dello stretto minimo tecnico. Tutto ciò riducendo una situazione e un’attività, l’abitare, a una realtà brutalmente materiale, l’habitat

Al termine di questo secondo capitolo, “I miti della tecnocrazia”, Lefebvre arriva all’argomento del titolo presentandoci una riflessione che è, anche e forse ancora oggi, di drammatica attualità.

«Pare che le persone cosiddette di destra, o “reazionarie”, pensano che ci siano due specie di tecnocrati, quelli buoni e quelli cattivi, quelli benefici e quelli pericolosi; questi ultimi sarebbero “di sinistra” o addirittura di obbedienza comunista. Avrebbero in serbo una riserva di idee perverse, distruttrici della sana tradizione, dei souvenir di una volta, delle norme della società francese, sotto la copertura delle tecnologie. Peraltro è possibile che questa tendenza di destra si attenui. Anche se la sinistra attuale morisse e se l’ideologia di destra come tale scomparisse, la “destra”, invece, rimane. Le persone di destra restano ciò che erano: sono quelle che restano tale quali erano. Hanno perduto da tempo la capacità di creare ideologie e miti. La “sinistra” le ha sostituite in questa attività, sebbene di questi tempi poco produttivi questa sinistra sogna il suo passato e non riesce nemmeno a fare autocritica. Riconoscibile anche se mascherata, la vecchia “destra” è lì pronta a raccogliere le macerie dell’ideologia di sinistra. L’immagine del tecnocrate proviene da quest’ultima. La sinistra pare convinta che il regno della tecnica verrà grazie a lei. A suo dire, gli uomini di destra che promettono l’efficacia tecnica non vogliono e non possono mantenere le loro promesse: pianificazione, soddisfacimento dei bisogni sociali, razionalizzazione della vita sociale, internazionale e nazionale, ecc. Sta alla sinistra organizzare l’ingresso nella terra promessa. Le due “tendenze” sono nei fatti d’accordo su una rappresentazione: il mito della tecnocrazia. Motivo per cui niente assomiglia di più all’immagine di un “tecnocrate di sinistra” quanto quella di un “tecnocrate di destra”. In quanto ai tecnocrati reali, questa confusione gli permette di manovrare, di tendere da una parte, poi dall’altra, di superare a modo loro l’opposizione (secondo loro antiquata) tra sinistra e destra, in nome del primato della tecnica. Abbiamo parecchie buone ragioni per pensare che nemmeno la sinistra cosiddetta “rivoluzionaria” o “comunista” sfugga al mito della tecnocrazia. È perfino sensibile, a causa dell’influenza sovietica, al prestigio della pianificazione autoritaria, e a certe “sovra-determinazioni” ideologiche (il dogmatismo nell’interpretazione marxista).

Sulla tecnica in sé, possiamo essere certi che simultaneamente:

a) tende a chiudere la società e a bloccare l’uomo (nello specifico con la cibernetica, che porta a termine il “cosmo” della quantità e la quantificazione del cosmo!). La tecnicità diventa ossessiva e di conseguenza determinante. Invade il pensiero e l’azione, a cui detta la linea;

b) minaccia di distruzione questo mondo ostruito, questo cosmo chiuso, dove l’unico possibile si riduce al funzionamento automatico e alla strutturazione di un equilibrio perfetto; depreda il mondo e può arrivare fino in fondo a queste predazioni con l’annientamento nucleare.

c) apre al Possibile, a patto che sia investito nel quotidiano.

Dunque essa [la tecnica] è ciò che chiude e che apre la via d’uscita, che oscura oppure scopre l’orizzonte. In quanto all’ideologia, quella dei tecnocrati, quella dei sociologi che parlano della società tecnica, blocca l’insieme; maschera le contraddizioni (nello specifico quella tra la chiusura di una società immobilizzata dalle strutture di equilibrio, e l’aperura di una società verso il possibile attraverso la contestazione e l’effervescenza). Cosa ci vuole per dissipare le ideologie e i miti? Tempo. Delusioni. Esperienze e prove. Contrattacchi teorici. Audacia e pazienza, virtù rivoluzionarie. Se è vero che nel corso del secolo l’etica e l’estetica del lavoro, l’ideologia del lavoro e del lavoratore, la filosofia dell’attività produttiva e della creazione ci hanno ingannato, se è esatto che c’è stato uno spostamento massiccio di affettività e di attività (senza parlare degli spostamenti materiali) verso i divertimenti, se è giusto affermare che questi divertimenti preparano nuove delusioni e frustrazioni, verso cosa si andranno ben presto a rivolgere le attenzioni e le speranze?» (Henri Lefebvre, I miti della tecnocrazia)

 

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Sommario Ep. 2.29

  • Introduzione
  • Istrixistrix, All’arrembaggio del mal francese (2019)
  • Andrà tutto, bene o male… con l’mRNA – VIDEO
  • PRONTO VIRUS?
  • I bianchi, gli ebrei e Hourria Bouteldja: amore rivoluzionario?
  • Il mondo a distanza: Su pandemia, 5G, materialità rimossa del digitale e l’orizzonte di un controllo totalitario – Sesta parte: “Liberi dal lavoro?”
  • Vogliamo cambiare la vita intera: omaggio ai Provos

 

Riferimenti Ep 2.29

  • Jean Dubuffet, Pleure et Applaudit (1961)
  • Les Troublamours, L’Homme De Cromatique (Ama L’acqua, 2007)
  • Checco Zalone, Immunità di gregge (2020)
  • Elio (2021)
  • Istituto Peyron Re Umberto I di Torino, Andrà tutto bene (giugno 2020)
  • Truce Baldazzi, Andrà tutto male (2021)
  • Beppe Grillo (1998)
  • Terry Jones, Brian di Nazareth (1979)
  • Sin Dios, Somos así (live inedito a El Paso, 2001) – Testo tradotto
  • Dj Spooky That Subliminal Kid, Byzar Prologue + Joe Nation – Zvona (Voda Mix) + Heterotopian Trace + Joe Nation Prologue (Necropolis: The Dialogic Project, 1996)
  • Robert Jasper Grootveld (1966)
  • Tomorrow, My White Bicycle (1967)
Link alla puntata su Radio Blackout

Messaggio nella bottiglia

La Nave dei Folli è tornata su Radio Blackout (martedì, ore 12-13), l’episodio 28 è andato in onda martedi 4 maggio.

