Episodio 4.29

Episodio 4.29

In ricordo di Theodore Kaczynski, ammazzato dal carcere il 10 giugno 2023. Grazie Ted per quello che hai fatto e quello che hai tentato di fare per tentare di fermare o per lo meno rallentare la macchina mostruosa della disumanizzazione scientifico-tecnologico-cratica.

 

Quando ci venne l’idea di cominciare questa trasmissione, poco più di tre anni fa, nel marzo 2020, era appena iniziato il primo confinamento da coronavirus. Volevamo far sentire la nostra voce, ribadire la critica a una società cibernetica totalitaria che imponeva tanto le sue tecnologie quanto le sue farmacologie, e dovevamo farlo subito, senza esitazioni, per contrastare la visione univoca dell’emergenza sanitaria che, unita alla distopia in atto, spingeva ancor più la nostra civiltà tra le braccia meccaniche dell’informatica e della manipolazione biologica, oltre che dell’autoritarismo globalizzato.

Pochi anni prima ci eravamo preoccupati dell’aumento delle costrizioni vaccinali ai danni dei cuccioli umani, ora presagivamo il riproporsi di un simile ricatto questa volta ai danni dell’umanità intera, senza distinzioni di età e condizione di salute. Uno stato di malattia dichiarato unilateralmente, quasi fosse una guerra al vivente, avrebbe non soltanto rappresentato il viatico per ulteriori sviluppi dell’invasione industrial-farmaceutica, ma ancor più sdoganato e portato ad accettare, se non già a invocare, panacee cibernetiche che grazie all’invasione del sistema tecno-scientifico in corso di ampliamento e potenziamento (il famigerato 5G, l’internet delle cose, l’intelligenza artificiale eccetera), avrebbe stretto ancor più le maglie della rete digitale. Una prigione virtuale, ma concreta, che ci avrebbe ingabbiato tutti, ma questa volta con il pretesto dell’essere a fin di bene.

Così, giunto il momento di scegliere come chiamarci, ispirandoci alla parabola scritta da Theodore J. Kaczynski, detto Ted e soprannominato Unabomber dall’FBI, La Nave dei Folli ci parve il titolo più azzeccato, per vari motivi.

Innanzitutto proseguivamo le fila di un discorso che veniva da lontano, perlomeno dagli anni ’90 quando si era affermata una prospettiva di critica radicale alla società industriale, la cui pertinenza e urgenza venivano adesso confermate dagli eventi scaturiti dall’operazione covid-19.

Inoltre la metafora della società vista come un’imbarcazione in rotta verso un destino di inevitabile naufragio ci sembrava calzasse a pennello con la situazione che stavamo vivendo; novelli mozzi, ci proponevamo di lanciare ordini nella tempesta per tentare di salvare questa nave perduta, o quantomeno per cercare affinità e complicità tra chi, come noi, puntava a non cedere ai ricatti dei comandanti di bordo che imponevano leggi, obblighi e restrizioni per poter governare il timone nell’ora del pandemonio.

Infine, lanciavamo il monito di prestare attenzione agli aggiustamenti riformisti che, mirando non tanto a prendere in mano la barra e invertire la direzione di navigazione, quanto a stabilire a bordo condizioni più giuste, eque e politicamente corrette, avrebbero forse migliorato un po’ la sopravvivenza dei passeggeri ma per nulla lo schianto imminente e il lento ma inesorabile inabissamento.

Proprio come accadde al racconto di Ted, anche la nostra Nave dei Folli è stata attaccata da una sinistra ideologia che, passo dopo passo, un cedimento dopo l’altro, ha risucchiato nel gorgo cibernetico anche gran parte del presunto anarchismo. Pure noi, come quei pochi che hanno mantenuto la rotta del pensier libero senza scendere a compromessi con la neo-modernità, come Ted e chi non si piega ai loro diktat e non segue le nuove mode alternative, infamati e calunniati come fascisti, reazionari, tuttofobici, banditi da gran parte dei luoghi del cosiddetto movimento e tenuti alla larga perfino da chi, seppur condividendo almeno in parte le nostre analisi e posizioni, preferisce non schierarsi per timore di doversi accollare l’onere, che per noi è un onore, di arginare la deriva riformista, autoritaria, tecnofila dei sovra-socializzati di sinistra installati nella zona grigia.

Nonostante tutto, malgrado tutti e tutte, siamo ancora qui. In alto i cuori, drizziamo le vele e… all’arrembaggio della società industriale.

 

 

Sommario 4.29

  • Introduzione
  • Dal Manifesto di FC (alias Unabomber) – Punto 230
  • Ted Kaczynski, Un saggio del 1971 (tratto da Ted Kaczynski, Contro la civiltà tecnologica, Nautilus, 2006) – PRIMA PARTE
  • Buon viaggio, Ted

 

Riferimenti 4.29

  • Artificial Memory Trace, Part 1 (Psychetals, 2012)
  • Pere Ubu, Thriller! (Dub Housing, 1978)
  • The Doors, Ship of Fools (Live in New York at Felt Forum, 1970)
  • Massive Attak, Special Case (100th Window, 2003)
  • Martin Stagnaro, Unabomber (Functional Chaos, 2022)
  • Andre Holland, Unabomber (Interstellar Fugitives, 1998)
  • Aidan Baker, Transgenic Two + Aberration One (Aberration, 2017)
  • The Doors, The Crystal Ship (The Doors, 1967)
  • Artificial Memory Trace, Part 1 (Psychetals, 2012)
  • Goo Goo Cluster, The Ballad of Ted Kaczynski (Live 2004)

Episodio 4.28

Episodio 4.28

Il debito di Peter Sloterdijk nei confronti del paradigma cibernetico è reso esplicito nel saggio intitolato “La domesticazione dell’essere” (2000). Qui, dopo una lunga e interessante riflessione sulla auto-formazione dell’uomo, o antropogenesi, in cui riprende alcune intuizioni di Heidegger sull’importanza del luogo della dimora, dell’abitare nel mondo, quella serra che Sloterdijk definisce anche “sfera” in cui si sarebbero presentate le condizioni per l’auto-addomesticamento, nel paragrafo conclusivo introduce il concetto di omeotecnica per provare a spiegare le novità prodotte dall’apparire all’orizzonte dell’umanità delle possibilità offerte dalle manipolazioni genetiche.

