Episodio 3.37

Episodio 3.37

La macchina per l’architettura di Nicholas Negroponte, pubblicato nel 1969, è uno testi fondamentali dell’epoca della seconda cibernetica; presenta gli ultimi progressi in campo informatico, con l’ausilio di una gran mole di immagini, e affronta la questione centrale dell’automazione, la possibilità che la macchina possieda una «intelligenza (…) indipendente dall’intelligenza umana» (p. 49). Ciò sarà realizzabile soltanto quando le macchine diventeranno adattabili, ovvero quando saranno in grado di «ricevere informazioni sensorie dirette dal mondo reale» facendo a meno della mediazione umana, cioè dotandosi di “organi” sensori meccanici, il primo dei quali sperimentati al MIT è «un dispositivo per vedere» (p. 53).

Inoltre, nelle sue applicazioni all’architettura la macchina intelligente dovrà osservare il metodo di lavoro del singolo progettista e informarlo di quello degli altri, garantendo una supervisione che sarà possibile non con le singole macchine a domicilio – leggi, il PC – ma per mezzo di una «macchina madre», una macchina centrale che «potrebbe avere funzioni di arbitrio, di fonte d’informazione, di mezzo di comunicazione e di storico, oltre che semplicemente di enorme meccanismo di calcolo» (p. 53-54). In pratica, Internet con tutte le sue reti e nuvole. «Macchine che raccolgono informazioni da molti progettisti e da molti abitanti, che osservano direttamente il mondo reale e hanno un dialogo congeniale con un progettista sono macchine per l’architettura. Sono avviate a essere macchine intelligenti.» (p. 54)

Dunque, si è iniziato a dotare la macchina di “vista”. Il Laboratorio di elettronica della General Electric di Syracuse, su contratto della NASA, ha «elaborato un calcolatore (…) che consente all’osservatore di muoversi attraverso un ambiente (…) l’utilizzatore controlla il movimento con una cloche di comando tipo aereo che gli consente una partecipazione motoria alla simulazione visiva». Secondo Coons, «tra qualche anno voi potrete entrare in una stanza, senza muovere una mano e far apparire davanti a voi un piano o una superficie luminosa. Potrete costruire un edificio di luce, in modo che potrete giragli attorno e modificarlo» (1968), cosa che riattualizza un «antico sogno dell’architetto di poter alzare la matita, muoverla in aria e veder sprigionare dalla punta linee che galleggiano nello spazio». (p. 60)

Ci tornano alla mente queste parole di Renzo Piano, citato da Jean-Pierre Garnier in Architettura e anarchia – Un binomio impossibile, 2004 (Nautilus, 2016): «Un giorno trovai per caso un’incisione raffigurante un architetto dell’India antica: un uomo seduto al centro della casa, armato di una lunga pertica, con la quale indicava agli operai dove posare la pietra. Stare seduto e dare ordini ai muratori: avevo trovato la mia vocazione.»

Aspirazione d’altronde già realizzata nel 1966 dal Lincoln Wand di Larry Roberts, che permette al computer di seguire in un determinato spazio i movimenti di uno strumento delle dimensioni di una penna che si tiene in mano. «Quattro trasmettitori ultrasonici emettono periodicamente impulsi di energia e il Wand riferisce al computer il momento in cui sente ogni segnale.» C’è poi lo studio di Ivan Sutherland del 1968 di simulazione di movimento in spazi virtuali: «Il dispositivo è un casco munito di due tubi a raggi catodici (con prismi) a forma di occhiali che permettono di trasformare immagini stereoscopiche secondo la posizione del capo di chi l’indossa. Tre antenne riferiscono la posizione dell’utilizzatore.» Si giunge infine all’olografia, ottenuta «registrando gli schemi d’interferenza di due fonti di luce coerente (in genere laser), una riflessa direttamente sull’oggetto e l’altra da uno specchio», e alle ricerche «per costruire con il computer ologrammi sintetici di configurazioni geometriche semplici.» «Presto gli architetti saranno in grado di vedere, su un dispositivo di visualizzazione, ambienti fisici inesistenti: saranno visioni tridimensionali, a colori e con semitoni.» (p. 62-65)

 

 

Sommario 3.37

  • Introduzione
  • Green PaZZ – “Si abbia il coraggio di chiamarli obbligo vaccinale” (Antonella Viola, La7)
  • Il passepartout del transumanesimo – TESTO
  • Green PaSS – “Favorevole!”
  • CyberBraidottella – Io, Virus sessuato femminile
  • MANIFESTO DEGLI SCIMPANZÉ DEL FUTURO (Terza parte – Capitolo 8) – Di fronte ai decostruttori dell’umano: 3a puntata (La natura, ecco il nemico) – TESTO
  • CyberBraidottella – Come Dolly più di Dolly

 

Riferimenti 3.37

  • Alcalyca, Prends La Bicyclette (Copy:Right!, 2010)
  • Pietro Galassi & Omar Codazzi, Green Pazz (2021)
  • Dura & Spanda Boy, Lonely Bong (Copy:Right!, 2010)
  • Jurgen Paape, Ofterschwang (Kompilation, 2011)
  • Die Welttraumforscher, Uranus Tanzt (Folklore Des Weltalls 2 – Les Giants, 2021)
  • Delia Derbyshire, Busy Microbes (Electrosonic, 1972)
  • Air Liquide, What’s That On Your Shoulder (X, 2001)
  • Mint, Phonogram (Phonogam, 1994)
  • Marvin Niebuhr dirige Screamin’ Babyheads & the Instruments of Mass Distortion, Palpitation (Heads Above Ground, s.d.)
  • Thierry “Titi” Robin, Mhedi + Payo Michto + Cuivre + Marraine (Gitans, 1993)
  • Screamin’ Babyheads & the Instruments of Mass Distortion, Nervous Mechanicals (Heads Above Ground, s.d.)