Episodio 5.18

Episodio 5.18

Dalla fisica alla biologia molecolare

Coniata nel 1938 dal matematico e fisico Warren Weaver, l’espressione biologia molecolare certifica la volontà di trasporre il rigore teorico e metodologico dalla fisica alle scienze della vita. A partire dalla fine degli anni trenta Weaver, direttore della divisione di scienze naturali della Fondazione Rockfeller, adotta una politica di finanziamenti che mira a incoraggiare lo studio fisico-chimico del vivente. Come ricorda lo storico Michel Morange, i finanziamenti allora concessi puntano a permettere a laboratori di fisica e chimica di dedicarsi alla biologia e, inversamente, a dei biologi di prendere in prestito dalla fisica strumenti e metodi. (Michel Morange, Histoire de la biologie moléculaire, 1994) Queste politiche di finanziamento della ricerca incoraggiarono la colonizzazione delle scienze della vita da parte della fisica ancor prima che il campo della biologia molecolare fosse delimitato ufficialmente, ma sarà soltanto con la fine della guerra che l’apporto della fisica allo studio del vivente acquisterà il suo pieno significato.

Diversi fattori sociologici possono spiegare l’entusiasmo dei fisici per lo studio del vivente alla fine degli anni Quaranta. Da un lato, i notevoli avanzamenti della fisica nucleare spinsero alcuni ricercatori a voler esplorare nuovi orizzonti scientifici; dall’altra, rivolgendosi alle scienze della vita, alcuni fisici cercarono di trasformare la potenza distruttrice liberata dalla bomba A in una potenza creatrice. Come la cibernetica e il suo progetto di “macchina intelligente”, anche la biologia molecolare può essere vista come una volontà di riscatto da parte dei fisici per la “colpa” nucleare. Sul piano istituzionale, il legame tra fisica atomica e biologia molecolare è dimostrato dal fatto che, negli anni Cinquanta, il 53% dei fondi di finanziamento della ricerca in biologia e in medicina venivano dal Dipartimento della Difesa e dalla Atomic Energy Commission.

Non serve scavare nei dettagli delle logiche del finanziamento pubblico e privato per capire quanto la biologia molecolare e l’ingegneria genetica siano basate sulla volontà politico-militare di estendere la potenza di controllo della fisica all’ambito del vivente. Indipendentemente dalle virtù politiche, mediche o sanitarie delle ricerche finanziate, nei fatti si tratta di aumentare la capacità di controllo tecnoscientifico. Nel contesto del dopoguerra, la questione fondamentale del controllo e della gestione della scienza rende centrale il ruolo della cibernetica, che da un lato mette al centro del suo progetto i concetti di comunicazione e di controllo, dall’altro rende effettivo il passaggio dalla fisica alla biologia annullando qualunque distinzione tra vivente e non vivente. Questo importante cambio di paradigma nelle scienze della vita era stato preannunciato dal fisico e premio Nobel Erwin Schrödinger già nel 1944, ancor prima della nascita della cibernetica.

 

 

Sommario 5.18

  • Introduzione
  • Figli dell’intelligenza artificiale (2023)
  • La Nave Dei Folli presenta: FUTURO ONNIPRESENTE – Spunti di riflessione su limiti e possibilità della resistenza all’avvenire cibernetico nell’epoca del totalitarismo scientista  (dicembre 2023) – SETTIMA PARTE Puntate complete
  • BiotexCom, pubblicità
  • Giuseppe Longo, Il post-umano (Mimesis Festival, ottobre 2014)
  • Figli dell’intelligenza artificiale
  • BiotexCom e la guerra

 

Riferimenti 5.18

  • L’uovo di Colombo, Visione Della Morte (L’uovo di Colombo, 1973)
  • Sophie Barthes, The Pod Generation (Figli dell’intelligenza artificiale) 2023
  • Rocco, Complottista (2021)
  • Machina Amniotica, East Jinx (Live Ex-Manifattura Tabacchi – Cagliari, 28/10/2017)
  • QAnon diventa globale  (Euronews, 2020)
  • Slaker, Global Cospiracy (Modern Visions 2 – Urban Dstortion, 2021)
  • Komytea, Conspiracy (Conspiracy / Pentagon / Thriller, 2011)
  • Coda & Coy, Conspiracy (Lifers / Conspiracy (QAnon & 5G Tinfoil Mix), 2020)
  • Psycho Realm, Conspiracy Theories (A War Story – Book 1, 1999)
  • Sir Oliver Skardy & Fahrenheit 451, Mr. Bim Bum Bam (Alambic Cospiracy Dub Version) (Piragna, 2010)
  • Green Pass, a Milano migliaia in piazza con Robert Kennedy Jr (Youtube, 2021)
  • Ensign, The May Cospiracy (The Price of Progression, 2000)
  • Cypress Hill, Ultra Violet Dreams (Cypress Hill Instrumentals, 2003)
  • Les Chevals, Two Bigornots + Ex Aequo (Konkman, 2007)
  • Grace Slick, All The Machines (Software, 1984)

UNA CORSA SENZA FINE

Domenica 7 aprile, chiacchierata a partire dai testi “Un futuro senza avvenire” (Nautilus, 2024) e “Manifesto degli Scimpanzé del futuro” (Istrixistrix/Malamente, 2023).
A Torino, alla Barca occupata, via Avondo 20, ore 15.

Episodio 5.17

Episodio 5.17

IL POSTUMANO, ultimo anello dell’evoluzione?

Il corpo della biologia moderna, come la molecola del DNA – e anche come l’azienda o il corpo politico moderno – è diventato una semplice aggiunta alla rete d’informazione, ora macchina, ora messaggio, sempre pronti a scambiarsi l’uno con l’altra. (Evelyn Fox Keller, Vita, scienza & cyberscienza, p. 48)

Una volta che ci siamo resi conto dei nostri corpi e dei nostri cervelli postumani, se ci osserviamo per quello che siamo, e cioè delle scimmie e dei cyborg, allora, occorre esplorare la “vis viva”, le potenze creative che ci abitano e abitano tutta la natura e che attualizzano le nostre potenzialità. Questo è l’umanesimo che viene dopo la morte dell’uomo: quello che Foucault definiva «le travail de soi sur soi», l’interminabile progetto costituente di creare e ricreare noi stessi insieme al nostro mondo. (Michael Hardt e Antonio Negri, Impero, pp. 125-126)

 

Divenuto un soggetto degno dei dibattiti filosofici più eruditi, la questione del postumano tende a farci dimenticare le atrocità commesse nella storia recente in nome dell’Uomo nuovo. Anche se sarebbe fuorviante lasciar sottintendere che il discorso sul postumano possa essere un nuovo avatar del nazismo o dello stalinismo e, in senso ancor più ampio, di una qualunque ideologia politica, tuttavia è d’obbligo constatare come esso si radichi in un’utopia tecnoscientifica di cui è ancora difficile scorgerne appieno la portata. Certo, il postumano – proprio come il suo cugino cyborg – è una creatura metaforica, ma la metafora prende oramai corpo nei laboratori dell’ingegneria genetica. Per convincersene basta gettare uno sguardo alle cronache scientifiche che occupano la stampa quotidiana che, dai robot umanizzati agli esseri viventi informatizzati, dalle protesi elettroniche all’umano transgenico, dagli xenotrapianti alla clonazione, pressoché ogni giorno pescano dal lotto di sperimentazioni portate avanti dai Frankenstein della tecnoscienza.

Per nulla confinato nell’immaginario della fantascienza, il postumano bussa alle porte del nostro mondo transfrontaliero dove reale e virtuale si confondono. Come si è arrivati a questo punto? Attraverso la stessa strada che ci ha portato a ridurre la soggettività a un linguaggio, a un codice e a una differenza combinatoria. L’odierna convergenza delle nuove tecnologie informatiche e biotecnologiche corrisponde infatti a una sola e unica rivoluzione paradigmatica, che è in gran parte frutto degli stessi attori che sono passati dalla fisica alla cibernetica e dall’informatica alla genetica. Senza l’erosione delle frontiere tra umano, animale e macchina innescata da Norbert Wiener e soci alla fine degli anni Quaranta, tecniche di manipolazione genetica come la transgenesi non sarebbero state nemmeno concepibili. In effetti il crollo delle barriere tra le specie reso possibile dall’ingegneria genetica s’iscrive nel prolungamento diretto del paradigma cibernetico secondo cui non esiste alcuna differenza ontologica tra vivente e non vivente. In tal senso gli OGM costituirebbero, sul piano tanto materiale quanto simbolico, l’incarnazione della visione cibernetica. Che si possano trasferire dei geni da una specie all’altra come se si trattasse di semplici informazioni che controllano la comparsa di caratteri precisi, non è forse la realizzazione dei principi informatici?

Il progetto cibernetico di creare una “macchina intelligente” non soltanto ha dato il segnale di partenza alla rivoluzione informatica. Il crollo teorico delle frontiere tra vivente e non vivente ha avuto particolare importanza nell’orientare le scienze della vita e ancor più direttamente nella formazione della biologia molecolare. L’obiettivo principale di quest’ultima, infatti, è quello di concepire il vivente a partire dalla sua struttura fisico-chimica, al di là dell’idea stessa di vita.

 

 

Sommario 5.17

  • Introduzione
  • I nuovi Ecosistemi: verdi & digitali – Codice. La vita è digitale (RaiPlay 11/8/2023)
  • La Nave Dei Folli presenta: FUTURO ONNIPRESENTE – Spunti di riflessione su limiti e possibilità della resistenza all’avvenire cibernetico nell’epoca del totalitarismo scientista  (dicembre 2023) – SESTA PARTE Puntate complete
  • Roberto Marchesini. TECNOSFERA – Proiezioni per un futuro postumano (Raicultura, maggio 2020)
  • Erwin Chargaff – Il pericolo di un pasticcio genetico (Lettera a Science, 1976) – TESTO

 

Riferimenti 5.17

  • Omar Faruk Tekbilek, Aksak (Amon Tobin Remix) + Shashkin (The Unity Of Diversity Remix) (RaRe Elements, 2009)
  • Machina Amniotica, East Jinx (Live Ex-Manifattura Tabacchi – Cagliari, 28/10/2017)
  • Greta Thunberg, Our House Is On Fire! (World Economic Forum 2019)
  • Cytech, Fear Sour (Basswerk Sessions Vol. 3, 2008)
  • Without Us, Fridays For Future (2021)
  • Owly Dave, Climate Justice Now (2019)
  • John D. Boswell, Symphony of Science, Our Biggest Challenge (2009)
  • Rhythm, Rhyme, Results (featuring Tommy Boots and Jené), Take AIM at Climate Change (2009)
  • Exploited, Computers Don’t Blunder (1982)
  • Il Rovescio Della Medaglia, La Grande Fuga + Cella 503 (Contaminazione, 1973)
  • Nurse With Wound & Faust, Lass Mich + Tu m’entends (Disconnected, 2007)

Episodio 5.16

Episodio 5.16

Verso un buddismo informatico?