Secondo Sloterdijk oramai da tempo si era intuito quel terzo polo che sta tra lo spirito e la materia, tra i pensieri e le cose, tra soggetto e oggetto; ma solamente grazie all’apporto della «cibernetica, in quanto teoria e prassi delle macchine intelligenti, e la moderna biologia, come studio delle unità-sistema-ambiente» è stato possibile produrre «una nuova descrizione dell’“artificiale” e del “naturale”. Sotto la pressione dei nuovi processi, il concetto di “spirito oggettivo” si muta nel principio dell’informazione.» (Peter Sloterdijk, “La domesticazione dell’essere”, in Non siamo ancora stati salvati. Saggi dopo Heidegger, 2004, p. 171)

Dire che “c’è informazione” equivale a dire che ci sono sistemi, memorie, culture, intelligenza artificiale. Il balzo del principio di informazione nella sfera della natura ha fatto venir meno alcune distinzioni come quella tra soggetto e oggetto, io e mondo, individuo e società: perciò «con la presentazione di memorie realmente esistenti e di sistemi auto-organizzatisi, la distinzione metafisica tra natura e cultura diventa casuale, poiché entrambe le parti della distinzione rappresentano solo situazioni regionali dell’informazione e del suo processamento.» (p. 172) Per Sloterdijk siamo dunque di fronte a una revisione di questa separazione storica e tradizionale dell’ente in soggettivo e oggettivo, ponendo «da una parte lo spirituale, ciò che ha a che fare con il sé, l’umano; e dall’altra il cosale, il meccanico, il disumano» (p. 172-173) e definisce signoria l’applicazione pratica di questa distinzione per evidenziare il dominio del primo sul secondo.

Le cose cambiano a partire dal periodo che definisce illuminismo tecnico, quando la costruzione delle macchine, o protetica, fa apparire insostenibile questa partizione perché, come già sottolineato da Gotthard Günther, «attribuisce al soggetto e all’anima una sovrabbondanza di qualità e capacità, che in verità stanno dalla parte del meccanismo, e contemporaneamente nega alle cose o ai materiali una quantità di qualità che esse innegabilmente possiedono a uno sguardo più attento.» Correggendo questi errori tradizionali si comincia perciò a capire «che (e come) la “materia informata” o il meccanismo più sviluppato possono produrre prestazioni parasoggettive, fino a simulare intelligenza progettante, capacità di dialogo, spontaneità e flessibilità.» E viceversa «numerose manifestazioni delle istanze tradizionali di soggettività e di anima, erano solo dei meccanismi sovrainterpretati.» (p. 173)

Con il procedere dell’evoluzione tecnologica, per Sloterdijk la cittadella della soggettività non è più assediata solamente da decostruzioni simboliche (tra cui cita i sistemi mistici e lo yoga, la teologia negativa e l’ironia romantica), ma anche materiali come nel caso della regolazione della sensibilità spirituale con l’aiuto di sostanze psicotrope (sia nel caso delle millenarie culture della droga sia nella più moderna psichiatria occidentale), e ben presto si giungerà alla «introduzione di contenuti di idee e vissuti attraverso sostanze noótrope», conosciuti anche come smart drug, farmaci intelligenti, ovvero sostanze che aumenterebbero le capacità cognitive umane. Tuttavia è nelle tecnologie genetiche che si mostra l’estensione più spettacolare del meccanico al campo soggettivo, che un tempo sembrava autonomo: «la condizione fondamentale per l’irruzione della tecnica nel campo immaginario del “soggetto” o della “persona”, di cui l’uomo ha paura, è da ricercarsi in parte nel fatto che anche dalla parte del cosiddetto oggetto, nella struttura materiale di base del vivente, così come la si trova nei geni, viene trovato qualcosa che è appena concreto, materiale (…) ed è piuttosto una forma di informazione informata e informante, ridotta al minimo di materia. I geni sono, come ci dicono i bio-informatici, nient’altro che dei “comandi” per la sintesi delle molecole proteiche”.» (p. 174)

Come risultato il soggetto non ritrova né sé stesso, come era abituato a rappresentarsi nelle tradizioni morali, né le cose come erano viste tramite la lettura quotidiana del mondo o attraverso l’atteggiamento scientifico, ritrovandosi «di fronte al caso limite dell’antiumanesimo: accade come se nella biotecnica attuale si venisse a creare il contrasto più acuto con il programma umanistico e olimpico del soggetto umano, o della persona spirituale, di appropriarsi del mondo facendone la propria patria e integrando l’esteriorità del mondo nel sé. Oggi sembra piuttosto che il sé debba inabissarsi senza resti nella cosalità ed esteriorità, e lì debba perdersi.» (p. 174-175)

 

 

Sommario 4.28

 

Riferimenti 4.28

  • Faust, Me Lack Space… + So Far + No Harm (So Far, 1972)
  • Ali Farka Touré, Instrumental (The River, 1990)
  • Current 93 & Sigillum S, Maldoror Is Dead (First Incarnation) (Tetragrammaton, 1989)
  • Coil, Opium Hum + Decadent & Symmetrical (Worship The Glitch, 1995)
  • Amon Düül, Haupmotor + Hymn For The Hardcore (Fool Möön, 1989)
  • Hermeto Pasoal, Miscelânia Vanguardista (Eu e Eles, 1999)
  • Gong, Bodilingus + Foolfare + Zeroid + The Invisible Temple + Infinitea (Zero To Infinity, 2000)
  • Michael Cashmore, Flowers Under Snow (Sleep England, 2006)

Episodio 4.27

Episodio 4.27

Come risposta ai suoi numerosi detrattori che l’accusavano di voler riportare in vita i demoni dell’eugenismo, Sloterdijk ha pubblicato su Le Monde un articolo che per molti aspetti è rivelatore di quella che è effettivamente la sua sudditanza ideologica, intitolato “Dal centrismo morbido al rischio di pensare”. Riprendendo la celebre formula di Freud sulle ferite narcisistiche inflitte all’uomo dalla scienza moderna, Sloterdijk introduce l’idea di un nuovo complesso provocato da una sorta di vessazione, di offesa, cibernetico-biotecnica.

«Già nel 1918 Freud aveva espresso il disordine dell’uomo moderno nella sua famosa osservazione sulle tre vessazioni inflitte dalla scienza moderna al narcisismo della specie: la vessazione cosmologica di Copernico, che ha permesso alla Terra di allontanarsi dal centro dell’universo; la vessazione dell’evoluzionismo biologico di Darwin, che ha reso gli esseri umani cugini dei primati; e la vessazione psicoanalitica dello stesso Freud, che ha tolto ai soggetti borghesi l’illusione che il loro Io fosse padrone di sé.» (“Point de vue: du centrisme mou au risque de penser”, Le Monde, 8/10/1999)

Dopo Galileo, Darwin e Freud, l’umano sarebbe perciò di fronte a un nuovo sconvolgimento dei suoi punti di riferimento tramite le biotecnologie. Queste ultime avrebbero come principale conseguenza l’abolizione definitiva delle frontiere tra organismo e macchina, o piuttosto tra gli organismi nati naturalmente e quelli prodotti artificialmente.

