Episodio 4.40

Episodio 4.40

A St. Imier, una piccola cittadina del Giura svizzero che centocinquant’anni fa ospitava l’Internazionale antiautoritaria, a luglio è andata in scena l’ultima mascherata dell’anarchia. Questa nobile idea, da ardente fiaccola che ha ispirato resistenze e insurrezioni pare essersi quasi definitivamente trasformata nel suo contrario, diventando una parola di plastica che come una saponetta sfugge di mano scivolando orwellianamente nel suo contrario. Agli “Incontri internazionali anti-autoritari”, in un’atmosfera più vicina al festival dell’Unità che all’adunata sediziosa, per di più colma di paranoia, sospetto e risentimento, l’ideale del non-governo si è dimostrato governato da terribili forme di regressione, sociale, politica e umana. Purtroppo, non è una novità.

In mezzo a copiose dosi di libertarianesimo con rivendicazioni di sovranità digitale a colpi di criptomonete e introspezioni new age per curare il karma di anime affrante da una schiacciante sensazione di oppressione o impotenza, al fianco dei soliti barbuti e degli inossidabili punk a chien (che l’italiano rende in tono dispregiativo con punkabbestia) spiccava come corrente maggioritaria l’ultima cucciolata dell’antagonismo mondializzato, quell’ideologia queer che da anormalità nemica di ogni coercizione si va trasformando in normalizzazione coatta.

Oltre a una lunga serie di piccole grandi miserie, come l’instaurazione di un servizio d’ordine con il compito di mantenere pace, armonia e good vibrations tra i pellegrini dell’anarchia (o forse dovremmo definirli clienti?) convenuti a St. Imier – riattualizzando così il solito vecchio sogno bolscevico di egemonia a colpi di manganello – o il consolidarsi della neolingua che trasforma desinenze, moltiplica pronomi e aggettivi e si fa gergo autoritario, e linguaggio dell’autorità, tra micro-narrazioni e brand che invece di spiegare e criticare i fatti si limitano a enumerarli, trasformandoli in informazioni nella migliore tradizione cibernetica, a essere presa di mira è stata per l’ennesima volta la cultura, o quel che ne resta.

Un banchetto di libri di una federazione anarchica francese è stato fatto oggetto di molteplici attacchi perché, pensate un po’, ha osato esporre dei libri che criticano l’islam! Immemore o, peggio, schifando l’intramontabile tradizione di ateismo che caratterizza l’anarchia e la sua lotta contro le religioni (perlomeno fino a che il mondo non è stato ribaltato assieme ai significati e al senso) sentendosi dogma e in quanto tale messo in discussione, la nuova corrente postumana, in questo caso post-anarchica, ha scatenato il putiferio, rubando e dando alle fiamme i volumi incriminati, vessando e molestando nel nome della lotta a tutte le oppressioni, che nel linguaggio cyborg si traduce intersezionalismo.

Chiunque osi mettere in dubbio i capisaldi del bispensiero sinistro, molto poco anarchico e che noi fatichiamo a non definire stalino-leninista, chiunque si schieri contro la riproduzione artificiale dell’umano o addirittura contro la peste islamica (che poi altro non è che una prosecuzione del pensiero giudaico-cristiano) si trova a fare i conti con questi armigeri dell’autonomia (ma ciberneticamente eteronormata) che agiscono indisturbati, non ci stancheremo mai di ripeterlo, grazie al silenzio complice e forse interessato di tutti gli altri, che o fanno i finti tonti o si girano dall’altra parte.

Non tutti, certo, ma sono sempre più le persone che – più per quieto vivere che per convinzione – deragliano verso un’ideologia che dietro la divisa da alternativi si rivela tutt’altro che libertaria, dedita alla sopraffazione e alla conquista dell’egemonia. Specchio di quella tecnologia fuori controllo di cui sogna di impadronirsi per poterla autogestire, controfigura di quel potere o dominio che pretenderebbe combattere e che invece non fa che replicare su piccola, microscopica scala, la tendenza queer dimostra di avere il duplice obiettivo di deviare la critica radicale e creare scompiglio all’interno del campo dei ribelli.

Eppure, dichiarando di agire in nome di quel che in alcuni contesti chiamano empowerment, ma che per noi è il solito, vecchio, odioso relitto del contropotere, svelano la loro profonda e reale natura di autoritari, sabotatori anti-anarchici che in questo modo fanno il gioco proprio di quel capitalismo contro cui si gargarizzano di combattere ma di cui hanno fatto il proprio feticcio, quasi un alter ego, trasformandolo nell’ennesima parola di plastica utile a vendersi sul mercato spettacolare dell’antagonismo mimato e mimetico.

Camaleontici come il capitale che li finanzia più o meno direttamente (come nel caso dei vari gruppi giustizialisti climatici), costoro andrebbero rispediti negli ambienti di loro pertinenza, partiti e associazioni di sinistra, centri sociali e collettivi studenteschi con la kappa, tra le fila dei nuovi disobbedienti che da quando hanno fagocitato alcune tendenze anarchiche – spesso con l’idiota complicità di queste ultime – sono diventate le odierne, tristi e sempre più compromesse tute grigie.

Come ripetiamo da molto, troppo tempo dalla stiva della Nave dei Folli, è fondamentale e urgente un incontro-confronto tra chi non accetta questo sfacelo. È una questione di sopravvivenza dell’area cosiddetta anarchica, presunta libertaria, che forse dovremmo iniziare a definire acrata per distinguerla da questa impostura: in ballo c’è la possibilità di poter ancora scalfire l’edificio della coercizione tecnologica e della prepotenza mercantile, e ne va della dignità e credibilità di un’idea certo difficile da mettere in pratica ma non per questo disprezzabile.

