Episodio 4.33

Episodio 4.33

In un saggio intitolato “L’offesa delle macchine”, Sloterdijk presenta l’umanesimo come una forma di narcisismo. Basandosi su un’ipotesi che definisce psico-storica, secondo cui la storia sarebbe una serie di andirivieni tra periodi di offesa (krankung, altrove tradotto come vessazione) e di narcisismo, o detto in altri termini, «la storia dei ferimenti e della rigenerazione dei sistemi immunitari mentali», si lancia in una lunga dimostrazione filosofica sulla costruzione dell’umano da parte della tecnoscienza. Per Sloterdijk il narcisismo corrisponde alle illusioni che l’essere umano ha nei riguardi di se stesso a seconda delle epoche: «Se osservati con uno sguardo di tipo sistemico, i potenti narcisismi appaiono come i segni di una riuscita integrazione affettiva e cognitiva dell’uomo con se stesso, con il suo collettivo morale e con la sua cultura.» (“L’offesa delle macchine”, p. 267) Rimettendo continuamente in causa la visione che ha di sé, la scienza moderna infligge una serie di offese all’umano che vede così la sua «omeostasi narcisista» momentaneamente disequilibrata.

Se Galieleo, Darwin e Freud, secondo una formula di quest’ultimo, hanno preso parte in successione al decentramento delle prospettive narcisistiche dell’umano (egli non è più il centro dell’universo, discende dalla scimmia e possiede un lato nascosto irrazionale), è soltanto con la rivoluzione biocibernetica che queste vengono definitivamente alterate. Se quelle erano unicamente di tipo retorico, dopo la terza umiliazione si entra nella «fase hardcore della storia della disillusione» (p. 271)

Riprendendo il biologo cognitivo Gerhard Vollmer, nella seconda metà del Novecento si è assistito alla quarta umiliazione, «da mettere in conto all’etologia umana, a quella scienza, insomma, che cerca di inscrivere non solo la physis, ma anche il comportamento culturale umano in una discendenza storica che si pone in continuità con gli sviluppi evolutivi del regno animale», mentre «una quinta umiliazione è provocata, secondo lui, dalla teoria evolutiva della conoscenza». A queste fanno seguito una sesta ondata ad opera della sociobiologia, legata alla scoperta dell’egoismo dei geni, che nell’opinione del suo fondatore «distrugge l’autoillusione adulatoria dell’uomo che crede di poter fondare il suo comportamento su motivi olistici, altruisti, idealisti e disinteressati. (…) Al centro del teatro del mondo non ci sarebbero né specie, né singoli individui, entrambi sarebbero invece solo maschere e mezzi di una forza centrale preumana, la volontà di potenza del gene.» Al settimo posto, nello scenario di Vollmer, troviamo l’umiliazione inferta dal computer, che ha essenzialmente due volti: «uno antropologico, che guarda all’uomo come al suo doppio macchinico e lo umilia scimmiottandolo, e un altro di carattere storico-mediale, che declama l’uomo odierno, nella misura in cui si presenta come un animale culturale, capace di osservazione, parlante e capace di scrittura, e lo obbliga a prendere coscienza di quanto egli sia, a questo riguardo, antiquato e inadeguato per il futuro.»

Eppure secondo Sloterdijk siamo solo agli inizi e la serie di umiliazioni sarà ancora lunga: «già si annunciano due ospiti ancora più spaesanti, che promettono di gettare fuori definitivamente l’uomo dalla sua casa: da un lato, la ferita ecologica dimostra che gli uomini delle culture calde da lungo tempo misconoscono e distruggono i sistemi-ambiente complessi, che non sono capaci né di comprendere né tanto meno di preservare. Infine, va considerata una ferita neurobiologica, che proviene dall’alleanza tra genetica, bionica e robotica, che fa sì che le manifestazioni più intime dell’esistenza umana, come la creatività, l’amore e la libertà di scegliere, sprofondino in una palude satura di fuochi fatui, fatta cioè di tecnologie riflessive, terapie e giochi di potere.» (pp. 272-274)

 

 

Sommario 4.33

  • Introduzione
  • Sarebbe meglio rovesciare l’intero, disgustoso sistema e accettarne le conseguenzeControstoria di Ted Kaczynski (Quarta e ultima parte)
  • Di una società patologica e di metodi di risoluzione indotti dal sistema per controllarla TESTO

 

Riferimenti 4.33

  • Da Capo Zirkus, Zirk’us (Entre, 2002)
  • Frank Zappa & Ensemble Modern under Peter Rundel, None Of The Above + Ruth Is Sleeping + Pound For A Brown + Questi Cazzi Di Piccione + Exercise #4 + Get Whitey + Welcome To The United States + G-Spot Tornado + Be-Bop Tango (The Yellow Shark, 1993)
  • Bobby Beausoleil, Lucifer Rising Part VI (Lucifer Rising, 1980)

Episodio 4.32

Episodio 4.32

«Se c’è l’uomo è solo perché una tecnica l’ha prodotto a partire dalla preumanità. È propriamente essa che crea l’uomo (…) perciò agli uomini non accade nulla che sia loro estraneo se si espongono a una produzione e a una manipolazione più ampie, non fanno nulla di perverso e contrario alla loro “natura” cioè, quando si mutano in modo autotecnico.» (Peter Sloterdijk, “La domesticazione dell’essere”, in Non siamo ancora stati salvati. Saggi dopo Heidegger, 2004, p. 177)

Peter Sloterdijk concepisce due fasi distinte del rapporto dell’umano con la tecnica. Quello antico, definito allotecnico, in cui gli strumenti operavano tagli netti e violenti contro la natura, per dominarla da una posizione di signoria, è stato sostituito quando ci si è resi conto che “c’è informazione”, facendo perdere plausibilità a un’immagine della tecnica come eteronomia e schiavizzazione di materie e persone. «Stiamo diventando testimoni di una forma di operatività non padronale che sta nascendo grazie alle tecnologie intelligenti e per la quale proponiamo il nome di omeotecnica. (…) I “materiali” nel pensare complesso vengono concepiti a partire dal loro senso proprio, e (…) smettono di essere quello che tradizionalmente eravamo abituati a chiamare “materia grezza”.»

