Episodio 5.28

Episodio 5.28

Sull’onda della nascita del movimento contro la globalizzazione, Hardt e Negri si candidano a divenirne i principali ispiratori. Scritto fra il 1994 e il 1997, cioè dopo l’inizio della rivolta zapatista e prima della battaglia di Seattle, Impero – sebbene pieno di acrobazie, controsensi e talvolta brutali falsificazioni (come, d’altronde, il resto della produzione dei due) – preannuncia quella che sarà, nel trentennio a venire, la forma mentis e militantis della sinistra no-global. Infatti, dai gruppi più riformisti agli eredi di quella che in Italia fu l’autonomia (più o meno operaia) passando clamorosamente anche dai vituperati anarchici (o meglio, post-anarchici), in barba a differenze oramai più estetiche che sostanziali, la “moltitudine” degli autoproclamatisi ribelli, antagonisti, soggettività insorgenti e via narrando si forma e conforma a partire dalle mode politico-ideologiche rielaborate dal gatto e la volpe post-comunisti. Se la French Theory era una pappetta – dai gusti forti ma in fin dei conti insipida – cucinata nelle mense universitarie, ottenuta liofilizzando ingredienti ereditati dai numi tutelari di postmodernismo e poststrutturalismo, shakerando l’ultima produzione sociologica d’oltreoceano con l’aggiunta di qualche spezia cyberfemminista, l’intuizione del duo italo-americano è quella di innestarvi la sacra e sinistra tradizione italica che nel corso degli anni non si era eclissata, tutt’al più espatriata.

Già allora alcuni videro in questa operazione un puro e semplice tranello, una mano di vernice fresca data sulle mura decrepite di vecchi edifici teorici: secondo Claudio Albertani, si tratta di un «libro lungo e pieno di concetti oscuri come bio-potere, comando globale, sovranità imperiale, auto-valorizzazione, deterritorializzazione, produzione immateriale, ibridazione, moltitudine, e molti altri di difficile comprensione per lettori non iniziati», che per poter essere capito richiede «una certa familiarità con diverse scuole di pensiero: il post-strutturalismo francese, le teorie sociologiche nord-americane e l’operaismo italiano». (Impero e i suoi tranelli) Gran parte della bulimia intellettuale presente nella loro produzione è in realtà una trappola, un vortice di risucchio: infatti, pur prendendone le distanze e criticandone vari aspetti in modo formale, siamo di fronte alla riproposizione del marxismo-leninismo riveduto e corretto in salsa postuma(na), a un aggiornamento cibernetico del sistema operativo bolscevico. Seppur condannata a parole, si tratta della solita, vecchia ricerca dell’egemonia culturale, politica, strategica.

Dopo aver teorizzato l’esistenza di una nuova forma di governo imperiale priva di centro, vi contrappongono una resistenza altrettanto acefala, la moltitudine, che deve gran parte delle sue potenzialità proprio al fatto di essere figlia della civiltà cibernetica e come tale si candida alla conquista del potere e dei mezzi di produzione che sono sempre stati suoi. Dato che «l’ibridazione tra l’uomo e la macchina non procede più nei termini lineari che hanno segnato le vicende della modernità», si ipotizza che oggi «i rapporti di potere che hanno dominato le ibridazioni e le metamorfosi macchiniche possono essere rovesciati». Adesso capiamo che il nomadismo dei nuovi barbari secondo Hardt e Negri è più che altro virtuale, e mentre al sud del mondo si tratta di emigrazioni spaziali, fisiche, nel ricco occidente si tratta di metafore informatiche: «Le potenze scientifiche, affettive, linguistiche della moltitudine trasformano con estrema aggressività le condizioni della produzione sociale. La moltitudine si riappropria delle forze produttive con una metamorfosi radicale, come in una scena demiurgica. È una revisione completa della produzione della soggettività cooperante, una contaminazione e un meticciato con le macchine, di cui si era riappropriata, reinventandole completamente, la moltitudine. Si tratta, cioè, di un esodo che non è declinabile in termini esclusivamente spaziali, ma anche meccanici, nel senso che il soggetto si trasfonde in una macchina (nella quale ritrova la cooperazione che lo ha costituito e moltiplicato). È una nuova forma di esodo, un esodo verso (e con) la macchina – un esodo “macchinico”». (Impero, p. 341)

Si aprono le porte alla soggettività postumana, e da entità metaforica il cyborg inizia a militare nei ranghi della moltitudine. «Le nuove virtualità, la nuda vita del nostro presente, hanno la capacità di assumere il controllo della metamorfosi macchinica. Nell’Impero, la lotta politica sulla definizione della virtualità macchinica – e cioè sulle alternative del passaggio tra virtuale e reale – è il campo centrale delle lotte, poiché è il campo centrale della produzione e della vita che apre al lavoro un futuro di metamorfosi di cui la cooperazione soggettiva può e deve assumere il controllo sul piano etico, politico e produttivo.» (Ibid.) La sinistra postmoderna e post-anarcocomunista, dunque, trova nella figura del militante cibernetico il suo nuovo avatar, in quanto «agente della produzione biopolitica e della resistenza contro l’Impero»; ma gli autori tengono a specificare non trattarsi della solita vecchia figura del militante di partito o di organizzazione, questo è il passato, infatti nel nuovo mondo fluido e immateriale bisogna richiamare alla mente figure slegate dalla rigidità di dovere e disciplina, e quindi si pensa ai combattenti in Spagna o ai guerriglieri comunisti degli anni ’70, agli intellettuali antifascisti o ai Wobbly. Ecco la grande novità della militanza contemporanea: «essa recupera le virtù dell’azione insurrezionale maturate in duecento anni di esperienze sovversive, ma, nello stesso tempo, è legata a un mondo nuovo, un mondo che non conosce un al di fuori. La militanza conosce solo un dentro, la vitale e ineluttabile partecipazione al complesso delle strutture sociali senza alcuna possibilità di trascenderle. Il dentro è, allora, la cooperazione produttiva dell’intellettualità di massa e delle reti degli affetti, la produttività della biopolitica postmoderna. Questa militanza resiste nei contropoteri e si ribella proiettandosi in un progetto di amore. C’è un’antica leggenda che potrebbe illuminare la vita futura della militanza comunista: la leggenda di san Francesco di Assisi». (Impero, pp. 380-382) Amen.