«È chiaro: questa serie di vessazioni non è finita, e il presente è attraversato da un violento complesso di vessazioni, che si potrebbero definire cibernetiche-biotecniche. Bruce Mazlish, storico e psicologo americano, ha descritto questa storia come quella della successiva sostituzione delle discontinuità metafisiche con continuità post-metafisiche. Galileo abolì la barriera metafisica tra il mondo terrestre e lo spazio celeste, dimostrando che le stesse leggi naturali continuavano ad applicarsi su entrambi i lati della Luna. Con Darwin, la differenza metafisica tra uomo e animale fu relativizzata e sostituita da un continuum di storia naturale che comprendeva entrambi. Freud, da parte sua, ha perforato le barriere metafisiche che separano i processi coscienti e razionali da quelli inconsci e irrazionali, rivelando anche in questo caso un continuum. È solo quest’ultima differenza metafisicamente codificata che separa l’organismo dalla macchina, o ciò che nasce da ciò che è fatto, che ancora resiste all’irruzione del pensiero del continuum post-metafisico. Nonostante la loro semplicità, queste due parabole parallele hanno una certa capacità di diagnosticare i tempi. Se le combiniamo con le ultime tesi di Foucault sul biopotere moderno, arriviamo a un punto da cui i problemi della condizione umana nello spazio antropotecnico possono essere discussi senza isterismi.» (ibid)

 

 

Sommario 4.27

  • Introduzione
  • Arezzo, i vigili-cyborg e i loro occhiali – VIDEO
  • Prodotti di marcatura codificata TESTO (con Gérald Darmanin, ministro interni francese, RTL, marzo 2023)
  • Piero Angela, l’ologramma e il teletrasporto VIDEO
  • APPELLO AGLI SCIMPANZÉ DEL FUTURO (un estratto dall’ultimo capitolo del Manifesto degli Scimpanzé del futuro, 2017, pubblicato istrixistrix)
  • Il cyborg/“eyeborg” Neil Harbisson diventa direttore d’orchestra (Euronews, 25/3/2014)
  • Schizofrenia Pandemica – TESTO

 

Riferimenti 4.27

  • Balanescu Quartet, Robots (Possessed, 1992)
  • Trilok Gurtu + feat. Oumou Sangaré & Jan Garbarek, Glimpse (Live Muziekcentrum Frits Philips, Eindhoven, 5/11/2008)
  • Mano Negra, This World (Casa Babylon, 1994)
  • Mano Negra, D’abord on est bien ! (après on joue) + Azzero (Out of Time, 2005)
  • Edoardo Bennato, La Torre di Babele (Live RSI, 1979)
  • Kenji Kawai, Chant I – Making of Cyborg (Ghost in the Shell, 1995)
  • Tricky, Escape (Music Inspired by the Motion Picture Ghost In The Shell, 2017)
  • Univers Zero, Mellotronic (Implosion, 2004)
  • Univers Zero, Rouages + Kermesse Atomique (The Hard Quest, 1999)
  • Cyanosis, Addendum (Stave, 1998)
  • One Minute Silence, Pandemic Schizofrenia (Fragmented Armageddon, 2013)

Episodio 4.26

Episodio 4.26

Se la figura del cyborg infesta l’immaginario della fantascienza e del cyberspazio, il suo cugino il postumano fa la sua comparsa ufficiale sulla scena filosofica e politica nel 1999. Lo dimostra la polemica che si scatenò a quei tempi in Germania e in Francia intorno a quel che si è soliti chiamare “l’affare Sloterdijk”. Collegato alla movenza postmoderna, Peter Sloterdijk ha provocato, con la pubblicazione di “Regole per il parco umano”, un vivo dibattito attorno alle trasformazioni dell’umano a opera delle biotecnologie. Redatto nell’ambito di un colloquio consacrato a Heidegger, questo testo ha provocato, per l’ambiguità delle sue affermazioni, grande scompiglio all’interno delle comunità intellettuali tedesca e francese che hanno creduto, a torto, di scorgervi le tracce di una reminiscenza dell’eugenismo nazista. L’analisi di Lafontaine porta invece a inscrivere le argomentazioni di Sloterdijk nella lunga lista dei prolungamenti contemporanei del paradigma cibernetico.

Riportando la cultura umanista alla semplice imposizione da parte di una élite di tutta una serie di testi giudicati essenziali all’«addomesticamento» della gioventù, in “Regole per il parco umano” Sloterdijk afferma che si è occultato il fatto che la società umana è il frutto di un dressage, un addomesticamento appunto, dell’umano da parte dell’umano. Considerando che all’epoca dei mass-media l’umanesimo è definitivamente superato come forma di addomesticamento, intende riaprire la questione dei mezzi adoperati socialmente dall’uomo per auto-addomesticarsi. Riprendendo le parole del Zarathustra di Nietzsche, Sloterdijk vuole aprire una controversia tra i «diversi allevatori e diversi programmi di allevamento». (Peter Sloterdijk, “Regole per il parco umano”, in Non siamo ancora stati salvati. Saggi dopo Heidegger, 2004, p. 257)

Contro l’umanesimo che giudica obsoleto, prende posizione a favore di un auto-addomesticamento antropotecnologico. Senza peraltro difendere una modificazione dell’umano attraverso le biotecnologie, sostiene però che il loro uso è oramai ineluttabile. Basandosi sull’idea che qualunque forma di addomesticamento culturale presuppone una selezione, sviluppa alcune riflessioni che ricava dalla Politica di Platone: «Ciò che Platone afferma per bocca del suo straniero è il programma di una società umanistica che prende corpo in un singolare umanista assoluto, il signore dell’arte pastorale regia. Il compito di questo superumanista non sarebbe altro che la pianificazione delle caratteristiche di una élite che deve venir allevata proprio per volontà della totalità.» (p. 262)

È proprio questa parte che ha destato profonde inquietudini riguardo le sue intenzioni, nonostante Sloterdijk si sia pronunciato sulla necessità di promulgare un codice di condotta in materia di manipolazioni genetiche. Ma per quanto ambigua e interpretabile, la sua posizione è certamente sconcertante. «Qui trova posto il famoso paragone dell’uomo di Stato con il tessitore. Per Platone il fondamento reale e vero dell’arte di governare non sta nel voto dei concittadini, che a loro discrezione danno o sottraggono la fiducia al politico, e non si trova nemmeno tra i privilegi ereditati o le nuove forme di usurpazione del potere. Il signore platonico trova la ragione del suo potere solo in un sapere del governo d’allevamento, e dunque nel sapere di un esperto del tipo più singolare e particolare. Riemerge qui il fantasma di un regno di esperti il cui potere ha come fondamento legale il sapere come gli uomini dovrebbero venire separati e uniti al meglio, senza arrecare danni alla loro libera volontà. L’antropotecnica di governo richiede difatti all’uomo di Stato, che sappia intrecciare l’una con l’altra nel modo più efficace le qualità adatte all’essere-comune degli uomini che si fanno guidare liberamente. Sotto la sua mano il parco uomini ottiene così la sua omeostasi ottimale; ciò accade quando i due rispettivi tipi umani ottimali, caratterizzati da una parte dal coraggio guerresco, dall’altra dalla razionalità filosofico-umana, vengono inseriti in eguale misura nella trama del loro essere-comune.» (p. 261)

 

 