Nella visione cibernetica di Sloterdijk l’omeotecnica, che si potrebbe definire anche ecologia o scienza della complessità, collegandosi a un’informazione realmente esistente, non farebbe violenza su ciò che ha davanti. «Essa apprende intelligentemente l’intelligenza e produce nuove occasioni di intelligenza: difatti è solo come non-ignoranza che essa può avere successo di fronte all’informazione incarnata. L’omeotecnica deve rifarsi a delle strategie co-intelligenti e co-informative anche là dove viene applicata in modo così egoistico e regionale come in ogni tecnica convenzionale; dunque ha più il carattere di una cooperazione che della signoria, anche nei rapporti asimmetrici.» (p. 179)

Dunque nella ricostruzione della storia del rapporto dell’uomo con la tecnica, da quando si è scoperta l’esistenza dell’informazione e dei sistemi diventa altrettanto obsoleta ed erronea l’abituale critica al potere, la distinzione signore-servo, che secondo Sloterdijk verrebbe creata da un’isteria antitecnologica per poter poi insorgere contro di essa. L’antitecnologia sarebbe ancora ferma a una falsa partizione dell’ente «per ribellarsi contro processi in cui il superamento di queste partizioni è già avvenuto. Essa è reattiva e reazionaria nel senso autentico della parola, poiché esprime il risentimento della bivalenza superata contro la polivalenza ancora incompresa.» (p. 176)

 

 

Sommario 4.32

  • Introduzione
  • Sarebbe meglio rovesciare l’intero, disgustoso sistema e accettarne le conseguenzeControstoria di Ted Kaczynski (Terza parte)
  • Bill Gates, intervista alla TV australiana ABC (30/1/2023) TESTO
  • Il polpo che esplode TESTO
     

Riferimenti 4.32

  • Can, Come sta, la Luna (Soon Over Babaluma, 1974)
  • Peter Watkins, Punishment Park (1971)
  • Frank Zappa & Ensemble Modern under Peter Rundel, Dog Breath Variations + 3 Revised + Uncle Meat + Times Beach 2 + Outrage At Valdez + The Girl In The Magnesium Dress + None Of The Above + Ruth Is Sleeping + Pentagon Afternoon (The Yellow Shark, 1993)
  • Rupert Sanders, Ghost in the Shell (2017)
  • Headcleaners, With Medication (The Infection Grows, 1983)
  • Mercan Dede, Semaname (Seyahatname, 2001)
  • Headcleaners, Epidemic Infection (The Infection Grows, 1983)
  • Mercan Dede, Hayalname (Seyahatname, 2001)
  • Ill Bill, Exploding Octopus (The Grimy Awards, 2013)

Episodio 4.31

Episodio 4.31

Un’altra puntata interamente dedicata a Theodore Kaczynski.

22 maggio 1942  /  10 giugno 2023

 

 

Sommario 4.31

  • Sarebbe meglio rovesciare l’intero, disgustoso sistema e accettarne le conseguenzeControstoria di Ted Kaczynski (Seconda parte)
  • Ted Kaczynski, Un saggio del 1971 (tratto da Ted Kaczynski, Contro la civiltà tecnologica, Nautilus, 2006) – TERZA PARTE

 

Riferimenti 4.31

  • Frank Zappa, I Was In A Drum + Secular Humanism + Dio Fa + Beat The Reaper + Why Not? (Civilization Phaze III, Act One, 1994)
  • S.A.R.S., Unabomber Radial (Lowlands Industrialism, 2005)
  • Pink Floyd, Set the Controls for the Heart of the Sun + Several Species of Small Furry Animals Gathered Together in a Cave and Grooving With a Pict (Ummagumma, 1969)
  • Pink Floyd, If (Atom Heart Mother, 1970)
  • Pink Floyd, Grantchester Meadows (Ummagumma, 1969)

Episodio 4.30

Episodio 4.30

In memoria di Theodore Kaczynski.

22 maggio 1942  /  10 giugno 2023

 

 

Sommario 4.30

  • Sarebbe meglio rovesciare l’intero, disgustoso sistema e accettarne le conseguenzeControstoria di Ted Kaczynski (Prima parte)
  • Ted Kaczynski, Un saggio del 1971 (tratto da Ted Kaczynski, Contro la civiltà tecnologica, Nautilus, 2006) – SECONDA PARTE

 

Riferimenti 4.30

  • Frank Zappa, Xmas Values + Put A Motor In Yourself + Buffalo Voice + N-Lite (Civilization Phaze III, Act One, 1994)
  • The Doors, Riders On the Storm (L.A. Woman, 1971)
  • King Crimson, Starless (Red, 1974)
  • Unabomber, Secret Stairs (Secret Stairs, 2006)
  • Fabrizio De André, Il bombarolo (Storia di un Impiegato, 1973)

Episodio 4.29

Episodio 4.29

In ricordo di Theodore Kaczynski, ammazzato dal carcere il 10 giugno 2023. Grazie Ted per quello che hai fatto e quello che hai tentato di fare per tentare di fermare o per lo meno rallentare la macchina mostruosa della disumanizzazione scientifico-tecnologico-cratica.