Dedicheremo la prossima puntata, questa volta definitivamente ultima, della Quarta Stagione a sviscerare quanto accaduto a St. Imier, e non solo, nella speranza di fomentare un dibattito non più rimandabile sulle condizioni e possibilità di contrasto alla deriva autoritaria degli ambienti radicali.

 

 

Sommario 4.40

 

Riferimenti 4.40

  • Hawkwind, The Dream Of Isis (Unreleased Mix) + City Of Lagoons + The Aubergine That Ate Rangoon (Astounding Sounds, Amazing Music, 1976)
  • Grateful Dead, Ship of Fools (From The Mars Hotel, 1974)
  • Magnetica Ars Lab, Ground Control (Ruggine, 2023)
  • Brian Eno, Baby’s on Fire (Here Come the Warm Jets, 1974)
  • Sinead O’Connor, Fire on Babylon (Universal Mother, 1994)
  • The Residents, Fire Fall (Wormwood, 1998)
  • Godspeed You Black Emperor, World Police and Friendly Fire (Lift Your Skinny Fists Like Antennas To Heaven, 2000)
  • Archie Shepp, My Angel (Blasé, 1969)
  • Einsturzende Neubauten, Open Fire + Three Thoughts (Devils Sect) (Strategies Against Architecture III, 2001)
  • The Residents, Burn Baby Burn + Relevation (Wormwood, 1998)

Episodio 4.39

Episodio 4.39

La Nave dei Folli si accinge lentamente a riguadagnare la costa, provata dalle fatiche della quarta stagione di navigazione, con il suo vessillo dell’ancóra umano fatto a brandelli dalla furia delle tempeste ma pur sempre issato al vento, e preparandosi a gettare l’ancora i mozzi avvertono una sensazione di accerchiamento: yatch e transatlantici cibernetici dominano i mari, mentre sommergibili nucleari vanno a caccia delle chiglie della pirateria libertaria.

Alla fine di questo ulteriore periplo, che ci ha spinti a inoltrarci dalle giungle del postmoderno fino ai deserti del postumano, torniamo a riva con ulteriori incertezze, carichi di scrigni di dubbi. Il mondo alla rovescia si ribalta sempre più, le parole perdono di senso e si trasformano nel loro contrario: dunque ci toccherà ancora una volta assumerci il compito di dare un nome a ciò che ci circonda, per smascherare la menzogna organizzata e ridisegnare la mappa in vista delle prossime esplorazioni. Per evitare il rischio di incagliarci sulle secche di cui è disseminata la rotta verso terre ancora abitabili, libere dallo sfruttamento sovra-umano e dall’asservimento meccanico.

Nel mondo capovolto dove oramai regna il post-pensiero, tutto va ridiscusso. È quello che ci sforziamo di suggerire, talvolta gridare, alle poche altre imbarcazioni che scorgiamo al nostro fianco, nella speranza che non siano per l’ennesima volta navi corsare al servizio di qualche potente armatore, che dopo manovre di voltagabbana sono leste a depredare, colpire e affondare i pirati che non si piegano alle nuove leggi del mare, alle nuove norme e mode. A decostruzioni e intersezioni.

Il nostro spirito di fratellanza è stato messo a dura prova dai troppi tradimenti, dalle moltitudini di finte ribellioni, da un discorso critico che diventa micro-lamentela, sceneggiata recitata a soggetto o peggio difesa della propria misera dose di narcisismo, del proprio cordone ombelicale con cui ci nutre la Megamacchina. E mentre un oceano di sfruttamento rigurgita ondate di ingiustizia, vorremmo non essere i soli a reggere dritta la barra del timone e non perderci dietro le sirene della neo-postmodernità, ammaliante e infingarda.

Che i non più umani si tengano la loro falsa parola, la menzogna fatta vangelo, i loro versetti da salmodiare in litanie identitarie, i loro porti sicuri. Da St. Tropez a St. Imier il passo è breve… ma di questo ne parleremo la prossima e ultima puntata.

 

 

Sommario 4.39

  • Introduzione
  • MANIFESTO DEL POSTUMANO. Capire come il mondo cambia è cambiare il mondo (Estratti) – di Robert Pepperell – TESTO
  • Endless, The Endless Transfiguration (Padiglione della Repubblica di San Marino, Biennale di Venezia, 2022)

 

Riferimenti 4.39

  • Dan Nicholls, Lou (The Posthuman Reverberates) (Mattering And Meaning, 2021)
  • Giorgio Gaber, Quando è moda è moda (Polli d’allevamento, 1978)
  • Brett Leonard, Il tagliaerbe (1992)
  • Void Chapter, Posthuman Society (The Sprawl, 2019)
  • Posthuman, A Better Me (2017)
  • AUA, Post Human Blossom (The Damaged Organ, 2022)
  • Marylin Manson, Posthuman (Mechanical Animals, 1998)
  • Posthuman, A Better You (2015)
  • Mayhem, Posthuman (Esoteric Warfare, 2014)
  • Veronicaä, Post-Umano ポストヒューマン (2020)
  • Bunnyhug, Posthuman Man (Like Kissing An Ashtray, 2003)
  • Salvia, Posthuman (001011, 2023)
  • May Abdalla, Messages to a Post Human Earth (Anagram, 2021)
  • Brett Leonard, Il tagliaerbe (1992)

Episodio 4.38

Episodio 4.38

L’affermarsi del postumano si basa, come dice André Gorz, su un “miraggio grammaticale” o, potremmo aggiungere, su una vera e propria menzogna. Spacciare le nuove tecnologie come l’ingegneria genetica, l’intelligenza artificiale o la realtà virtuale come potenziamenti che ci aiuteranno a trascendere, se non abolire, la condizione umana, permettendo una produzione del sé che Sloterdijk definisce autotecnica, oppure omoeotecnica, nascondono una realtà esattamente opposta: si tratta infatti, al contrario di quanto sostiene il filosofo tedesco, di eterotecniche, che non fanno che aumentare il grado di dipendenza e crollare a zero quello di autonomia.

