Campagna nazionale di vaccinazione anti-Covid 19 “Riprendiamoci il gusto del futuro”
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TogliattiDRAG – Un luminoso avvenire
EMO – Addicted To Tec
Eddie Ginosa, ANTENNE LUCCICANTI DI FANTASMI (febbraio 1970)
LA HIT DELL’ESTATE: DJ DRAGONS – Fightin’ Pandemics (Global Health Remix)
Pierre Clastres, Archeologia della violenza (1977)
IL BATTITO ININTERROTTO DI GENOVA (V) – Radiodramma de LaNavedeiFolli sui fatti del luglio 2001. Personaggi e interpreti: Carabinieri di vario ordine e gradi, Ponte della Gihisolfa e “A Rivista anarchica” – nel ruolo dei buoni. Anonimi black bloc – nel ruolo dei cattivi.
Riferimenti Ep. 2.37
Frank Zappa, Who Are The Brain Police (Freak Out, 1966)
Canned Heat, Parthenogenesis + Refried Boogie (Livin The Blues, 1968)
Stanley Kubrik, 2001 Odissea nello spazio (1968)
Procol Harum, In Held ’Twas In I (Shine On Brightly, 1968)
THD, Steel Mill (101 + 303 + 808 = Now Form A Band, 1995)
Jorge Reyes, Donde Nadie Lamenta Lo Que Somos (Niérika, 1990)
Backworld, dall’album Holy Fire (1996)
Ethodius, The Deepest Voice (Ethodius, 1997)
Cyclobe, Silent Key (Emre [Dark Matter], 2000)
Darkwood, Ironwood (Heimat & Jugend, 2000)
Chumbawamba, The Triumph of General Ludd (English Rebel Songs 1381-1984, 1988)
Situazione davvero difficile, oggi più che mai. Per la seconda volta (repetita iuvat, si diceva?)– le greggi civilizzate preferiscono seguire le note del pifferaio magico che ascoltare la voce delle proprie coscienze, tormentate quantomeno dal dubbio, troppo in fretta soffocato dalla dose anestetica vaccinale e dal frastuono delle voci festanti dei vivi morenti tornati alla normalità, alla norma.
Come li coglierà la terza, la quarta ondata? Come sarà possibile dar loro anche solo un briciolo di solidarietà? Che faccia faranno quando scopriranno, dopo aver lodato ammirati l’Inghilterra omni-vaccinata (peraltro, nei primi mesi del Covid, bistrattata in quanto “negazionista”), di essere infetti dell’ennesima variante, Delta Epsilon Omega…, che si sarà fatta un baffo, uno spike, di tutte le – a questo punto tocca dirlo – inutili vaccinazioni?
E se qui da noi le cose vanno male, ancor peggio va negli Stati Uniti dove scopriamo, con stupore e raccapriccio, che molti compagni anarco-primitivisti che pensavamo dalla nostra parte, non solo appoggiano il programma di vaccinazione di massa; peggio, lanciano strali su noi poveri mozzi accusati, ebbene sì, accusati anche da costoro, di fare il gioco del nemico, essere ignoranti, cospirazionisti, trumpiani razzisti e chissà cos’altro.
Non è la prima volta, ma lo ripetiamo: siamo davvero a questo punto? Si è spinta tanto lontana l’umanità, anche quella in teoria ribelle, da dimenticare i propri stessi principi? Qual è, dunque la posta in gioco?
Siamo salpati con l’intento di cogliere le radici profonde dei grandi mutamenti in corso, adoperando la cibernetica come specchio, modello celato ma onnipervasivo per comprendere il funzionamento del macchinario sociale, nel tentativo forse vano di incepparlo. Salpati per vedere fino a che punto la tecnologia penetri nel corpo del corpo dell’individuo e in ogni anfratto della vita, della natura, nel tentativo forse vano di denunciare e bloccare questa transizione verso il postumano. Salpati, dopo aver levato l’ancora da acque stagnanti, per gettare un amo, aprire un sentiero, nel tentativo certo mai vano di scoprire affinità e complicità, qualche coscienza desta, lucida, cospiratrice.