 

Quando ci venne l’idea di cominciare questa trasmissione, poco più di tre anni fa, nel marzo 2020, era appena iniziato il primo confinamento da coronavirus. Volevamo far sentire la nostra voce, ribadire la critica a una società cibernetica totalitaria che imponeva tanto le sue tecnologie quanto le sue farmacologie, e dovevamo farlo subito, senza esitazioni, per contrastare la visione univoca dell’emergenza sanitaria che, unita alla distopia in atto, spingeva ancor più la nostra civiltà tra le braccia meccaniche dell’informatica e della manipolazione biologica, oltre che dell’autoritarismo globalizzato.

Pochi anni prima ci eravamo preoccupati dell’aumento delle costrizioni vaccinali ai danni dei cuccioli umani, ora presagivamo il riproporsi di un simile ricatto questa volta ai danni dell’umanità intera, senza distinzioni di età e condizione di salute. Uno stato di malattia dichiarato unilateralmente, quasi fosse una guerra al vivente, avrebbe non soltanto rappresentato il viatico per ulteriori sviluppi dell’invasione industrial-farmaceutica, ma ancor più sdoganato e portato ad accettare, se non già a invocare, panacee cibernetiche che grazie all’invasione del sistema tecno-scientifico in corso di ampliamento e potenziamento (il famigerato 5G, l’internet delle cose, l’intelligenza artificiale eccetera), avrebbe stretto ancor più le maglie della rete digitale. Una prigione virtuale, ma concreta, che ci avrebbe ingabbiato tutti, ma questa volta con il pretesto dell’essere a fin di bene.

Così, giunto il momento di scegliere come chiamarci, ispirandoci alla parabola scritta da Theodore J. Kaczynski, detto Ted e soprannominato Unabomber dall’FBI, La Nave dei Folli ci parve il titolo più azzeccato, per vari motivi.

Innanzitutto proseguivamo le fila di un discorso che veniva da lontano, perlomeno dagli anni ’90 quando si era affermata una prospettiva di critica radicale alla società industriale, la cui pertinenza e urgenza venivano adesso confermate dagli eventi scaturiti dall’operazione covid-19.

Inoltre la metafora della società vista come un’imbarcazione in rotta verso un destino di inevitabile naufragio ci sembrava calzasse a pennello con la situazione che stavamo vivendo; novelli mozzi, ci proponevamo di lanciare ordini nella tempesta per tentare di salvare questa nave perduta, o quantomeno per cercare affinità e complicità tra chi, come noi, puntava a non cedere ai ricatti dei comandanti di bordo che imponevano leggi, obblighi e restrizioni per poter governare il timone nell’ora del pandemonio.

Infine, lanciavamo il monito di prestare attenzione agli aggiustamenti riformisti che, mirando non tanto a prendere in mano la barra e invertire la direzione di navigazione, quanto a stabilire a bordo condizioni più giuste, eque e politicamente corrette, avrebbero forse migliorato un po’ la sopravvivenza dei passeggeri ma per nulla lo schianto imminente e il lento ma inesorabile inabissamento.

Proprio come accadde al racconto di Ted, anche la nostra Nave dei Folli è stata attaccata da una sinistra ideologia che, passo dopo passo, un cedimento dopo l’altro, ha risucchiato nel gorgo cibernetico anche gran parte del presunto anarchismo. Pure noi, come quei pochi che hanno mantenuto la rotta del pensier libero senza scendere a compromessi con la neo-modernità, come Ted e chi non si piega ai loro diktat e non segue le nuove mode alternative, infamati e calunniati come fascisti, reazionari, tuttofobici, banditi da gran parte dei luoghi del cosiddetto movimento e tenuti alla larga perfino da chi, seppur condividendo almeno in parte le nostre analisi e posizioni, preferisce non schierarsi per timore di doversi accollare l’onere, che per noi è un onore, di arginare la deriva riformista, autoritaria, tecnofila dei sovra-socializzati di sinistra installati nella zona grigia.

Nonostante tutto, malgrado tutti e tutte, siamo ancora qui. In alto i cuori, drizziamo le vele e… all’arrembaggio della società industriale.

 

 

Sommario 4.29

  • Introduzione
  • Dal Manifesto di FC (alias Unabomber) – Punto 230
  • Ted Kaczynski, Un saggio del 1971 (tratto da Ted Kaczynski, Contro la civiltà tecnologica, Nautilus, 2006) – PRIMA PARTE
  • Buon viaggio, Ted

 

Riferimenti 4.29

  • Artificial Memory Trace, Part 1 (Psychetals, 2012)
  • Pere Ubu, Thriller! (Dub Housing, 1978)
  • The Doors, Ship of Fools (Live in New York at Felt Forum, 1970)
  • Massive Attak, Special Case (100th Window, 2003)
  • Martin Stagnaro, Unabomber (Functional Chaos, 2022)
  • Andre Holland, Unabomber (Interstellar Fugitives, 1998)
  • Aidan Baker, Transgenic Two + Aberration One (Aberration, 2017)
  • The Doors, The Crystal Ship (The Doors, 1967)
  • Artificial Memory Trace, Part 1 (Psychetals, 2012)
  • Goo Goo Cluster, The Ballad of Ted Kaczynski (Live 2004)

Episodio 4.28

Episodio 4.28

Il debito di Peter Sloterdijk nei confronti del paradigma cibernetico è reso esplicito nel saggio intitolato “La domesticazione dell’essere” (2000). Qui, dopo una lunga e interessante riflessione sulla auto-formazione dell’uomo, o antropogenesi, in cui riprende alcune intuizioni di Heidegger sull’importanza del luogo della dimora, dell’abitare nel mondo, quella serra che Sloterdijk definisce anche “sfera” in cui si sarebbero presentate le condizioni per l’auto-addomesticamento, nel paragrafo conclusivo introduce il concetto di omeotecnica per provare a spiegare le novità prodotte dall’apparire all’orizzonte dell’umanità delle possibilità offerte dalle manipolazioni genetiche.