Sommario 4.26

  • Introduzione
  • Henri Laborit e l’inibizione all’azione (da Mio zio d’America)
  • HOMO TECHNOLOGICUS – Utero in affitto, surrogazione di maternità: dalla vita carnale alle piastrine dei laboratori – 6a PARTETESTO
  • Henri Laborit bis
  • RAI Tgr Leonardo, Cina crea virus in laboratorio (novembre 2015)
  • Henri Laborit tris
  • Bill Gates – LA LEZIONE DEL COVID: come prevenire la prossima pandemia? (VI Parte)TESTO
  • Henri Laborit quater
  • Recensione di Simona Regina al libro di Alessandro Delfanti Il magazzino Codice Edizioni (2023), daTutto Libri, supplemento de La Stampa, 6/5/2023

 

Riferimenti 4.26

  • The Cosmic Jockers, Der Planet des Sternenmädchens (Planeten Sit-in, 1974)
  • Alain Resnais, Mio zio d’America (1980)
  • Chris & Cosey With Boyd Rice, Guest + Host = Ghost (Core – A Conspiracy International Project, 1988)
  • Dr. John &The Donald Harrison Band, Mamzelle Zizi (Dr. John Meets Donald Harrison, 2013)
  • Jefferson Airplane, Embryonic Journey (Surrealistic Pillow, 1967)
  • György Ligeti, Volumina (1966)
  • Raised By Owls, Coronavirus Hardcore Song (2020)
  • Thinking Plague, Les Etudes d’Organism (In Extremis, 1998)
  • Matt Elliott / The Third Eye Foundation, Half a Tiger + Are You Still a Cliché? (Little Lost Soul, 2000)

Episodio 4.25

Episodio 4.25

Donna Haraway chiarisce senza mezzi termini quali sono gli ambiti in cui dichiarare guerra all’umano. Nella prospettiva di questa sedicente femminista, adottata in seguito da quasi tutta la sinistra moderata-mente e radical-mente scientista, si dovrebbe annichilire tanto l’origine quanto il destino biologico dell’antropos terrestre, sbarazzandosi di inutili fardelli quali i caratteri sessuali, intrinsecamente ingiusti, il radicamento al mondo e l’incarnazione corporea. «Il cyborg è una creatura di un mondo post-genere: non ha niente da spartire con la bisessualità, la simbiosi pre-edipica, il lavoro non alienato o altre seduzioni di interezza organica ottenute investendo una unità suprema di tutti i poteri delle parti. (…) un sé supremo finalmente libero da ogni forma di dipendenza, un uomo nello spazio.»

Le contraddizioni insite nel punto di vista suo e delle altre voci anti-umane sono schivate come al solito con estrema facilità e superficialità. Se Haraway ammette che «i cyborg sono figli illegittimi del militarismo e del capitalismo patriarcale, per non parlare del socialismo di stato», il problema si risolve a suon di contro-narrazioni: basta dirlo, e crederci, e si risolve tutto. «Ma i figli illegittimi sono spesso estremamente infedeli alle loro origini: i padri, in fondo, non sono essenziali.» Peccato che per la corrente post-umana, tesa allo sviluppo del concepimento in provetta e cullando il sogno dell’ectogenesi, nemmeno la madre sia più necessaria.

Ma quali sono i pilastri su cui si fonda l’approccio disumanizzante, cosa ha reso possibile «questa analisi fantapolitica (politico-scientifica)»? Secondo Haraway si tratta di tre cruciali cedimenti di confine. In primo luogo quello tra animale e umano, abbattuto ripetutamente nella cultura scientifica americana della fine del Ventesimo secolo. Poi, «la seconda distinzione che non regge è quella tra organismo (animale e umano) e macchina. (…) Le macchine di questa fine secolo hanno reso totalmente ambigua la differenza tra naturale e artificiale, mente e corpo, autosviluppo e progettazione esterna nonché molte altre distinzioni che si applicavano a organismi e macchine. Le nostre macchine sono fastidiosamente vivaci, e noi spaventosamente inerti.»

Infine, abbattuto proprio negli anni ’80 in cui scriveva Haraway, dopo il lungo lavoro di erosione compiuto dalla cibernetica a partire dal secondo dopoguerra, il terzo confine è quello tra fisico e non fisico, che perciò non è più tracciabile con precisione, dato che «le macchine moderne, congegni micro-elettronici quintessenziali, sono ovunque, e sono invisibili». Con i computer e le altre creature informatiche si materializza il dominio del linguaggio, che da strumento di comunicazione è poco alla volta diventato codice della vita e stringa di comando. «Il chip di silicio è una superficie di scrittura; è inciso in scala molecolare, disturbato solo dal rumore atomico, interferenza estrema del nucleare. La scrittura, il potere e la tecnologia sono vecchi compagni nei racconti occidentali sulle origini della civiltà, ma la miniaturizzazione ha cambiato la nostra esperienza del meccanismo. La miniaturizzazione si è dimostrata collegata al potere: non è che piccolo è bello, quanto che soprattutto è pericoloso, come un missile Cruise.» (Donna Haraway, Manifesto Cyborg, pp. 41-45)

Per quanto si sforzi di mettere in discussione tutte le dicotomie, «tra mente e corpo, animale e umano, organismo e macchina, pubblico e privato, natura e cultura, uomini e donne, primitivo e civilizzato» (p. 76) il discorso post-umano di sinistra di Haraway poggia su una potente ambiguità, un’ambivalenza o doppia visione. Queste trasgressioni dei confini, le potenti fusioni e le rischiose possibilità che si aprono di fronte ai progressisti grazie allo sviluppo forsennato delle nuove tecnologie, potrebbero condurre in due distinti “mondi cyborg”. Da un lato «l’imposizione finale di una griglia di controllo sul pianeta, l’astrazione finale incarnata in una Guerra stellare apocalittica di “difesa”, l’appropriazione finale del corpo delle donne in un’orgia di guerra maschilista», ma da un altro «il vivere realtà sociali e corporee in cui le persone non temano la loro parentela con macchine e animali insieme, né identità sempre parziali e punti di vista contraddittori». (p. 46)

Non vediamo grande differenza tra questi due mondi. Non resta loro che illudersi di opporsi al dominio capitalista e maschilista che denunciano e sognare «una sorta di società cyborg, dedicata a riconvertire realisticamente i laboratori che rappresentano e vomitano con orgoglio gli strumenti dell’apocalisse tecnologica, e impegnata a costruire una forma politica che riesca realmente a tenere insieme le streghe, gli ingegneri, gli anziani, i pervertiti, i cristiani, le madri e i leninisti abbastanza a lungo da disarmare lo stato.» (p. 76)