Prima che effetto di una moda, l’interesse e la curiosità crescente nei riguardi delle filosofie orientali è indice di una profonda trasformazione nel modo di concepire e vivere la soggettività nelle nostre società. Senza voler ridurre la complessità di questo fenomeno a un unico schema esplicativo, tuttavia bisogna constatare come non sia del tutto estraneo al movimento postmoderno di decostruzione del soggetto che, com’è noto, in gran parte trae origine dal rovesciamento epistemologico operato da Wiener e colleghi. A tal proposito, in Le Culte de l’Internet Philippe Breton rintraccia i legami, ancora troppo ignorati, tra il modello informatico, la tendenza orientaleggiante della controcultura americana e le nuove tecnologie dell’informazione. Dal fondatore di Apple, Steve Jobs, capofila della micro-informatica diventato monaco buddista, alla conversione del biologo e cognitivista Francisco Varela, passando per Bateson che adocchiava le spiritualità orientali, fino al ciberspazio di Pierre Lévy, le religiosità informatiche puntano risolutamente verso l’Oriente e il buddismo. (Per avere un quadro più ampio dei riferimenti al buddismo nelle scienze contemporanee, si veda la raccolta di interviste di Réda Benkirane, La teoria della complessità [2002], Bollati Boringhieri, Torino 2007)

A giudicare dalla popolarità di opere come Il Tao della fisica di Fritjof Capra, del 1975, e Computer Zen di Philip Toshio Sudo, del 1999, è difficile ignorare il legame tra la fascinazione per le spiritualità orientali e la cultura tecnoscientifica. Ne “Il principio di umanità”, d’altronde, Jean-Claude Guillebaud ha analizzato questa «presunta corrispondenza tra certe trasgressioni tecnoscientifiche contemporanee e la tradizione buddista». (Le Principe d’humanité, Seuil, Paris 2001, p. 178) Bisogna precisare che si tratta di un buddismo immaginario assai lontano dalle tradizioni ancestrali che l’hanno visto nascere e diffondersi in diversi contesti geografici e storici. Affermare, come fa l’autore di Computer Zen,  che il linguaggio binario è naturalmente legato allo yin/yang, e trasporre le regole della meditazione al digitare su una tastiera di computer, in effetti fa sorridere gli orientalisti seri. Eppure questa infatuazione è indice di un cambiamento in profondità del nostro universo culturale sotto l’effetto del paradigma informatico.

La seduzione esercitata ai giorni nostri dal buddismo si basa sul rifiuto del soggetto, sulla frammentazione dell’ego nel “molteplice” e sul culto della “differenza”. All’illusione dell’Io, alla marcata razionalità occidentale e al principio di unicità degli esseri, la “Via di Mezzo” contrappone il vuoto, il paradosso e l’eterno movimento. Come sottolinea Bernard Faure il buddismo è, per riprendere un’espressione di Michel Foucault, un «pensiero del fuori» (Bouddhismes, philosophies et religions, Flammarion, Paris 1998, p. 179), ricordando come Foucault, che nel 1978 soggiornò in Giappone in un monastero zen, avesse una forte fascinazione per il buddismo. (Si veda a tal proposito François Dosse, Histoire du structuralisme, Tome 2, Le Chant du cygne, La Découverte, Paris 1992, p. 400) Sradicato dal suo contesto storico e sociale, il buddismo fa eco al pensiero postmoderno, almeno secondo quanto dimostra lo specialista di religioni Faure: «La definizione buddista di assenza dell’io, la concezione della personalità come formata da una serie di aggregati fisico-psichici, il paragonare la coscienza a una cipolla i cui strati successivi non nascondo alcun nocciolo duro oppure il corpo a un miraggio, sono tutti tratti che ricordano la decostruzione apparente dell’unità personale del soggetto corporeo così come si ritrova in certi pensatori della postmodernità quali Gilles Deleuze et Félix Guattari.» (Bernard Faure, Bouddhismes, philosophies et religions, p. 178) Anche se le “macchine desideranti” degli autori dell’Anti Edipo in un certo senso si collegano ai corpi trasparenti dei buddisti, è meglio parlare di un neo-buddismo informatico vista la grande distanza che separa le tradizioni orientali dalla cultura postmoderna. Se si prende sul serio l’affermazione di Peter Sloterdijk in “Il sole e la morte” secondo cui «Lacan vuole giungere a una specie di buddismo», possiamo immaginare quanto l’impronta intellettuale di questo neo-buddismo informatico possa prendere deviazioni filosofiche ancora inesplorate. (Die Sonne und der Tod. Dialogische Untersuchungen, con Hans-Jurgen Heinrichs, 2001)

Il rovesciamento della prospettiva culturale sotteso all’emergere di un neo-buddismo informatico non si può comprendere senza tener presente l’anti-umanismo e il rifiuto radicale dell’eredità giudaico-cristiana propugnato da ormai più di settant’anni dal paradigma cibernetico. Eppure, l’idea di autonomia soggettiva su cui poggia l’edificio democratico è difficilmente pensabile al di fuori di questa eredità: illuminante in tal senso è la dimostrazione teorica del legame primordiale tra cristianesimo e modernità politica data da Marcel Gauchet in Il disincanto del mondo. Una storia politica della religione (Einaudi, Torino [1985] 1992). La particolarità storica del mondo cristiano risiedeva, secondo lui, nell’esteriorità incommensurabile della trascendenza divina che, per essere compresa dagli uomini, ha dovuto incarnarsi. Oltre ad accordare un posto e un valore centrali all’individualità soggettiva, l’incarnazione di Cristo certifica l’alterità radicale della figura divina. La storia della cristianità appare allora come quella di un progressivo arretramento dell’al di là rispetto alle faccende umane; storia nel corso della quale il soggetto diventa poco alla volta il depositario del suo destino terreno. Partendo da questo presupposto è più facile misurare le conseguenze possibili per le nostre democrazie dell’attuale re-incantamento del mondo a cui partecipa il neo-buddismo informatico.

Non si sottolineerà mai abbastanza la distanza che separa la reinterpretazione moderna del buddismo dal suo contesto d’origine; infatti, come spiega Faure, «il dogma dell’assenza dell’io non restituisce appieno la complessità della dottrina del primo buddismo». (Bouddhismes, philosophies et religions, p. 174) I primi buddisti erano persone che avevano fatto delle rinunce, individui che, avendo rinunciato volontariamente al mondo e alla società, si erano ritrovati in una posizione particolarmente nuova: quella di essere degli individui a pieno titolo. Secondo la formula dell’antropologo Louis Dumont, costoro erano infatti degli «individui fuori dal mondo». (Louis Dumont, Essais sur l’individualisme, Seuil, Paris 1983) La negazione dell’io attraverso il ritiro e la meditazione devono perciò essere considerati, nei primi buddisti, come una forma di affermazione dell’individualità in un mondo divenuto troppo opprimente. Siamo lontanissimi dal neo-buddismo informatico che al contrario nutre il narcisismo esacerbato delle nostre società. L’odierna decostruzione del soggetto è accompagnata, in effetti, da un individualismo senza limiti e da un ripiegamento su di sé, con tutto quel che ciò significa in termini di disimpegno politico. C’è da dire che questa volontà di fuggire il mondo risponde, nella società contemporanea, a un sentimento crescente di vuoto interiore, come sostiene Alain Ehrenberg in “La fatica di essere se stesso” (La Fatigue d’être soi – depression et société, Odile Jacob, Paris 1998). Questo paradosso ritorna con forza ancora maggiore allorché si affrontano, come ci apprestiamo a fare, le questioni relative all’ingegneria genetica e all’immaginario postumano.

 

 

Sommario 5.16

  • Introduzione
  • Antonio Tajani – Mix di rinnovabili, con idrogeno e nucleare (Bruxelles 21/3/2024)
  • I nuovi Ecosistemi: verdi & digitali – Codice. La vita è digitale (RaiPlay 11/8/2023)
  • La Nave Dei Folli presenta: FUTURO ONNIPRESENTE – Spunti di riflessione su limiti e possibilità della resistenza all’avvenire cibernetico nell’epoca del totalitarismo scientista  (dicembre 2023) – QUINTA PARTE Puntate complete
  • Il Progetto Hexa-X dell’UE per sviluppare il 6G (16/2/2023)
  • ACQUA, NON MICROCHIP (De l’eau, pas des puces)Manifestazione a Grenoble 5-7 aprile 2024 (VOLANTINO italiano) – STop Micro

 

Riferimenti 5.16

  • Muslimgauze, Dissidents in Exile (Buddhist on Fire, 1984)
  • Hermeto Pascoal, Religiosidade (Cérebro magnetico, 1980)
  • Machina Amniotica, East Jinx (Ex-Manifattura Tabacchi, Cagliari 28/10/2017)
  • Lil Dicky, Earth (2019)
  • Fridays for Future, climate protests kick off with Greta Thunberg in Berlin (23/9/2021)
  • XR Choir, Power To The People (2019)
  • XR Totnes, We’re Standing Here (2019)
  • Fridays For Future Vienna, UNITY (2019)
  • Frente Murghero Romano, Il canto de La Malamurga (Sciopero transfemminista globale L’Aquila, 8/3/2023)
  • Billie Eilish, All The Good Girls Go To Hell (When We All Fall Asleep, Where Do We Go?, 2019)
  • Gerhard von Lentner, Fridays for Future by Singer Dr. B (2019)
  • Aabrasive Wheels, Burn ’Em Down (When The Punks Go Marching In!, 1982)
  • Mekanik Kommando, Plants + Birds (It Would Be Quiet In The Woods If Only A Few Birds Sing, 1981)
  • Tomahawk, Long, Long Weary Day + War Song + Antelope Ceremony + Crow Dance (Anonymous, 2007)