Non è chiaro il motivo della settimana di sospensione; inoltre, dopo la redazione di Blackout del 19 aprile, La Nave dei Folli si è ufficialmente tolta dalla stessa e si limiterà ad inviare la puntata ogni martedì.

Domani, martedi 11 maggio, andrà in onda il 29esimo episodio.

 

Episodio 2.28

Episodio 2.28

Appena terminato di montare l’episodio siamo venuti a conoscenza di un triste fatto: proprio mentre la Repubblica italiana abolisce (nel 2021!) la censura cinematografica, la redazione di Radio Blackout ha “sospeso” la nostra trasmissione (assieme ad un’altra, “Spessore“) pare per blasfemia. A presto aggiornamenti.

 

Celine Lafontaine conclude il passaggio del suo libro dedicato alla polemica contro il cyber-strutturalismo lanciata da Lefebvre ricordando come quest’ultimo, con grande anticipo sui tempi, punti il dito contro il trionfo della macchina, «l’ossessione del comunicabile» e la riduzione della soggettività a informazione. Oltre ad associare a livello teorico lo strutturalismo alla cibernetica, il ritratto che abbozza del cybernantropo in un certo senso anticipa il sistemismo e la seconda cibernetica che si affermeranno con forza a metà degli anni ’70.

Per Lefebvre «il cybernantropo si definisce come un organismo complesso che obbedisce a leggi semplici (sforzo minimo, economia, ecc.) e dispone di un sistema integrante e integrato di sistemi parziali autoregolatori con cui costituisce un tutt’uno (il sistema nervoso, quello osseo, ghiandolare, digestivo, respiratorio, ecc.)». Antenato del cyborg e del post-umano, il cybernantropo che continua a diffondersi in Occidente costituisce, secondo Lefebvre, una concreta minaccia per la specie umana.

Ma ora allontaniamoci di nuovo dal cammino di Lafontaine e addentriamoci nel testo di Lefebvre, partendo dal primo capitolo di Position: contre le technocrates.

«Da qualche tempo è possibile che nella stampa vi siate imbattuti in un’espressione curiosa, accompagnata da commenti non meno sorprendenti. Dei signori intelligenti e competenti vi spiegano come la produzione nel suo insieme trarrà beneficio dalle ricerche applicate a razzi e missili. È chiaro che i dispositivi più potenti o i meglio miniaturizzati saranno sempre riservati alle aziende più grandi: esplorazione dello spazio, distruzione nucleare. Eppure qualche “ricaduta della tecnica” passerebbe inevitabilmente nell’industria che lavora per i consumatori.

Il tetro humor di questo parallelismo tra “ricadute” della tecnicità d’avanguardia e le “ricadute” delle particelle radioattive avrà forse impedito a queste riflessioni di ricevere quell’accoglienza che manca di rado alle idee che passano per nuove? Senza aver sollevato proteste, la formula è scomparsa; legittima una situazione difficile da accettare fin da quando è stata formulata.

Noi (noi chi? Ciascuno degli uomini responsabili oppure no? Per il momento lasciamo da parte la questione…), gettiamo nell’abisso strabilianti risorse in termini umani, di mezzi materiali, ricchezze e conoscenze. Con quale obiettivo? Per preparare l’arma assoluta e per constatare che la Luna è un mucchio di sassi. L’avventura planetaria, interplanetaria, galattica inebria le genti della Terra, affascinandole. Essa maschera loro al tempo stesso il pericolo, il terrore in cui vivono e l’abbandono. Perdono di vista l’umile superficie del globo, tranne quando i loro interessi ce li riportano. In entrambi i casi, trascurano ciò che Nietzsche chiamava il Senso della Terra. Ne hanno perso il contatto. Questi nuovi poteri – l’avventura, il prestigio – sono già stati delegati a un’infima minoranza, i Cosmonauti, i Saggi dello spazio, simili a delle divinità dell’Olimpo, a degli Idoli e a degli uomini che detengono il potere. Rinuncia e abdicazione che s’aggiungono alle molte altre, testimonianze di una rivoluzione possibile e finora abortita. La società nel suo insieme, coscienza e rapporti sociali, non ottiene un principio di sviluppo dalle sue opere più mirabili. La vita propriamente sociale stagna, regredisce, sprofonda nella palude del quotidiano, sotto cui si agitano dei miraggi “culturali”. Nel frattempo la produzione materiale si accresce e la tecnica si perfeziona. Questa stravolge i suoi stessi quadri: i suoi risultati si allontanano nella stratosfera per poi ritornare verso la terra nel modo più minaccioso. E noi beneficiamo solamente di qualche “ricaduta”…

Ciò significa che bisogna tarpare le ali all’immaginazione, all’avventura cosmica? Che bisogna riportare le potenze dell’azione e della conoscenza, oltre al potere politico, al livello della trivialità, del buon senso e del “benessere”? No. Eppure un ordine di priorità s’impone.