Invece ci ritroviamo nella desolazione abissale. Non una riflessione, non una critica puntuale, nemmeno nei nostri riguardi. Assordante silenzio. Complicità, questa sì, ma con il Grande Fratello. Un vociare unanime, quando davvero conta, dove tutto si mescola e scompare e si spengono anche le voci chi è, o piuttosto si crede di essere, fuori dal coro.
Nonostante il mondo della virtualità, tanto reale quanto virtuale, brilli di sciami di soggettività in lotta, quando si spengono i riflettori e scendono dalla ribalta, ritrovandosi in mano un pungo di mosche e dovendo tornare a fare i conti con la banale vita quotidiana, queste belle anime antagoniste dovranno guardare in faccia la realtà: e per quanto faranno di tutto pur di non ammetterlo, in prima battuta a sé stessi, capiranno di trovarsi nel bel mezzo del deserto.
Questo deserto, questa macchina implacabile, qualcuno lo chiamò Grande Fratello. Oggi più che mai ha bisogno di te, del tuo contributo e del tuo consenso.
Non è un caso che 1984 da distopia premonitrice sia divenuto banale romanzetto d’appendice. La verità del falso è legge. Scientifica, per di più. Così, grazie al consenso, gli uomini più ricchi del mondo dettano legge, ribaltano e saccheggiano il pianeta, eventualmente lo salvano e lo curano, oggi con vaccini per tutti. Non imposti, non calati dall’alto ma richiesti, rivendicati, pretesi. Grazie al consenso, i capitalisti trans-umani, i Besos e i Musk – ma chi non vorrebbe essere come loro, se perfino l’ultimo degli anarchici desidera di poter volare? – si proiettano nella desolazione dello spazio galattico per troneggiare, nuove divinità tecnolimpiche, su ciò che hanno reso un deserto invivibile, e sui docili sudditi costretti a restare quaggiù.
Non è un caso che possano permettersi di farlo non grazie al terrore dittatoriale, alla violenza e alla morte, ma con la più oppiacea delle anestesie democratiche, con piglio missionario se non addirittura, tenetevi forte… umanitario. O magari transumanitario…
Non è un caso che le greggi impaurite, come pure molti dei caproni alternativi, non facciano nulla per vedere il disastro in corso, figuriamoci per fermarlo.
Sarà dunque un caso il fatto che Orwell ebbe l’idea – o piuttosto l’epifania – del mondo nuovo non tanto leggendo Huxley né pensando allo sfacelo che stavano compiendo i Mussolini Stalin Hitler Churchill Roosvelt di turno… ma combattendo come volontario nella guerra civile spagnola del ’36, toccando di prima mano, con metodo scientifico se volete, il livello di trionfo della menzogna tale da imporsi – proprio come un virus, come un contagio inarrestabile – anche tra chi combatteva in teoria per la verità. Anche tra chi, e a quei tempi ancora popolati da umani erano i più, ne era inconsapevole.
Il vero è falso, la guerra è pace.
L’anarchia è governo, il comunismo è proprietà privata.
IL BATTITO ININTERROTTO DI GENOVA (IV) – Radiodramma de LaNavedeiFolli sui fatti del luglio 2001. Personaggi e interpreti: Wu Blisset e le Moltitudini, Luca Casarini, Don Andrea Gallo, Francesco Caruso, Capitano dei Carabinieri Claudio Cappello – nel ruolo dei buoni. Paolo Persichetti e Carlo Giuliani – nel ruolo dei cattivi.
Anche se non c’è peggior sordo di chi non vuol stare ad ascoltare, i mozzi a bordo del transatlantico normalizzato continuano a lanciare allarmi, inascoltati. Se prima era il rombo della tempesta, ora è la musica ad alto volume a impedire ai passeggeri di parlarsi, capirsi, vedere l’imminenza dello schianto.
Gran parte di questo rumore di fondo è dovuto al diffondersi delle politiche identitarie, in tutte le loro forme e declinazioni. Di seguito una riflessione di chi ha organizzato la fiera del libro anarchica di Londra nel 2017, durante la quale sono sorti problemi non nuovi ma che hanno raggiunto un punto di non ritorno, a quanto pare. Risultato: negli anni seguenti l’Anarchist Book Fair non si è più svolta.