Secondo Sloterdijk oramai da tempo si era intuito quel terzo polo che sta tra lo spirito e la materia, tra i pensieri e le cose, tra soggetto e oggetto; ma solamente grazie all’apporto della «cibernetica, in quanto teoria e prassi delle macchine intelligenti, e la moderna biologia, come studio delle unità-sistema-ambiente» è stato possibile produrre «una nuova descrizione dell’“artificiale” e del “naturale”. Sotto la pressione dei nuovi processi, il concetto di “spirito oggettivo” si muta nel principio dell’informazione.» (Peter Sloterdijk, “La domesticazione dell’essere”, in Non siamo ancora stati salvati. Saggi dopo Heidegger, 2004, p. 171)

Dire che “c’è informazione” equivale a dire che ci sono sistemi, memorie, culture, intelligenza artificiale. Il balzo del principio di informazione nella sfera della natura ha fatto venir meno alcune distinzioni come quella tra soggetto e oggetto, io e mondo, individuo e società: perciò «con la presentazione di memorie realmente esistenti e di sistemi auto-organizzatisi, la distinzione metafisica tra natura e cultura diventa casuale, poiché entrambe le parti della distinzione rappresentano solo situazioni regionali dell’informazione e del suo processamento.» (p. 172) Per Sloterdijk siamo dunque di fronte a una revisione di questa separazione storica e tradizionale dell’ente in soggettivo e oggettivo, ponendo «da una parte lo spirituale, ciò che ha a che fare con il sé, l’umano; e dall’altra il cosale, il meccanico, il disumano» (p. 172-173) e definisce signoria l’applicazione pratica di questa distinzione per evidenziare il dominio del primo sul secondo.

Le cose cambiano a partire dal periodo che definisce illuminismo tecnico, quando la costruzione delle macchine, o protetica, fa apparire insostenibile questa partizione perché, come già sottolineato da Gotthard Günther, «attribuisce al soggetto e all’anima una sovrabbondanza di qualità e capacità, che in verità stanno dalla parte del meccanismo, e contemporaneamente nega alle cose o ai materiali una quantità di qualità che esse innegabilmente possiedono a uno sguardo più attento.» Correggendo questi errori tradizionali si comincia perciò a capire «che (e come) la “materia informata” o il meccanismo più sviluppato possono produrre prestazioni parasoggettive, fino a simulare intelligenza progettante, capacità di dialogo, spontaneità e flessibilità.» E viceversa «numerose manifestazioni delle istanze tradizionali di soggettività e di anima, erano solo dei meccanismi sovrainterpretati.» (p. 173)

Con il procedere dell’evoluzione tecnologica, per Sloterdijk la cittadella della soggettività non è più assediata solamente da decostruzioni simboliche (tra cui cita i sistemi mistici e lo yoga, la teologia negativa e l’ironia romantica), ma anche materiali come nel caso della regolazione della sensibilità spirituale con l’aiuto di sostanze psicotrope (sia nel caso delle millenarie culture della droga sia nella più moderna psichiatria occidentale), e ben presto si giungerà alla «introduzione di contenuti di idee e vissuti attraverso sostanze noótrope», conosciuti anche come smart drug, farmaci intelligenti, ovvero sostanze che aumenterebbero le capacità cognitive umane. Tuttavia è nelle tecnologie genetiche che si mostra l’estensione più spettacolare del meccanico al campo soggettivo, che un tempo sembrava autonomo: «la condizione fondamentale per l’irruzione della tecnica nel campo immaginario del “soggetto” o della “persona”, di cui l’uomo ha paura, è da ricercarsi in parte nel fatto che anche dalla parte del cosiddetto oggetto, nella struttura materiale di base del vivente, così come la si trova nei geni, viene trovato qualcosa che è appena concreto, materiale (…) ed è piuttosto una forma di informazione informata e informante, ridotta al minimo di materia. I geni sono, come ci dicono i bio-informatici, nient’altro che dei “comandi” per la sintesi delle molecole proteiche”.» (p. 174)

Come risultato il soggetto non ritrova né sé stesso, come era abituato a rappresentarsi nelle tradizioni morali, né le cose come erano viste tramite la lettura quotidiana del mondo o attraverso l’atteggiamento scientifico, ritrovandosi «di fronte al caso limite dell’antiumanesimo: accade come se nella biotecnica attuale si venisse a creare il contrasto più acuto con il programma umanistico e olimpico del soggetto umano, o della persona spirituale, di appropriarsi del mondo facendone la propria patria e integrando l’esteriorità del mondo nel sé. Oggi sembra piuttosto che il sé debba inabissarsi senza resti nella cosalità ed esteriorità, e lì debba perdersi.» (p. 174-175)

 

 

Sommario 4.28

 

Riferimenti 4.28

  • Faust, Me Lack Space… + So Far + No Harm (So Far, 1972)
  • Ali Farka Touré, Instrumental (The River, 1990)
  • Current 93 & Sigillum S, Maldoror Is Dead (First Incarnation) (Tetragrammaton, 1989)
  • Coil, Opium Hum + Decadent & Symmetrical (Worship The Glitch, 1995)
  • Amon Düül, Haupmotor + Hymn For The Hardcore (Fool Möön, 1989)
  • Hermeto Pasoal, Miscelânia Vanguardista (Eu e Eles, 1999)
  • Gong, Bodilingus + Foolfare + Zeroid + The Invisible Temple + Infinitea (Zero To Infinity, 2000)
  • Michael Cashmore, Flowers Under Snow (Sleep England, 2006)

Episodio 4.27

Episodio 4.27

Come risposta ai suoi numerosi detrattori che l’accusavano di voler riportare in vita i demoni dell’eugenismo, Sloterdijk ha pubblicato su Le Monde un articolo che per molti aspetti è rivelatore di quella che è effettivamente la sua sudditanza ideologica, intitolato “Dal centrismo morbido al rischio di pensare”. Riprendendo la celebre formula di Freud sulle ferite narcisistiche inflitte all’uomo dalla scienza moderna, Sloterdijk introduce l’idea di un nuovo complesso provocato da una sorta di vessazione, di offesa, cibernetico-biotecnica.