Episodio 5.15

Episodio 5.15

Per quanto stravaganti e ridicoli possano apparire, Raël e la sua apostola Brigitte Boisselier sono riusciti a guadagnare le prime pagine dei giornali mondiali allorché annunciarono, il 27 gennaio 2002, la nascita di una bambina clonata, Eve. Al di là della presa in giro e dello scoop pubblicitario per la setta, questo avvenimento è la prova di quanto la religiosità informatica abbia cominciato a diffondersi nelle nostre società, come dimostra la lettura di quel capolavoro di manipolazione, di quel pastrocchio che è il libro di Raël intitolato Sì alla clonazione umana. La vita eterna grazie alla scienza. (Oui au clonage humain. La vie éternelle grâce à la science, Québecor, Montréal 2001 – La versione italiana è scaricabile dal sito www.rael.org)

Qui veniamo a sapere che la millantata clonazione biologica di un essere umano non è che la prima fase; questa sarà seguita da una seguente (livello 2) che «permetterà, grazie ad una nuova tecnologia chiamata crescita accelerata (AGP = accelerated growth process) di clonare direttamente individui adulti al massimo delle loro possibilità fisiche (…). Gli individui così clonati sono solo delle copie fisiche. Come l’hardware di un computer. Sono come delle cassette vergini senza memoria né personalità. Ho visto gli Elohim introdurre in una macchina che ricordava un grande acquario (…) una cellula prelevata dalla mia fronte, ed una copia fedele di me stesso svilupparsi in qualche secondo.» La fase 3 sarà una tecnologia ancor più sviluppata, che «permetterà di scaricare in un computer la personalità e la memoria di un essere umano. Potremmo così continuare ad esistere in un computer dopo la nostra morte, vivere eternamente e comunicare con il nostro ambiente circostante, se venissero collegati dei sensori come telecamere o microfoni. Tramite degli altoparlanti potremmo persino parlare ai nostri vecchi amici, riconoscere i nostri compagni di scuola e scambiarci i nostri ricordi. Potremmo addirittura giocare con loro in un mondo virtuale.» (Sì alla clonazione umana, pp. 28-29)

Senza che il riferimento sia esplicito, questa idea riprende i propositi di Norbert Wiener espressi cinquant’anni prima – e ribaditi più volte durante la sua vita – secondo cui era «concettualmente possibile spedire un essere umano su una linea telegrafica.» (Wiener, Dio & Golem s.p.a. [1964], Bollati Boringhieri, Torino 1967, p. 41) E questa concezione puramente informatica dell’essere umano, come vedremo, è assai diffusa negli ambienti della biologia molecolare e dell’ingegneria genetica. Ciò spiega in parte perché scienziati rinomati, tra cui il premio Nobel Francis Crick, abbiano firmato la “Dichiarazione in difesa della clonazione e dell’integrità della ricerca scientifica” del 2001, che si trova riprodotta in appendice al libro di Raël.

Ma oltre alla difesa a tutto campo della clonazione e delle modificazioni genetiche anche negli umani, Raël individua nello sviluppo di Internet e delle nuove tecnologie informatiche l’origine di una nuova religione scientifica. Per lui «Internet è un’esperienza molto più religiosa di qualsiasi messa!» (Sì alla clonazione umana, p. 55; d’altronde il capitolo s’intitola “Internet: un’esperienza religiosa”). La sua visione del ciberspazio si avvicina molto a quella di Pierre Lévy, come si evince da queste affermazioni: «Sta prendendo forma una vera coscienza collettiva ed Internet è simile alla corrente elettrica che collega i neuroni. Siamo tutti i neuroni di un immenso cervello che è l’Umanità ed Internet è il messaggio che fa passare il segnale, come nelle sinapsi, tra i neuroni/uomini o “neuruomini” che siamo. Ogni giorno in una “messa” collettiva gigantesca, milioni di esseri umani fanno la comunione “on line” in questa rete planetaria.» (Sì alla clonazione umana, p. 56) Coscienza collettiva, transumanesimo, cyborg, nanotecnologia, Raël riprende tutte le tematiche della cybercultura. Attraverso una serie di credenze eteroclite e di riferimenti alla tecnoscienza, in lui si può riconoscere un unico punto d’attacco reale: il rifiuto radicale dell’eredità umanista e della figura del soggetto.

Rivendicando per se stesso il titolo di “Sua santità”, Raël ha come obiettivo principale il cattolicesimo e, per estensione, l’umanesimo moderno. È vero che l’idea di coscienza collettiva unita alla disincarnazione che presuppone un’immortalità ottenuta tramite clonazione mal si coniuga con i principi di unicità dell’essere e di autonomia soggettiva ereditati dalla tradizione umanista. Eppure, agli occhi del nostro guru, non c’è alcuna contraddizione tra il culto rivolto ai nostri creatori extraterrestri, gli Elohim, e la spiritualità buddista che «è già una religione atea, dunque senza dio, basata sullo sviluppo individuale e sul fatto di sentirsi collegati a tutto. È questo genere di spiritualità che è la religione del futuro (…) dove l’uomo si sente collegato all’infinitamente piccolo, all’infinitamente grande e all’infinito nel tempo o eternità.» (Sì alla clonazione umana, p. 68)

Lungi dall’opporsi alla sua dottrina i buddisti, secondo lui, approverebbero la clonazione che vedrebbero come la possibilità dell’anima di reincarnarsi: «Lo ha detto anche il Dalai Lama: “Si può considerare il fatto di vivere eternamente in un computer come un karma positivo”…» (p. 127) L’anima, occorre precisare, per Raël non è altro che una particolare combinazione del codice genetico. Così come uno specchio d’ingrandimento, il suo discorso non fa che accentuare una delle tendenze del paradigma informatico in tema di religiosità, motivo per cui conviene prenderlo sul serio quando annuncia che il buddismo è il «genere di spiritualità che è la religione del futuro» (p. 68) se si vuole cogliere appieno la misura del rovesciamento del paradigma che è in corso.

 

 

Sommario 5.15

  • Introduzione
  • Bertolaso lancia la tessera sanitaria a punti … (Giovanni Corrao, Prof. Statistica Medica Un. Bicocca) Milano Pavia TV (16/2/ 2024)
  • Terence McKenna @The Cyberdome (1991)
  • … per chi segue stili di vita corretti e fa prevenzione (Guido Bertolaso, Assessore Welfare Lombardia)
  • La Nave Dei Folli presenta: FUTURO ONNIPRESENTE – Spunti di riflessione su limiti e possibilità della resistenza all’avvenire cibernetico nell’epoca del totalitarismo scientista  (dicembre 2023) – QUARTA PARTE Puntate complete

 

Riferimenti 5.15

  • David Loreau, Le drapeau du monde
  • Trailer Netflix – Raël: l’ultimo profeta
  • Raël, Ni dieu ni ame
  • Rebeka Warrior, Tu es libre (Dandelion3, 2020)
  • Sexy Sushi, Live a Vieilles Charrues (2018)
  • Änglagård, Jordrök (Hybris, 1992)
  • Terence McKenna with Zuvuya, Dream Matrix Telemetry (1993)
  • Machina Amniotica, Technominata part2 (ghost track) (Intricata Transitoria, 2002)
  • Melek-Tha, Eugenic Compulsory (Asylum Of Slaves / CD3, 2007)
  • Bio-Mechanical Degeneration, Biotronic (Exoskelecton, 2005)
  • Enthrallment, Nature Does Not Allow Doubling (Eugenic Wombs, 2015)
  • Yum Kimil & Kopophobia, Biopunk (Cybernetic Circuits, 2019)
  • Automat, Automat b) (The) Advance (Automat, 1978)
  • Raël, Les Robots

Episodio 5.14

Episodio 5.14

Dopo questa lunga divagazione ritorniamo all’Impero cibernetico di Celine Lafontaine e all’analisi dei rapporti tra religiosità e paradigma informatico, grazie a una coincidenza capitata a metà anni Novanta a Montreal. Nella ricca scena rave della città del Québec di inizio decennio, infatti, nel 1994 spuntano una serie di iniziative con cadenza mensile, feste chiamate Neksus Gathering che mescolavano musica techno a performance artistiche e che avevano la particolarità di essere organizzate dai membri della setta di Raël in un deposito abbandonato non distante dalla comune a cui aveva dato origine questo strano e inquietante personaggio.

Nato in Francia come Claude Vorilhon, nel 1961 si trasferì a Parigi dove iniziò a suonare e cantare per strada, e poi esibirsi in caffè e locali, infine fu notato da Lucien Morisse (produttore e per breve tempo marito di Dalida) con cui pubblicò alcuni 45 giri sotto lo pseudonimo di Claude Celler. La sua carriera finì nel 1970, anno in cui Morisse si suicidò e decise di trasferirsi a Clermont-Ferrand dove, da appassionato di automobilismo, decise di darsi al giornalismo e fondò la rivista Auto Pop, che uscì dal 1971 al 1973, anno in cui il Governo francese proibì per un anno le gare automobilistiche in seguito alla crisi petrolifera. A quel punto, la svolta: «La mattina del 13 dicembre 1973 (…) ebbe uno straordinario incontro con un essere umano proveniente da un altro pianeta nei pressi di un parco di vulcani spenti nella Francia centrale, più precisamente nel cratere del “Puy de Lassolas”. In quella occasione, l’extraterrestre gli fornì una dettagliata spiegazione in merito alle origini della vita sulla Terra e gli diede anche preziosi consigli sul modo in cui l’umanità dovrebbe affrontare il futuro che l’attende». (www.rael.org/it/) L’alieno uscito dal disco volante, chiamato Yahweh e dell’età di 25 mila anni, gli affidò dunque un’importante missione, quella di diffondere il messaggio all’umanità e soprattutto prepararla ad accogliere l’arrivo dei suoi antichi creatori, gli Elohim. Cambiato il proprio nome in Raël, l’anno seguente organizzò a Parigi una conferenza in cui rivelò l’incontro, creò l’associazione MADECH che in seguito divenne il movimento raeliano e pubblicò il suo primo testo, Il libro che dice la verità.