IL BATTITO ININTERROTTO DI GENOVA (III) – Radiodramma de LaNavedeiFolli sui fatti del luglio 2001. Personaggi e interpreti: la Moltitudine, Francesco Caruso, Luca Casarini, Toni Negri, Le Moltitudini di Wu Blisset, Vittorio Angoletto – nel ruolo dei buoni. Detour. La canaglia a Genova, Claudio Albertani e Sin Dios – nel ruolo dei cattivi.
SPOT del Ministero della Verità
VacciniMegamix14
Piero Coppo, Psicopatologia del non vissuto quotidiano. Appunti per il superamento della “psicologia” e per la realizzazione della salute (1980)
Riferimenti Ep. 2.34
Cyclobe, Silent Key (Emre [Dark Matter], 2000)
Throbbing Gristle, In the Shadow of the Sun (1981)
Franz Schubert, Trio per pianoforte n. 2 in mi bemolle maggiore, op. 100 (1828)
Sin Dios, No a EEUUropa (live inedito a El Paso, 2001)
Eric Burdon & The Animals, Paint it Black (Winds of Change, 1967)
Duilio Del Prete, I borghesi (Duilio Del Prete canta Brel, 2002)
Dopo la lunga tempesta covid, a quanto pare La nave dei folli sta tornando alla normalità: un bel vaccino e hop! Il gregge immunizzato può finalmente tornare a vivere. Nell’elenco delle priorità: caffè e cappuccino al bancone, partita allo stadio, ristorante e discoteca, spiagge e seggiovie. Voilà, eccovi forniti tutti i comfort per una comoda, soffice transizione verso il post umano.
In questo deserto cibernetico, riportiamo alla luce dagli abissi della storia questa perla di una ventina d’anni fa, come se ci avesse tolto le parole di bocca.
«Meglio guadagnare un mondo diverso da quello che abbiamo perso, che abitare quella discarica di sogni.
Meglio guerreggiare che atrofizzato, vivendo ore morte.
Meglio nel delirio che nell’incubo quotidiano.
Meglio aprendo brecce che dormicchiando in una nicchia.
Ma… schera de che? Schiera di cosa? si domanderebbe l’incauto passeggero che fin qui avesse prestato più attenzione al paesaggio, al luccichio delle stelle nel cielo (o delle costellazioni di satelliti), al rancio di bordo e ai cartelli che invitavano a non essere machisti, aggressivi, razzialitatori essenzialisti – che a quanto succedeva a bordo, alle sue regole sempre più spietate ma sempre più applaudite anche dall’antagonista; a misure, potenziamenti tecnologici, ibridazioni biomeccaniche salutate da costoro, oramai in odor/puzzo di trans-post-umano, come cosa buona e giusta – solo un tantino in attesa di riappropriazione o… di gestione statal-bolscevica.
Ebbene, vogliamo dire a costoro e a costora, a questi assenti, vuoti soggetti operanti per transposta persona “il sistema”, quanto segue:
Vi abbiamo smarscherati, siete il nulla dietro alla patina pixeloide della realtà virtuale.
Siete realmente virtuali. E in quanto tali ectoplasmatici, dunque in apparenza inattaccabili e invincibili. Ma finito l’incubo, svaniscono i fantasmi.
Giacché non avete storia, memoria, corpo… d’ora in avanti sarete semplicemente inumani.
Eppure, cenere alla cenere, alla fine tutto lì torna, alla terra.
Noi altre, le ancora resistenti, le non già del tutto cyborg, gli ultimi antropoidi in circolazione, a lei chiederemo consiglio. Alla natura, certo, alla nostra cara vecchia antenata natura. Non certo agli apprendisti stregoni, non certo ai militonti babbioni.
E volendo restare esseri umani, oggi gli scimpanzé del futuro dichiariamo guerra alla Procreazione Medicalmente Assistita.