«Già nel 1918 Freud aveva espresso il disordine dell’uomo moderno nella sua famosa osservazione sulle tre vessazioni inflitte dalla scienza moderna al narcisismo della specie: la vessazione cosmologica di Copernico, che ha permesso alla Terra di allontanarsi dal centro dell’universo; la vessazione dell’evoluzionismo biologico di Darwin, che ha reso gli esseri umani cugini dei primati; e la vessazione psicoanalitica dello stesso Freud, che ha tolto ai soggetti borghesi l’illusione che il loro Io fosse padrone di sé.» (“Point de vue: du centrisme mou au risque de penser”, Le Monde, 8/10/1999)

Dopo Galileo, Darwin e Freud, l’umano sarebbe perciò di fronte a un nuovo sconvolgimento dei suoi punti di riferimento tramite le biotecnologie. Queste ultime avrebbero come principale conseguenza l’abolizione definitiva delle frontiere tra organismo e macchina, o piuttosto tra gli organismi nati naturalmente e quelli prodotti artificialmente.

«È chiaro: questa serie di vessazioni non è finita, e il presente è attraversato da un violento complesso di vessazioni, che si potrebbero definire cibernetiche-biotecniche. Bruce Mazlish, storico e psicologo americano, ha descritto questa storia come quella della successiva sostituzione delle discontinuità metafisiche con continuità post-metafisiche. Galileo abolì la barriera metafisica tra il mondo terrestre e lo spazio celeste, dimostrando che le stesse leggi naturali continuavano ad applicarsi su entrambi i lati della Luna. Con Darwin, la differenza metafisica tra uomo e animale fu relativizzata e sostituita da un continuum di storia naturale che comprendeva entrambi. Freud, da parte sua, ha perforato le barriere metafisiche che separano i processi coscienti e razionali da quelli inconsci e irrazionali, rivelando anche in questo caso un continuum. È solo quest’ultima differenza metafisicamente codificata che separa l’organismo dalla macchina, o ciò che nasce da ciò che è fatto, che ancora resiste all’irruzione del pensiero del continuum post-metafisico. Nonostante la loro semplicità, queste due parabole parallele hanno una certa capacità di diagnosticare i tempi. Se le combiniamo con le ultime tesi di Foucault sul biopotere moderno, arriviamo a un punto da cui i problemi della condizione umana nello spazio antropotecnico possono essere discussi senza isterismi.» (ibid)

 

 

Sommario 4.27

  • Introduzione
  • Arezzo, i vigili-cyborg e i loro occhiali – VIDEO
  • Prodotti di marcatura codificata TESTO (con Gérald Darmanin, ministro interni francese, RTL, marzo 2023)
  • Piero Angela, l’ologramma e il teletrasporto VIDEO
  • APPELLO AGLI SCIMPANZÉ DEL FUTURO (un estratto dall’ultimo capitolo del Manifesto degli Scimpanzé del futuro, 2017, pubblicato istrixistrix)
  • Il cyborg/“eyeborg” Neil Harbisson diventa direttore d’orchestra (Euronews, 25/3/2014)
  • Schizofrenia Pandemica – TESTO

 

Riferimenti 4.27

  • Balanescu Quartet, Robots (Possessed, 1992)
  • Trilok Gurtu + feat. Oumou Sangaré & Jan Garbarek, Glimpse (Live Muziekcentrum Frits Philips, Eindhoven, 5/11/2008)
  • Mano Negra, This World (Casa Babylon, 1994)
  • Mano Negra, D’abord on est bien ! (après on joue) + Azzero (Out of Time, 2005)
  • Edoardo Bennato, La Torre di Babele (Live RSI, 1979)
  • Kenji Kawai, Chant I – Making of Cyborg (Ghost in the Shell, 1995)
  • Tricky, Escape (Music Inspired by the Motion Picture Ghost In The Shell, 2017)
  • Univers Zero, Mellotronic (Implosion, 2004)
  • Univers Zero, Rouages + Kermesse Atomique (The Hard Quest, 1999)
  • Cyanosis, Addendum (Stave, 1998)
  • One Minute Silence, Pandemic Schizofrenia (Fragmented Armageddon, 2013)

Episodio 4.26

Episodio 4.26

Se la figura del cyborg infesta l’immaginario della fantascienza e del cyberspazio, il suo cugino il postumano fa la sua comparsa ufficiale sulla scena filosofica e politica nel 1999. Lo dimostra la polemica che si scatenò a quei tempi in Germania e in Francia intorno a quel che si è soliti chiamare “l’affare Sloterdijk”. Collegato alla movenza postmoderna, Peter Sloterdijk ha provocato, con la pubblicazione di “Regole per il parco umano”, un vivo dibattito attorno alle trasformazioni dell’umano a opera delle biotecnologie. Redatto nell’ambito di un colloquio consacrato a Heidegger, questo testo ha provocato, per l’ambiguità delle sue affermazioni, grande scompiglio all’interno delle comunità intellettuali tedesca e francese che hanno creduto, a torto, di scorgervi le tracce di una reminiscenza dell’eugenismo nazista. L’analisi di Lafontaine porta invece a inscrivere le argomentazioni di Sloterdijk nella lunga lista dei prolungamenti contemporanei del paradigma cibernetico.