 

 

Sommario 5.28

 

Riferimenti 5.28

  • Entropia, The April Theses (Vladimir Ilic Mix) + The Winter Palace in October (Bolshevik Direction Mix) (October Remixed, 2017)
  • Brandon Woodruff, Bolshevik Climax (Usurper King, 2018)
  • Spot ufficiale OMS “Tutti per la Salute, Salute per tutti”, 2024
  • Spot Elezioni Europee 2024, Ursula Von Der Layen e Partito Popolare Europeo
  • Atrium Carceri, Industrial District (Metropolis, 2015)
  • Atrium Carceri, Observatory (Ptahil, 2007)
  • Demetrio Stratos, Mirologhi 1 / Lamento D’Epiro + Segmenti Due (Metradora, 1976)
  • Pan Sonic, Pala (X, 1999)
  • Vladimir Dollar ’n’ ze Sheraf Orkestär, Housse de Camion Rouge (Petit camion rouge, 2014)
  • Nurse With Wound & Faust, Tu M’Entends? (Disconnected, 2007)

Episodio 5.27

Episodio 5.27

Nel Duemila l’uscita di Impero di Michael Hardt e Antonio Negri – annunciato dal New York Times come un nuovo “Manifesto del partito comunista” – ci ha offerto un ottimo esempio del grado di penetrazione del paradigma informatico presso una certa sinistra militante. Analizzando la rimessa in discussione del principio di sovranità nazionale a opera della globalizzazione, i due autori abbozzano il ritratto di una nuova fase del capitalismo: quella imperiale. Traendo la propria forza da un’economia informatica deterritorializzata e dal controllo cosiddetto biopolitico degli individui, l’impero rappresenta a loro avviso una forma inedita di potenza politica. Per rispondere teoricamente a questa nuova età del capitalismo, propongono una rilettura deleuziana della modernità in cui il concetto d’immanenza spodesta qualunque idea di trascendenza e dove lo spazio simbolico della rappresentazione politica sembra essere stato svuotato. Attraverso l’abolizione delle barriere tra classi, sessi e razze, la potenza della comunicazione dell’impero contribuisce alla creazione di un movimento di resistenza di tipo nuovo: la moltitudine. Emergendo dalla massa informe degli oppositori alla mondializzazione, la moltitudine avanza, come dei nuovi barbari, con il volto mascherato dall’ibridità. A immagine del cyborg, la moltitudine non conosce alcuna frontiera.

Richiamandosi a Donna Haraway, gli autori di Impero proclamano a gran voce che bisogna costruire «un nuovo corpo» per «creare vita nuova» (Hardt e Negri, Impero. Il nuovo ordine della globalizzazione, Rizzoli, Milano 2000, pp. 206). In questo modo vanno a ingrossare le fila dei militanti del postumano, come traspare da certe affermazioni: «I corpi stessi mutano e si trasformano per dare vita a nuovi corpi postumani. La prima condizione di questa trasformazione corporea è la consapevolezza che la natura umana non è in nessun modo separata dal resto della natura, che non vi sono limiti fissi e immutabili tra l’umano e l’animale, tra l’umano e la macchina, il maschile e il femminile e così via. Ma, soprattutto, si tratta della consapevolezza che la natura stessa è completamente artificiale ed è aperta a nuove mutazioni, mescolanze e ibridazioni» (p. 205)

Questi nuovi barbari, definiti anche una «nuova orda nomade», operando mutazioni corporee danno luogo a un «esodo antropologico» che però, come loro stessi ammettono, «è comunque molto ambiguo poiché i suoi metodi, l’ibridazione e la mutazione, sono gli stessi impiegati dalla sovranità imperiale. Nel mondo oscuro della fiction cyberpunk, ad esempio, la libertà della cura di sé è spesso indistinguibile dai poteri di un controllo onnipresente». Dunque le trasformazioni auspicate da Negri e Hardt vanno ben al di là delle mode corporali tipo tatuaggi e piercing: «Si deve giungere a un artificio politico, un “divenire artificiale” (…) Gli infiniti percorsi dei barbari devono creare un nuovo modo di vita.» (Ibid.)

Abbandonando il feticcio della decostruzione, Hardt e Negri pensano sia giunta l’ora di produrre a partire dagli utensili/protesi: «costruire, nel non-luogo, un luogo nuovo; costruire nuove determinazioni ontologiche dell’umano e della vita – un essere artificiale e potente. La favola cyborg di Donna Haraway che si muove tra gli ambigui confini dell’umano, dell’animale e della macchina, ci trasporta oggi, molto più efficacemente del decostruzionismo, verso nuovi piani del possibile – e tuttavia bisogna ricordare che è solo una favola. La forza che può trasportare (e con sempre maggiore intensità) oltre queste pratiche teoriche, verso l’attualizzazione di potenziali metamorfosi, resta l’esperienza comune delle nuove pratiche produttive e la concentrazione del lavoro sul corpo – plastico e fluido – delle nuove tecnologie meccaniche, biologiche e comunicative. Essere repubblicani oggi significa, innanzi tutto, lottare contro l’Impero costruendo all’interno di esso, sul suo stesso terreno ibrido e modulare. (…) questo nuovo terreno imperiale offre enormi possibilità creative e di liberazione. La moltitudine, nella sua volontà di essere contro e nel suo desiderio di liberazione, deve spingersi dentro l’Impero per uscirne fuori dall’altra parte.»