Avevamo momentaneamente interrotto la lettura del libro di Celine Lafontaine, L’impero cibernetico, per addentrarci nel testo di Henri Lefebvre Contro i tecnocrati in cui per la prima volta, in maniera diretta e affrontando il problema di petto, è stata mossa una critica radicale alla nuova ideologia nata dalla cibernetica, che diventava di gran moda negli anni di poco precedenti il ’68, tra i vari buffoni di corte e di cortile, soprattutto quello della Sorbona. Un pensiero fintamente sovversivo e realmente integrato, come dimostra la presenza costante di quei loschi figuri – tra api regine, api operaie, operaiste e post-operaiste… fino ai fuchi foucaultiani – negli apparati, o dovremmo dire dispositivi, dominanti: ministeri, università, centri di ricerca, case editrici, riviste e televisioni di regime, gruppi e ideologie di potere e contropotere…
A questo punto perciò riemergiamo dalle acque profonde della storia, per riportare a galla le perle della critica e provare a declinare nel presente quanto scoperto. Pensiamo che mai come oggi sia opportuno, e fondamentale, smascherare e gettare la maschera, schierarsi e prendere una posizione. Situarsi, come dicono i post-umani.
Dunque, procediamo con lo SMASCHIERAMENTO, iniziando a elencare una serie di punti problematici che a nostro avviso vanno assolutamente affrontati, pena il (ri)piombare della cosiddetta “corrente radicale”, sia essa autonoma o anarchica, nella brodaglia post-moderna che non molti anni fa abbiamo combattuto sotto il nome e le pratiche di Tute Bianche e Disobbedienti.
Primo: il progetto di vaccinare “tutto il mondo”, come dice Draghi, non trova opposizione neppure nel cosiddetto movimento – che in realtà bisognerebbe iniziare a chiamare immobilismo militante. Anch’essi, come una qualunque spiaggia o parrucchiere, sono prontamente tornati alla normalità? Chi sopravvivrà, vedrà…
Spizzichi dallo spezzone dello spezzatino sociale, Torino, 1 maggio 2021
Wu MingNOT AV: dalla stessa parte della barricata?!?!?!
Volare con la Comune PostAnalcolica SPACEFAT
Cronache dal XX secolo – “La conquista dello spazio” (Sergio Spina, testo Andrea Barbato – Rai, 1965)
BERGTEUFEL, Il mondo a distanza: Su pandemia, 5G, materialità rimossa del digitale e l’orizzonte di un controllo totalitario – Ottava parte: “Spirali di dipendenza e isolamento”
Proseguendo nel libro Contro i tecnocrati, e saltando per ragioni di spazio alcuni capitoli in cui si sofferma sulla critica alla sociologia, su felicità, vita quotidiana e costruzione di situazioni, Lefebvre giunge ad affrontare il rapporto tra socialismo e utopia, e i miti della rivoluzione. «Tra le persone di sinistra, le più realiste pensano di attuare i progetti della tecnocrazia: pianificazione, razionalizzazione dall’alto della vita sociale, organizzazione in nome della Nazione e dello Stato. Come se questa organizzazione non fosse stata già raggiunta dal capitalismo! (…) Come novità, oggi c’è la seguente alternativa: o questo programma o il nichilismo. O questo programma oppure la fine del pensiero marxista. (…) Se nei grandi paesi industriali oggi si tratta di “padroneggiare la tecnica” è innanzitutto perché la tecnica si è elevata a potenza autonoma, a forza esterna e coercitiva, a sfida alla terra. “Padroneggiare la tecnica” nel senso di un’epoca per noi conclusa, proprio come fanno in maniera perfetta gli esploratori dello spazio.»