Riportando la cultura umanista alla semplice imposizione da parte di una élite di tutta una serie di testi giudicati essenziali all’«addomesticamento» della gioventù, in “Regole per il parco umano” Sloterdijk afferma che si è occultato il fatto che la società umana è il frutto di un dressage, un addomesticamento appunto, dell’umano da parte dell’umano. Considerando che all’epoca dei mass-media l’umanesimo è definitivamente superato come forma di addomesticamento, intende riaprire la questione dei mezzi adoperati socialmente dall’uomo per auto-addomesticarsi. Riprendendo le parole del Zarathustra di Nietzsche, Sloterdijk vuole aprire una controversia tra i «diversi allevatori e diversi programmi di allevamento». (Peter Sloterdijk, “Regole per il parco umano”, in Non siamo ancora stati salvati. Saggi dopo Heidegger, 2004, p. 257)

Contro l’umanesimo che giudica obsoleto, prende posizione a favore di un auto-addomesticamento antropotecnologico. Senza peraltro difendere una modificazione dell’umano attraverso le biotecnologie, sostiene però che il loro uso è oramai ineluttabile. Basandosi sull’idea che qualunque forma di addomesticamento culturale presuppone una selezione, sviluppa alcune riflessioni che ricava dalla Politica di Platone: «Ciò che Platone afferma per bocca del suo straniero è il programma di una società umanistica che prende corpo in un singolare umanista assoluto, il signore dell’arte pastorale regia. Il compito di questo superumanista non sarebbe altro che la pianificazione delle caratteristiche di una élite che deve venir allevata proprio per volontà della totalità.» (p. 262)

È proprio questa parte che ha destato profonde inquietudini riguardo le sue intenzioni, nonostante Sloterdijk si sia pronunciato sulla necessità di promulgare un codice di condotta in materia di manipolazioni genetiche. Ma per quanto ambigua e interpretabile, la sua posizione è certamente sconcertante. «Qui trova posto il famoso paragone dell’uomo di Stato con il tessitore. Per Platone il fondamento reale e vero dell’arte di governare non sta nel voto dei concittadini, che a loro discrezione danno o sottraggono la fiducia al politico, e non si trova nemmeno tra i privilegi ereditati o le nuove forme di usurpazione del potere. Il signore platonico trova la ragione del suo potere solo in un sapere del governo d’allevamento, e dunque nel sapere di un esperto del tipo più singolare e particolare. Riemerge qui il fantasma di un regno di esperti il cui potere ha come fondamento legale il sapere come gli uomini dovrebbero venire separati e uniti al meglio, senza arrecare danni alla loro libera volontà. L’antropotecnica di governo richiede difatti all’uomo di Stato, che sappia intrecciare l’una con l’altra nel modo più efficace le qualità adatte all’essere-comune degli uomini che si fanno guidare liberamente. Sotto la sua mano il parco uomini ottiene così la sua omeostasi ottimale; ciò accade quando i due rispettivi tipi umani ottimali, caratterizzati da una parte dal coraggio guerresco, dall’altra dalla razionalità filosofico-umana, vengono inseriti in eguale misura nella trama del loro essere-comune.» (p. 261)

 

 

Sommario 4.26

  • Introduzione
  • Henri Laborit e l’inibizione all’azione (da Mio zio d’America)
  • HOMO TECHNOLOGICUS – Utero in affitto, surrogazione di maternità: dalla vita carnale alle piastrine dei laboratori – 6a PARTETESTO
  • Henri Laborit bis
  • RAI Tgr Leonardo, Cina crea virus in laboratorio (novembre 2015)
  • Henri Laborit tris
  • Bill Gates – LA LEZIONE DEL COVID: come prevenire la prossima pandemia? (VI Parte)TESTO
  • Henri Laborit quater
  • Recensione di Simona Regina al libro di Alessandro Delfanti Il magazzino Codice Edizioni (2023), daTutto Libri, supplemento de La Stampa, 6/5/2023

 

Riferimenti 4.26

  • The Cosmic Jockers, Der Planet des Sternenmädchens (Planeten Sit-in, 1974)
  • Alain Resnais, Mio zio d’America (1980)
  • Chris & Cosey With Boyd Rice, Guest + Host = Ghost (Core – A Conspiracy International Project, 1988)
  • Dr. John &The Donald Harrison Band, Mamzelle Zizi (Dr. John Meets Donald Harrison, 2013)
  • Jefferson Airplane, Embryonic Journey (Surrealistic Pillow, 1967)
  • György Ligeti, Volumina (1966)
  • Raised By Owls, Coronavirus Hardcore Song (2020)
  • Thinking Plague, Les Etudes d’Organism (In Extremis, 1998)
  • Matt Elliott / The Third Eye Foundation, Half a Tiger + Are You Still a Cliché? (Little Lost Soul, 2000)

Episodio 4.25

Episodio 4.25

Donna Haraway chiarisce senza mezzi termini quali sono gli ambiti in cui dichiarare guerra all’umano. Nella prospettiva di questa sedicente femminista, adottata in seguito da quasi tutta la sinistra moderata-mente e radical-mente scientista, si dovrebbe annichilire tanto l’origine quanto il destino biologico dell’antropos terrestre, sbarazzandosi di inutili fardelli quali i caratteri sessuali, intrinsecamente ingiusti, il radicamento al mondo e l’incarnazione corporea. «Il cyborg è una creatura di un mondo post-genere: non ha niente da spartire con la bisessualità, la simbiosi pre-edipica, il lavoro non alienato o altre seduzioni di interezza organica ottenute investendo una unità suprema di tutti i poteri delle parti. (…) un sé supremo finalmente libero da ogni forma di dipendenza, un uomo nello spazio.»