È strano che nessuno abbia proclamato pubblicamente, foss’anche in modo poco altisonante: “Nessuna prodezza cosmica fintanto che sulla terra milioni di esseri umani patiscono la fame! Nessuna risorsa colossale gettata al vento dello spazio finché non siano stati risolti i problemi di città e campagne terrestri!” Che tale ordine di priorità non sia stato nemmeno enunciato, che nulla di tutto ciò figuri nei programmi politici che si vogliono audaci, non è forse il sintomo più grave della crisi di quello che continuiamo a chiamare “socialismo” e di quello pseudo-concetto che non possiamo più sostenere né rinnegare, ovvero l’umanesimo? Le masse umane che si lasciano affascinare dalle prodezze spaziali rivivono, in condizioni nuove, un fenomeno religioso. Forse riscoprono, in piena incoscienza (etnologi, antropologi, sociologi, psicologi trascurano questa ammirevole incoscienza, mentre al tempo stesso prendono in considerazione con tanto diletto “l’inconscio”), il fatto religioso per eccellenza. Queste masse sacrificano. Cosa sacrificano? Il loro passaggio dal compiuto al possibile, dalla loro condizione alla felicità. La loro ascensione. A cosa? Davanti a quale altare si consuma il sacrificio? Nell’infinito cosmico percepito confusamente, che lo si chiami o meno “Dio”. E cosa si sacrifica? Vittime designate, preparate: come presso gli Aztechi queste vittime adorate – da quando si incamminano verso la cerimonia a quando ne ritornano – sono elevate al rango di divinità. Gli eroi raggiungono nella ridicola grandezza i Cantori, le Vedette, i Potenti. Masse gigantesche s’immolano con le loro delusioni, privazioni e frustrazioni, espiando le loro più giuste richieste sull’altare di divinità inaccessibili, mediatrici tra la terra e l’universo. Il rito non si svolge più, sanguinoso, sui gradini dei templi del Sole. Missili e rampe di lancio hanno sostituito gli splendidi monumenti. Non si strappa più il cuore alle vittime. È alle folle di spettatori che vengono strappati i sensi. La tecnicità più stupefacente s’accompagna così a una strana religiosità. Assistiamo alla crescita di una religione del Cosmo che traspare tanto dal feticismo per i segni zodiacali quanto dall’adorazione per i cosmonauti. Essa ha come rivale una religiosità dell’Eros non meno affascinante e delirante. D’altronde è chiaro che il vecchio termine “alienazione” (religiosa, ideologica, politica) è debole per descrivere questa situazione al tempo stesso mostruosa e normalizzata, intollerabile e tollerata, opprimente ma che passa inosservata.

Abbassiamo i nostri occhi e il nostro pensiero su ciò che ci circonda. Non lasciamo che il nostro sguardo si smarrisca. Ritorniamo alla superficie, quella della terra, quella dei nostri corpi. E da lì proviamo a ridiscendere, non verso le profondità abissali ma verso la carne e il sangue. Facciamoci passare la sbornia. Basta con la fanta-umanità (anche se la fantascienza ha molto da insegnarci). Prendiamo in considerazione il nostro micro-cosmo. Sta male. Dietro un’apparenza sfavillante, sta andando in rovina. Non soltanto in Asia e Africa, ma proprio intorno a noi e sotto la nostra pelle. Tutto procede come se i padroni del Cosmo dovessero, un giorno non troppo lontano, abbandonare questa nave che affonda – la Terra – per un pianeta riuscito meglio, il tutto tra gli applausi dei naufraghi. Tutto procede come se la specie umana ammettesse il proprio insuccesso e si dichiarasse oramai perduta, assieme alla sua dimora, la Terra. Se l’umanità abortisce, se si moltiplicano i segni del grande Fallimento, sta al pensiero lucido trarne la lezione.» (Henri Lefebvre, Le ricadute della tecnica)

 

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Sommario Ep. 2.28

  • Introduzione
  • Cronache dal XX secolo – Seconda puntata: “La conquista dello spazio”, di Sergio Spina, testo Andrea Barbato (Rai, 1965)
  • Agricoltura e Droni (Tg3 Pixel, 17/4/2021)
  • Il mondo a distanza: Su pandemia, 5G, materialità rimossa del digitale e l’orizzonte di un controllo totalitario – Quinta parte: “Il modo più sicuro per prevedere un comportamento è predeterminarlo”
  • PRONTO VIRUS?
  • VacciniMegamix13
  • “Ben strano il mondo…” – Prinz Eugen, Torino

 

Riferimenti Ep 2.28

  • Terry Jones, Brian di Nazareth (1979)
  • CCCP Fedeli alla Linea, Punk Islam (live a D.O.C., Raidue, 1988)
  • Wolfgang Petersen, La storia infinita (1984)
  • Iron Butterfly, Iron Butterfly Theme (Galaxy Club, 1967)
  • Grateful Dead, The Same Thing (Live San Francisco, 18 marzo 1967)
  • Nino Ferrer, Viva la campagna (1970)
  • Dj Spooky That Subliminal Kid, Quark Soup + Byzar (Necropolis: The Dialogic Project, 1996)
  • Valsusa Trash Crew, Techno Treno (Corona Virus Edit)
  • Arbat, Improvisations Sur Thèmes Tziganes (Voyage en Tziganie, 2004)
  • Danny Boyle, Trainspotting (1996)
  • IBM MT/St – Tutta roba nostra!
  • Dick Gaughan, The World Turned Upside Down (BBC live, 1982)
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Episodio 2.27

Episodio 2.27

Dunque, per Foucault, dietro la morte dell’uomo e l’annichilimento del significato si delinea l’onnipotenza del sistema, e in questa enfasi del sistema non si riconosce forse l’impronta del modello cibernetico sul suo pensiero? È la questione sollevata dal sociologo francese Henri Lefebvre, ex membro del partito comunista francese ma fuoriuscito nel 1958, allora figura importante del pensiero radicale francese e non solo, nel suo libro del ’67 Position: contre le technocrates. Vers le cybernanthrope.

Secondo Lefebvre, la «valorizzazione del Sistema è un fenomeno sociologico e la negazione della storia un fenomeno storico.» Criticando «l’ideologia dell’inconscio» e la cancellazione del soggetto a profitto del sistema, accusa lo strutturalismo di promuovere un conformismo generalizzato nei riguardi del potere tecnocratico. Frutto di una «ideologia dell’equilibrio», le «strutture avallate da un certo strutturalismo» sono, né più né meno, quelle della società esistente.