Nel 1975, invece, gli Elohim lo prelevarono e lo portarono addirittura a casa loro, come raccontato nel suo secondo libro, Gli extraterrestri mi hanno portato sul loro pianeta, e gli ribadirono le loro verità che poi furono raccolte nel testo riassuntivo della dottrina raeliana, Il Messaggio degli Extraterrestri poi ripubblicato nel 2006 col titolo Intelligent Design: Message from the Designers. Da allora il movimento è cresciuto da qualche centinaio di fedeli fino alle decine di migliaia o forse più sparsi in tutto il mondo, dove si sono moltiplicate le associazioni e talvolta le comuni raeliane. Lo stesso Raël si trasferì prima in Québec, negli anni Novanta, e in seguito in Giappone dove vive tuttora: da una ventina d’anni si fa chiamare Guida delle Guide e si è auto-attribuito il titolo di Maitreya dell’Occidente.

Ma in che cosa consiste la dottrina di questa setta, che sta riguadagnando notorietà poiché da poco Raël, “l’ultimo profeta”, è il protagonista di una miniserie Netflix? Alla base delle loro credenze ci sono gli Elohim, appunto, già presenti nella Bibbia e che in ebraico antico significa “coloro che sono venuti dal cielo”; non degli dei – in seguito passati dal plurale al singolare – ma semplicemente alieni in possesso di avanzate conoscenze scientifiche, incomprensibili agli abitanti della Terra di quelle epoche: la vita sarebbe il prodotto di tecniche di ingegneria genetica e gli umani creati a loro immagine e somiglianza, e queste informazioni sarebbero state date a tutta una serie di profeti (da Mosè a Gesù, da Noè a Socrate, da Maometto a Zoroastro, da Krishna a Confucio fino a Ermete Trismegisto) e avrebbero dato vita in pratica a tutte le religioni – ebraismo, induismo, buddhismo, taoismo, cristianesimo, islamismo e parecchie altre. Ma gli Elohim, rendendosi conto che la loro verità era tradita e che l’umanità era entrata nell’era dell’apocalisse, dal 6 agosto 1945 con la bomba atomica su Hiroshima, decisero di affidare a un nuovo messia, Raël appunto, il compito di propagandare il verbo e preparare il loro ritorno sulla Terra, motivo per cui altro punto fondamentale dei raeliani è l’impegno a costruire in giro per il mondo diverse ambasciate per accogliere pacificamente gli alieni e dove costoro potranno incontrare i leader mondiali.

Le azioni e campagne di sensibilizzazione portate avanti in questi decenni ben riassumono il carattere di questa nuova religione: a loro dire, nel corso degli anni «Raël ha ispirato (…): la promozione nelle scuole dell’uso del preservativo, la decolpevolizzazione e la promozione della masturbazione, le campagne mondiali a sostegno delle minoranze con lo slogan “tollerare le differenze non è sufficiente, dobbiamo amarle”, la richiesta di censurare tutti i libri religiosi che non rispettano i diritti umani, il sostegno alla clonazione umana attraverso la fondazione di Clonaid, la promozione degli OGM come unica soluzione per nutrire tutti gli esseri umani, la creazione di Clitoraid, un’associazione per aiutare le donne che sono state vittime di mutilazioni genitali a ritrovare il piacere attraverso la ricostruzione chirurgica del loro clitoride, l’invito rivolto a tutti i capi tribù africani perché si uniscano e creino gli Stati Uniti d’Africa.» (www.rael.org/it/)

Il pastiche new age rappresentato dalla religione raeliana non si basa solamente sulla credenza negli extraterrestri ma poggia su alcune fondamenta molto terrene: concependo come una missione l’amore, anche quello carnale, Raël si è circondato con delle specie di concubine sacre, arrivando ad attirare l’attenzione perfino del direttore di Playboy Hugh Hefner, che ne fece anche un servizio fotografico, e non poche sono le donne che, allontanatesi dalla setta, riconobbero il ruolo manipolatore di questo guru che, oltre a essere contro le mutilazioni genitali, propagandava il diritto delle donne di andare in giro nude (contribuendo alla creazione della Giornata del topless che si celebra ogni anno perlomeno in alcune città degli Stati Uniti). Ma l’amore propagandato dai raeliani è anche spirituale, infatti pare diano molta importanza, oltre ai valori della pace e della felicità, anche all’utopia di una vita senza denaro e lavoro – compiuto quest’ultimo dai robot – detto Paradismo, e tra di loro è imprescindibile vivere con il sorriso stampato sulle labbra. Altra grande passione di Raël è la svastica che cerca continuamente di riabilitare, arrivando a imprimerla nel simbolo della setta che è assai curioso, una stella di David con all’interno una svastica. Un’ultima curiosità: ogni 6 agosto, che è anche la data con cui inizia l’anno raeliano, il Maitreya Raël annuncia la percentuale di sopravvivenza dell’umanità, un dato che riceve telepaticamente dagli Elohim, e pare che nel 2023, dopo che l’anno precedente la cifra era del 5%, la possibilità sia crollata allo 0,5% … Che si stia avvicinando la venuta dei divini alieni? Ma come vedremo è grazie alla sua fede assoluta nell’ingegneria genetica, e nel suo ipotetico primo esperimento di clonazione umana, che Raël si è guadagnato la fama mondiale e perciò un posticino nella storia della cibernetica.

 

 

Sommario 5.14

  • Introduzione
  • Terence McKenna @The Cyberdome (1991)
  • Il gruppo Vulcano spegne Tesla! (Sabotaggio all’alimentazione elettrica della fabbrica – Berlino, 5/3/2024) – COMUNICATO del Vulkan Gruppe
  • La Nave Dei Folli presenta: FUTURO ONNIPRESENTE – Spunti di riflessione su limiti e possibilità della resistenza all’avvenire cibernetico nell’epoca del totalitarismo scientista  (dicembre 2023) – TERZA PARTE Puntate complete

 

Riferimenti 5.14

  • Raël , Elohim
  • Claude Celler, Monsieur votre femme me trompe (1967)
  • Lotus, Embassy Song
  • Marc Girard, Fier d’etre Raelien
  • Raël , Ma vie s’en va (instrumental)
  • Raël, J’aime toutes les femmes
  • Keren Minshull, I’m a Raelian
  • Terence McKenna with Zuvuya, Dream Matrix Telemetry (1993)
  • Ruins, Komnigriss + Mahavishnu Orchestra Medley (Tzomborgha, 2002)
  • Holgar Hiller, 48 (Achtundvierzig) Kissen + We Don’t Write Anything on Paper or So + Tiny Little Cloud + Ein Hoch Auf das Bügeln (Oben Im Eck, 1986)
  • Brigata Stirner, Balletto Meccanico (dallo spettacolo teatrale “De/Genderation” di e con Francesca Falchi, 2018)
  • Devo, Mechanical Man (Mechanical Man, 1978)
  • Stone Giants, Metropole (West Coast Love Stories, 2021)
  • Violent Entity, Mechanized Division (Mechanized Division, 2004)
  • R.S.U., Fellatio Meccanica (Technogod’s Datagasm) (Esperienze del Limite, 1997)
  • Banco de Gaia, Glove Puppet (The Magical Sounds of Banco de Gaia, 1999)

Episodio 5.13

Episodio 5.13

Formatosi a San Francisco dopo un’esperienza sulle spiagge di Goa nel 1993, il Consortium of Collective Consciousness (CCC) era un gruppo organizzatore di rave che propagandava la teoria dell’evoluzione proposta da Judith Anodea in The Wheels of Life (1987), che vedeva l’umanità entrare nell’Età del Quarto Chakra, quello corrispondente all’Aria ovvero al risveglio della coscienza, e ben presto diventò un’omonima casa editrice specializzata in testi legati all’esoterismo e alla New Age tuttora attiva. In un testo del 2001 dichiarava: «Balliamo per ore e ore andando incontro agli aspetti del nostro karma personale, del karma dell’umanità, trascendendo strato dopo strato come una cipolla finché tutti i danzatori scompaiono e rimane soltanto la danza (…) È una semplice coincidenza che questa riconnessione profonda, ispirata, avvenga adesso, nell’ombra incombente di un mondo che si è ammalato a causa di sovrappopolazione, degrado ambientale e corruzione? Oppure è una manifestazione divina, che nel momento più cruciale dona a quello sciamano collettivo che è l’umanità una visione di consapevolezza dell’amore interconnesso?» Il CCC, la cui esistenza era possibile grazie alla tecnologia della comunicazione e a biglietti aerei a basso costo, conclude: «Forse siamo la prima tribù globale della terra… che si sparge attorno al pianeta intero e lo circumnaviga.» (“Trance Parties”, citato da Graham St John, “Techno millennium. Dance, ecology and future primitives”, in Rave Culture and Religion, Routledge, London/New York 2004)

I momenti di raccolta di questo network internazionale di raver autoproclamatasi “tribù dell’arcobaleno fluorescente” sono raduni che celebrano non solamente i cicli lunari ma anche le eclissi solari, come avvenne in Zambia nel 2001 per il Solipse Festival o in Australia l’anno seguente con l’Outback Eclipse, per fare solo due esempi. Molto diffusa era la consapevolezza di vivere la fine di un’epoca, di cui uno dei segnali più espliciti era ravvisato negli eventi dell’11 settembre a New York; infatti la rete delle techno-tribù promosse una campagna per il “Tempo Nuovo”, concretizzatasi a partire dal Boom Festival portoghese del settembre 2002, allorché il network di arte planetaria “Caravan for the New Time” creò una “zona del tempo naturale”, ovvero una cupola dal diametro di 10 metri circa circondata da un villaggio di tipì dove, tra meditazioni e cerimonie universali in onore delle direzioni, negozietti dove giocare al calendario Dreamspell di Argüelles e decodifica del proprio passaporto galattico, i partecipanti potevano scoprire la loro “mappa astrale”.

Dopo che il governo inglese vietò l’accesso ai monumenti tipo Stone-Henge, divenuti meta delle celebrazioni delle tribù New Age, il collettivo londinese Mutoid Waste Co (MWC) iniziò a costruire dei Car-Henges, sculture fatte di materiali riciclati principalmente da automobili che iniziarono a essere innalzate durante i raduni in sostituzione di quelle originali ormai proibite, a partire dal Glastonbury Festival del 1987, spostandosi l’anno seguente ad Amsterdam, poi in Italia (dove una parte di loro si fermò creando una comune dei Mutoidi in Romagna) continuando negli anni Novanta fino ad arrivare, agli inizi del Duemila, in Australia. Mentre l’accesso alle pietre sacre ritornò a essere possibile dal solstizio estivo del Duemila, sotto lo slogan dell’MWC “Mutate and Survive”, queste sculture post-industriali sono diventate dei punti di riferimento per i tecno-nomadi internazionali. Collocate in territorio australiano da uno dei fondatori dei Mutoidi, Robin Cooke, queste installazioni sono diventate icone per i nuovi attivisti che erano invitati a piantarvi sopra le proprie bandiere e simboli, ed erano considerate dei portali da cui potevano transitare i primitivi del futuro. Plane Henge fu costruito durante Earthdream2000, un carnevale nomade che da maggio a settembre radunò nell’Australia centrale migliaia di viaggiatori da oltre venti nazioni, che Cooke immaginava come un raduno mega-tribale annuale in attesa del fatidico 21 dicembre 2012.