Spacciando la realtà come un’armoniosa organizzazione basata sullo scambio di informazioni, che permetterebbe di superare una situazione oramai arcaica riassumibile nell’affermazione di Sartre «Io sono ciò che ho», ovvero che «La totalità dei miei possedimenti riflette la totalità del mio essere» (Jean-Paul Sartre, “Fare e avere” in L’essere e il nulla: saggio di ontologia fenomenologica, il Saggiatore, Milano 2002, pp. 633) ecco che Sloterdijk vi contrappone l’idea secondo cui «i titolari di identità vogliono affermare: io sono ciò che mi ha. La realtà del mio essere viene garantita dalla somma di ciò che mi possiede.» (Devi cambiare la tua vita. Sull’antropotecnica, Raffaello Cortina, Milano 2010, p. 231)

Questa mistificazione era stata già annunciata un decennio prima, quando sempre contrapponendosi al filosofo francese, in “Dal centrismo morbido al rischio di pensare”, Sloterdijk sentenziava: «Sartre ha espresso la condizione umana con una frase tanto profonda quanto paradossale: l’uomo è un essere condannato alla libertà. Questo in un’epoca in cui le parole chiave erano solitudine e impegno. Le parole d’ordine del nostro tempo, invece, sono cooperazione e comunicazione. Siamo quindi bloccati in un altro paradosso: quello di essere condannati alla fiducia. Il che non significa che stiamo correndo alla cieca verso un futuro mostruosamente tecnologico, ma che stiamo discutendo i rischi di sviluppi già iniziati, con una libertà di espressione illimitata e alla luce delle nostre conoscenze attuali.» (“Point de vue: du centrisme mou au risque de penser”, Le Monde, 8/10/1999)

La cosa più strana, per riprendere l’idea del filosofo Yves Michaud, è che discorsi come ad esempio quello di Sloterdijk possano essere fatti, soprattutto se pensiamo che sovente provengono dalla bocca di chi si considera e spaccia come democratico illuminato o perfino come antagonista anticapitalista. Questa possibilità infatti corrisponde, a livello sociologico, alla messa in pratica di un anti-umanesimo cibernetico grazie alle tecnoscienze del vivente. (Michaud, Humain, inhumain, trop humain, 2002, p. 77) Queste ultime, come vedremo nel proseguo della nostra esplorazione dell’Impero cibernetico, prendono corpo, si fa per dire, in un universo culturale in cui obiettività scientifica e cieca credenza nel progresso tendono sempre più a confondersi. Siamo all’alba di una vera e propria religione scientista.

 

 

Sommario 4.38

  • Introduzione
  • I MICROCHIP O LA VITA – Quarta parte – TESTO (Con intermezzi: Reportage su STMicroelectronics Grenoble / ST Catania / Matteo Lo Presti, ST Corporate vice president / premio “Alpes deciseur” / Etna Valley / ST nuovi investimenti a Catania, Orio Bellezia ad ST Italia / La clean room di Agrate300, Claudia Sterlini ST Agrate site manager)

 

Riferimenti 4.38

  • Jethro Tull, Flute Solo Improvisation (Live Bursting Out, 1978)
  • Oplewing/Sixsense, Microchip (2022)
  • Geinoh Yamashirogumi, Kaneda + Winds Over Neo-Tokyo + Tetsuo + Mutation + Illusion + Requiem (Akira Symphonic Suite, 1988)
  • Agents Of Time, My Heart Is A Microchip (2020)

Episodio 4.37

Episodio 4.37

Alla fine di questa lunga immersione nell’universo filosofico post-strutturalista e postmoderno, ci si ritrova faccia a faccia con il postumanesimo. Molti limiti sono stati infranti e quelli che fino a pochi anni prima erano scheletri nascosti nell’armadio, assieme alle altre nefandezze del Novecento, ora vengono rispolverati senza più alcun tabù, come dimostra questa entusiastica previsione di Sloterdijk: «Se poi lo sviluppo a lungo termine condurrà anche alla riforma genetica dei caratteri della specie, se una futura antropotecnologia giungerà fino a un’esplicita pianificazione delle caratteristiche umane, e se l’umanità, dal punto di vista della specie, potrà compiere il sovvertimento dal fatalismo della nascita in una nascita opzionale e in una selezione prenatale, tutte queste sono questioni nelle quali inizia ad albeggiare l’orizzonte dell’evoluzione, anche se in modo ancora confuso e inquietante.» (Peter Sloterdijk, “Regole per il parco umano”, in Non siamo ancora stati salvati. Saggi dopo Heidegger, 2004, p. 260)

Da creature a prodotti: questo il destino dell’uomo post, e forse non è un caso che la psico-pandemia ne sia stato un micidiale amplificatore di potenza. In accordo al delirio di fusione di ogni elemento spirituale e materiale, postulata la fine della distinzione tra natura e cultura, e come risposta al paradosso di una fragilità umana che in effetti striderebbe con il suo strapotere elettronico, ecco che gli umanoidi postumi hanno preso la palla virale al balzo per ribadire la fondatezza delle loro analisi oltre alla necessità di compiere il salto definitivo nell’avvenire virtuale e digitalizzato.