Risolutamente ostile al primato accordato al linguaggio, a scapito della storia e del politico, si fa beffe del rigore scientifico rivendicato dagli strutturalisti; ma è l’aver individuato un legame diretto – tanto ideologico quanto teorico – tra costoro e la cibernetica che si rivela ricco di significato. Lefebvre considera sì lo sviluppo dello strutturalismo come un’importazione concettuale americana, resa possibile perché «molti dei social scientist hanno due patrie» – come Jakobson, Levi-Straus, Foucault e Lacan. Ma non come un semplice germoglio della cibernetica, una fredda ripetizione dei suoi concetti di codice, sistemi ed equilibrio: e per designare l’essere normalizzato e tecnicizzato promosso da questo nuovo paradigma, Lefebvre conia il termine cybernantropo.

 

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Sommario Ep. 2.27

  • Introduzione
  • Sieg Heil Elon! Nazi Musk for Future (Tg3 Pixel, 17/4/2021 – Orrore Neuralink: Monkey MindPong)
  • DADAUMPA – Varietà di intrattenimento politico groucho-marxista, a cura della sezione italiana dell’Internazionale DadaUmpista (Première épisode – in anteprima nazionale i primi due singoli mixati dal trapper disobbediente Wumings 0: Artificialità intelligente e Il Sistema sec’èRN).
  • IL BATTITO ININTERROTTO DI GENOVA (I)Radiodramma de LaNavedeiFolli sui fatti del luglio 2001. Personaggi e interpreti: Paolo Villaggio, Luca Casarini, Vittorio Agnoletto, Fausto Bertinotti, Grazia Francescato, marescialla Sbarbaro e maresciallo Nicoula – nel ruolo dei buoni. Detour e Conflictnel ruolo dei cattivi.
  • MAD NEWS 24 – Il teleradiogiornale della Nave dei folli (4° episodio)
  • COMUNICATO DEL COLLETTIVO 325 SULL’ATTACCO REPRESSIVO ALLA CONTROINFORMAZIONE INTERNAZIONALE

 

Riferimenti Ep 2.27

  • The Outsiders, C.Q. (C.Q., 1968)
  • HitlerGangnam Style (2012)
  • Marschlied Reichsmusikzug des Reichsarb, Sieg Heil Viktoria (scritta da Herms Niel nel 1941)
  • Eren Paşa, Sieg Heil Viktoria8 Bit Version (2016)
  • Kramer/Kessler, Pollo e Champagne + Da-da-um-pa (1961)
  • Nendo_Ani, slant-input (Micromusic, Micro_Superstarz, 2000)
  • EPN101, beefing (Micromusic, Micro_Superstarz, 2000)
  • Casadidadi Ens., Dadaumpa BigBeat RMX (2004)
  • Paolo Villaggio, Democrazia Proletaria (Tribuna Politica, 1987)
  • Detour, la canaglia a Genova (2003)
  • Conflict, Carlo Giuliani (2003)
  • CRASS, 10 Notes On A Summer’s Day – Instrumental Mix (1985)
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Episodio 2.26

Episodio 2.26

Prosegue Celine Lafontaine, sempre a proposito di Foucault: «Affermando, in La volontà di sapere, che “il potere non è un’istituzione, e non è una struttura, non è una certa potenza di cui alcuni sarebbero dotati (ma) è il nome che si dà ad una situazione strategica complessa in una società data”, egli partecipa alla logica relazionale propria del modello cibernetico. Non solo il potere ne risulta depoliticizzato, ma il politico diventa un altro modo di fare la guerra; e poco oltre aggiunge come, in questo gioco di relazioni strategiche, lo scarto tra guerra e politica si traduca in una differenza di codifica dei rapporti di forza.

È la stessa logica che anima i rapporti tra potere e resistenza: “Come la trama delle relazioni di potere finisce per formare uno spesso tessuto che attraversa gli apparati e le istituzioni senza localizzarsi esattamente in essi, così la dispersione dei punti di resistenza attraversa le stratificazioni sociali e le unità individuali.” Canalizzato attorno al cosiddetto “dispositivo della sessualità”, il biopotere evidenziato da Foucault annuncia in modo quasi profetico l’avvento dell’era del cyborg e del rimodellamento biotecnologico dei corpi. Si può dire che, in un certo senso, Foucault partecipa teoricamente alla logica che denuncia, rinchiudendo il soggetto nelle reti di relazioni discorsive.

In un’intervista del 1966, Foucault colloca il suo approccio al cuore della rottura epistemologica già avvenuta «il giorno in cui Lévi-Strauss per le società e Lacan per l’inconscio ci hanno mostrato che probabilmente il senso non è che una sorta di effetto di superficie, un luccichio, una schiuma, e ciò che ci attraversa in profondità, che ci preesiste, che ci sostiene nel tempo e nello spazio, è il sistema.»

 

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Sommario Ep. 2.26

 

Riferimenti Ep 2.26

  • Alkinoos Ioannidis, San Mixalis (Neroponti, 2009)
  • Sons of Kemet, In The Castle Of My Skin (Lest We Forget What We Came Here to Do is, 2015)
  • Sons of Kemet, My Queen Is Harriet Tubman (Audio) (Your Queen Is a Reptile, 2018)
  • Sandoz, Scientific Exploitation (Scientific Dancehall Mix) (2002)
  • Dj Spooky That Subliminal Kid, DJ Soulslinger Prologue (Necropolis: The Dialogic Project, 1996)
  • Sepoltura, Jasco (Root, 1996)
  • Sons Of Kemet,  My Queen Is Mamie Phipps Clark (Your Queen Is a Reptile, 2018)
  • Sons Of Kemet, Play Mass + The Long Night Of Octavia Butler (Lest We Forget What We Came Here to Do is, 2015)
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Episodio 2.25

Episodio 2.25

La cibernetica – partorita appena una ventina d’anni prima nei laboratori militari americani, tedeschi, russi, inglesi, dopo essere stata allevata negli States, penetrando progressivamente nelle scienze sociali, e in parallelo esportata in Europa e soprattutto in Francia sotto forma di strutturalismo – col maturare degli anni ’60 è oramai diventata anche una questione politica. Seguendo il filo del discorso de L’impero cibernetico entra ora in scena Foucault, quindi lasciamo la parola a Celine Lafontaine.