 

 

Sommario 5.27

  • Introduzione (VOTA Antonio!)
  • VOTA NAVE DEI FOLLI (Fantozzi, Bonelli su La7, presentazione della candidatura di Ilaria Salis, Inno “Pace, vita e libertà”, Cateno De Luca)
  • FOMO (Fear of Missing Out): La paura di essere disconnessi – TESTO
  • Lamento – da Jakob Van Hoddis, Fine del mondo (Gratis edizioni, 2024)
  • Intervista a Miquel Amorós per la rivista di ecologia politica della Svizzera romanda di Losanna Moins! (dicembre/gennaio 2024) – TESTO
  • Presentazione del libro DOPO INTERNET (ed. Nero, 2024), di Tiziana Terranova, con introduzione di Stamatia Portanova (Libbra, festival delle librerie indipendenti di Napoli, 3-5 maggio 2024) – AUDIO integrale

 

Riferimenti 5.27

  • Link, Arcadian (Global Communication Remix) (Artificial Intelligence II, 1994)
  • Sergio Corbucci, Gli onorevoli (1963)
  • Enzo Castellari, I nuovi barbari (1983)
  • Neri Parenti, Fantozzi subisce ancora (1983)
  • Cateno De Luca, Terra d’amuri! (2022)
  • Ben Russell, Yuki Numata Resnick & Max Richter, Richter: Dream 3-Jürgen Müller Remix (Sleep Remixes, 2016)
  • Nurse With Wound & Faust, It Will Take Time (Disconnected, 2007)
  • Moebius & Plank, Infiltration + Conditionierer + Tollkuhn (Material, 1981)
  • Les Chevals, Dracula + Cactus + Ushi’s Back (Brass Bande A La Conque, 2003)

Episodio 5.26

Episodio 5.26

Prima di continuare ad affrontare le parentele cibernetiche nelle epoche a noi più vicine, un’ultima divagazione sulla figura di Donna Haraway. Da aralda del cyborg e del postumano, questa scienziata sociale creatrice di vere e proprie mode ideologiche, come tutti i brand della sartoria d’eccellenza ha dovuto operare una continua innovazione per poter vendere i propri modelli. Infatti, nel suo ultimo lavoro di fantascienza politica chiamato Chthulucene abbandona le vecchie collezioni e si lancia in nuove fantasticherie al passo coi tempi, coniando un nuovo termine per descrivere quell’oggetto cibernetico già battezzato Gaia dal duo James Lovelock/Lynn Margulis e poi ripreso e ravvivato da Isabelle Stengers. Lo chiama Terrapolis, la città planetaria: «Terrapolis è ricca di mondo e vaccinata contro il postumanesimo; è ricca di compost e inoculata contro l’eccezionalismo umano, ed è ricca di humus: Terrapolis è pronta per una narrazione multispecie. Terrapolis non è la dimora dell’umano inteso come Homo, con la sua auto-immagine sempre uguale, fallica, al centro di ogni parabola, detumescente e ritumescente, ma è una dimora per l’umano che viene trasformato d’incanto – con un gioco di prestigio della lingua proprio dell’etimologia indoeuropea – in guman, colui che lavora la terra e nella terra.» (Chthulucene, p. 26)

Ma questa svolta in direzione dell’ambiente – che non a caso echeggia i progetti green del dominio e le sue città smart – rappresenta la sublimazione e non l’abbandono delle origini del suo pensiero, che pur superando almeno a parole il post-human resta profondamente ancorato alla disumanizzazione anti-naturalista: «Anche se continuo a nutrirmi del lavoro generativo inscritto in quel percorso, queste creature fibrose e tentacolari mi hanno reso insoddisfatta del postumanesimo. È stato il mio compagno Rusten Hogness a suggerirmi di sostituire il compost al postuman(esim)o, e l’humusità all’umanità (…) se solo potessimo sbriciolare e sfilacciare l’umano in quanto Homo, questa fantasia malata di un amministratore delegato perennemente intento ad autorealizzarsi e a distruggere il pianeta!» (Chthulucene, p. 54) Che il termine stesso di homo derivi da humus pare non interessare alla saccente accademica della supercazzola che, teorizzando una sorta di post-cibernetica, parte dalle sue radici storiche per aggiornarla e farla aderire alle nuove narrazioni pseudo-contestatarie. Haraway abbandona così i vecchi sistemi autopoietici – unità autonome che si «autoproducono» dotate di «confini spaziali e temporali autodefiniti che tendono al controllo centralizzato, all’omeostasi e alla prevedibilità» (Beth Dempster, A Self-Organizing Systems Perspective on Planning for Sustainability, tesi di laurea, Environmental Studies, University of Waterloo 1998) – per sostituirli con quelli simpoietici, concetto suggeritole da Beth Dempster, ovvero sistemi evolutivi che producono in maniera collettiva e non hanno confini spazio-temporali, in cui «l’informazione e il controllo sono distribuiti tra tutti i componenti». (Chthulucene, p. 54)

Non contenta, Haraway prende in prestito da Margulis il concetto di olobionte (Margulis, “Symbiogenesis and Symbionticism”, in Symbiosis as a Source of Evolutionary Innovation: Speciation and Morphogenesis, MIT Press 1991), per sottolineare non tanto l’impossibilità di ogni specie di vivere separata dalle altre e in particolare da quelle con cui sviluppa una profonda simbiosi, quanto la fine della separazione tra le specie. «Siamo humus, non Homo, non Antropos; siamo compost, non postumani. (…) Nello specifico, a differenza dell’Antropocene e del Capitalocene, lo Chthulucene è fatto di storie multispecie in via di svolgimento, di pratiche del con-divenire in tempi che restano aperti, tempi precari, tempi in cui il mondo non è finito e il cielo non è ancora crollato. (…) A differenza del dramma che domina il discorso dell’Antropocene e del Capitalocene, nello Chthulucene gli esseri umani non sono gli unici attori rilevanti; gli altri esseri non sono mere comparse che si limitano a reagire.» (Chthulucene, p. 85) All’orizzonte, si dissolve ogni differenza tra naturale e artificiale e si dichiara compiuto il passaggio all’ibridazione antropo-tecnologica: la nuova creatura sarà un cyborg biologico, magari anche equo e sostenibile.