Dopo aver analizzato a fondo il ruolo della parola scritta e di quella orale, sottolineando come quest’ultima abbia accompagnato i progetti rivoluzionari contro le leggi e le norme spesso stabilite dalla prima, che nell’epoca del primato assoluto della linguistica ha assunto un carattere “terroristico”, Lefebvre conclude il capitolo in questi termini: «La “società” pare chiudersi di fronte a noi, attorno a noi. Il possibile pare limitarsi, ostruirsi. A questa chiusura contribuiscono sia le scienze parcellari (economia, psicologia, sociologia, addirittura storia) sia i concetti come quelli di struttura e sistema che analizzeremo a breve. Questa chiusura è però soltanto apparente. Nessuna definizione di società la coglie appieno né la esaurisce, nemmeno quella che pensiamo sia la migliore (“società burocratica di consumo pilotato”). Le forze della protesta e della contestazione non smettono mai di agire. (…) L’effervescenza è continua. Per lo meno questa società cambia e avanza verso una meta che non conosce: non sa dove va, ma comunque va. È la “fuga in avanti”. Le barriere crollano, un giorno o l’altro. Pericolosamente, il possibile si riapre, come la strada, attraverso disagi e comodità. Dove va questa società? Noi proponiamo un obiettivo, un percorso, una strategia. E una teoria del possibile.» (Henri Lefebvre, Passatismo, utopismo, socialismo)
Il Progresso sinistro – Togliatti/Berlinguer/Burgio
Il mondo a distanza: Su pandemia, 5G, materialità rimossa del digitale e l’orizzonte di un controllo totalitario – Settima parte: “Turchi meccanici”
IL BATTITO ININTERROTTO DI GENOVA (II) – Radiodramma de LaNavedeiFolli sui fatti del luglio 2001. Personaggi e interpreti: Cobas di Piazza Paolo da Novi / Vittorio Agnoletto / Vari TG / Emilio Fede – nel ruolo dei buoni. Claudio Albertani (Paint It Black), Tabularasa e Conflict – nel ruolo dei cattivi.
Comunicato di Fabiola
Riferimenti Ep 2.30
Negativeland, The Answer Is… (Points, 1981)
Heilung, Traust (Futha, 2019)
Francesco Turrisi, Variazioni sopra la Follia + Passamezzo Antico (Sì Dolce è il Tormento, 2009)
Bernard Parmegiani, Points Contre Champs (De Natura Sonorum, 1978)
Abe Duque & Dietrich Schoenemann, 88-30 (FACIL, 1995)
La prima parte di Posizionamento: Contro i tecnocrati di Henri Lefebvre, libro pubblicato in francese nel 1967 e mai tradotto in italiano, intitolata “TECNICITÀ E QUOTIDIANITÀ. Frammenti di un manifesto del Possibile”, prosegue con alcune riflessioni sull’oggetto-re di allora, l’automobile, per approdare a uno dei temi più cari all’autore de Il diritto alla città, l’urbanistica. Egli dichiara più volte di essere favorevole al progresso, dunque non si può certo bollarlo come un retrogrado reazionario; ciò che gli interessa è il trattamento riservato all’essere umano, e nel caso della città sottolinea come le si stiano sventrando per lasciar spazio ai flussi del traffico. Per Lefebvre, «che ciò si definisce “urbanesimo” altro non è che un insieme troppo coerente – un sistema – di permessi e limitazioni che servono a mantenere un’attività essenzialmente al livello dello stretto minimo tecnico. Tutto ciò riducendo una situazione e un’attività, l’abitare, a una realtà brutalmente materiale, l’habitat.»
Al termine di questo secondo capitolo, “I miti della tecnocrazia”, Lefebvre arriva all’argomento del titolo presentandoci una riflessione che è, anche e forse ancora oggi, di drammatica attualità.