«Michel Foucault dice in Archeologia del sapere: “Più d’uno, come faccio senz’altro io, scrive per non avere più volto. Non domandatemi chi sono e non chiedetemi di restare lo stesso…”. Nessun’altro più di lui ha incarnato in modo altrettanto clamoroso l’anti-umanesimo del modello strutturale, il suo rifiuto del soggetto. Inclassificabile tanto per i suoi spostamenti teorici quanto per la vastità degli argomenti affrontati, la sua opera resta comunque attraversata dallo spirito del tempo. Il ruolo predominante che in lui ha la guerra permette un primo accostamento con le origini militari della cibernetica. Profondamente segnato dall’esperienza bellica, dirà in un’intervista nel 1983: “Penso sia il punto di partenza del mio desiderio teorico”.»

«In lui la riflessione sulla guerra è fondamentale, motivo per cui la sua opera ruota attorno a concetti quali strategia, tecniche di potere, rotture, rapporti di forze…: depoliticizzato, decentralizzato e reso totalizzante, questo concetto di potere assomiglia stranamente a quello cibernetico di controllo. Dal macchinario trasparente e globalizzante del Panopticon al dispositivo della sessualità, al centro del suo percorso filosofico c’è sempre il potere, che è ovunque e da nessuna parte, tesse l’insieme dei rapporti sociali senza mai incarnarsi in un centro, quale ad esempio lo Stato. In La volontà di sapere il potere diventa la produzione molteplice di discorsi che modellano il corpo sessuato; e Katherine Hayles ci ricorda come l’idea di una costruzione discorsiva del corpo coincida con lo sviluppo della concezione cibernetica di corpo, appunto, come semplice supporto informatico.»

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Sommario Ep. 2.25

  • Introduzione
  • Marco Rizzo e lo Sputnik: altro che si!
  • L’UTOPIA CAPITALISTA – Ludd, Consigli proletari, Milano, gennaio 1970
  • KOMBUCHA – Rubrica di autogestione della salute della Nave dei Folli (K6) • Io diserto • Vai alla pagina di Kombucha
  • VacciniMegamix12
  • Bergteufel – Il mondo a distanza: Su pandemia, 5G, materialità rimossa del digitale e l’orizzonte di un controllo totalitario – Terza parte

 

Riferimenti Ep 2.25

  • Osamu Kitajima, Masterless Samurai (Masterless Samurai, 1978)
  • Beniamino Gigli, Mamma (1940) + Lenin-Stalin-Remix
  • Roland Kayn, Simultan: Cybernetic Project for 1-5 rooms (1972)
  • Duilio Del Prete, Le talpe (1969)
  • Hespèrion XXI & Jordi Savall, La Follia –  sonata per violino in Re minore, Op. 5, n° 12 di Arcangelo Corelli (Altre Follie, 2005)
  • Dj Spooky That Subliminal Kid, Outtro (Necropolis: The Dialogic Project, 1996)
  • Terry Jones, Il senso della vita (1983)
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Episodio 2.24

Episodio 2.24

Chiudiamo oggi la lunga e doverosa parentesi con cui ci siamo allontanati dal filo conduttore del libro di Céline Lafontaine L’empire cibernetique (dalla macchina per pensare al pensiero macchina), per introdurre nel filo del discorso l’Internazionale Situazionista, e torniamo al punto in cui eravamo rimasti: la comparsa sulla scena di taluni pensatori, ahinoi tutt’oggi ancora in auge, che non solo hanno innestato nel pensiero filosofico e socio-politico europeo le idee cibernetiche di fine del soggetto e della storia, di morte dell’Uomo e onnipotenza del Sistema, ma hanno incarnato tanto il recupero delle istanze contestatarie (se non già rivoluzionarie) quanto il disinnesco delle loro potenzialità sovversive nell’acqua di colonia ideologica, sguazzando tra carriere accademiche e salotti culturali, tra partiti e gruppuscoli gauchistes.

Primo fra tutti, ma come vedremo in allegra compagnia della fitta schiera di king’s men, quel Michel Foucault ancora oggi letto, studiato, tracopiato, clonato e talvolta venerato da molte persone che, pensando di combattere il Sistema, si affidano alle armi sputate di chi ha contribuito se non ad edificarlo quanto meno a sostenerlo e rafforzarlo. Questa casta di sinistri intellettuali – già smascherati e bollati dall’I.S. come “cibernetici” (“Lettera a un cibernetico”, n° 9) – e chi ne ha raccolto il testimone, continua ancor oggi a replicare idee magniloquenti quanto insulse, eppure di gran moda e griffate con il marchio French Theory, dando una grossa mano al Sistema nel gettare un cortina fumogena di confusione sistematica, anche negli ambienti radicali: si va da biopolitica a decostruzione, dispositivo, razializzazione, cognitariato passando per attraversamenti, riappropriazioni culturali e molte altre parole d’ordine, tra cui il terribile post-anarchismo, che nascono già come parole dell’ordine. Di questo magma concettuale, lontano dal vissuto comune e terreno di specialismi, dove il linguaggio tortuoso dissimula l’aridità del pensiero, o meglio, la sua totale assenza, gli umani ancora desiderosi di rimanere tali e in incombente pericolo di estinzione – epistemologica e reale – non sanno proprio davvero che farsene.