Già Haraway aveva teorizzato in tempi di AIDS di legami con virus e altre forme microscopiche di vita, e della necessità di una difesa immunitaria tecno-biologica per la protezione degli oncotopi che stiamo diventando. A sua volta Sloterdijk invoca un co-immunismo planetario (concetto dalla stana assonanza, stile “proletari di tutto il mondo, immunizzatevi”) che deriverebbe dalla fine dell’illusione di crederci, noi umani, al di sopra e al di fuori del regno globale della natura che abbiamo erroneamente creduto di padroneggiare. A differenza dello sfrenato ottimismo dei transumanisti, i postumani si radicano nelle debolezze e mostruosità, e il loro avvenire consisterà in una nuova Grande Opera dove anziché dominare il mondo bio-tecnologico ne verremo completamente assorbiti, giungendo a un incrocio tra tutti i piani della realtà vegetale, animale e minerale. Un cosmico tutto interconnesso è alle porte, e forse ad aprirle è stato proprio il tempestivo Covid-19.

«Ciò che sta dimostrando la nostra risposta al coronavirus è che la globalizzazione attraverso i media è un progetto quasi realizzato. (…) conferma la mia ipotesi che la razza umana abbia raggiunto una situazione di sincronicità sulla base di un flusso di informazioni. Siamo veramente connessi a livello globale e viviamo sempre più nella stessa dimensione temporale. C’è qualcosa come l’eterna presenza della globalizzazione, e questa è stata una caratteristica importante di questa crisi. Tutto accade più o meno allo stesso tempo. E le uniche differenze che vediamo sono i ritardi tra i diversi punti focali degli eventi. Ma, nel complesso, esiste una grande catena di eventi e connessione.» (“Planetary Co-Immunism Is On the Way”, uscpublicdiplomacy.org, 24/3/2020)

 

 

Sommario 4.37

  • Introduzione
  • Ba.2.86, Pirola: la nuova variante del Covid (IlSole24Ore, 25/8/2023)
  • OUTBREAK 2024 – Una simulazione di pandemia (TESTO)
  • Piemonte, corsa alle nuove miniere (La Stampa, 6/8/2023)
  • Videogioco Outbreak Epidemic
  • Ecotecnocrati NoTav… il Sindaco di Grenoble Eric Piolle al Festival Alta Felicità 2023 – VIDEO

 

Riferimenti 4.37

  • Captain Beefheart & His Magic Band, Hair Pie: Bake 1 + Hair Pie: Bake 2 (Trout Mask Replica, 1969)
  • Eduardo Antonello, The Black Plague Dance (2021)
  • The Heliocentrics, Feedback (Intro) + Wrecking Ball + Ethnicity + Mysterious Ways + Path Of The Black Sun + Vibrations Of The Fallen Angels Edit (Outro) (13 Degrees of Reality, 2013)
  • Glädja Quatuor, da album sconosciuto
  • Mike Inc, 5 Years On Acid (1993)
  • Captain Beefheart & His Magic Band, Mirror Man (Mirror Man, 1971)

Episodio 4.36

Episodio 4.36

Forse inconsapevolmente, Peter Sloterdijk si collega a una delle principali avanguardie del transumanesimo – quel Ray Kurzweil, futuro ingegnere capo di Google, che prima di teorizzare la Singolarità aveva scritto nel 1999 “L’età delle macchine spirituali” (The Age of Spiritual Machines: When Computers Exceed Human Intelligence, Viking, New York 1999) – quando approccia la contemporaneità tecnologica dal punto di vista dello spirito. Ispirandosi a Gotthard Günther, secondo cui si può riassumere la periodizzazione della storia dell’anima nelle tre epoche classiche con «un’antichità animista, un medioevo soggettivista o personalista e una modernità asoggettiva o cibernetica», adopera questa matrice per vedervi «la storia della progressiva desostanzializzazione o, se si vuole, della funzionalizzazione dello spirituale», interpretandola come una storia delle ferite narcisistiche dell’umanità. A suo avviso in ogni individuo sarebbe presente la successione delle epoche precedenti: «un animista offeso, che proviene dall’epoca antica dell’anima e che all’inizio dell’era delle culture evolute viene ricacciato indietro da una riformulazione dello spirituale di tipo soggettivo e personalistico; e un personalista offeso, che con l’inizio dell’epoca della tecnica deve riconoscere di essere stato superato da concetti asoggettivi e cibernetico macchinici dello spirituale.»

Quello che è stato il compromesso storico dei monoteismi personalistici con i politeismi animisti che li hanno preceduti, e che furono non tanto eliminati quanto assorbiti e rielaborati dalle nuove credenze, si ripresenta oggi su due livelli: «da una parte, come compensazione tra cibernetica e personalismo e, dall’altra, come compromesso tra la cultura delle macchine e l’animismo.» Secondo Sloterdijk viviamo nella fase critica della transizione tra il medioevo personalista e la civilizzazione tecnica moderna: il «personalismo ebraico, il platonismo cristiano e l’umanismo stoico sono stati ricacciati in posizioni reazionarie dall’emergere della cultura intellettuale cibernetica e sistemica», laddove la reazione è il fenomeno che si limita alle proteste e non si propone avanzamenti. «I risentimenti contro la tecnica non portano ad altro che alla formazione di sottoculture popolate dai “superati”, con le loro tipiche mistificazioni. Essi infatti elaborano una doppia morale, refrattaria a ogni terapia, che pensa in modo pretecnico e vive in modo tecnico.»

Il luddismo antitecnologico impedirebbe perciò questa mediazione, o recupero, dei caratteri antichi dell’anima che viene esercitata dalla modernità macchinica, che «può rivelarsi come la più grande forza umana.» Siamo al trionfo del paradosso, che d’altronde abbiamo sempre più sotto gli occhi, allorché gli ingegneri dell’intelligenza artificiale oggi vorrebbero salvarci dai prodotti della loro scellerata fuga in avanti, o nel momento in cui il discorso ambientalista è portato avanti dalle lobby della Green Economy a colpi elettrificazione e microchip. «Bisogna diventare dei cibernetici per poter restare degli umanisti. Da una cultura tecno-umanista che vuol essere qualcosa di più di una barbarie di successo, bisogna pretendere innanzitutto due cose: una formazione psicologica e la capacità di traduzione culturale. I matematici devono diventare poeti, i cibernetici devono diventare filosofi della religione, i medici compositori, gli informatici sciamani.»