Sempre in Australia, il londinese Peter Strong fondò a Sydney la techno-tribe Ohms not Bombs, un sound-system nomade che mescolava atteggiamenti della cultura DIY anarco-punk con il movimento dei viaggiatori New Age e la potente influenza della tradizione dei sound-system delle comunità giamaicane emigrate in Inghilterra. Obiettivo di questo progetto di intrattenimento educativo era «sintonizzare la tecnologia con l’ecologia, DJizzare la nostra anima con gli straordinari ritmi della natura: (…) co-creando magia questa terra è restituita all’antica e magica catena di saggezza. Unendo le nostre intenzioni possiamo mettere in moto un enorme processo di cura. (…) Aiuta a installare un sound system per tutti, unisciti a Earthdream, sostieni la sovranità aborigena e contribuisci a far ballare la nazione fino alla rave-olution.» La riconciliazione con i nativi è una questione che ritorna spesso nei discorsi e nelle pratiche delle techno-tribe australiane; in occasione dell’Earth Stomp promosso dalla Tribe of Gaia a fine anni Novanta, dopo una cerimonia di benvenuto da parte degli anziani Wardani, i partecipanti avrebbero affrontato «un risveglio collettivo e un’unificazione della coscienza umana a un livello più ampio di interconnessione con Gaia».(Rowe and Groves (2000) “Earthstomp 99”, in Alternative Australia: Celebrating Cultural Diversity, Enabler Publications 2000, p.159). Secondo Rowe e Groves, «la tecnologia può essere adoperata negli interessi della Terra. Il suono è una potente forza quando arriva per accendere i campi energetici umani, ha la capacità di farti muovere. Adoperiamo la tecnologia per sincronizzare Terra, Corpo, Mente e Spirito.» (Ibid., 160).

Concludiamo questa parentesi ritornando negli Stati Uniti dove, a 120 miglia dalla città di Reno nel mezzo del Black Rock Desert del Nevada, ogni anno, a partire dal 1985, per una settimana si crea una comunità attorno all’effige del Burning Man, all’inizio formata da sparuti gruppi provenienti da San Francisco ma che con gli anni ha dato vita a uno dei raduni più famosi al mondo. Larry Harvey, uno dei due ideatori, spiega come la sua nascita sia strettamente legata al cyberspazio: preso atto che la tecnologia cibernetica stava trasformando il mondo liberando le persone dalle costrizioni spaziali e temporali, e che questa liberazione stava mostrando alcuni aspetti oscuri, si trattava di recuperare quelle forme comunitarie uniche in grado di creare cultura «nelle condizioni attuali della nostra società postmoderna. In mezzo a un deserto selvaggio edifichiamo una città. (…) Questa comunità virtuale (…) si forma a immagine del mondo (…) che ci circonda: una popolazione brulicante di individui sradicati. (…) questa comunità intenzionale che abbiamo creato dal nulla, e che quando ce ne andiamo ritorna al nulla, è stata “liberata” da pressoché ogni ambito della vita quotidiana. Come il ciberspazio, è una frontiera in cui gli individui possono esercitare notevoli libertà. Il nostro mondo desertico e la vuota distesa della sua spiaggia – ovvero, La Playa, nome dato alla distesa di sabbia in cui si svolgeva l’evento – formano un’arena decontestualizzata di azione. Qui è possibile reinventare se stessi e il proprio mondo con l’ausilio di poche modeste scenografie e un’immaginazione attiva. Il Burning Man, quindi, è un convincente analogo fisico del ciberspazio, e abbiamo attratto molte persone che considerano quest’esperienza come un’equivalente di una realtà basata sulla cibernetica.» Malgrado le similitudini, Harvey sottolinea quelle che sono le differenze sostanziali tra i due mondi: il Burnign Man non è anonimo, non ha bisogno di mediazione e soprattutto è ancorato nella materialità che emerge dalle dure condizioni di sopravvivenza in un ambiente ostile come il deserto, e dall’attrazione fisica verso il fuoco. Il fantoccio rituale, visibile a distanza e che unisce simbolicamente la terra e il cielo, unito all’attrazione verso un centro ricreano una delle principali necessità umane, quella della comunità, oltre a ristabilire il senso della spazialità che viene così restituita assieme alla temporalità dell’evento che si ripete ogni anno. «Ci siamo basati su questi elementi cerimoniali, che richiamano alla mente le pratiche religiose rituali che hanno modellato la civiltà dall’inizio della cultura umana, come un mezzo per creare comunità in un ambiente liberato in modo anarchico». Perciò, mentre il mondo del ciberspazio si espande come una centrifuga e le società tendono ad atomizzarsi attorno ad unità più piccole, indipendenti e potenzialmente prive di relazioni, questi modelli cerimoniali contribuiscono a ricreare quella necessaria unità: «abbiamo iniziato a dimostrare che è possibile ribaltare questa disintegrazione adoperando proprio quegli strumenti di comunicazione sviluppati dalla nostra società. (…) Il mondo della tecnologia e della comunicazione cibernetiche sono uno strumento meraviglioso, tuttavia ci giungono prive di valori. Lo scambio di informazioni di per sé non può produrre significato, perché il significato è un prodotto organico e altamente complesso che si propaga unicamente nell’ambito della cultura.» Dunque si tratta di fondere queste due sfere in modo da riattualizzare queste esperienze: «Sia il Burning Man sia Internet rendono possibile riunire la tribù dell’umanità, parlare ai milioni di individui dispersi nella grande diaspora della nostra società di massa. Seppur vivendo così, privi del sostegno di tradizioni nel tempo e non radicati in un’esperienza condivisa legata a un luogo, è ancora possibile trascendere questi limiti. Dobbiamo adoperare la tecnologia per creare stazioni spaziali qui sul pianeta Terra, isole di contatto intenso e vivo. È tempo di tornare a casa.» (Larry Harvey, “Burning Man and Cyberspace”, dalle note preparatorie al discorso tenuto al nono Annual Be-In, gennaio 1997)

In modo ancor più esplicito della scena rave, nel Burning Man si può notare un potente influsso religioso che è stato definito tecno-paganesimo, un’ibridazione spinta e diffusa tra il mondo materiale e simbolico delle macchine e degli elementi naturali: montagne di schermi televisivi che proiettano arte digitale baluginano nella notte come oasi nel deserto, alberi fatti di ossa che si muovono azionati da motori, musiche tecno a cui si uniscono suonatori di tamburi sovente ricavati da bidoni di benzina, e un potente richiamo sabbatico. Secondo Molly Steenson: «Il sabato notte, bruceremo l’Uomo. Quando inizia la processione, si forma il cerchio e l’uomo prende fuoco, proverai qualcosa di personale, qualcosa di nuovo per te, qualcosa che non hai mai provato prima. È un’epifania, è una sensazione primordiale, è una rinascita. Ed è completamente individuale». (“What is Burning Man?”, www.burningman.com)

Il totem rappresentato dal Burning Man riassume in sé le caratteristiche della New Age, essendo costruito con un miscuglio di materiali naturali come assi di legno, rami, terra oltre al fuoco, uniti a componenti elettroniche e brillanti colori provenienti da tubi al neon. Prima di essere bruciato, alza le braccia al cielo, esortando la folla. Ogni anno viene riprodotto e come le stagioni, il sole, la vita stessa ritorna dal fuoco e dalla cenere: come la fenice, risorge. Il rituale e i partecipanti gli danno vita. Durante l’accensione del fuoco le persone si radunano attorno, con gran numero di sputafuoco e suonatori di tamburi. Dopo la combustione il sacro feticcio crolla a terra ancora in fiamme, e a quel punto i presenti gettano nel fuoco gli oggetti, grandi e piccoli, che desiderano, e continuano a suonare tamburi, ballare e cantare aspettando l’alba. I caratteri neo-pagani di questo rituale si colgono anche nella costruzione stessa dell’accampamento, con cerchi concentrici attorno alla scena principale costituiti da “campi tematici”: uno dei principali si chiama TOTEM, che sta per tempio dei misteri eterni, costruito da persone di San Francisco, in origine una piccola trincea di fango, che poi si è allargata, quindi è diventato un salone delle feste con un sound system che suonava musica “non-rave”, e infine si è evoluto in un’enorme tenda dedicata ai massaggi. Costoro, nel loro sito internet, sostengono di partecipare all’evento per andare alla ricerca delle loro radici tribali, attuando un primitivo moderno in antitesi alle burocrazie di Babilonia.Spinto dal fatto che da piccolo raduno della scena controculturale di San Francisco sia diventato un evento di portata mondiale, il co-fondatore Larry Harvey scrisse nel 2004 i 10 Principi guida, non degli obblighi ma una riflessione su come la comunità si era sviluppata per evitare che degenerasse. Questi erano: inclusione radicale, chiunque può partecipare e si rispetta lo straniero; dono, senza attendere contropartita; e quindi de-mercificazione, assenza di sponsor, pubblicità o transazioni economiche, per sostituire il consumo con la partecipazione; fare radicalmente affidamento su se stessi e basarsi radicalmente sull’espressione personale che viene donata agli altri; uno sforzo comune nel valorizzare la cooperazione e la collaborazione; responsabilità civica, agendo nel rispetto del benessere pubblico e in accordo alle leggi vigenti; non lasciare tracce, ovvero rispettare l’ambiente senza abbandonare rifiuti; partecipazione, ognuno è invitato ad agire; immediatezza, che è la pietra miliare nella nostra cultura, per abbattere le barriere che ci separano gli uni dagli altri e da ciò che ci circonda.