Non a caso l’I.S., definitasi “corpo anti-gerarchico costituito da anti-specialisti”, aveva intuito già negli anni ’60 – remando in senso opposto al flusso degli enunciati dei pensatori integrati – uno dei fulcri della questione, e cioè che «tutti gli aspetti dello sviluppo tecnico nella società presente, e innanzitutto i mezzi cosiddetti di comunicazione, sono orientati verso il massimo isolamento passivo degli individui, verso il loro controllo tramite un “collegamento diretto e permanente” a senso unico, con le incitazioni senza replica diffuse da ogni sorta di leader.» (“La tecnica dell’isolamento”, n° 9).

E ora, all’arrembaggio, ciurma dei folli! A dritta contro il vascello fantasma dei post-corsari: da spietati cannibali ne faremo un banchetto, e getteremo le loro ossa nel deserto della critica.

 

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Sommario Ep. 2.24

  • Introduzione
  • Biblioteca anarchica Disordine – Ci hanno rubato la notte
  • Simone Weil, Riflessioni sulle cause della libertà e dell’oppressione sociale (1934)
  • Bergteufel – Il mondo a distanza: Su pandemia, 5G, materialità rimossa del digitale e l’orizzonte di un controllo totalitario – Seconda parte
  • VacciniMegamix11
  • Caro no vax, stai sbagliando tutto
  • L’informazione di TeleLecco-Canale69: Spot del Ministero della Verità
  • Simone Weil, Riflessioni sulle cause della libertà e dell’oppressione sociale (1934)

 

Riferimenti Ep 2.24

  • Phil Dadson and From Scratch, Pacific 3, 2, 1 ZERO (1980-86)
  • Timo Boll vs. KUKA Robot, The Revenge (2015)
  • Speed Caravan, Kalashnik Love, (Kalashnik Love, 2008)
  • Jo Privat, Sa préférée (1945)
  • Jablkon, Smuteční tanec (Danse Macabre) (Devátá vlna, 1988)
  • Dj Spooky That Subliminal Kid, Sound Check (with Sb Dub) e Journey (Paraspace Mix) (Necropolis: The Dialogic Project, 1996)
  • Crystal Distortion, Jack Goes To Toyland (Perce Oreille Vol. 2/4, 2007)
  • Joe Rossi, Czardas (1925-42)
  • Guerino, Idyle inconsciente (1933)
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Episodio 2.23

Episodio 2.23

Non è nostra intenzione dipingere l’Internazionale Situazionista come la paladina della lotta contro il progressivo instaurarsi del predominio industrial-tecno-scientifico, dato che ha avuto – in particolar modo agli inizi – un approccio tutt’altro che luddista al problema della tecnica. Non nasconderemo perciò le sue contraddizioni. Già nel primo numero del bollettino dell’IS del giugno ’58, in I situazionisti e l’automazione Asger Jorn sottolineava: «L’automazione contiene due prospettive opposte: toglie all’individuo ogni possibilità di aggiungere qualcosa di personale alla produzione automatizzata (…) e nello stesso tempo economizza energie umane liberate massivamente dalle attività riproduttive e non creative.»

Posizione ribadita nel giungo ’60 sul bollettino n° 4, nel testo a firma redazionale intitolato Manifesto: «L’automazione della produzione e la socializzazione dei beni vitali ridurranno sempre di più il lavoro come necessità esterna, e daranno infine la libertà completa all’individuo. Liberato così da ogni responsabilità economica, liberato da tutti i suoi debiti e le sue colpe verso il passato e gli altri, l’uomo avrà a disposizione un nuovo plusvalore, incalcolabile in denaro perché impossibile da ridurre a misura del lavoro salariato: il valore del gioco, della vita liberamente costruita.»

Figlia del proprio tempo, la loro prospettiva rifletteva un ottimismo nei confronti del progresso della tecnica all’epoca rintracciabile – con rare eccezioni – un po’ dappertutto; eppure, al tempo stesso, l’IS manteneva uno sguardo lucido e critico sulle basi ideologiche, come sulle applicazioni pratiche, dell’incombente società informazionista, tanto nei paesi a capitalismo avanzato quanto nei regimi burocratici comunisti, nel campo del potere come tra le fila della contestazione. Sul bollettino n° 10 del ’66, infatti, Jean Garnault precisava: «La concezione cibernetica del superamento della filosofia va di pari passo con il suo sogno di ricostruire, sulla base della società dello spettacolo, il paradiso perduto delle società unitarie, arricchendolo di due millenni di progresso nell’alienazione sociale. Questi sogni rivelano il carattere sperimentale nascosto e mistificato di quelle società: esse non hai mai tratto la loro unità che dalla repressione. In un reale interamente ridotto al quantitativo, dominato integralmente dal principio di identità, senza che la minima particella di contestazione venga a minacciare il suo equilibrio, il vecchio sproloquio filosofico-economico diventerebbe infatti inutile. Queste fantasie trovano d’altronde talvolta un embrione di realizzazione pratica, sempre esemplarmente rivelatore. L’ospedale di Richmond, in Virginia, ha messo a punto una “Isola di vita” per grandi ustionati. Si tratta di una gigantesca bolla di plastica tenuta libera da ogni germe. All’interno gli ustionati, dopo la completa decontaminazione, sono sistemati in un’atmosfera presterilizzata. “Nessuna claustrofobia: l’Isola di vita è trasparente”, scrive Paris Match. Aspettando che un conflitto nucleare fornisca a quest’opera filantropica i clienti che si merita, questa società edifica l’immagine delle condizioni che essa impone: la sopravvivenza nell’isolamento controllato.» (Le strutture elementari della reificazione)

 