Nonostante i punti in comune, Sloterjik elabora però una prospettiva molto lontana dai sogni di perfezione e potenza tipici delle correnti anglosassoni dell’uomo aumentato: la postumanità ha un’anima angosciata che sperimenta la propria vulnerabilità anche nel bel mezzo di tutta questa architettura di sicurezza rappresentata dalla tecnoscienza, e «anche se i robot nell’epoca della tecnica avranno convinto l’anima che essa non può essere ciò che un tempo voleva essere, all’anima desostanzializzata rimane tuttavia l’orgoglio di soffrire in modo discreto di questa ferita. Il suo cruccio è la prova del suo essere. (…) Il vantaggio di essere un tecnologo non è mai stato così grande come oggi. Il compromesso umano avrà luogo nella medicina tecnica più evoluta fino a quando ci saranno medici che condividono con i loro pazienti, in condizioni serene, lo svantaggio di essere uomini.» (Peter Sloterdijk, “L’offesa delle macchine”, in Non siamo ancora stati salvati. Saggi dopo Heidegger, 2004, p. 288-294)

 

 

Sommario 4.36

  • Introduzione
  • IO, ROBOT
  • VaSSaSSini – Perché l’eccesso di mortalità non è dovuto né al Covid né alle mancate cure, di Alessandor Bagnato, gennaio 2023 (TESTOLink)
  • VaSSaSSini – Intervista a un’infermiera del Giovanni Bosco di Torino (giugno 2023)
  • Angelo Bonelli (Alleanza Verdi e Sinistra) vuole il reato di negazionismo climatico
  • EcoAnsia (Giorgia Vasaperna e il ministro Gilberto Pichetto Fratin)
  • EcoAnsia 2 (Francesca Michielin, Festival Green&Blue, 2022)
  • IO, ROBOT (Pagare con un microchip sottocutaneo: l’esperienza di Mattia)

 

Riferimenti 4.36

  • Einstürzende Neubauten, Abstieg & Zerfall + U-Haft Muzak (Kollaps, 1981)
  • David Zed, Balla robot (1980) – TESTO
  • Alex Proyas, Io, robot (2004)
  • Killing Joke, New Cold War (Pylon 2015)
  • Crisis, Holocaust (No Town Hall, 1978) – TESTO
  • David Lowery, Deep Oblivion / The Palace Guards (The Palace Guards 2011)
  • Rage Against the Machine, Snakecharmer (Evil Empire 1996)
  • Ivan Cattaneo, Clinica Paradiso (Urlo, 1980) – TESTO
  • Alberto Sordi, Te c’hanno mai mannato (1981)
  • Giorgio Gaber, Pressione bassa (Pressione bassa, 1980)
  • La Kinky Beat, Vaffanculo (One More Time, 2006)
  • Pupa Jim, I Am A Robot (2009)
  • Kymberly Stewart, I Am A Robot (2014)

Episodio 4.35

Episodio 4.35

L’origine dell’ultima umiliazione patita dall’essere umano, quella macchinica, deriva dal vecchio adagio di Bacone per cui “il sapere è potere”, cioè «il sapere delle macchine dà potere, il sapere operazionale produce sovranità.» Per Sloterdijk con l’illuminismo nasceva il potere tecnico basato sulla costruzione di macchine, in ogni ambito: «Il sapere umano è potere, il potere è la capacità di realizzare ciò che non sorge nella vecchia natura, e che non è stato neppure dispensato dalla grazia. Si tratta invece di qualcosa che bisogna senza dubbio mettere in conto all’uomo come l’arte, la tecnica, la strategia e la macchina.» Ma questo potere non era per tutti, «poiché la soddisfazione che deriva dalla competenza a costruire le macchine segue nelle popolazioni moderne distribuzioni fortemente diseguali. Per uno che può, giungono subito e di continuo mille, diecimila, più tardi milioni, che non possono. Inevitabilmente la storia dello spirito della modernità si sviluppa in un dramma sadomasochista che si svolge tra i gruppi di costruttori di macchine e i gruppi di non costruttori, tra i pochi che per primi si sono messi nelle condizioni di potere e i molti che devono accettare, volenti o nolenti, il potere di coloro che possono.»

Con l’avvento delle biotecnologie, che rappresentano la prosecuzione della costruzione moderna dei corpi tramite le macchine, diventa più evidente la sensazione di spaesamento vissuta da chi, ad esempio in campo medico, subisce il potere delle macchine che è insito negli apparecchi tecnici. Dato che «le macchine sono per essenza delle protesi», con la protetica, che include le applicazioni dell’ingegneria genetica, della robotica e dell’intelligenza artificiale, la tecnoscienza prosegue il rimodellamento dell’umano avviato dalla medicina moderna nel Settecento. «La protetica inizia con l’introduzione o l’aggiunta di corpi estranei nei corpi propri, ma si realizza solo quando crea dei corpi protetici che non solo riparano i vecchi corpi, bensì li accrescono e li trasfigurano. Da questo punto di vista gli invalidi sono i precorritori dell’uomo di domani.»