Eppure le contraddizioni, per non dire di peggio, sono lampanti, a cominciare dal fatto che da evento legato a una subcultura marginale e per certi versi radicale, sia ora un ricettacolo di celebrità e influencer che si mescolano alle decine di migliaia di partecipanti sebbene giungano nei vicini aeroporti sui loro jet privati o affittati. Più passano gli anni, più la quantità di immondizia prodotta – e non del tutto raccolta – aumenta a dismisura, inoltre proprio come ogni altro festival, rave o Rainbow Gathering di un certo spessore, è impossibile impedire il formarsi di zone di vendita, dove a essere commercializzati non sono soltanto beni di prima necessità come acqua, cibo, ghiaccio, ma anche prestazioni come massaggi, lettura di oroscopi e tutte le possibili varianti legati al mercato del benessere fisico e spirituale tipici della New Age, senza contare il merchandising fatto di poster, materiali audiovisivi, magliette e cappellini. Il battage mediatico pubblicitario che anticipa l’evento è sempre più massiccio, e l’uso diffuso di smartphone per immortalare l’evento e riproporlo in diretta o meno sui propri canali personali – al punto che alcuni anni fa le compagnie dovettero impiantare nuove antenne in loco per garantire la copertura del segnale – fanno capire quanto anche la pretesa immediatezza sia andata a finire nel calderone ardente della cybercultura.

 

 

Sommario 5.13

  • Introduzione
  • 5G e Wi-Fi, Gualtieri: Roma avrà infrastruttura tra le più avanzate (12/12/2023)
  • La Nave Dei Folli presenta: FUTURO ONNIPRESENTE – Spunti di riflessione su limiti e possibilità della resistenza all’avvenire cibernetico nell’epoca del totalitarismo scientista  (dicembre 2023) – SECONDA PARTEPuntate complete

 

Riferimenti 5.13

  • Cyberbabas & Paul, G (Twelve, 2001)
  • Cyberbabas, The Second Revelation (The Secret Of The Thirteen Crystal Skulls, 2003)
  • Hallucinogen, Fluoro Neuro Sponge + Solstice (Twisted, 1996)
  • Sympathy Nervous, Ratiocination (Theraputic Writing, 1996)
  • Savoy Brown, Romanoff + Gypsy (Looking In, 1970)
  • Nig Nig Nig, Silent Searching For Commuted Biosphere – Etere (Akasha Doom Sessions, 2020)
  • Magnetica Ars Lab, Ruggine a Moham Rodhus (Ruggine, 2023)
  • The Specials, Ghost Town (Ghost Town, 1981)
  • FAR, Lucciole preservate I + Lucciole Preservate II (Da Consumarsi con Grazia, 1985)
  • Spot Vodafone: Dove non arriva la Fibra, c’è il WI-FI DA TE

Episodio 5.12

Episodio 5.12

Altra fonte di ispirazione della controcultura cyber-rave è stato senza dubbio Terence McKenna. In quegli anni espose una Teoria della Novità che gli sarebbe stata ispirata, oltre che dall’assunzione di psilocibina e dimetiltriptamina, da un contatto diretto con alieni, per cui l’universo si indirizzerebbe verso una meta in cui aumenterebbe l’interconnessione tra i viventi fino a un punto di Singolarità infinita: «La Storia sta finendo. Stiamo per diventare la generazione che sarà testimone della rivelazione dei propositi del cosmo. La Storia è l’onda di shock dell’Eschaton (…) e per chi vivrà questa transizione nell’iperspazio ciò significa che avremo il privilegio di vedere il più grande rilascio di cambiamento compresso probabilmente dai tempi della nascita dell’universo.» (Dalla traccia “Re:Evolution” dell’album di The Shamen Boss Drum, 1992)

Avvicinandosi per sua stessa ammissione al pensiero millenarista e apocalittico, secondo McKenna stava avvenendo una «“ingressione” della novità verso quel che Whitehead definiva “concrescenza”, un giro che si stringe. Tutto scorre assieme. Il “lapis auto-poietico”, la pietra alchemica alla fine del tempo, va in coalescenza quando tutto scorre assieme. Quando viene fatta un’eccezione alle leggi della fisica, l’universo scompare, e quel che rimane è un plenum strettamente collegato: la monade, capace di espressione di per sé, è limitata a proiettare un’ombra sul fisico come se fosse una sua riflessione.» (“New Maps of Hyperspace”, rivista Magical Blend 1989) McKenna affidò a un programma per computer il calcolo del flusso e riflusso delle novità: inserendo dati numerici relativi a eventi storici giunse a calcolare una “Onda temporale zero” che stava modellando la realtà dell’epoca e che sarebbe culminata in un apogeo di infinita complessità attorno alla fine di novembre 2012. Quando, poco più tardi, Argüelles decifrò il calendario Maya collocando la fine del 13° Baktun nella data del 21 dicembre 2012, McKenna dedusse la giustezza dei suoi calcoli.

Nell’unione tra computer e sostanze psicoattive predisse un futuro cyberdelico, in cui l’immaginazione e l’arte sarebbero state al potere, grazie ai programmatori informatici e ai creatori di realtà virtuale. Dopo secoli di brutture prodotte dalle civiltà legate alle città, alla guerra, al sessismo, l’umanità avrebbe riscoperto un modo di vivere tribale, a contatto con la natura, e «attraverso gli psichedelici, i mass media, la distribuzione e il controllo del flusso di informazioni, sarà in grado di salvare se stessa e il mondo dalla rovina.» Il compito della realtà virtuale è creare una pietra filosofale linguistica che, trascendendo le lingue convenzionali, permetta ai cibernauti di comprendere visivamente il significato al di là delle parole scritte o pronunciate, creando una «sorta di telepatia. I metodi che adoperiamo oggi per comunicare, piccoli rumori con la bocca che si muovono nello spazio sotto forma di segnali acustici, e quindi la consultazione di dizionari appresi – questa non è una banda molto larga di comunicazione, eppure il mondo intero è tenuto insieme da piccoli rumori della bocca e le loro trasmissioni elettroniche attraverso radio, TV eccetera. Ma la generazione cyberpunk sta scoprendo per tutti noi un nuovo tipo di comunicazione, simile alla telepatia perché si vede con gli occhi. E a quel punto, dissolve i confini e ci fa ritornare a essere uniti in questa comunità tribale di cui abbiamo così tanto bisogno.» (Conferenza al Cyberdome, Stoccarda, 1991)

Tra gli anni Ottanta e Novanta, la cyberdelia – o cyberdelirio se si preferisce – di McKenna incarna alla perfezione il modello che, assieme al concetto di Zona Temporaneamente Autonoma (la TAZ, altro pilastro ideologico dell’epoca, teorizzato da Hakim Bay), stava federando a livello planetario la cultura cyberpunk legata ai rave. Lasciandosi alle spalle le ideologie radicali del Novecento, incarna alla perfezione gli ideali New Age e ne rappresenta forse la summa: vi si ritrovano mescolati assieme l’angoscia catastrofista per la fine dei tempi e del mondo così come lo conosciamo uniti alla speranza in una rinascita tanto spirituale quanto ecologica; un attaccamento a madre terra e alle forze della natura unito alla celebrazione della potenza trasformatrice delle tecnologie della comunicazione e della modificazione corporale; la venerazione di antichi culti, pagani o tribali, unita alla fascinazione per il futuro, i robot e i viaggi spaziali; l’importanza di fondare comunità locali e la tensione per un’unità planetaria delle genti; l’assunzione di sostanza psicoattive sacre provenienti dal passato e la sperimentazione delle nuove sostanze chimiche figlie dei laboratori.

La traiettoria di questa epoca è ben riassunta da Geoff White in CyberTribe rising (1993). Secondo lui, un nuovo “modello cibernetico” orizzontale stava sostituendo quello precedente, verticistico, noto negli ambiti militari come C3I (comando, controllo, comunicazione e intelligence in senso poliziesco). Lo chiamò C5I2 – ovvero comunità, consenso, cooperazione, comunicazione, cibernetica, uniti a intelligenza e intuizione – dove l’informazione passa da un piccolo gruppo all’altro tramite quel che si iniziava a definire come Rete, ossia l’insieme di lettere, messaggi verbali e tutte le nuove tecnologie, dai fax ai computer con l’incombente Internet. White descrive un paradigma sociale ed economico decentralizzato costituito da cyber-tribù, influenzate dall’Ecologia profonda, dalla Teoria del calcolo distribuito e dalla Teoria del caos, alleate in vista di un Network globale di TAZ. Non a caso nel 1999 a Berlino un insieme di 35 comunità fondarono il Sonics-Cybertribe-Network for Rhythm and Change, con ritrovi annuali, e in seguito sorse un incontro annuale a Los Angeles chiamato Gathering of the Tribes.

Altro pilastro di questa stagione è stato Fraser Clark, fondatore della Encyclopaedia Psichedelica e ideatore del concetto moderno di “pronoia” – ossia credere, al contrario della paranoia, nell’esistenza di una cospirazione ordita per fare il tuo bene –, che per distinguere il nascente movimento da quello degli hippies giudicato troppo pastorale, riprese il termine già adoperato negli anni Sessanta di zippy, cambiandone il senso in Zen-inspired pronoid pagan. Abbracciando le possibilità evoluzionistiche insite nelle tecnologiche ciberdeliche, considerava i rave come il veicolo più importante per affrontare la fine dei tempi: «non immagino un modo migliore per aiutare la gente a imparare amore, rispetto e riverenza per la Natura dei classici rave notturni all’aperto. È possibile immaginare cosa si sente quando ventimila persone ci vanno e provano emozioni insieme, questo potere delle persone unite… e che ballano aspettando l’alba? È straordinario, è religioso, e ti cambia la vita.» (Conferenza alla Stanford University, 2/5/1995)

