Episodio 2.22

Episodio 2.22

Nel numero del 1966 della loro rivista (I.S. n° 10), i situazionisti tornano sulla critica del linguaggio e abbozzano un progetto – peraltro mai realizzato – di contro / dizionario nel tentativo di liberare le parole e il loro senso dalla prigionia patita nei regimi autoritari dell’epoca, capitalisti come socialisti. L’intervento, a firma di Mustapha Khayati, si intitola Le parole prigioniere e di seguito ne proponiamo ampi stralci.

«È impossibile sbarazzarsi di un mondo senza sbarazzarsi del lin­guaggio che lo nasconde e lo garantisce, senza mettere a nudo la sua verità. Come il potere è la menzogna permanente e la “verità sociale”, il linguaggio ne è la garanzia permanente, e il Dizionario il suo rife­rimento universale. (…) Il fatto è che il linguaggio è la dimora del potere, il rifugio della sua violenza poliziesca. Ogni dialogo con il potere è violenza, subita o provocata. Quando il potere risparmia l’u­so delle armi, è al linguaggio che affida la cura di conservare l’ordine oppressivo. (…) Passare dalle parole alle idee, non è che un passo; sempre su­perato dal potere e dai suoi pensatori. Tutte le teorie del linguaggio, dal misticismo demente dell’essere fino alla suprema razionalità (op­pressiva) della macchina cibernetica, appartengono ad un solo e me­desimo mondo, vale a dire il discorso del potere, considerato come il solo ambito di riferimento possibile, come la mediazione universale. (…) La critica del linguaggio dominante, il suo deturnamento, diventerà la pratica permanente della nuova teoria rivoluzionaria. Poiché ogni senso nuovo è chiamato controsenso dalle autorità, i situazionisti instaureranno la legittimità del controsenso, e denun­ceranno l’impostura del senso garantito e dato dal potere. Poiché il dizionario è il guardiano del senso esistente, noi ci proponiamo di distruggerlo sistematicamente. La sostituzione del dizionario, del padrone della parola (e del pensiero) di tutto il linguaggio ereditato ed addomesticato, troverà espressione adeguata nell’infiltrazione ri­voluzionaria del linguaggio, nel deturnamento.

Dal suo avvento, la borghesia trionfante ha sognato una lingua universale, che i cibernetici cercano oggi di realizzare elettronicamente. Cartesio sognava una lingua (antenata della neolingua) dove i pensieri si susseguissero come i numeri, con un rigore matematico: la “mathesis universalis” o l’eternità delle ca­tegorie borghesi. Gli Enciclopedisti che sognavano (sotto il potere feudale) “definizioni così rigorose che la tirannia non saprebbe ser­virsene”, preparavano l’eternità del potere futuro, come ultima ratio del mondo, della storia.

Là dove il potere separato prende il posto dell’azione autonoma delle masse, quindi là dove la burocrazia s’impadronisce della dire­zione di tutti gli aspetti della vita sociale, attacca il linguaggio e riduce la sua poesia alla volgare prosa della sua informazione. La burocra­zia si appropria del linguaggio, privatizzandolo come tutto il resto, e l’impone alle masse. Il linguaggio ha allora il compito di comunicare i suoi messaggi e contenere il suo pensiero: è il supporto materiale della sua ideologia. Che il linguaggio sia prima di tutto un mezzo di comunicazione tra gli uomini, la burocrazia lo ignora. Siccome ogni comunicazione passa attraverso di essa, gli uomini non hanno nem­meno più bisogno di parlarsi: devono prima di tutto assumere il loro ruolo di ricettori, nella rete di comunicazione informazionista alla quale è ridotta tutta la società, ricettori di ordini da eseguire.

Il declino del pensiero radicale accresce considerevolmente il potere delle parole, le parole del potere. (… ) Le parole forgiate dalla critica rivoluzionaria sono come le armi dei partigiani, abbandonate su un campo di bat­taglia: passano alla controrivoluzione; e come i prigionieri di guerra, sono sottoposte al regime di lavori forzati. I nostri nemici più imme­diati sono i sostenitori della falsa critica, i suoi funzionari autorizzati. La separazione tra la teoria e la pratica fornisce la base centrale del recupero, della pietrificazione della teoria rivoluzionaria in ideologia, che trasforma le esigenze pratiche reali (i cui indici di realizzazione esistono già nella società attuale) in sistemi d’idee, in esigenze della ragione.

Noi rifiutiamo ogni autorità, linguistica o di altro tipo: solo la vita reale permette un senso, e solo la prassi lo verifica. La polemica sulla realtà o la non-realtà del senso di una pa­rola, isolata dalla pratica, è una questione puramente scolastica. Noi collochiamo il nostro dizionario in questa regione libertaria che sfug­ge ancora al potere, ma che è la sua sola erede universale possibile.»

 

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Sommario Ep. 2.22

 

Riferimenti Ep 2.22

  • Throbbing Gristle, tracce 2 e 4 da Heathen Earth (live, 1980)
  • Terry Jones, Brian di Nazareth (1979)
  • Orkestra Obsolete, Blue Monday (BBC, 2016)
  • Redux, Roll On (Expressillon 606, 2011)
  • La Ligne Maginot, Cafe Kastanie (La Ligne Maginot, 2011)
  • La Caravane Passe, Romance de Fabian (Velkom Plechti!, 2007)
  • Les Troublamours, Le Crabe Tambourin (Ama L’Acqua, 2007)
  • MC Fioti, Vacina Butantan – Remix Bum Bum Tam Tam (KondZilla) 2021
Link alla puntata su Radio Blackout