La corrente cyber-femminista, che dai laboratori del pensiero, le università, è sfuggita nel reale, oggi si diffonde come un virus tanto nelle alte sfere sociali quanto in ambiti più marginali, infettando le nuove generazioni affasciante da questa possibilità di “riscrittura” delle proprie catene in ali fatate. La linea è stata tracciata: da un lato il cyborg, «sorta di sé postmoderno collettivo e personale, disassemblato e riassemblato», dall’altro umani in carne e ossa che ancora credono nell’autonomia dell’organico e rifiutano di piegarsi al ricatto che vorrebbe convincerli che le «tecnologie della comunicazione e le biotecnologie sono gli strumenti principali per ricostruire i nostri corpi.» (pp. 57-58)

 

 

Sommario 4.25

  • Introduzione
  • Covid, pandemia finita? (Podcast Adkronos, 5/5/3023)
  • HOMO TECHNOLOGICUS – Utero in affitto, surrogazione di maternità: dalla vita carnale alle piastrine dei laboratori – La fiera del bebè5a PARTETESTO
  • L’uccello del malaugurio (Piero Angela da Lucia Annunziata, Mezz’ora in più, 19/12/2021)
  • Il ruolo delle immagini nelle guerre contemporanee – Parte 2: Guerrevisioni)TESTO
  • L’uccello del malaugurio bis

 

Riferimenti 4.25

  • Mamoru Oshii, Ghost In The Shell (1995)
  • Kenji Kawai, Ghost In The Shell – Opening Theme (Live Tokyo, 2017)
  • Kenji Kawai, Ghost In The Shell (Cinema Symphony, Live 2007)
  • Pandemic, It’s A Tough Beat (Tuff Mix) (Slammin, 1991)
  • Primordia, Mother Love II (The Gleaming Eye, 1993)
  • Agonije, Stirpe crudele (parte 1) + Orgasme du temps (Tecnologie del movimento, 1991)
  • Pink Floyd, Intro (Live at Pompei, 1972)
  • Domenico Bini, L’uccello del malaugurio (2022)
  • Camille Saint-Saëns, Danse macabre, Op. 40 (Charles Dutoit & Philharmonia Orchestra, 1981)
  • Rafael Anton Irisarri, Wither (Daydreaming, 2009)
  • Fripp & Eno, Terebellum (The Equatorial Stars, 2004)
  • Domenico Bini, Sta andando tutto male (2019)
  • Sergej Rachmaninoff, L’isola dei morti, Op. 29 (Mikhail Pletnev & Russian National Orchestra, 2000)

 

Episodio 4.24

Episodio 4.24

Dopo molti anni vissuti sottotraccia, negli anni ’80 finalmente la cibernetica e il suo programma di dissoluzione dell’umano vengono pienamente alla luce, in concomitanza con la diffusione planetaria dei personal computer, trovando nell’americana Donna Haraway e nel francese Jean-François Lyotard due tra le voci più entusiaste, unite anche dal fatto di condividere – sulla scia di quello che aveva sottolineato molti anni prima Hannah Arendt – una visione esterna al pianeta Terra. Alla fine del suo Manifesto cyborg, immaginando tutta la “meravigliosa” diversità presente sul pianeta, questa complessità in continuo movimento, come destinata a un’esistenza extraterrestre, Haraway allega un diagramma che raffigura lo sviluppo della vita e «culmina con l’evoluzione dei mammiferi, rappresentato da un topo e da un astronauta nella sua tuta, che sembra si stia incamminando, forse sulla superficie della luna.» (p. 163)

Dal canto suo Lyotard si colloca nella prospettiva dell’annientamento, del Sole, della terra e dell’uomo, un evento ineluttabile previsto tra 4,5 miliardi di anni. Perciò l’uomo deve scegliere: o «restare nella vita dello spirito e dei fenomeni terrestri», continuando a filosofare «nel tiepido girone della connivenza uomo-natura», con la differenza rispetto agli antichi di essere di fronte all’evidenza che «non c’è alcuna natura, ma solamente un mostro materiale». E se «la natura era la nostra interlocutrice nelle cose, la materia non ci pone alcuna domanda e non attende riposta alcuna. Ci ignora.» L’altra opportunità da parte dell’essere umano è quella di «cercare di anticipare il disastro, a porvi rimedio, attraverso i mezzi del suo ordine, che sono quelli delle leggi della trasformazione dell’energia.» Sfidando questo destino inevitabile dell’annientamento dell’ordine solare e del suo stesso pensiero, il compito è «simulare le condizioni della vita e del pensiero di modo che un pensiero rimanga materialmente possibile dopo il disastro. È questa l’unica sfida delle ricerche tecno-scientifiche odierne, in tutti i campi, dalla dietetica, la neuropsicologia, la genetica e il tessuto di sintesi fino alla fisica dei corpuscoli, l’astrofisica, l’elettronica, l’informatica e il nucleare.» (Lyotard, p. 20)

Se Lyotard si pone in una prospettiva in cui il pensiero potrebbe esistere senza il corpo, Haraway lo materializza nella tecnologia affidandosi all’organismo cibernetico, in un’epoca in cui «il confine tra fantascienza e realtà sociale è un’illusione ottica.» Se già l’immaginario è abitato da cyborg, animali e macchine insieme, che «popolano mondi ambiguamente naturali e artefatti», anche «la medicina moderna è piena di cyborg, di accoppiamenti tra organismo e macchina, ciascuno concepito come dispositivo in codice, in una intimità e con un potere che non sono stati generati nella storia della sessualità. (…) E anche la guerra moderna è un’orgia cyborg, codificata da C3I (comando-controllo-comunicazione-intelligence).» (p. 40)

Nessuno sfugge al destino che accomuna gli umani della fine del Ventesimo secolo: «siamo tutti chimere, ibridi teorizzati e fabbricati di macchina e organismo: in breve, siamo tutti dei cyborg.» Questa visione non è affatto terrificante, tutt’altro: Haraway si pone come capofila di una riscrittura postmoderna, non naturalista, del femminismo socialista la cui utopia è «un mondo senza genere che forse è un mondo senza genesi, ma può essere anche un mondo senza fine» e in questo delirio d’immortalità anticipa le più recenti fantasie d’onnipotenza del transumanesimo.

 

 

Sommario 4.24

  • Introduzione
  • Covid, pandemia finita? Dichiarazione dell’OMS
  • Voci dalla manifestazione contro il biolaboratorio (Pesaro, 1 maggio 2023)
  • DIALOGO SULLA COSTRUZIONE DI BIOLABORATORITesto / Audio
  • Voci dalla manifestazione contro il biolaboratorio 2
  • “Wish for a Baby”: modalità e condizioni di ammissione Testo
  • Contro la fiera-mercato del bebè Wish for a Baby (Milano, 20 maggio 2023)

 

Riferimenti 4.24

  • Jefferson Airplane, Spare Chaynge (After Bathing at Baxter’s, 1967)
  • Pandemic, It’s A Tough Beat (Tuff Mix) (Slammin, 1991)
  • Artificial Memory Trace, Calliphonies 3 e 4 (Calliphonies (Skeletunes & Reasonances), 1998)
  • Five Thousand Spirits, Alphamantra + Enter, So Far From This Sky + Eskdalemuir + Haat-Lunis + From Sea To Sea (A Tapestry For Sourcerers, 1995)
  • Volruptus Topic, Human Control (2022)

Episodio 4.23

Episodio 4.23

Dall’inumano al postumano non c’è che un passo, ed è proprio quello che sembrano voler compiere i sostenitori contemporanei del paradigma cibernetico. L’idea di essere informatico sviluppata più di cinquant’anni fa da Wiener pare oltrepassare completamente le cornici del pensiero umanista, per adottare una visione evoluzionista secondo la quale la fusione umano-macchina dovrebbe culminare nella creazione di una nuova specie: il postumano. L’elenco delle condizioni che hanno portato a questo “nuovo essere”, fornito da Katherine Hayles in How We Became Posthuman, è davvero chiarificatore.