La realtà clinica è per Sloterdijk il luogo dove si vedono emergere tutte le categorie dell’estraneità: «corpi estranei come protesi parziali degli arti, meccaniche o elettroniche, organi estranei come macchine naturali trapiantate o come plastiche totalmente sintetiche; movimenti estranei come locomozione elettrica o robotica, ritmica estranea come sostituto della frequenza vitale nelle protesi interne attive, come il pace maker, sonno estraneo con l’aiuto di anestetici, voci estranee attraverso droghe psicotrope, cognizioni estranee attraverso il neurodesign e la manipolazione neurale linguistica, occhi estranei come apparecchi ottici invasivi e non invasivi nelle parti un tempo oscure del corpo, gravidanze estranee attraverso protesi placentari e uteri artificiali.»

Comparse queste forme di vita estranee e tecnogene, diventa necessario «chiarire lo statuto di realtà di tutti questi fratellastri e sorellastre ontologici dell’uomo. L’attuale assalto alla virtualità contiene in modo incontrovertibile la richiesta di un’ontologia dell’essere e dell’apparire tecnici. Il privilegio ontologico del nostro primo corpo individuale viene percepito ovunque come vitale: ma solo fino a che il primo corpo resta insostituibile. Tuttavia questo è superato dagli eventi, così come dalla loro tendenza generale. Di fatto siamo ormai in grado di trasformare in corpi estensivi e tecnici parti sempre più grandi dei corpi naturali. I corpi ampliati ci sostengono ora nell’evidenza del fatto che è proprio in quanto macchine che siamo in vantaggio.» (Peter Sloterdijk, “L’offesa delle macchine”, Non siamo an cora stati salvati. Saggi dopo Heidegger, 2004, pp. 283-289)

 

 

Sommario 4.35

 

Riferimenti 4.35

  • Cluster, Plas + Fur Die Katz’ (Cluster II, 1972)
  • Circus Contraption, Shneykoyl (The Half-Wit’s Descent, 2010)
  • Robert Hood, Omega-End Times (Omega, 2010)
  • Beak>, Ham Green (Recordings 05/01/09 > 17/01/09, 2009)
  • Lucien Fuego, Mondo virtuale (2022)
  • Human Flesh, Maybe Your Skin…(Love At First Sigh) + Beatitude (Ma Vie À L’Envers) + Alone (Third Part) (Tecnologie del Movimento II, 1992)
  • DsorDNE, Aria + Aria sensoemozionale (Tecnologie del Movimento II, 1992)
  • Renforshort, Virtual Reality (2021)

Episodio 4.34

Episodio 4.34

Per Sloterdjik le offese che l’essere umano subisce nel corso della storia, sia come singolo sia come specie, sono necessarie per far maturare la sua coscienza, perciò tutte queste umiliazioni «sono solo delle vaccinazioni di verità, che ci mettono a disposizione, dopo le prime reazioni di crisi, forze immunitarie rigenerate e sentimenti più elevati e maturi.» L’umanità si potrebbe in questo senso rappresentare come una piramide composta da «vaccinati, vaccinati a metà e da non vaccinati», al vertice della quale ci sarebbero «quelli in cui si è compiuta la conversione completa da un narcisismo primario, infantile e religioso, a un narcisismo possibilizzante, adulto e tecnologico.» Si tratta di una vaccinazione ancora metaforica, certo, ma poco dopo Sloterdjik fa notare come nessuno abbia inserito nel processo di umiliazione scientifica il contributo specifico della medicina: «in che modo il disagio attuale prodotto dalla medicina robotica riflette il tipico dislivello tra produttori e consumatori delle umiliazioni tecnologiche? E infine: come si può trasformare lo svantaggio di venire surclassati dai robot nel vantaggio di una coesistenza con macchine intelligenti?»

Freud aveva parlato delle umiliazioni subite solamente come ferite psicologiche, senza riconoscere alla medicina alcun contributo nella distruzione di quelle che definisce «fantasie antropologiche della sovranità e della centralità.» Ma ciò si rivela poco convincente se non storicamente falso, poiché non si riconosce che contemporaneamente alla ferita cosmologica copernicana avviene una umiliazione anatomica, che Sloterdjik chiama anche vesaliana, dal nome del medico fiammingo che nel Cinquecento aveva rivoluzionato l’anatomia con l’introduzione della dissezione del cadavere, che divenne «un vero e proprio docente di antropologia», mentre il corpo umano «raggiunse per la prima volta lo status di un “corpo” nel senso della fisica moderna, sottoposto alla legge della caduta, al bisturi e alla rappresentazione prospettica».

Con l’umiliazione anatomica del XVI secolo l’immagine del corpo umano viene rimodellata sulla base del cadavere e l’immagine del cadavere su quella della macchina. Per Sloterdjik al fondo di ogni ferita del narcisismo umano non troviamo altro che l’equivalenza tra uomo e macchina, ma l’identificazione dell’uomo con delle semplici macchine colpisce contemporaneamente tre punti sensibili dell’orgoglio antropologico: la consapevolezza della complessità, la consapevolezza dello scopo e la consapevolezza di essere una parte sostituibile. «Anche l’uomo più ingenuo sa, o intuisce da sé, di essere costruito in modo infinitamente più complesso di ogni strumento e di ogni macchina che utilizza. Tutte le macchine conosciute, almeno fino a pochi anni fa, si basano su delle geometrie ipersemplici e innaturali, e su delle riduzioni estreme.»