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Sommario Ep. 2.23

  • Introduzione
  • Vaccelerazione (La recherche en vitesse, la recherche de vitesse, tradotto da Mutation (ce que signifie accélérer), Pièces et main d’oeuvre, 22 febbraio 2021). Tratto da IL ROVESCIO – cronache dallo stato d’emergenza.
  • Totò e i vaccini
  • Bergteufel – Il mondo a distanza: Su pandemia, 5G, materialità rimossa del digitale e l’orizzonte di un controllo totalitario – Prima parte
  • CarognaVirus (RadioNeanderthal) – “Aiutiamoci a casa loro”
  • VacciniMegamix10

 

Riferimenti Ep 2.23

  • The Orkustra, Flash Gordon e Freeform Improvisation (While Wat) (Adventures In Experimental Electric Orchestra From The San Francisco Psychedelic Underground 1966/67, 2009)
  • Mattarelli e Draghi alla giornatadellamemoria18marzo; cacofonie; Crozza su Draghi
  • Albert Ayler, Drudgery, Music Is The Healing Force Of The Universe (1969)
  • Danny Boyle, Trainspottting (1996)
  • Alessandro Benvenuti, Ad ovest di Paperino (1981)
  • RAI, “Io sono… Italia
  • Kina, Nessun fiore (Irreale realtà, 1985)
  • Neri Parenti, Pappa e ciccia (1983)
  • Dj Spooky That Subliminal Kid, Intro e Sistrum (Graphene) (Necropolis: The Dialogic Project, 1996)
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Episodio 2.22

Episodio 2.22

Nel numero del 1966 della loro rivista (I.S. n° 10), i situazionisti tornano sulla critica del linguaggio e abbozzano un progetto – peraltro mai realizzato – di contro / dizionario nel tentativo di liberare le parole e il loro senso dalla prigionia patita nei regimi autoritari dell’epoca, capitalisti come socialisti. L’intervento, a firma di Mustapha Khayati, si intitola Le parole prigioniere e di seguito ne proponiamo ampi stralci.

«È impossibile sbarazzarsi di un mondo senza sbarazzarsi del lin­guaggio che lo nasconde e lo garantisce, senza mettere a nudo la sua verità. Come il potere è la menzogna permanente e la “verità sociale”, il linguaggio ne è la garanzia permanente, e il Dizionario il suo rife­rimento universale. (…) Il fatto è che il linguaggio è la dimora del potere, il rifugio della sua violenza poliziesca. Ogni dialogo con il potere è violenza, subita o provocata. Quando il potere risparmia l’u­so delle armi, è al linguaggio che affida la cura di conservare l’ordine oppressivo. (…) Passare dalle parole alle idee, non è che un passo; sempre su­perato dal potere e dai suoi pensatori. Tutte le teorie del linguaggio, dal misticismo demente dell’essere fino alla suprema razionalità (op­pressiva) della macchina cibernetica, appartengono ad un solo e me­desimo mondo, vale a dire il discorso del potere, considerato come il solo ambito di riferimento possibile, come la mediazione universale. (…) La critica del linguaggio dominante, il suo deturnamento, diventerà la pratica permanente della nuova teoria rivoluzionaria. Poiché ogni senso nuovo è chiamato controsenso dalle autorità, i situazionisti instaureranno la legittimità del controsenso, e denun­ceranno l’impostura del senso garantito e dato dal potere. Poiché il dizionario è il guardiano del senso esistente, noi ci proponiamo di distruggerlo sistematicamente. La sostituzione del dizionario, del padrone della parola (e del pensiero) di tutto il linguaggio ereditato ed addomesticato, troverà espressione adeguata nell’infiltrazione ri­voluzionaria del linguaggio, nel deturnamento.

Dal suo avvento, la borghesia trionfante ha sognato una lingua universale, che i cibernetici cercano oggi di realizzare elettronicamente. Cartesio sognava una lingua (antenata della neolingua) dove i pensieri si susseguissero come i numeri, con un rigore matematico: la “mathesis universalis” o l’eternità delle ca­tegorie borghesi. Gli Enciclopedisti che sognavano (sotto il potere feudale) “definizioni così rigorose che la tirannia non saprebbe ser­virsene”, preparavano l’eternità del potere futuro, come ultima ratio del mondo, della storia.

Là dove il potere separato prende il posto dell’azione autonoma delle masse, quindi là dove la burocrazia s’impadronisce della dire­zione di tutti gli aspetti della vita sociale, attacca il linguaggio e riduce la sua poesia alla volgare prosa della sua informazione. La burocra­zia si appropria del linguaggio, privatizzandolo come tutto il resto, e l’impone alle masse. Il linguaggio ha allora il compito di comunicare i suoi messaggi e contenere il suo pensiero: è il supporto materiale della sua ideologia. Che il linguaggio sia prima di tutto un mezzo di comunicazione tra gli uomini, la burocrazia lo ignora. Siccome ogni comunicazione passa attraverso di essa, gli uomini non hanno nem­meno più bisogno di parlarsi: devono prima di tutto assumere il loro ruolo di ricettori, nella rete di comunicazione informazionista alla quale è ridotta tutta la società, ricettori di ordini da eseguire.

Il declino del pensiero radicale accresce considerevolmente il potere delle parole, le parole del potere. (… ) Le parole forgiate dalla critica rivoluzionaria sono come le armi dei partigiani, abbandonate su un campo di bat­taglia: passano alla controrivoluzione; e come i prigionieri di guerra, sono sottoposte al regime di lavori forzati. I nostri nemici più imme­diati sono i sostenitori della falsa critica, i suoi funzionari autorizzati. La separazione tra la teoria e la pratica fornisce la base centrale del recupero, della pietrificazione della teoria rivoluzionaria in ideologia, che trasforma le esigenze pratiche reali (i cui indici di realizzazione esistono già nella società attuale) in sistemi d’idee, in esigenze della ragione.

Noi rifiutiamo ogni autorità, linguistica o di altro tipo: solo la vita reale permette un senso, e solo la prassi lo verifica. La polemica sulla realtà o la non-realtà del senso di una pa­rola, isolata dalla pratica, è una questione puramente scolastica. Noi collochiamo il nostro dizionario in questa regione libertaria che sfug­ge ancora al potere, ma che è la sua sola erede universale possibile.»