Le contraddizioni insite nel punto di vista suo e delle altre voci anti-umane sono schivate come al solito con estrema facilità e superficialità. Se Haraway ammette che «i cyborg sono figli illegittimi del militarismo e del capitalismo patriarcale, per non parlare del socialismo di stato», il problema si risolve a suon di contro-narrazioni: basta dirlo, e crederci, e si risolve tutto. «Ma i figli illegittimi sono spesso estremamente infedeli alle loro origini: i padri, in fondo, non sono essenziali.» Peccato che per la corrente post-umana, tesa allo sviluppo del concepimento in provetta e cullando il sogno dell’ectogenesi, nemmeno la madre sia più necessaria.

Ma quali sono i pilastri su cui si fonda l’approccio disumanizzante, cosa ha reso possibile «questa analisi fantapolitica (politico-scientifica)»? Secondo Haraway si tratta di tre cruciali cedimenti di confine. In primo luogo quello tra animale e umano, abbattuto ripetutamente nella cultura scientifica americana della fine del Ventesimo secolo. Poi, «la seconda distinzione che non regge è quella tra organismo (animale e umano) e macchina. (…) Le macchine di questa fine secolo hanno reso totalmente ambigua la differenza tra naturale e artificiale, mente e corpo, autosviluppo e progettazione esterna nonché molte altre distinzioni che si applicavano a organismi e macchine. Le nostre macchine sono fastidiosamente vivaci, e noi spaventosamente inerti.»

Infine, abbattuto proprio negli anni ’80 in cui scriveva Haraway, dopo il lungo lavoro di erosione compiuto dalla cibernetica a partire dal secondo dopoguerra, il terzo confine è quello tra fisico e non fisico, che perciò non è più tracciabile con precisione, dato che «le macchine moderne, congegni micro-elettronici quintessenziali, sono ovunque, e sono invisibili». Con i computer e le altre creature informatiche si materializza il dominio del linguaggio, che da strumento di comunicazione è poco alla volta diventato codice della vita e stringa di comando. «Il chip di silicio è una superficie di scrittura; è inciso in scala molecolare, disturbato solo dal rumore atomico, interferenza estrema del nucleare. La scrittura, il potere e la tecnologia sono vecchi compagni nei racconti occidentali sulle origini della civiltà, ma la miniaturizzazione ha cambiato la nostra esperienza del meccanismo. La miniaturizzazione si è dimostrata collegata al potere: non è che piccolo è bello, quanto che soprattutto è pericoloso, come un missile Cruise.» (Donna Haraway, Manifesto Cyborg, pp. 41-45)

Per quanto si sforzi di mettere in discussione tutte le dicotomie, «tra mente e corpo, animale e umano, organismo e macchina, pubblico e privato, natura e cultura, uomini e donne, primitivo e civilizzato» (p. 76) il discorso post-umano di sinistra di Haraway poggia su una potente ambiguità, un’ambivalenza o doppia visione. Queste trasgressioni dei confini, le potenti fusioni e le rischiose possibilità che si aprono di fronte ai progressisti grazie allo sviluppo forsennato delle nuove tecnologie, potrebbero condurre in due distinti “mondi cyborg”. Da un lato «l’imposizione finale di una griglia di controllo sul pianeta, l’astrazione finale incarnata in una Guerra stellare apocalittica di “difesa”, l’appropriazione finale del corpo delle donne in un’orgia di guerra maschilista», ma da un altro «il vivere realtà sociali e corporee in cui le persone non temano la loro parentela con macchine e animali insieme, né identità sempre parziali e punti di vista contraddittori». (p. 46)

Non vediamo grande differenza tra questi due mondi. Non resta loro che illudersi di opporsi al dominio capitalista e maschilista che denunciano e sognare «una sorta di società cyborg, dedicata a riconvertire realisticamente i laboratori che rappresentano e vomitano con orgoglio gli strumenti dell’apocalisse tecnologica, e impegnata a costruire una forma politica che riesca realmente a tenere insieme le streghe, gli ingegneri, gli anziani, i pervertiti, i cristiani, le madri e i leninisti abbastanza a lungo da disarmare lo stato.» (p. 76)

La corrente cyber-femminista, che dai laboratori del pensiero, le università, è sfuggita nel reale, oggi si diffonde come un virus tanto nelle alte sfere sociali quanto in ambiti più marginali, infettando le nuove generazioni affasciante da questa possibilità di “riscrittura” delle proprie catene in ali fatate. La linea è stata tracciata: da un lato il cyborg, «sorta di sé postmoderno collettivo e personale, disassemblato e riassemblato», dall’altro umani in carne e ossa che ancora credono nell’autonomia dell’organico e rifiutano di piegarsi al ricatto che vorrebbe convincerli che le «tecnologie della comunicazione e le biotecnologie sono gli strumenti principali per ricostruire i nostri corpi.» (pp. 57-58)

 

 

Sommario 4.25

  • Introduzione
  • Covid, pandemia finita? (Podcast Adkronos, 5/5/3023)
  • HOMO TECHNOLOGICUS – Utero in affitto, surrogazione di maternità: dalla vita carnale alle piastrine dei laboratori – La fiera del bebè5a PARTETESTO
  • L’uccello del malaugurio (Piero Angela da Lucia Annunziata, Mezz’ora in più, 19/12/2021)
  • Il ruolo delle immagini nelle guerre contemporanee – Parte 2: Guerrevisioni)TESTO
  • L’uccello del malaugurio bis

 