Ma al di là dello sfoggio di acrobazie linguistiche, il progetto dei postumani compostati – purtroppo, non ancora rottamati – si è palesato in tutta la sua coerenza durante l’operazione pandemica, quando le schiere intersezionaliste si sono allineate al terrorismo scientista e hanno sostenuto reclusioni e distanziamenti, disinfestazioni e vaccinazioni. In un’intervista dell’estate del 2020 Haraway getta la mascherina e sforzandosi di non adoperare le categorie di opposizione binaria – tecnologia e natura – va dritta al sodo: «la tecnologia della “t” maiuscola ha lo stesso problema della scienza della “s” maiuscola: quindi tecnologie, lavoro tecnologico, know-how tecnologico, indagine tecnologica, sai, preziose conoscenze acquisite in lunghi periodi di tempo che davvero non vogliamo perdere. Direi che come fare un buon vaccino è un buon esempio. Questa non è esattamente una questione loro e nostra, anche se è vero che la produzione di vaccini è molto costosa e che lo stato ha rinnegato il suo obbligo, non solo negli Stati Uniti ma in molti luoghi, di assumersi la responsabilità della salute pubblica e dei suoi apparati, compreso lo sviluppo del vaccino e lo sviluppo del vaccino per chi e che tipo di canali di distribuzione. (…) Lo sviluppo di vaccini e lo sviluppo di farmaci richiedono le ultime novità in fatto di tecnologia digitale, tecnologia molecolare, tecnologia dei materiali. Supponiamo che tu voglia sviluppare vaccini resistenti al calore, in modo che possano essere davvero distribuiti in modo sicuro e ampiamente in tutto il mondo dagli operatori sanitari locali. Non vuoi avere bisogno di refrigerazione. Puoi immaginare la schiera di lavoratori tecnologici che vuoi concentrare su questi problemi, ma se sono concentrati su questi problemi pensando a loro solo in modi tecnici, potrebbero benissimo perdere il conto o non sapere in primo luogo, su come le popolazioni vivono in relazione ai patogeni, su come le popolazioni umane si relazionano ai patogeni e su come i patogeni entrano in diverse popolazioni umane in modo diverso. Il COVID-19 è di nuovo un ottimo esempio di chi è suscettibile e chi è esposto. Entrambi sono razzialmente differenziati e differenziati per classe in modi che non puoi perderti oggi. I nativi americani, i latini e i neri muoiono a più del doppio rispetto agli anglosassoni negli Stati Uniti di malattia COVID-19. Quindi, vaccini, certo! Ma perché certi gruppi, certe popolazioni umane, interagiscono con i patogeni in modo diverso dagli altri? Bene, questa è una questione politica, oltre che biologica, e culturale, e storica.» (“In the Heart of the Storm: An Interview with Donna Haraway – Part 1: Species-Being in the Age of Climate Change, Coronavirus, and Capitalism”, intervista di Katherine Bryant e Erik Wallenberg , in Bio-Politics, Vol 23, n° 3, 2020)

Se il sottotitolo della traduzione italiana di Chthulucene è per l’appunto “sopravvivere su un pianeta infetto” (il libro in realtà in inglese era intitolato Staying With the Trouble, qualcosa come restare accanto, o meglio coabitare, con il problema), ora capiamo cosa si intende: la supposta armonia delle specie è in realtà una presa per il culo e funziona soltanto quando fa comodo alla specifica narrazione. La convinzione che il presunto virus sia piombato sugli umani a causa dello spillover – unita al falso assunto secondo cui i popoli più deboli avrebbero patito maggiormente la mortalità virale – colloca i postumani al gusto di humus nel novero dei nemici dell’umanità libera e sottolinea una volta di più il loro ruolo cruciale nell’attuale antropocidio. Che personaggi simili, assieme alle loro idee, possano non sopravvivere all’infezione generalizzata dell’acrazia.

Donna Haraway, la natura e paura – Tra questi animali non umani, uno solo non è un peluche artificiale: indovina chi! (Soluzione in fondo alla puntata)

 

 

Sommario 5.26

  • Introduzione con Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’OMS
  • La Nave Dei Folli presenta: FUTURO ONNIPRESENTE – Spunti di riflessione su limiti e possibilità della resistenza all’avvenire cibernetico nell’epoca del totalitarismo scientista  (dicembre 2023) – QUINDICESIMA PARTE Puntate complete
  • Fine del mondo – da Jakob Van Hoddis. Fine del mondo (Gratis edizioni, 2024)

 

Riferimenti 5.26

  • Richard H. Kirk, Neuroscience (Neuroscience, 2009)
  • Alfonso Cuarón, I figli degli uomini (2006)
  • Machina Amniotica, East Jinx_live! (28 ottobre 2017 – Ex-Manifattura Tabacchi, Cagliari)
  • Lisa Gerrard & Pieter Bourke, The Human Game (Duality, 1998)
  • Coil, I Am the Green Child (Constant Shallowness Leads to Evil, 2000)
  • Machina Amniotica, Grantchester Meadows (The Body, 2003)
  • Moby, Like a Motherless Child (Everything Was Beautiful, and Nothing Hurt, 2018)
  • Lisa Gerrard & Pieter Bourke, Pilgrimage of Lost Children (Duality, 1998)
  • Limbo, High Resolution Holocaust + Dominio e Sottomissione (Evirazione Totemica Seriale, 1993)
  • Nurse With Wound & Faust, Lass Mich (Disconnected, 2007)
  • MC5, Future/Now (High Times, 1971) – TESTO

SOLUZIONE: la teiera sulla panchina.

Episodio 5.25

Episodio 5.25

Per un curioso dirottamento del senso, un pensiero nato dalla guerra e dal controllo militare è diventato uno dei principali punti d’incontro ideologico della sinistra americana, prima, mondiale poi. La biologa e storica delle scienze Donna Haraway ha aperto la strada pubblicando negli anni Ottanta il suo Cyborg Manifesto, di cui ci siamo già occupati nel corso della Quarta Stagione (Vedi in particolare episodi 4.23/24/25). Spingendo ai limiti estremi la critica dell’universalismo moderno, attacca quello che definisce “femminismo umanista” erede della modernità euroamericana. In una prospettiva postcolonialista e postmoderna, Haraway denuncia la fissazione delle identità in termini di classe, sesso e razza. Così come quella di razza, l’identità sessuale diventa nei suoi scritti una pura costruzione socio-storica destinata a naturalizzare uno stato di oppressione sociale. Di fronte a una simile naturalizzazione del potere maschile, l’abolizione cibernetica delle dicotomie tra natura e cultura, umano e macchina, maschile e femminile sono per lei una fonte di liberazione, permettendo alle donne di affrancarsi dal pesante giogo di essere femmine. (Donna J. Haraway, Manifesto Cyborg. Donne, tecnologie e biopolitiche del corpo [1985], Feltrinelli, Milano 1995, pp. 55-62)