Come prima cosa, il punto di vista postumano privilegia il modello informatico e concepisce l’incarnazione biologica come un accidente della storia piuttosto che come una condizione essenziale della vita. «Ciò presuppone una concezione dell’informazione come entità disincarnata che può fluttuare tra componenti organici basati sul carbone e componenti elettronici basati sul silicio, di modo che proteine e silicio operino come un Singolo sistema». Secondo, la coscienza non è più considerata come la sede dell’identità umana, ma si presenta come un epifenomeno scaturito dal processo di evoluzione. Terzo, il corpo è considerato una protesi che è possibile modificare e controllare, «di modo tale che creare estensioni o parti sostitutive del corpo con protesi di altro tipo diventa una continuazione di un processo cominciato prima della nostra nascita.» E per finire, cosa più importante, da un punto di vista postumano è possibile creare un incrocio tra umano e macchina: «non c’è più alcuna differenza o delimitazione netta tra esistenza corporea e simulazione al computer, tra organismo biologico e meccanismo cibernetico, tra obiettivi umani e teleologia robotica». (Katherine Hayles, How We Became Posthuman, 1999, pp 2-3).

Scaturito da una contrazione linguistica tra il vocabolo cibernetica e organismo, ormai il cyborg è parte integrante del nostro universo culturale, e corrisponde a una visione radicalizzata del soggetto postmoderno esemplificato dal celebre Manifesto Cyborg della femminista americana Donna Haraway. Matà umano, metà macchina, il cyborg incarna l’ideale di un essere reso più performante attraverso l’uso di protesi elettroniche o genetiche. Deve la sua natura di mutante al processo di complessificazione evolutiva che impone di adattarsi. Nutrendo l’immaginario contemporaneo, la figura del cyborg era già in germe nel pensiero di Wiener, infatti alla fine della sua vita il padre della cibernetica ha dedicato buona parte delle sue ricerche alle protesi, anticipando la nascente bionica (termine coniato nel 1958 da Jack E. Steele, medico e colonnello dell’aeronautica americana). L’imperativo per la specie umana di adattarsi tecnicamente al mondo che essa stessa ha creato è scritto a chiare lettere in Cibernetica e società: «Abbiamo modificato l’ambiente in cui viviamo in modo così radicale che ora siamo costretti a modificare noi stessi per riuscire a vivere in questo nuovo ambiente». (Norbert Wiener, The Human Use of Human Beings: Cybernetics and Society [1950], Free Association Books, London 1989, p. 46).

 

 

Sommario 4.23

  • Introduzione
  • L’esperimento di Ash sul conformismo – VIDEO
  • Il ruolo delle immagini nelle guerre contemporanee – Parte 1: Fallin Man)TESTO
  • Enrico Montesano legge Günther Anders, da L’uomo è antiquato
  • I MICROCHIP O LA VITA – Terza parte – TESTO

 

Riferimenti 4.23

  • Tuxedomoon, Hindi Loop + Keredwin’s Reel (Joeboy in Mexico, 1998)
  • Psylocybins, Brain Control (2021)
  • Roberto Musci & Giovanni Venosta, Lullabies… Mother Sings… Father Plays… (Messages & Portraits,1990)
  • Rafael Anton Irisarri, A Thousand-Yard Stare (Daydreaming, 2009)
  • The Cinematic Orchestra, Postitude (Man With A Movie Camera, 2003)
  • Agoria, Last Breath (Go Fast OST, 2008)
  • Hans Reichel, Le Bal (New Version) (Yuxo – A New Daxophone Operetta, 2002)
  • Richard H. Kirk, Nuclear Cloud + New Lucifer; The Truth Is Bad + Do It Right Now + Radioactive Water (Dasein, 2017)

Episodio 4.22

Episodio 4.22

Il decentramento filosofico denunciato da Arendt è, in larga parte, il frutto della rivoluzione cibernetica. C’è bisogno di ricordare, per convincersene, che il punto di partenza del modello elaborato da Wiener è l’entropia, intesa come principio universale indipendente da qualsiasi realtà terrestre e umana? Non si tratta di negare che la scienza moderna, nel suo insieme, sia partecipe di questo ribaltamento, piuttosto di constatare che il paradigma cibernetico ha nutrito la filosofia e le scienze umane: così, non deve sorprendere che lo spostamento degli obiettivi tecnologici in logica evoluzionista, anticipato da Arendt, sia il punto di partenza delle affermazioni di Lyotard contenute in L’inumano. Divagazioni sul tempo del 1988. Circa dieci anni dopo la comparsa di La condizione postmoderna, Jean-François Lyotard s’interroga sulla razionalità sistemica che tende a imporsi nel mondo occidentale. Malgrado l’ambiguità della sua posizione, in questa raccolta di saggi dimostra di essere uno di quelli che più chiaramente ha colto la posto in gioco legata al paradigma cibernetico.

Consapevole del decentramento operato dalla logica dell’informatica, ne abbozza il quadro seguente: «La rete elettronica e informatica che si estende sulla terra dà vita a una capacità globale di memorizzazione che bisogna considerare su scala cosmica, senza una misura comune con quella delle culture tradizionali. Il paradosso che implica questa memoria risiede nel fatto che in fin dei conti essa è la memoria di nessuno. Ma “nessuno” in questo caso vuol dire che il corpo che sostiene questa memoria non è più un corpo terrestre. I computer continuano a poter sintetizzare sempre più tempo (più “volte”) di modo che Leibniz avrebbe potuto dire che questo processo sta per generare una monade molto più “completa” di quanto l’umanità stessa sia mai potuto esserlo.» (J.-F. Lyotard, L’inhumain. Causerie sur le temps, Galilée, Paris 1988, p. 76)

Questo rovesciamento dell’orizzonte antropologico corrisponde secondo Lyotard al passaggio dal tempo umano al tempo cosmico. Sotto forma caricaturale, illustra questo passaggio nel fatto che «la specie umana è già presa dalla necessità di dover evacuare il sistema solare entro quattro miliardi e mezzo d’anni.» Lungi dall’apparire come il centro dell’universo, l’umanità non sarà stata altro che «il veicolo transitorio di un processo alquanto improbabile di complessificazione.» (p. 76)