«Pare che le persone cosiddette di destra, o “reazionarie”, pensano che ci siano due specie di tecnocrati, quelli buoni e quelli cattivi, quelli benefici e quelli pericolosi; questi ultimi sarebbero “di sinistra” o addirittura di obbedienza comunista. Avrebbero in serbo una riserva di idee perverse, distruttrici della sana tradizione, dei souvenir di una volta, delle norme della società francese, sotto la copertura delle tecnologie. Peraltro è possibile che questa tendenza di destra si attenui. Anche se la sinistra attuale morisse e se l’ideologia di destra come tale scomparisse, la “destra”, invece, rimane. Le persone di destra restano ciò che erano: sono quelle che restano tale quali erano. Hanno perduto da tempo la capacità di creare ideologie e miti. La “sinistra” le ha sostituite in questa attività, sebbene di questi tempi poco produttivi questa sinistra sogna il suo passato e non riesce nemmeno a fare autocritica. Riconoscibile anche se mascherata, la vecchia “destra” è lì pronta a raccogliere le macerie dell’ideologia di sinistra. L’immagine del tecnocrate proviene da quest’ultima. La sinistra pare convinta che il regno della tecnica verrà grazie a lei. A suo dire, gli uomini di destra che promettono l’efficacia tecnica non vogliono e non possono mantenere le loro promesse: pianificazione, soddisfacimento dei bisogni sociali, razionalizzazione della vita sociale, internazionale e nazionale, ecc. Sta alla sinistra organizzare l’ingresso nella terra promessa. Le due “tendenze” sono nei fatti d’accordo su una rappresentazione: il mito della tecnocrazia. Motivo per cui niente assomiglia di più all’immagine di un “tecnocrate di sinistra” quanto quella di un “tecnocrate di destra”. In quanto ai tecnocrati reali, questa confusione gli permette di manovrare, di tendere da una parte, poi dall’altra, di superare a modo loro l’opposizione (secondo loro antiquata) tra sinistra e destra, in nome del primato della tecnica. Abbiamo parecchie buone ragioni per pensare che nemmeno la sinistra cosiddetta “rivoluzionaria” o “comunista” sfugga al mito della tecnocrazia. È perfino sensibile, a causa dell’influenza sovietica, al prestigio della pianificazione autoritaria, e a certe “sovra-determinazioni” ideologiche (il dogmatismo nell’interpretazione marxista).
Sulla tecnica in sé, possiamo essere certi che simultaneamente:
a) tende a chiudere la società e a bloccare l’uomo (nello specifico con la cibernetica, che porta a termine il “cosmo” della quantità e la quantificazione del cosmo!). La tecnicità diventa ossessiva e di conseguenza determinante. Invade il pensiero e l’azione, a cui detta la linea;
b) minaccia di distruzione questo mondo ostruito, questo cosmo chiuso, dove l’unico possibile si riduce al funzionamento automatico e alla strutturazione di un equilibrio perfetto; depreda il mondo e può arrivare fino in fondo a queste predazioni con l’annientamento nucleare.
c) apre al Possibile, a patto che sia investito nel quotidiano.
Dunque essa [la tecnica] è ciò che chiude e che apre la via d’uscita, che oscura oppure scopre l’orizzonte. In quanto all’ideologia, quella dei tecnocrati, quella dei sociologi che parlano della società tecnica, blocca l’insieme; maschera le contraddizioni (nello specifico quella tra la chiusura di una società immobilizzata dalle strutture di equilibrio, e l’aperura di una società verso il possibile attraverso la contestazione e l’effervescenza). Cosa ci vuole per dissipare le ideologie e i miti? Tempo. Delusioni. Esperienze e prove. Contrattacchi teorici. Audacia e pazienza, virtù rivoluzionarie. Se è vero che nel corso del secolo l’etica e l’estetica del lavoro, l’ideologia del lavoro e del lavoratore, la filosofia dell’attività produttiva e della creazione ci hanno ingannato, se è esatto che c’è stato uno spostamento massiccio di affettività e di attività (senza parlare degli spostamenti materiali) verso i divertimenti, se è giusto affermare che questi divertimenti preparano nuove delusioni e frustrazioni, verso cosa si andranno ben presto a rivolgere le attenzioni e le speranze?» (Henri Lefebvre, I miti della tecnocrazia)
La Nave dei Folli è tornata su Radio Blackout (martedì, ore 12-13), l’episodio 28 è andato in onda martedi 4 maggio.
Non è chiaro il motivo della settimana di sospensione; inoltre, dopo la redazione di Blackout del 19 aprile, La Nave dei Folli si è ufficialmente tolta dalla stessa e si limiterà ad inviare la puntata ogni martedì.
Domani, martedi 11 maggio, andrà in onda il 29esimo episodio.