Malgrado le sue origini militari il cyborg, quest’essere metà umano metà macchina, metà maschio metà femmina, incarna il livello di ibridazione raggiunto da questa liberazione identitaria. Haraway non nega il potenziale di dominio delle nuove tecnologie dell’informazione e del biotech, però vi scorge un’importante possibilità sovversiva. Il femminismo cyborg sogna un mondo ibrido, senza sesso e senza genere, dove le donne saranno finalmente liberate da quel ruolo riproduttivo predestinato dalla loro natura. Le tecnologie di riproduzione infatti sono l’ambito in cui il femminismo radicale più si accorda al progetto di rimodellamento del corpo umano dell’ingegneria genetica. Ma c’è di più.

In questi ultimi anni il pensiero – se così si può definire questo flusso psicotico di narrazioni speculative zeppe di acrobazie linguistiche e controsensi – di Donna Haraway e delle sue molte epigone si è evoluto in maniera subdola e pericolosa, in accordo con il coinvolgimento della sinistra postumana nel campo delle lotte in difesa della Terra in cerca di una rinnovata verginità. Non a caso il suo ultimo lavoro è diventato uno dei principali punti di riferimento per i movimenti verdi metallizzati che si agitano sulla odierna ribalta dello spettacolo della contestazione, sebbene dubitiamo assai che lo abbiano compreso (dato il linguaggio criptico e iniziatico) e forse nemmeno letto, proprio come gli altri testi di riferimento del trans/post/xenofemminismo.

Il suo Chthulucene. Sopravvivere su un pianeta infetto (raccolta di saggi scritti tra il 2012 e il 2016) meriterebbe forse una disamina più approfondita. Ci abbiamo provato, ma confessiamo di non averci capito un granché, smarriti tra frasi incomprensibili, linguaggio innovativo e veri e propri nonsense. L’idea che ce ne siamo fatti, con buona pace dei nemici delle pratiche coercitive psichiatriche tra cui ci annoveriamo, è che l’epoca sognata da questa corrente post-cyborg assomiglia a uno Psycocene, dove la mutazione genetica si sposa con l’ambientalismo e la violenza dell’ibridazione meccanica coabita con la simbiosi ecologica. In breve, una follia a metà tra infantilismo e allucinazione. Fin qui, nulla di nuovo.

«Lo Chthulucene ha bisogno di uno slogan, o anche più di uno. Oltre a gridare “Cyborg per la sopravvivenza sulla Terra”, “Corri veloce, mordi più che puoi” e “Taci e impara”, io suggerisco il “Generate parentele, non bambini!”. Generare e riconoscere le parentele è la parte più complicata e urgente di questa proposizione. Le femministe sono state le prime a sciogliere i presunti legami naturali e necessari tra sessualità e genere, razza e sesso, razza e nazione, classe e razza, genere e morfologia, sesso e riproduzione, persone che riproducono e persone che compongono. (…) Se vogliamo l’eco-giustizia multispecie, un tipo di giustizia che possa anche accogliere una popolazione umana diversificata, è tempo che le femministe prendano le redini dell’immaginazione, della teoria e dell’azione per sciogliere ogni vincolo tra genealogia e parentela, e tra parentela e specie. Batteri e funghi non fanno che fornirci metafore, ma le metafore non bastano: le metafore fondate sulla natura non sono sufficienti. Qui c’è da fare un lavoro da mammiferi, insieme ai nostri collaboratori e co-lavoratori simpoietici biotici e abiotici. Dobbiamo generare parentele in sinctonia e in simpoiesi.» (Donna Haraway, Chthulucene. Sopravvivere su un pianeta infetto, Nero, Roma 2019, p. 147)

Ci si potrebbe fare una grassa risata, leggendo questi o altri passaggi, non ci fosse invece da preoccuparsi della presa che tali deliri hanno sulle nuove generazioni di militontismo, anche in salsa ecologista, come dimostra il recente aborto (spontaneo) della manifestazione nazionale contro gli OGM-TEA a causa di dissapori interni dovuti alla mancata egemonizzazione da parte della sinistra transcibernetica che non può accettare di veder mettere in discussione la sua supremazia culturale.

Queste teorie, nate nel blackout mentale prodotto dalla fine della storia e favorite dall’arretramento delle teorie-pratiche dell’acrazia, riempiono le bocche dei suoi follower di paroloni come rivoluzione e anticapitalismo, sebbene rappresentino il fulgido esempio dell’impossibilità della prima, scaduta ormai nell’imperante riformismo socialdemocratico, e sanciscano l’ineluttabilità di un mondo dominato da finanza e tecnoscienze, vista la natura delle sue false opposizioni. Non soltanto queste figure, peraltro provenienti dal mondo accademico delle scienze sociali, sono strumentali alla perennizzazione dei rapporti iniqui che taluni chiamano Capitale, ma con le loro psico-narrazioni contribuiscono – chissà, forse positivamente – a sbugiardare come connivente col nemico e profondamente liberticida questo guazzabuglio postmarxista.

 

 

Sommario 5.25

  • Per non dimenticare: Mario Draghi e Roberto Speranza
  • Introduzione
  • Per non dimenticare: Sergio Mattarella
  • SULLA (NON) MANIFESTAZIONE CONTRO GLI OGM/TEA, con intemezzi di Francesco Lollobrigida (Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, dicembre 2023), Alessandro Beduschi (Assessore all’agricoltura regione Lombardia, 28 marzo 2024); Vittoria Brambilla (genetista responsabile epserimento riso TEA, 28 marzo 2024) – TESTO
  • La Nave Dei Folli presenta: FUTURO ONNIPRESENTE – Spunti di riflessione su limiti e possibilità della resistenza all’avvenire cibernetico nell’epoca del totalitarismo scientista  (dicembre 2023) – QUATTORDICESIMA PARTE Puntate complete

 