Riferimenti 4.25

  • Mamoru Oshii, Ghost In The Shell (1995)
  • Kenji Kawai, Ghost In The Shell – Opening Theme (Live Tokyo, 2017)
  • Kenji Kawai, Ghost In The Shell (Cinema Symphony, Live 2007)
  • Pandemic, It’s A Tough Beat (Tuff Mix) (Slammin, 1991)
  • Primordia, Mother Love II (The Gleaming Eye, 1993)
  • Agonije, Stirpe crudele (parte 1) + Orgasme du temps (Tecnologie del movimento, 1991)
  • Pink Floyd, Intro (Live at Pompei, 1972)
  • Domenico Bini, L’uccello del malaugurio (2022)
  • Camille Saint-Saëns, Danse macabre, Op. 40 (Charles Dutoit & Philharmonia Orchestra, 1981)
  • Rafael Anton Irisarri, Wither (Daydreaming, 2009)
  • Fripp & Eno, Terebellum (The Equatorial Stars, 2004)
  • Domenico Bini, Sta andando tutto male (2019)
  • Sergej Rachmaninoff, L’isola dei morti, Op. 29 (Mikhail Pletnev & Russian National Orchestra, 2000)

 

Episodio 4.24

Episodio 4.24

Dopo molti anni vissuti sottotraccia, negli anni ’80 finalmente la cibernetica e il suo programma di dissoluzione dell’umano vengono pienamente alla luce, in concomitanza con la diffusione planetaria dei personal computer, trovando nell’americana Donna Haraway e nel francese Jean-François Lyotard due tra le voci più entusiaste, unite anche dal fatto di condividere – sulla scia di quello che aveva sottolineato molti anni prima Hannah Arendt – una visione esterna al pianeta Terra. Alla fine del suo Manifesto cyborg, immaginando tutta la “meravigliosa” diversità presente sul pianeta, questa complessità in continuo movimento, come destinata a un’esistenza extraterrestre, Haraway allega un diagramma che raffigura lo sviluppo della vita e «culmina con l’evoluzione dei mammiferi, rappresentato da un topo e da un astronauta nella sua tuta, che sembra si stia incamminando, forse sulla superficie della luna.» (p. 163)

Dal canto suo Lyotard si colloca nella prospettiva dell’annientamento, del Sole, della terra e dell’uomo, un evento ineluttabile previsto tra 4,5 miliardi di anni. Perciò l’uomo deve scegliere: o «restare nella vita dello spirito e dei fenomeni terrestri», continuando a filosofare «nel tiepido girone della connivenza uomo-natura», con la differenza rispetto agli antichi di essere di fronte all’evidenza che «non c’è alcuna natura, ma solamente un mostro materiale». E se «la natura era la nostra interlocutrice nelle cose, la materia non ci pone alcuna domanda e non attende riposta alcuna. Ci ignora.» L’altra opportunità da parte dell’essere umano è quella di «cercare di anticipare il disastro, a porvi rimedio, attraverso i mezzi del suo ordine, che sono quelli delle leggi della trasformazione dell’energia.» Sfidando questo destino inevitabile dell’annientamento dell’ordine solare e del suo stesso pensiero, il compito è «simulare le condizioni della vita e del pensiero di modo che un pensiero rimanga materialmente possibile dopo il disastro. È questa l’unica sfida delle ricerche tecno-scientifiche odierne, in tutti i campi, dalla dietetica, la neuropsicologia, la genetica e il tessuto di sintesi fino alla fisica dei corpuscoli, l’astrofisica, l’elettronica, l’informatica e il nucleare.» (Lyotard, p. 20)

Se Lyotard si pone in una prospettiva in cui il pensiero potrebbe esistere senza il corpo, Haraway lo materializza nella tecnologia affidandosi all’organismo cibernetico, in un’epoca in cui «il confine tra fantascienza e realtà sociale è un’illusione ottica.» Se già l’immaginario è abitato da cyborg, animali e macchine insieme, che «popolano mondi ambiguamente naturali e artefatti», anche «la medicina moderna è piena di cyborg, di accoppiamenti tra organismo e macchina, ciascuno concepito come dispositivo in codice, in una intimità e con un potere che non sono stati generati nella storia della sessualità. (…) E anche la guerra moderna è un’orgia cyborg, codificata da C3I (comando-controllo-comunicazione-intelligence).» (p. 40)

Nessuno sfugge al destino che accomuna gli umani della fine del Ventesimo secolo: «siamo tutti chimere, ibridi teorizzati e fabbricati di macchina e organismo: in breve, siamo tutti dei cyborg.» Questa visione non è affatto terrificante, tutt’altro: Haraway si pone come capofila di una riscrittura postmoderna, non naturalista, del femminismo socialista la cui utopia è «un mondo senza genere che forse è un mondo senza genesi, ma può essere anche un mondo senza fine» e in questo delirio d’immortalità anticipa le più recenti fantasie d’onnipotenza del transumanesimo.

 

 

Sommario 4.24

  • Introduzione
  • Covid, pandemia finita? Dichiarazione dell’OMS
  • Voci dalla manifestazione contro il biolaboratorio (Pesaro, 1 maggio 2023)
  • DIALOGO SULLA COSTRUZIONE DI BIOLABORATORITesto / Audio
  • Voci dalla manifestazione contro il biolaboratorio 2
  • “Wish for a Baby”: modalità e condizioni di ammissione Testo
  • Contro la fiera-mercato del bebè Wish for a Baby (Milano, 20 maggio 2023)

 

Riferimenti 4.24

  • Jefferson Airplane, Spare Chaynge (After Bathing at Baxter’s, 1967)
  • Pandemic, It’s A Tough Beat (Tuff Mix) (Slammin, 1991)
  • Artificial Memory Trace, Calliphonies 3 e 4 (Calliphonies (Skeletunes & Reasonances), 1998)
  • Five Thousand Spirits, Alphamantra + Enter, So Far From This Sky + Eskdalemuir + Haat-Lunis + From Sea To Sea (A Tapestry For Sourcerers, 1995)
  • Volruptus Topic, Human Control (2022)