 

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Sommario Ep. 2.22

 

Riferimenti Ep 2.22

  • Throbbing Gristle, tracce 2 e 4 da Heathen Earth (live, 1980)
  • Terry Jones, Brian di Nazareth (1979)
  • Orkestra Obsolete, Blue Monday (BBC, 2016)
  • Redux, Roll On (Expressillon 606, 2011)
  • La Ligne Maginot, Cafe Kastanie (La Ligne Maginot, 2011)
  • La Caravane Passe, Romance de Fabian (Velkom Plechti!, 2007)
  • Les Troublamours, Le Crabe Tambourin (Ama L’Acqua, 2007)
  • MC Fioti, Vacina Butantan – Remix Bum Bum Tam Tam (KondZilla) 2021
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Episodio 2.21

Episodio 2.21

Prima di addentrarci nella polemica di Lefebvre contro gli strutturalisti, facciamo uno scalo per approfondire proprio la questione delle critiche mosse alla cibernetica. Celine Lafontaine, infatti, non ha ancora accennato – per motivi di spazio e forse di pertinenza – a quelle voci contrarie agli sviluppi tecno-scientifici del dopoguerra, che erano davvero molte e di provenienza la più disparata (Anders, Arendt, Charbonneau, Ellul, Mumford e la lista potrebbe continuare a lungo), e che inseriremo qua e là nel prosieguo del racconto.

Ma una delle primissime critiche mosse in maniera diretta alla cibernetica viene dall’Internazionale Situazionista, a torto bollata in modo sbrigativo come favorevole a priori alla tecnologia e all’automazione, ma che in realtà già nei primi anni ’60 aveva individuato nella cibernetica una nuova forma di espressione materiale del potere, così come nel linguaggio il veicolo principale della sua diffusione.

La critica di questo linguaggio colonizzato dall’informatica sarà opera della poesia divenuta rivoluzionaria, perché ogni rivoluzione è nata nella poesia e si fa innanzitutto con la forza della poesia. Contrari all’idea di un sistema totale da cui è impossibile sfuggire, già da allora i situazionisti invitavano a contrastare l’informazione ufficiale e ad organizzare il pensiero libero nella prospettiva di una clandestinità che sarà (chissà ) incontrollabile dalle tecniche di polizia informatica.

Questi sono alcuni passaggi tratti dal bollettino n° 8 dell’IS del gennaio 1963:

ALL THE KING’S MEN – «Il problema del linguaggio è al centro di tutte le lotte per l’a­bolizione o il mantenimento dell’alienazione presente; inseparabile dall’insieme del terreno di queste lotte. Viviamo nel linguaggio come nell’aria viziata. Contrariamente a ciò che pensano le persone di spi­rito, le parole non giocano. Non fanno l’amore, come credeva Breton, salvo che in sogno. Le parole lavorano, per conto dell’organizzazio­ne dominante della vita. E ciononostante, non sono robotizzate; a dispetto dei teorici dell’informazione, le parole non sono di per se stesse “informazioniste”: alcune forze si manifestano in esse o pos­sono scombinare i calcoli. (…) Sotto il controllo del potere, il linguaggio designa sempre altro dal vissuto autentico. È precisamente in questo punto che ri­siede la possibilità di una contestazione completa. La confusione è divenuta tale, nell’organizzazione del linguaggio, che la comunica­zione imposta dal potere si svela come un’impostura e un imbro­glio. Invano un embrione di potere cibernetico si sforza di collocare il linguaggio alle dipendenze delle macchine che controlla, in modo che l’informazione sia ormai la sola comunicazione possibile. (…) Il potere vive di ricettazione. Non crea niente, recupera. Se cre­asse il senso delle parole, non ci sarebbe poesia, ma vi sarebbero soltanto delle “informazioni” utili. Non ci si potrebbe mai opporre nel linguaggio, e ogni rifiuto sarebbe esterno. Ora, cos’è la poesia se non il momento rivoluzionario del lin­guaggio, inseparabile in quanto tale dai momenti rivoluzionari della storia, e della storia della vita personale? La presa di possesso del linguaggio da parte del potere è assi­milabile al suo impadronirsi della totalità. Solo il linguaggio che ab­bia perso ogni riferimento con la totalità può fondare l’informazione. L’informazione è la poesia del potere (la contropoesia del manteni­mento dell’ordine), è il trucco mediatizzato di ciò che è. Al contrario, la poesia deve essere capita in quanto comunicazione immediata nel reale e modificazione reale di questo reale. Non è altro che il lin­guaggio liberato, il linguaggio che riacquista la propria ricchezza e, spezzandone i segni, ricopre insieme le parole, la musica, le grida, i gesti, la pittura, la matematica, i fatti. (…) gli informazionisti si sono messi a combattere tutte le “ri­dondanze” della libertà per trasmettere semplicemente degli ordini. I pensatori dell’automatizzazione mirano esplicitamente ad un pensie­ro teorico automatico, attraverso la fissazione ed eliminazione delle variabili nella vita come nel linguaggio. (…) i pensatori informazionisti si comportano da grossolani precursori dei brevetti per il futuro che hanno scelto, e che sono per l’appunto quelli che modellano le forze dominanti della società attuale: il rafforzamento dello Stato ciberne­tico.»

 

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Sommario Ep. 2.21

 

Riferimenti Ep 2.21

  • Officine Schwartz, Il dio macchina ha voluto il caos (Stoccaggio, armonia e meccanica, 1983/1994)
  • Thelonious Monk, Don’t Blame Me (live in Danimarca, aprile 1966)
  • Light bearer, Armoury Choir (Lapsus, 2011)
  • Uutai Olena, Blessing of Nature (live in Sacha/Jacuzia)
  • Arab Strap, Screaming in the Trees (The Red Thread, 2011)
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