Convinto si trattasse dell’unico fenomeno occidentale in grado di risvegliare le coscienze, Clark fondò a Londra il club-discoteca Megatripolis, il cui nome spiega in un romanzo inedito: «la specie femino-umana ha compiuto il necessario salto evolutivo verso la coscienza collettiva troppo a lungo previsto, fuggendo l’illusione del Tempo e accampandosi in modo permanente in quel PERFETTO STATO FUTURO che hanno chiamato Megatripolis.» Ma solo in pochi sono in grado di sfuggire all’illusione ed evolvere al di là del tempo, tra cui lo stesso Clark: «vaghiamo nel passato, ossessionati dalla “ricerca” del perché le cose sono rimaste sbagliate per così tanto tempo nei nostri antenati. Abbiamo anche appreso che i sogni utopici e le visioni universalmente condivise dalle società umane sono effettivamente “memorie future” dell’Utopia Megatripolitana, di come le cose sono realmente al di là di questo incredibilmente sottile velo del tempo.» (Fraser Clark, post sul WELL/ Whole Earth ’Lectronic Link, 10/2/1995) Più progetto imprenditoriale che utopia anarco-cibernetica, Megatripolis giunse nella costa ovest degli Stati Uniti, aprendo per breve tempo una succursale a San Francisco, e la sua eco si può sentire in eventi successivi, come l’incontro dell’ottobre 2001 Envision the Eco-village «dedicato alla guarigione del pianeta attraverso cerimonie di danze sacre (…) antichi riti che adoperano la tecnologia odierna, sperando di rinsaldare i legami di connessione gli uni con gli altri, con il pianeta, con le galassie spiraleggianti.» (Koinonea, dal 1996 organizzatore di eventi di musica trance chiamati “2012”, http://www.club.net/koinonea)

 

 

Sommario 5.12

  • Introduzione
  • Terence McKenna @The Cyberdome (1991)
  • Il lander di Intuitive Machines’s, Odysseus, atterra sulla luna (23/2/2024)
  • La Nave Dei Folli presenta: FUTURO ONNIPRESENTE – Spunti di riflessione su limiti e possibilità della resistenza all’avvenire cibernetico nell’epoca del totalitarismo scientista  (dicembre 2023) PRIMA PARTE
  • Terence McKenna @The Cyberdome – bis
  • Odysseus – bis

 

Riferimenti 5.12

  • Spherical Vision With Poly, Stroll (Megatripolis / Shamanic, 1996)
  • Rhythm Of Space, Kaeru Diablo (Megatripolis / Ambience, 1996
  • Tim Freke Feat. Terence McKenna, Hooray In A New Way (The Elves Of Hyper Space) (Megatripolis / Ambience, 1996)
  • Fraser Clark And The Evolution House Band, Give Us Back Our Planet (Shamanarchy in the UK, 1992)
  • Terence McKenna with Zuvuya, Dream Matrix Telemetry (1993)
  • Union Jack, Two Full Moons And A Trout (Casper Pound Mix) (Megatripolis/ Dance, 1996)
  • Machina Amniotica, East Jinx live! (Ex-Manifattura Tabacchi – Cagliari, 28/10/2017) – http://www.machinamniotica.it/
  • Amon Tobin, Marine Machines (Supermodified, 2000)
  • IBM Industrial Bass Machine, Prepare For Invasion (A Taste Of Armageddon, 1998)
  • Terence McKenna with Zuvuya, Dream Matrix Telemetry (1993)
  • Union Jack, Two Full Moons And A Trout (Casper Pound Mix) (Megatripolis/ Dance, 1996)

Episodio 5.11

Episodio 5.11

Il fenomeno della musica techno che si è diffuso negli anni Novanta ha contribuito all’affermarsi di una religiosità cibernetica, una sacralizzazione delle tecnologie dell’informazione che traspare chiaramente nei rave. Benché tutto ciò sia stato meno percepibile nel nostro vecchio continente, dove la scena dei free party si è mantenuta su un livello più “agnostico”, anche qui una delle primissime tribù semi-nomadi, gli inglesi Spiral Tribe, considerava i rave come «riti techno-sciamanici, in grado di riconnettere la gioventù urbana alla terra da cui si erano distaccati, e lanciando un allarme sull’imminente crisi ecologica», (Matthew Collin, Altered State: The Story of Ecstasy Culture and Acid House, Serpent’s Tail, London 1997, pp. 203-4) e non a caso il loro slogan agli inizi della carriera era “in difesa di madre terra”. In un certo senso si consideravano gli eredi diretti (e in alcuni casi erano, letteralmente, i loro figli) del movimento dei Travellers degli anni ’70, corrispettivo inglese della controcultura americana di fine anni Sessanta, che vivevano in tribù di wagon, ossia furgoni e autobus trasformati in abitazioni, e avevano organizzato molti Festival dei Solstizi in luoghi “sacri” come Stone Henge o Gladstonbury; infine erano stati fermati dalla dura repressione del governo Thatcher nella famosa “battaglia di Beanfield” del 1985, quando un migliaio di poliziotti aveva attaccato una colonna di mezzi che si stava recando a una festa.

Secondo il ricercatore australiano Graham St John e gli altri autori di Rave Culture and Religion (Routledge, London/New York 2004) questa cultura religiosa della musica elettronica, con la sua matrice New Age e Neopagana, ha creato un movimento spirituale in tutto il mondo, da Goa, in India, alla scena tecno-tribale del sudest dell’Australia, da Brasile, Tailandia e Giappone fino al Nord America e al Sud Africa. In un’epoca di cambiamenti geopolitici e di crisi delle ideologie, con la fine dell’Unione Sovietica e il trionfo del neoliberismo, consapevole di vivere in un pianeta segnato da guerre, fame e carestie la gioventù del mondo intero ha cullato il sogno di dare una risposta culturale all’accelerazione della crisi ambientale: con un ottimismo alimentato dalla credenza nel potere della cibernetica e dello sviluppo dell’informatica, ha cercato un connubio tra tecnologia, ecologia e spiritualità favorito e accelerato dalla trance psichedelica attraverso rituali in cui l’eucarestia è sostituita dalle nuove droghe, soprattutto l’MDMA o ecstasy, che non a caso è una sostanza in grado di attivare sentimenti di empatia se non di amore, un «rimedio all’alienazione provocata da una società atomizzata». (S. Reynolds, “Rave culture: living dream or living death?”, in The Clubcultures Reader: Readings in Popular Cultural Studies, Blackwell, Oxford 1997).

Sulla scia della musica dance degli anni Settanta, seguita nel decennio successivo dall’acid house, con l’arrivo degli anni Novanta, secondo David Dei, fondatore della rivista alternativa di Cape Town Kagenna, «stava prendendo forma la più importante manifestazione sociale nella storia dell’umanità». Una realtà frammentaria e raffazzonata costituita da «tecnici della realtà, operatori cibernetici, evoluzionismo pagano e guerriglie trance», stava dando forma a un pensiero in grado di «ricolonizzare lo spazio psichico dell’intera sovrastruttura della società». Era giunta l’ora di «adoperare i nostri nuovi strumenti divini come vere estensioni del nostro essere, per la creazione di un perfetto e meraviglioso mondo profondamente verde». Il “Manifesto dei Raver: Pace, Amore, Unità e Rispetto” che circolava su internet fin dal 1990, dal canto suo sottolineava come l’atmosfera uterina di calore, umidità e oscurità del rave «spingesse a unire le persone per rafforzare le loro menti, i loro corpi e i loro spiriti», creando una «bolla magica in grado, per una sera, di proteggerci dagli orrori, atrocità e inquinamento del mondo esterno. È proprio in quell’istante (…) che ognuno di noi nasce per davvero.» (Raver’s Manifesto)

Nell’ambiente rave religiosità e tecnologia coabitano e si fondono sotto molteplici aspetti, diversi a seconda della zona geografica e dell’epoca presa in considerazione, ma che si possono ricondurre a un’identica matrice: una contaminazione (parola allora molto in voga) tra tradizione spirituale proveniente dai cinque continenti, influenzata da reiki e tantra, yoga e voodoo, rituali tribali africani, messicani, amazzonici, siberiani, uniti alle sostanze psicotrope di origine naturale e molto altro ancora, da un lato; e l’insieme dell’armamentario tecnologico costituito da generatori elettrici, computer e strumentazione per fare musica elettronica, luci stroboscopiche e videoproiezioni con frattali, performance con macchine semoventi e tutto l’armamentario di droghe sintetiche, dall’altro. Seguendo la storia dell’umanità, questo movimento manifestava la tendenza verso una sempre maggiore interconnettività: basandosi sulle teorie di James Lovelock, Peter Russell sosteneva fin dai primi anni Ottanta che Internet sarebbe un modo con cui Gaia stava provvedendo «a far crescere un proprio sistema nervoso». Anche per lui, la crisi ecologica e sociale di quegli anni è una potente «spinta evolutiva» verso nuovi livelli di cooperazione, in cui le cellule umane si stavano auto-organizzando per formare «un network globale in via di rapida integrazione, diventando le sinapsi di un cervello globale che si stava svegliando». (The Global Brain Awakens, 1982). In molti casi, tutto ciò era interpretato in chiave spirituale come un “ritorno alla fonte”, alle origini: come sosteneva Genesis P-Orridge, fondatore del Tempio delle Gioventù Psichica (Temple ov Psychick Youth), si «tornava indietro alle radici del perché la musica era stata inventata: per raggiungere l’estasi e stati visionari, in una celebrazione tribale comunitaria.» (Hillegonda Rietveld, This Is Our House: House Music, Cultural Spaces and Technologies, 1998).

Dal canto suo Douglas Rushkoff, uno dei pionieri della cybercultura, pensava che attraverso il connubio tra sostanze psichedeliche, computer, teorie matematiche del caos e circuiti di retroazione, la musica elettronica stesse facilitando il «cablaggio di una mente globale», un Altro Mondo virtualmente interconnesso che chiamava Cyberia dove gli umani possono «alterare la loro coscienza intenzionalmente attraverso la tecnologia». Secondo lui i rave sono raduni spirituali e l’house music è la religione cyberiana: i DJ svolgono il ruolo dello sciamano che batte il ritmo percussivo della danza e, uniti ad altri tecnici dell’io come i VJ, gli artisti delle installazioni multimediali e i performer, manipolano un insieme di “psicotecnologie” che facilitano la ricerca della visione e dell’autorivelazione, aprono chakra e portali verso la trascendenza, favorendo la coscienza collettiva. Ma Cyberia è molto più di un rave, è la nuova conformazione della società resa possibile dall’avanzamento tecnologico, è quella sognata da ogni scienziato così come da tutte le religioni; ma a differenza di ogni altra epoca anteriore, adesso «è alla nostra portata. I passi in avanti tecnologici della nostra cultura postmoderna, uniti alla rinascita delle idee dell’antica spiritualità, hanno convinto sempre più persone che Cyberia è quel piano dimensionale in cui ben presto l’umanità ritroverà se stessa.» (Cyberia: Life in the Trenches of Hyperspace, Flamingo, London 1994.)