Ma per il filosofo tedesco, la reazione a quest’ultima umiliazione macchinica avviene proprio inserendo nell’organismo parti meccaniche che, parallelamente, si sono talmente evolute da obbligare gli umani a «considerare qualsivoglia parte del loro corpo come potenzialmente sostituibile grazie ai mezzi offerti dal progresso dell’arte ingegneristica protetica.» Il postumano nasce allora da questa ibridazione che, lungi dall’essere considerata una pericolosa perdita di autonomia, è al contrario considerata uno sviluppo “naturale” e una benefica fonte di guarigione. «Per gli uomini contemporanei le possibilità di sentirsi umiliati dal confronto con le macchine si riducono sempre più di fronte alle più recenti tecnologie. Le macchine cibernetiche avanzate non sono più così distanti dalla complessità degli organismi come i meccanismi degli orologi del XVII secolo. I computer smart possono simulare i segni della spontaneità, dell’originalità, persino della giocosità estetica. La protetica ha raggiunto un livello tecnico tale da cancellare gran parte dell’orrore di un tempo, quando bisognava abituarsi all’idea di avere dei pezzi di ricambio come organi. Il tempo delle gambe di legno e degli uncini di ferro è ormai un passato lontano. Da questo punto di vista si potrebbe addirittura parlare di una convergenza tra l’umano e il macchinico.» (Peter Sloterdijk, “L’offesa delle macchine”, Non siamo ancora stati salvati. Saggi dopo Heidegger, 2004, pp. 274-280)

 

 

Sommario 4.34

  • Introduzione
  • BIOTEX COM: Maternità surrogata: utero in affitto con la garanzia – VIDEO
  • Ipermoralismo, di Alexander Grau (Link)
  • BIOTEX COM: Riparo per i neonati (febbraio 2022) – VIDEO

 

Riferimenti 4.34

  • Ash Ra Tempel, Traummaschine (Ash Ra Tempel, 1971)
  • Chronic Sick, Public Suicide (Cutest Band In Hardcore, 1982)
  • Johann Sebastian Bach
  • Chronic Sick, Pain for Profit + There Goes the Neighborhood (Cutest Band In Hardcore, 1982)

Episodio 4.33

Episodio 4.33

In un saggio intitolato “L’offesa delle macchine”, Sloterdijk presenta l’umanesimo come una forma di narcisismo. Basandosi su un’ipotesi che definisce psico-storica, secondo cui la storia sarebbe una serie di andirivieni tra periodi di offesa (krankung, altrove tradotto come vessazione) e di narcisismo, o detto in altri termini, «la storia dei ferimenti e della rigenerazione dei sistemi immunitari mentali», si lancia in una lunga dimostrazione filosofica sulla costruzione dell’umano da parte della tecnoscienza. Per Sloterdijk il narcisismo corrisponde alle illusioni che l’essere umano ha nei riguardi di se stesso a seconda delle epoche: «Se osservati con uno sguardo di tipo sistemico, i potenti narcisismi appaiono come i segni di una riuscita integrazione affettiva e cognitiva dell’uomo con se stesso, con il suo collettivo morale e con la sua cultura.» (“L’offesa delle macchine”, p. 267) Rimettendo continuamente in causa la visione che ha di sé, la scienza moderna infligge una serie di offese all’umano che vede così la sua «omeostasi narcisista» momentaneamente disequilibrata.

Se Galieleo, Darwin e Freud, secondo una formula di quest’ultimo, hanno preso parte in successione al decentramento delle prospettive narcisistiche dell’umano (egli non è più il centro dell’universo, discende dalla scimmia e possiede un lato nascosto irrazionale), è soltanto con la rivoluzione biocibernetica che queste vengono definitivamente alterate. Se quelle erano unicamente di tipo retorico, dopo la terza umiliazione si entra nella «fase hardcore della storia della disillusione» (p. 271)

Riprendendo il biologo cognitivo Gerhard Vollmer, nella seconda metà del Novecento si è assistito alla quarta umiliazione, «da mettere in conto all’etologia umana, a quella scienza, insomma, che cerca di inscrivere non solo la physis, ma anche il comportamento culturale umano in una discendenza storica che si pone in continuità con gli sviluppi evolutivi del regno animale», mentre «una quinta umiliazione è provocata, secondo lui, dalla teoria evolutiva della conoscenza». A queste fanno seguito una sesta ondata ad opera della sociobiologia, legata alla scoperta dell’egoismo dei geni, che nell’opinione del suo fondatore «distrugge l’autoillusione adulatoria dell’uomo che crede di poter fondare il suo comportamento su motivi olistici, altruisti, idealisti e disinteressati. (…) Al centro del teatro del mondo non ci sarebbero né specie, né singoli individui, entrambi sarebbero invece solo maschere e mezzi di una forza centrale preumana, la volontà di potenza del gene.» Al settimo posto, nello scenario di Vollmer, troviamo l’umiliazione inferta dal computer, che ha essenzialmente due volti: «uno antropologico, che guarda all’uomo come al suo doppio macchinico e lo umilia scimmiottandolo, e un altro di carattere storico-mediale, che declama l’uomo odierno, nella misura in cui si presenta come un animale culturale, capace di osservazione, parlante e capace di scrittura, e lo obbliga a prendere coscienza di quanto egli sia, a questo riguardo, antiquato e inadeguato per il futuro.»

Eppure secondo Sloterdijk siamo solo agli inizi e la serie di umiliazioni sarà ancora lunga: «già si annunciano due ospiti ancora più spaesanti, che promettono di gettare fuori definitivamente l’uomo dalla sua casa: da un lato, la ferita ecologica dimostra che gli uomini delle culture calde da lungo tempo misconoscono e distruggono i sistemi-ambiente complessi, che non sono capaci né di comprendere né tanto meno di preservare. Infine, va considerata una ferita neurobiologica, che proviene dall’alleanza tra genetica, bionica e robotica, che fa sì che le manifestazioni più intime dell’esistenza umana, come la creatività, l’amore e la libertà di scegliere, sprofondino in una palude satura di fuochi fatui, fatta cioè di tecnologie riflessive, terapie e giochi di potere.» (pp. 272-274)

 

 

Sommario 4.33

  • Introduzione
  • Sarebbe meglio rovesciare l’intero, disgustoso sistema e accettarne le conseguenzeControstoria di Ted Kaczynski (Quarta e ultima parte)
  • Di una società patologica e di metodi di risoluzione indotti dal sistema per controllarla TESTO