Riferimenti 5.25

  • Chac Mool, Mundo Feliz (Nadie En Especial, 1980)
  • Klaus Schulze, Neuronengesang (Cyborg, 1973)
  • Гимн партии большевиков (Inno del Partito Bolscevico, 1938)
  • Jon D, Soviet Techno Anthem Remix (2014)
  • Coro delle Mondine di Correggio, Son la mondina son la sfruttata (Mondariso, 1996)
  • James Holden, Idiot Clapsolo (The Idiots Are Winning, 2006)
  • Hellbound, The End Was Inevitable (Anti-System) (The New Warsystem Order, 2002)
  • Clock DVA, Connection Machine (Buried Dreams, CD bonus tracks, 1998)
  • Indian Calling, Indian War Dance (Native American Spirit, 2014)
  • Clock DVA , Final Program (Decoded 2) (Final Program, 1991)
  • Atrium Carceri, Sacrifice To The Machine (Codex, 2018)
  • Jocelyn Pook, Oppenheimer (Flood, 1999) – TESTO
  • Rak Shaza, La Guerra dei Vampiri (Black Shaza, 2013)

UN FUTURO SENZA AVVENIRE (Viterbo e Sabina, 17 maggio)

Venerdi 24 Maggio al Circolo ARCI Cosmonauta e Sabato 25 Maggio a La Pancho Villa, presentazione del libro UN FUTURO SENZA AVVENIRE (Nautilus, 2024)

Il programma cibernetico si sta realizzando: un pilota automatico governa umani, animali e cose, organizza e controlla società e cellule. Il futuro – onnipresente – trionfa a colpi di informatica e nanobiotecnologie, robotica e astronautica.

Eppure, mentre la nostra specie si avvia coercitivamente verso il trans/postumano, si insinua il dubbio – quasi una certezza – che non ci sia un avvenire.

Il sistema o il caos, queste le due vie che ci sono date dall’evoluzione attuale. A meno di imboccarne una terza; ma è un sentiero così umile da sfuggire alla vista, benché inizi ai nostri piedi. La via della libertà è da inventare, e la scopriremo solo facendo il primo passo. (Bernard Charbonneau)

Il 24 al Circolo ARCI Cosmonauta di Viterbo, in Via dei Giardini 11 a VITERBO, a partire dalle ore 17.
Il 25 a La Pancho Villa in Sabina, in Via Roma 162 a CASPERIA (RI), a partire dalle ore 17.

 

Episodio 5.24

Episodio 5.24

Questa volta niente introduzione cibernetica…

 

 

Sommario 5.24

  • HAI PAURA? Insalata mista di propaganda televisiva durante la campagna vaccinale Covid-19 del 2021 (Politici, medici e conduttori televisivi vari tra cui: Mario Draghi, Eugenio Giani, Matteo Salvini, Papa Francesco, Vincenzo De Luca, Emilio Fede che inquisisce Gigi Riva, Claudio Amendola, Lilli Gruber, Mara Vernier, Myrta Merlino, Giovanni Floris, Matteo Bassetti e altre Virostar. Video selezionati dal Canale Telegram Resistenza Attiva) + Collin Powell all’ONU mente di fronte al mondo sulle armi di distruzione di massa di Saddam per giustificare l’invasione dell’Iraq da parte degli Stati Uniti d’America (2003) + Alessandro Barbero: Guerra e informazione (4 mag 2024)
  • La Nave Dei Folli presenta: FUTURO ONNIPRESENTE – Spunti di riflessione su limiti e possibilità della resistenza all’avvenire cibernetico nell’epoca del totalitarismo scientista  (dicembre 2023) – TREDICESIMA PARTE Puntate complete
  • I TRANSUMANI DICHIARANO GUERRA AGLI SCIMPANZÉ DEL FUTURO – Estratti dall’ultimo libro di Laurent Alexandre, La guerra delle intelligenze. Intelligenza artificiale “contro” intelligenza umana (il titolo originale francese è La Guerre des intelligences à l’heure de ChatGPT) e spunti tratti dagli articoli del giornale La Décroissance (n° 205, dicembre 2023/febbraio 2024) – TESTO

 

Riferimenti 5.24

  • MGZ, Hai Paura? (bum bum version) (Cambio vita, 1995)
  • Pubblicità Progresso – A difesa dell’acqua (1977)
  • Pubblicità Progresso – AIDS Se lo conosci lo eviti (1991)
  • Ministero Italiano, Conte: “Non c’è più tempo, tutta l’Italia diventa zona protetta” (2020)
  • The Black Heart Procession, Drugs (Six, 2009)
  • The Residents, Fear For the Future (The Big Bubble, Part Four of the Mole Trilogy, 1985)
  • Cabaret Voltaire, Spread the Virus (Red Mecca, 1990)
  • Moment of Fear, Target for Killing (Covid session, 2020)
  • Henry Cow, Udine (Concerts, 1976)
  • Ya Ho Wha 13, Ho (Penetration: An Aquarian Symphony, 1974)
  • Henry Cow, Sweet Heart of Mine (Concerts, 1976)
  • Ya Ho Wha 13, Journey Thru An Elemental Kingdom (Penetration: An Aquarian Symphony, 1974)
  • Henry Cow, Cafe Royal + Off the Map (Concerts, 1976)
  • Ya Ho Wha 13, Yod He Vau He (Penetration: An Aquarian Symphony, 1974)
  • Henry Cow, Groningen (Concerts, 1976)
  • The Disposable Heroes of Hiphoprisy, Televison, the Drug of a Nation (Hypocrisy Is the Greatest Luxury, 1992) – TESTO

UN FUTURO SENZA AVVENIRE (Napoli, 17 maggio)

Venerdì 17 Maggio, a Napoli presso la Falegnameria Autonoma Libertaria, presentazione del libro UN FUTURO SENZA AVVENIRE (Nautilus, 2024)

Il programma cibernetico si sta realizzando: un pilota automatico governa umani, animali e cose, organizza e controlla società e cellule. Il futuro – onnipresente – trionfa a colpi di informatica e nanobiotecnologie, robotica e astronautica.

Eppure, mentre la nostra specie si avvia coercitivamente verso il trans/postumano, si insinua il dubbio – quasi una certezza – che non ci sia un avvenire.