La prospettiva decentrata del sistema tecnoscientifico mira perciò per Lyotard a disincarnare l’intelligenza umana affinché possa eventualmente portare avanti il processo cosmico di complessificazione differenziale che l’ha generata. Seguendo tale prospettiva, tutto il programma di ricerca ereditato dal paradigma cibernetico (informatica, intelligenza artificiale, robotica, scienze cognitive, biogenetica eccetera) sembra tendere alla creazione di una “intelligenza senza corpo”, o piuttosto senza corpo mortale. Di fronte a un simile inumano, Lyotard propone di opporre l’inumano del corpo, dell’infanzia, dell’arte e della scrittura dove l’essere umano appare sempre come l’altro da sé. (p. 22)

Appoggiandosi su Heidegger, Lyotard interpreta lo sviluppo tecnoscientifico come il finale della metafisica occidentale. Sebbene ne denunci l’inumanità e il carattere ideologico, sembra nondimeno concedere al processo di complessificazione un’ineluttabile efficacia. Parlando della logica del capitale che, secondo lui, è prima di tutto il prodotto del processo occidentale di razionalizzazione che un fenomeno economico e sociale, precisa: «Sembra pertanto che il motore “ultimo” di questo movimento non appartenga essenzialmente all’ordine del desiderio umano: consiste piuttosto nel processo di negantropia che sembra “lavorare” lo spazio cosmico abitato dalla specie umana.» (pp. 82-83)

Se si segue Lyotard, il compimento della metafisica, tramite il processo di razionalizzazione, avrà dunque concorso a imporre alla società umana una logica di complissificazione “cosmica”. Di fronte all’inumanità di un programma simile, non possiamo rispondere altrimenti che aprendoci all’evento, alla differenza, all’inafferrabile di ciò che c’è di inumano in noi. Una tale impostazione trasparirebbe, secondo Lyotard, «nella problematica derriddiana della decostruzione e della differanza» così come nel «principio deleuziano di nomadizzazione». (p. 86) Secondo la nostra prospettiva possiamo concludere che, spinto nelle sue trincee filosofiche, il paradigma cibernetico conduce a una moralità dell’ineluttabile dove l’inumano regna.

 

 

Sommario 4.22

  • Introduzione
  • Comunicato contro la Street Rave Parade – TESTO
  • A PROPOSITO DI COMUNICATI, COMUNICATINI, DISSOCIAZIONI E FANGHIGLIA VARIATESTO
  • “Da Mr. Amazon a Tim Cook, volano i guadagni dei top manager: negli Usa la media è di 27 milioni, 400 volte più dei dipendenti” (La Stampa, 25/4/2023)
  • Bill Gates – LA LEZIONE DEL COVID: come prevenire la prossima pandemia? (V Parte)TESTO
  • LA MEMORIA SENZA AZIONE PRATICA NEL PRESENTE È RECUPERO, È PULIRSI LA COSCIENZATESTO
  • SULLA MANIFESTAZIONE CONTRO IL BIOLABORATORIO DI PESARO TESTO (Con intermezzo di Franco Fracassi, 22/4/2023)

 

Riferimenti 4.22

  • Okay Temiz, Silver Hand (Gümüş El) + Muğla Zeybeği (Locust) + Confused Harmony (Karmaş Düzen) (Dervish Service, 1989)
  • Parov Stelar, A Night In Torino (2005)
  • The Advent, Mad Dog (Joey Beltram Remix) (Shaded Elementz,1996)
  • Adrian Simionescu / Orchestre Marin Ioan, Copza Luca (Gadjo dilo, 1997)
  • Orchestre Marin Ioan, Cabaret (Gadjo dilo, 1997)
  • Gispy Star, Frissons (Gadjo dilo, 1997)
  • Thinking Plague, Kingdom Come (In Extremis, 1998)
  • Ten Years After, Love Like A Man (Live) (Think About The Times – The Chrysalis Years 1969-1972, 2010)
  • Pan de Capazo, La Ciénaga (Wi:L, 2011)
  • Bob Ostertag, Motormouth (Motormouth, 2011)

Episodio 4.21

Episodio 4.21

La prospettiva di creare delle macchine in grado di superare in termini di capacità il livello di apprendimento umano presuppone un decentramento completo del soggetto. Per Arendt è chiaro che lo spostamento del punto di vista scientifico al di fuori della Terra può condurre unicamente a un accecamento dell’essere umano riguardo le sue condizioni. Appoggiandosi al principio di indeterminazione di Heisenberg, ella dimostra che il tipo di sguardo che la scienza contemporanea ha sull’Universo conduce alla perdita dell’oggettività stessa della natura. In Natura e fisica moderna Heisenberg «ha concluso che la ricerca moderna della “vera realtà” dietro le mere apparenze, che ha dato origine al mondo nel quale viviamo e che ha avuto come risultato la rivoluzione atomica, ha portato a una situazione all’interno delle scienze nella quale l’uomo ha perduto l’oggettività stessa del mondo naturale, così che egli nel suo andare a caccia della “realtà oggettiva” ha improvvisamente scoperto di essere “sempre e soltanto di fronte a se stesso”». (Hannah Arendt, “La conquista dello spazio e la statura dell’uomo”, p. 95)

«Tutto ciò rende ogni giorno più improbabile che l’uomo incontri qualcosa nel mondo che lo circonda che non sia stato fatto dall’uomo e che dunque non sia, in ultima analisi, egli stesso sotto diverse maschere. L’astronauta lanciato nello spazio extraterrestre e imprigionato nella sua capsula piena di strumenti dove ogni incontro fisico e reale con lo spazio circostante significherebbe una morte immediata, potrebbe benissimo essere considerato una incarnazione simbolica dell’uomo di Heisenberg, l’uomo per il quale quanto più diventa ardente il desiderio di eliminare tutte le considerazioni antropocentriche del suo contatto con il mondo non umano che lo circonda tanto più diventa improbabile l’incontro con qualcosa di diverso da se stesso e dalle cose fatte dall’uomo.» (p. 96)

Questo confronto dell’uomo con se stesso è il prodotto dell’aver rinnegato la sua condizione di essere terrestre. Riprendendo l’idea di Heisenberg secondo cui, vista dallo spazio, l’automobile sembra essere una parte inalienabile dell’essere umano tanto quanto lo è il guscio per la chiocciola, Arendt conclude che, a causa di questo decentramento di prospettiva, l’umano rischia di perdere il senso della sua stessa creazione: «Tutto il nostro orgoglio per ciò che possiamo fare scomparirà in qualche genere di mutazione della razza umana; di fatto, l’intera tecnologia, vista a partire da questo punto, non apparirà più “come il risultato di uno sforzo cosciente dell’uomo per estendere la sua potenza materiale, ma piuttosto come un processo biologico su larga scala”.» (pp. 98-99)