 

Riferimenti 4.33

  • Da Capo Zirkus, Zirk’us (Entre, 2002)
  • Frank Zappa & Ensemble Modern under Peter Rundel, None Of The Above + Ruth Is Sleeping + Pound For A Brown + Questi Cazzi Di Piccione + Exercise #4 + Get Whitey + Welcome To The United States + G-Spot Tornado + Be-Bop Tango (The Yellow Shark, 1993)
  • Bobby Beausoleil, Lucifer Rising Part VI (Lucifer Rising, 1980)

Episodio 4.32

Episodio 4.32

«Se c’è l’uomo è solo perché una tecnica l’ha prodotto a partire dalla preumanità. È propriamente essa che crea l’uomo (…) perciò agli uomini non accade nulla che sia loro estraneo se si espongono a una produzione e a una manipolazione più ampie, non fanno nulla di perverso e contrario alla loro “natura” cioè, quando si mutano in modo autotecnico.» (Peter Sloterdijk, “La domesticazione dell’essere”, in Non siamo ancora stati salvati. Saggi dopo Heidegger, 2004, p. 177)

Peter Sloterdijk concepisce due fasi distinte del rapporto dell’umano con la tecnica. Quello antico, definito allotecnico, in cui gli strumenti operavano tagli netti e violenti contro la natura, per dominarla da una posizione di signoria, è stato sostituito quando ci si è resi conto che “c’è informazione”, facendo perdere plausibilità a un’immagine della tecnica come eteronomia e schiavizzazione di materie e persone. «Stiamo diventando testimoni di una forma di operatività non padronale che sta nascendo grazie alle tecnologie intelligenti e per la quale proponiamo il nome di omeotecnica. (…) I “materiali” nel pensare complesso vengono concepiti a partire dal loro senso proprio, e (…) smettono di essere quello che tradizionalmente eravamo abituati a chiamare “materia grezza”.»

Nella visione cibernetica di Sloterdijk l’omeotecnica, che si potrebbe definire anche ecologia o scienza della complessità, collegandosi a un’informazione realmente esistente, non farebbe violenza su ciò che ha davanti. «Essa apprende intelligentemente l’intelligenza e produce nuove occasioni di intelligenza: difatti è solo come non-ignoranza che essa può avere successo di fronte all’informazione incarnata. L’omeotecnica deve rifarsi a delle strategie co-intelligenti e co-informative anche là dove viene applicata in modo così egoistico e regionale come in ogni tecnica convenzionale; dunque ha più il carattere di una cooperazione che della signoria, anche nei rapporti asimmetrici.» (p. 179)

Dunque nella ricostruzione della storia del rapporto dell’uomo con la tecnica, da quando si è scoperta l’esistenza dell’informazione e dei sistemi diventa altrettanto obsoleta ed erronea l’abituale critica al potere, la distinzione signore-servo, che secondo Sloterdijk verrebbe creata da un’isteria antitecnologica per poter poi insorgere contro di essa. L’antitecnologia sarebbe ancora ferma a una falsa partizione dell’ente «per ribellarsi contro processi in cui il superamento di queste partizioni è già avvenuto. Essa è reattiva e reazionaria nel senso autentico della parola, poiché esprime il risentimento della bivalenza superata contro la polivalenza ancora incompresa.» (p. 176)

 

 

Sommario 4.32

  • Introduzione
  • Sarebbe meglio rovesciare l’intero, disgustoso sistema e accettarne le conseguenzeControstoria di Ted Kaczynski (Terza parte)
  • Bill Gates, intervista alla TV australiana ABC (30/1/2023) TESTO
  • Il polpo che esplode TESTO
     

Riferimenti 4.32

  • Can, Come sta, la Luna (Soon Over Babaluma, 1974)
  • Peter Watkins, Punishment Park (1971)
  • Frank Zappa & Ensemble Modern under Peter Rundel, Dog Breath Variations + 3 Revised + Uncle Meat + Times Beach 2 + Outrage At Valdez + The Girl In The Magnesium Dress + None Of The Above + Ruth Is Sleeping + Pentagon Afternoon (The Yellow Shark, 1993)
  • Rupert Sanders, Ghost in the Shell (2017)
  • Headcleaners, With Medication (The Infection Grows, 1983)
  • Mercan Dede, Semaname (Seyahatname, 2001)
  • Headcleaners, Epidemic Infection (The Infection Grows, 1983)
  • Mercan Dede, Hayalname (Seyahatname, 2001)
  • Ill Bill, Exploding Octopus (The Grimy Awards, 2013)

Episodio 4.31

Episodio 4.31

Un’altra puntata interamente dedicata a Theodore Kaczynski.

22 maggio 1942  /  10 giugno 2023

 

 

Sommario 4.31

  • Sarebbe meglio rovesciare l’intero, disgustoso sistema e accettarne le conseguenzeControstoria di Ted Kaczynski (Seconda parte)
  • Ted Kaczynski, Un saggio del 1971 (tratto da Ted Kaczynski, Contro la civiltà tecnologica, Nautilus, 2006) – TERZA PARTE

 

Riferimenti 4.31

  • Frank Zappa, I Was In A Drum + Secular Humanism + Dio Fa + Beat The Reaper + Why Not? (Civilization Phaze III, Act One, 1994)
  • S.A.R.S., Unabomber Radial (Lowlands Industrialism, 2005)
  • Pink Floyd, Set the Controls for the Heart of the Sun + Several Species of Small Furry Animals Gathered Together in a Cave and Grooving With a Pict (Ummagumma, 1969)
  • Pink Floyd, If (Atom Heart Mother, 1970)
  • Pink Floyd, Grantchester Meadows (Ummagumma, 1969)