Al termine del libro, Rushkoff ci presenta una delle principali personalità che stava contribuendo alla nascita di Cyberia, quel R.U. Sirius nato Ken Goffman che a cavallo degli anni ’80 e ’90 era editore della rivista Mondo 2000, e che da fervente sostenitore del transumanesimo e della Singolarità nel 2008 diventerà redattore capo della rivista H+. Dopo essersi confrontato con lui capisce come sarà la vera Cyberia: «Non si tratta di affrontare complicati problemi informatici, ingerire nuove sostanze psichedeliche o vivere attraverso i viaggi sciamanici dei progettisti. Non si tratta di apprendere la terminologia dei virus dei media, la teoria matematica del caos o la house music. Si tratta piuttosto di capire come due persone possano vendere smart drug nella stessa città senza farsi impazzire a vicenda. È imparare il modo in cui abbinare le intenzioni delle più prospere aziende della Silicon Valley con i valori di chi usa sostanze psichedeliche che le hanno rese tali. È trasformare una discoteca nell’equivalente moderno di un tempio Maya senza essere beccati dalla polizia. È controllare l’estratto conto della tua banca per vedere se il tuo bancomat è stata craccato, e cercare di capire come punire il ragazzo che l’ha fatto senza trasformarlo in un criminale incallito. È non annoiarsi troppo con i programmi delle persone che dicono di non averne affatto, o con gli stupidi, vuoti luoghi comuni di quelle che dicono di averne. È imparare a confezionare la verità circa la nostra cultura in pezzi adatti ai media e dalle dimensioni ridotte, e a quel punto trovare un editore desideroso di stamparle perché lo hanno colpito in quanto divertenti. Avere a che fare con Cyberia significa adoperare l’attuale limitatezza del nostro umano linguaggio, corpo, emozioni e realtà sociale per dar vita a qualcosa che si suppone sia libero da queste limitazioni. Cose come la realtà virtuale, gli Smart Bar, l’ipertesto, internet, i giochi di ruolo, la DMT e l’ecstasy, la house e i frattali, il campionamento e la musica di Brian Eno, il tecnosciamanesimo, l’ecoterrorismo, la morfogenesi, i video cyborg, Toon Town e Mondo 2000, sono ciò che sta lentamente spingendo la nostra società – addirittura il nostro mondo – oltre l’orizzonte degli eventi del grande attrattore alla fine dei tempi. Ma proprio come queste cose, il prossimo meme che farà tremare la terra colpendo le edicole o le reti informatiche potrà essere il risultato di una relazione fallita, di un arresto per droga, di un aborto o di un acido, o perfino di una pisciata su un lato del porticato. Cyberia sta spaventando chiunque. Non solo i tecnofobi, i ricchi uomini d’affari, i contadini del Midwest e le casalinghe delle periferie, ma, più di tutti, ragazzi e ragazze che vogliono cavalcare la cresta dell’onda informatica. Surfatela.»

 

 

Sommario 5.11

 

Riferimenti 5.11

  • New Age Radio, Eastern Dreaming (Shamanarchy In The UK, 1992)
  • Monkey Pilot & Another Green World, Elephant Eye (Idem)
  • Diatribe, Jonah (Idem)
  • Universal Mind With Sir George Trevelyan, Universe I Love You (Idem)
  • The Irresistible Force, Shamanarchy In The UK (Idem)
  • Tribal Drift, Medicine Hat (Idem)
  • Psychic TV, Ecstacy In The UK (Shamanarchy In The UK, 1992)
  • Arbat, Improvisations Sur Thèmes Tziganes (Voyage en Tziganie, 2004)
  • Gaute Barlindhaug, suono e musiche del film di Emilija Skarnulyte, Kapinynas/Burial (2022)
  • Strange Factory, Sacrifice (Fukushima Nightmare, 2012)
  • The Trip, De sensibus (Time of Change, 1973)

Episodio 5.10

Episodio 5.10 – Techno e tribalismo

Che si tratti del “villaggio globale” o dei rituali festivi propri della cultura techno, il tema del tribalismo e dell’eterogeneità è al centro delle nuove forme di religiosità scaturite dal paradigma informatico. Il fenomeno è però più vecchio, infatti la generazione del dopoguerra negli Stati Uniti è stata fortemente impregnata, attraverso la controcultura degli anni Sessanta, di uno spiritualismo pro-tecnologico. La psichedelia, la sperimentazione di droghe chimiche come l’LSD e il rock elettronico sono, in questo senso, dei figli ribelli della cultura tecnoscientifica. A tal proposito è importante ricordare che le ricerche sull’LSD, dopo essere state iniziate dalla CIA, sono state sovvenzionate, agli inizi degli anni Cinquanta, dalla Fondazione Macy – una delle prime istituzioni a sponsorizzare la cibernetica – e che parecchi cibernetisti delle scienze sociali hanno partecipato alla loro elaborazione. Siamo di fronte a uno dei principali paradossi del paradigma cibernetico, ovvero che una droga destinata a “controllare gli spiriti” è diventata uno dei principali portabandiera della controcultura americana e non solo.

Avevamo già visto come, nell’ambito del Mental Research Institute di Palo Alto, Bateson avesse sperimentato su se stesso questa sostanza in grado di «trasformare gli spiriti e le relazioni tra gli uomini», e non sorprende che uno dei principali rappresentanti della cultura hippie, Timothy Leary, sia anche uno dei guru del ciberspazio. Eppure, malgrado alcune similitudini apparenti tra controcultura degli anni Sessanta e il fenomeno techno degli anni Novanta, i punti di rottura tra questi due movimenti testimoniano un grado diverso di penetrazione culturale del paradigma informatico. Se nella techno ritroviamo la stessa tendenza alla psichedelia, con l’unica differenza che l’ecstasy ha sostituito l’LSD, il rapporto tra tecnologia e religiosità è molto più determinante rispetto alla cultura hippie. Se quest’ultima infatti mantiene una certa distanza critica rispetto alla logica del controllo tecnoscientifico, il movimento techno presuppone un’adesione totale alla tecnologia, percepita come una fonte illimitata di piaceri sensoriali.

Inoltre, contrariamente alla controcultura, nei fatti l’universo techno è decisamente apolitico, come attestano alcune inchieste svolte in Canada su giovani partecipanti ai rave party: «La techno corrisponde a un’evoluzione della società in cui “non si crede più nei messaggi, né nelle grandi teorie”, mentre il rock era associato alla politica.» (Étienne Racine, Le Phénomène techno. Clubs, raves, free-parties, Imago, Paris 2002 (p. 157) Sotto questo punto di vista, e malgrado rarissime eccezioni, si può affermare che la techno rappresenti una delle modalità d’espressione più radicali dei valori postmoderni. Va detto che, almeno agli inizi, c’era una profonda differenza tra il movimento del clubbing legato alle discoteche e quello dei rave, che nascevano come eventi tassativamente illegali, che si svolgevano in luoghi occupati, senza alcun permesso delle autorità e molto spesso al di fuori della logica mercantile. Ma col passare del tempo, solo in minima parte a causa della repressione delle forze dell’ordine e di leggi sempre più restrittive adottate in un paese dopo l’altro (dall’Inghilterra, già negli anni Novanta, alla Francia per finire con l’Italia solo ultimamente), si è arrivati a una sostanziale depoliticizzazione del movimento dei “free party” e le rivendicazioni politiche che hanno segnato il movimento della controcultura oramai hanno lasciato spazio a rituali d’immersione tecnologica in cui l’immaginario digitale e i ritmi techno si fondono per creare un universo globalizzante e desoggetivizzante.

I rituali festivi detti rave mirano a ricreare artificialmente fenomeni di trance, di uscita da se stessi, di sperimentazione sensoriale che rendono sfumate le frontiere tra io e non io. Nella misura in cui l’esperienza tecno nutre una nuova forma di narcisismo collettivo incentrato sui corpi, si può parlare di un collettivismo dell’isolamento. L’amplificazione delle percezioni sensoriali dovuta alle sostanze e i ritmi ripetitivi della musica techno provocano, secondo Jean-Ernest Joos, una sensazione di apertura delle barriere corporali, di comunione collettiva, senza tuttavia dar luogo a un vero comunitarismo: «Il rave non è una trance collettiva, è una trance individuale resa possibile da un’apertura indefinita della superficie. […] Si raggiunge infatti un livello di suscettibilità fisica che non favorisce molto il contatto corporale.» (In Emmanuel Galland, Caroline Hayeur et al., Rituel festif. Portraits de la scène rave à Montréal, 1997) Così, isolato in se stesso, ognuno ha la sensazione di far parte di una totalità che lo ingloba. Si può stabilire un parallelo con le comunità virtuali dove il fatto di “essere connessi” presuppone un certo ritiro dalla società. Si arriva a quel che Philippe Breton in Le Culte de l’Internet ha identificato come un universo culturale ampiamente favorevole alla comunicazione, ma assai poco all’incontro.

 

 

Sommario 5.10

  • Introduzione
  • Barbara Gavallotti, AI – Il futuro dell’intelligenza artificiale (La7, 3/12/2023) – con Emanuele Gruppioni, Centro Protesi INAIL dell’ITT Genova e Colian Rossi (Mano Protesica Hannes, Budrio)
  • Radio3 Scienza – Pierre Levy: Filosofia della rete (15/6/2021)
  • OMAGGIO A UNGARETTI (Dal Belgio per La Nave dei Folli) – TESTO
  • Neuralink – Massimo Chiriatti a Codice – La vita è digitale (23/6/2023)
  • Terna e la tombolata dello sviluppo inarrestabile. Il progetto Tyrrhenian Link (Con interventi dell’AD di Terna, Giuseppina Di Foggia, e voci dal Comitato No Tyrrhenian Link) – TESTO
  • Aska: Che fare? Da un russo a Lo Russo il passo è breve…

 

Riferimenti 5.10

  • Vapourspace, Gravitational Arch Of 10 + Paradox Of Time Dilation (Themes for Vapourspace, 1994)
  • David Wessel, Antony (1977)
  • Univers Zero, Triomphe des mouches (Ceux du dehors, 1981)
  • Vapourspace, Steam (Sweep, 1997)
  • Cuesta Arriba, El abrojito + Linea D + Nocturna (Sin Seguro, 2019)
  • David Wessel, Antony (1977)
  • Da Capo Zirkus, J’ai des bornes + Intro Meilleur ami + Odessa Bulgar (Entre, 2002)