Il sistema o il caos, queste le due vie che ci sono date dall’evoluzione attuale. A meno di imboccarne una terza; ma è un sentiero così umile da sfuggire alla vista, benché inizi ai nostri piedi. La via della libertà è da inventare, e la scopriremo solo facendo il primo passo. (Bernard Charbonneau)

Falegnameria Autonoma Libertaria, Via Tommaso Senise 10 (NAPOLI)

Venerdì 17 maggio dalle ore 19

Episodio 5.23

Episodio 5.23

L’artista, il militante e il postumano

“L’affare Sloterdijk” ha avuto il merito di ricordare che il legame tra l’idea del postumano e la filosofia postmoderna non si riduce a un prefisso e come abbiamo visto i tratti di questa figura filosofica sono stati tracciati dallo stesso Lyotard, per quanto la sua posizione sia sempre stata ambigua. (“Sulla possibilità di pensare senza corpo”, L’inumano. Divagazioni sul tempo) Ciò che dovrebbe sorprendere in questa filiazione è che un pensiero che si richiama al relativismo e al nomadismo identitario sia tutt’uno con il progetto di controllo e rimodellamento biotecnologico dell’essere umano. Nato sulla scia del paradigma cibernetico, il pensiero postmoderno non poteva invece che portare a «questa uscita di nascosto dalla specie umana». (Louise Vandelac, “Menace sur l’espèce humaine… ou démocratiser le génie génétique”, in Futuribles, 2001) Per quanto debole possa apparire, in effetti il soggetto postumano si presenta come il creatore di un’identità multipla modificabile all’infinito. Nella sua lotta contro l’unicità del corpo, l’ingegneria genetica prosegue in tal senso questa logica di creazione identitaria. Su questo punto è illuminante l’analisi di Jeremy Rifkin, che già alla fine degli anni Novanta notava in Il secolo biotech come le tecniche di ricombinazione del DNA fossero gli strumenti dell’“artista” postmoderno.

Lo dimostra nei fatti l’arte transgenica, ultimo avatar della scena artistica contemporanea. Indice di questa perfetta corrispondenza tra cultura postmoderna e logica tecnoscientifica è l’ormai celebre coniglio verde fosforescente dell’artista Eduardo Kac creato con l’aiuto di un’equipe dell’Istituto nazionale di ricerca agronomica (INRA) francese. GFP Bunny, conosciuto anche come Alba, è stato presentato ad Avignone nel 2000: se esposto ai raggi UV, irradia una peculiare fluorescenza verde dovuta a una proteina ricavata da una medusa, che è stata immessa nel DNA dell’embrione del mammifero. Anni dopo ha creato Edunia, inserendo il proprio DNA in una petunia, al fine di creare una pianta ibrida, metà fiore e metà uomo, e nel 2011 è stato celebrato con una mostra personale presso il PAV (Parco di Arte Vivente) di Torino. Kac, cosiddetto artista interdisciplinare interessato ai mezzi di comunicazione, ha lavorato anche con frattali, impianti RFID, realtà virtuale, robot, ologrammi, satelliti e astronauti, sintetizzando nella propria opera la fascinazione postumana per le tecnologie. Dalla merda d’artista all’artista di merda, si potrebbe dire, sebbene le feci animali contengano sostanze nutritive e fertilizzanti di cui sono privi i cadaveri viventi cibernetici.

Nell’era dell’abbattimento delle frontiere, l’artista e l’ingegnere si fondono per realizzare il grande progetto di rimodellamento del vivente. Mai ci si sarebbe potuti avvicinare di più all’ideale nietzschiano di fare della vita un’opera d’arte. A chi osa ancora criticare i vantaggi di un’operazione simile, soprattutto quando riguarda il corpo umano, i suoi ideatori s’affrettano a rispondere che il progresso è ineluttabile. Al ritmo con cui avanzano le cose, non sorprenderebbe vedere a breve gli ingegneri del vivente appellarsi alla libertà d’espressione per legittimare il loro agire. Potranno allora contare sull’appoggio dei militanti del cyborg e della moltitudine.

 

 

Sommario 5.23

 

Riferimenti 5.23

  • Tied & Tickled Trio, Radio Sun 1 + Observing Systems + Motorik (Observing Systems, 2003)
  • Steven Soderbergh, Contagion (2011)
  • MEM & J, Non C’è Coviddi (Remix) (2020)
  • Guy Lefranc, Knock ovvero il trionfo della medicina (1951)
  • Pippo Franco, Io sono fragile (Bededè!, 1975)
  • Machina Amniotica, East Jinx live! (28/10/2017 – Ex-Manifattura Tabacchi, Cagliari)
  • Pineal Gland Zirbeldruese, Intro (Ant-hology, 1998)
  • Moby, Sick in the System (Natural Blues, 2000)
  • Master Musicians of Bukkake, A Mist of Illnesses (Totem One, 2009)
  • Bauhaus, Exquisite Corpse (The Sky’s Gone Out, 1982)
  • The Calico Wall, I’m a Living Sickness (1967)
  • Cuby + Blizzards, Because of Illness (Because of Illness, 1969)
  • MGZ, Ho visto cose (Cambio vita, 1995)
  • Matteo Markus Bok, Non ci avrai (Covid 19) (2020)
  • Sophie Barthes, The Pod Generation (Figli dell’intelligenza artificiale) 2023
  • Bill Frisell, In Deep (Quartet, 1996)
  • Sophie Barthes, The Pod Generation (Figli dell’intelligenza artificiale) 2023
  • Jozef Van Wissem & Jim Jarmusch, Etimasia + Etimasia (Reprise) (The Mystery of Heaven, 2012)
  • Sophie Barthes, The Pod Generation (Figli dell’intelligenza artificiale) 2023