Per concludere, Arendt denuncia il rischio che, a queste condizioni, parola e linguaggio saranno sostituiti «molto meglio dal formalismo estremo, e in se stesso privo di significato, dei simboli matematici.» E ciò che rende possibile avvicinarsi a questo punto, forse di non ritorno, sono proprio la conquista dello spazio e la scienza che l’ha resa possibile: una volta raggiunto quel punto, «la statura dell’uomo non sarebbe semplicemente abbassata secondo tutti i parametri a nostra conoscenza, ma verrebbe distrutta.» (p. 99)

 

 

Sommario 4.21

  • Introduzione
  • Bernard Charbonneau – Il fuoco verde (con frammenti di Nardella & Thunberg) – TESTO
  • I MICROCHIP O LA VITA – Seconda parte – TESTO
  • “Per un pugno di chip”, Presa diretta (RAI3, 6/3/2023)
  • Jean Renoir, Picnic sull’erba (Le Déjeuner sur l’herbe), 1959 – Quinta e ultima parte
  • La salute del cyborg – OPPO OHealth H1 – TESTO
  • 2050. Breve storia del futuro (mostra d’arte a cura di Jacques Attali, 2016)
  • Bear Jail: prigione per orsi bianchi (Churchill, Canada)
  • Vendere la pelle dell’orso prima di averlo addomesticato
  • COMUNICATO STREET RAVE PARADE – Torino, 22/4/2023 – TESTO

 

Riferimenti 4.21

  • Embryo, People From Out The Space (Opal, 1970)
  • Jorge Reyes, Dance Of The Red Tezcatlipoca (Tomani, 1990)
  • Deutsch Nepal & The Moon Lay Hidden Beneath A Cloud, Untitled 1 (A Night In Fear, 1999)
  • DJ Shadow, Midnight In A Perfect World (Gab Mix) + Midnight In A Perfect World (Endtroducing…, 2005)
  • Dj Spooky, Sequentia Absentia (Dialectical Triangulation I) + Absentia Absentia (Dialectical Triangulation III) (Optometry, 2002)
  • Sleepytime Gorilla Museum, The Putrid Refrain (In Glorious Times, 2007)
  • Sleepytime Gorilla Museum, The Miniature + Sunflower (Grand Opening and Closing, 2001)
  • Quicksilver Messenger Service, The Bears (Sons of Mercury 1968-1975, 1991)
  • Guess Who, Running Bear (Rockin’, 1972)
  • The Speedfreak, Don’t Stop Scratchin’ (Cyberdrome – Alien City, 1995)

Episodio 4.20

Episodio 4.20

Dall’inumano al postumano

Anche se potrebbe sembrare una deviazione che ci allontana dal nostro argomento, dobbiamo soffermarci su un saggio scritto da Hannah Arendt nel 1963, in cui rispondeva a una domanda, posta in occasione di un Simposio organizzato lo stesso anno dagli editori della rivista Great Ideas Today: “La conquista dello spazio da parte dell’uomo ha accresciuto o diminuito la sua statura?” Partendo dalla constatazione che i grandi progressi della tecnoscienza del XX secolo hanno avuto come base comune la negazione della percezione sensoria propria della natura umana, Arendt riflette sulle conseguenze di tale negazione da un punto di vista umanista. Lo scarto che continua ad aumentare tra il senso comune e le astrazioni fisico-matematiche che guidano il progresso tecnico è frutto di un’esteriorizzazione delle preoccupazioni scientifiche rispetto alla condizione umana. «Il progresso della scienza moderna ha dimostrato con molta forza fino a che punto questo universo osservato, l’infinitamente piccolo così come l’infinitamente grande, sfugge non solo alla grossolanità della percezione sensoria dell’uomo, ma anche agli ingegnosissimi strumenti che sono stati costruiti per il suo raffinamento. I dati di cui si occupa la ricerca fisica moderna (…) non sono (…) dei fenomeni, delle apparenze, perché non li incontriamo in alcun luogo, né nel nostro mondo quotidiano né nel laboratorio; siamo a conoscenza della loro presenza soltanto perché essi hanno, in una certa maniera, un effetto sui nostri strumenti di misurazione.» (La conquista dello spazio e la statura dell’uomo (1963), in Verità e politica, Bollati Boringhieri, Torino 1995, pp. 80-81)

Per quel che riguarda l’espansione verso il cosmo, secondo Arendt, siamo giunti «alla nostra attuale capacità di “conquistare lo spazio” attraverso la nostra capacità di manipolare la natura da un punto dell’universo esterno alla Terra», che è proprio quel che avviene allorché «liberiamo dei processi energetici che ordinariamente si svolgono soltanto nel Sole o quando tentiamo di avviare in una provetta i processi dell’evoluzione cosmica o quando costruiamo macchine per la produzione e il controllo di energie sconosciute nella dimora della natura terrestre.» (p. 98) Ora, la condizione umana è intrinsecamente legata alla vita terrestre. Volere, anche solo in astratto, oltrepassare scientificamente i limiti del globo rappresenta un restringimento delle prospettive umaniste, e ciò è dimostrato secondo Arendt dal ritardo considerevole dello sviluppo sociale e politico rispetto al progresso tecnoscientifico.

Infatti è impossibile ragionare sulla conquista dello spazio senza soffermarsi su una delle sue principali condizioni di possibilità: il computer. Su questo punto la posizione di Arendt è assai chiarificatrice: sebbene «i cervelli elettronici» possano svolgere il lavoro dell’uomo meglio e più rapidamente, il fatto che «si sostituiscano e amplino la potenza intellettiva» può essere accettato soltanto presupponendo che quest’ultima si possa misurare «in termini di quoziente intellettivo» che però «oltre al fatto di essere la conditio sine qua non della mente umana, non ha molto a che vedere con la qualità di quest’ultima.» La vera particolarità dello spirito umano si situa invece, per Arendt, nella sua capacità di comprendere e dare senso al mondo, cosa che non è in alcun modo riducibile a un ragionamento automatico. In tal senso, l’affermazione di numerosi scienziati secondo cui i computer «possono fare “ciò che un cervello umano non è in grado di comprendere”», non soltanto è un attacco alla dimensione umana ma una vera e propria minaccia nei suoi confronti. (pp. 84-85)

 

 

Sommario 4.20

 

Riferimenti 4.20

  • The Heliocentrics, Intro + Sirius B + They Are Among Us (Part 1) + Intermission + Return Journey (Out There, 2007)
  • Superobots, Daltanious (1981) – TESTO
  • Benoît Charest, Cabaret Aspirateur (Les Triplettes de Belleville,  2003)
  • The Cramps, Human Fly (…Off the Bone, 1983)
  • Mischa Maisky, Bach Cello Suite No.1 in Sol (1993)
  • Felix Lajko & Boban Markovic Orkestar, Felix Kolo (Srbija: Sounds global, 2000)
  • Oplewing/Sixsense, Microchip (2022)
  • Troblemakers, Noces Africaines (Doubts & Convictions, 2001)
  • Agents Of Time, My Heart Is A Microchip (2020)
  • Troblemakers, Groover is Back (Doubts & Convictions, 2001)