Episodio 5.22

Episodio 5.22

La cyberscienza alla prova del corpo

Entusiasta per le promesse del progetto “Genoma Umano”, il biologo molecolare e premio Nobel Walter Gilbert dichiarava, nel 1990, che presto sarà possibile registrare il contenuto di un essere umano su un CD e portarselo in giro in tasca. Come non scorgere in queste proposte l’eco di Wiener che, cinquant’anni prima, sosteneva che era teoricamente possibile la trasmissione telegrafica di un essere umano, anche se restava tecnicamente irrealizzabile? (Norbert Wiener aveva già espresso quest’idea in Cibernetica e società e l’ha ripresa in God & Golem Inc., pag. 41: «Questa è un’idea con la quale mi sono già divertito in precedenza: che è concettualmente possibile spedire un essere umano su una linea telegrafica.») La riduzione dell’umano a una serie di informazioni complesse, ecco la principale conseguenza dell’influenza del modello informatico sulle scienze della vita. Che dire allora del carattere altamente utopico di una simile idea difesa dal guru di una setta religiosa che sogna «di scaricare in un computer la personalità e la memoria di un essere umano.» (Raël, Sì alla clonazione umana. La vita eterna grazie alla scienza, Nova diffusion, p. 29) Se ci si fida dei progressi mirabolanti della bio-informatica e dell’ingegneria genetica, il minimo che si possa dire è che l’utopia procede a grandi passi.

Nata all’inizio degli anni Settanta, l’ingegneria genetica costituisce il versante operativo dei presupposti teorici della biologia molecolare. Si tratta di una serie di prodezze tecniche che permettono la manipolazione e la ricombinazione del DNA, e la maggior parte di queste tecniche sono state importate direttamente dalla fisica alla biologia. Come indica il suo nome, l’ingegneria genetica persegue obiettivi pragmatici di trasformazione, miglioramento e correzione del corredo genetico degli individui e delle specie. Ridotti a puri processi informatici, gli esseri come le cose devono perciò sottostare a una potenza combinatoria che tende ad abolire concretamente le barriere tra le specie. Gli OGM occupano un posto privilegiato in questa ingegneria del vivente in cui certi ricercatori già s’impegnano a produrre HGM, ovvero umani geneticamente modificati. Inutile elencare tutte le ricadute prevedibili di questa industrializzazione del vivente per vedere che siamo letteralmente di fronte alla incarnazione delle metafore cibernetiche. Per rendere conto della vastità del fenomeno, la storica Evelyn Fox Keller ha coniato l’espressione cyberscience che permette di cogliere il doppio movimento di annullamento delle frontiere tra vivente e macchina. In effetti, allorché la biologia molecolare si mette a studiare il vivente al di là di questioni legate all’organismo o alla corporeità, l’informatica, la robotica e le scienze cognitive tentano dal canto loro di riprodurre artificialmente degli organismi viventi. A tal proposito Jacques Testart constata, in Au bazar du vivant, che nei laboratori dell’ingegneria genetica oggi ci sono più computer che ricercatori. Detto altrimenti, la sorte del vivente è ormai in mano alle macchine. (Jacques Testart e Christian Godin, La vita in vendita. Biologia, medicina, bioetica e il potere del mercato [2001], 2004)

Con la sua volontà dichiarata di modificare, migliorare e allungare la vita, la cyberscienza è frutto di un vero e proprio imbroglio epistemologico e simbolico. In questa indifferenziazione tra gli esseri e le cose, ciò che si dimentica è il fondamento corporeo inalienabile di qualunque forma di vita terrestre. Il riduzionismo informatico equivale a negare che gli esseri viventi sono innanzitutto e soprattutto delle unità sintetiche, indivisibili e non scomponibili in segmenti codificati, e che è in quanto esseri sintetici che stanno al mondo e si integrano al loro ambiente. Dalla pianta più piccola all’essere umano, la modalità di esistenza delle specie viventi dipende totalmente dalla loro forma corporea, come dimostrato da biologi come Adolphe Portmann (La Forme animale, 1961). Peccato che questa visione sintetica non vada d’accordo con il riduzionismo della complessità.

La cyberscienza porta a non concepire più il corpo come supporto di ogni vita, di ogni individualità umana. In quest’ottica la logica combinatoria propria dell’ingegneria genetica appare com’è realmente, vale a dire l’unione tra un pensiero da ingegneri e una volontà di rimodellare il corpo umano e il vivente nel suo insieme. Che si tratti d’ingegneria genetica, controllo farmaceutico delle emozioni, chirurgia estetica, protetica oppure delle nuove tecnologie di riproduzione, la tendenza postmoderna è di comportarsi con il proprio corpo come un artista-ingegnere. (David Le Breton L’Adieu au corps, 1999) Tale accanimento nel controllo e nel miglioramento del corpo può essere considerato il segno della sua scomparsa in quanto supporto simbolico dell’individualità, cosa a cui i sostenitori del postumano sembrano adattarsi perfettamente.

 

 

Sommario 5.22

  • Introduzione
  • Carta Academica – IL PORTAFOGLIO DIGITALE (Mediapart, 16/12/2023) – TESTO
  • La Nave Dei Folli presenta: FUTURO ONNIPRESENTE – Spunti di riflessione su limiti e possibilità della resistenza all’avvenire cibernetico nell’epoca del totalitarismo scientista  (dicembre 2023) – UNDICESIMA PARTE Puntate complete

 

Riferimenti 5.22

  • Robot AgXeed B.V.
  • Libra, Transfert – Hypnos – Transfert II + Transfert III + Transfert IV – Tema di Marco II (Ripresa) (Shock, 1977)
  • Il Veneto Imbruttito & Radiosboro feat. Dellino Farmer, El trattorista (2018)
  • Ibliss, Drops + High Life (Supernova, 1972)
  • Public Image Ltd., Go Back (Flowers Of Romance, 1981)
  • The Lounge Lizards, Tarantella (Voice of Chunk, 1988)
  • Blaine L. Reininger & Mikel Rouse, The Eloquent Dissenter (Made to Measure 3 & 6 – Broken Consort – Colorado Suite & a Walk in the Woods, 1985)
  • The Residents, Possessions (Commercial Album, 1980)
  • Peter Principle, Pandemonium – Spring (Sedimental Journey, 1985)
  • Devo, Freedom of Choice (Music from Adventures of the Smart Patrol, 1996)
  • Toto Zingaro, Villaggio Globale (Il fazzoletto di Robert Johnson, 2010)
  • Massive Attack, Future Proof (100th Window, 2003)
  • King Crimson, Starless (Red, 1974)