Episodio 2.36

Episodio 2.36

Situazione davvero difficile, oggi più che mai. Per la seconda volta (repetita iuvat, si diceva?)– le greggi civilizzate preferiscono seguire le note del pifferaio magico che ascoltare la voce delle proprie coscienze, tormentate quantomeno dal dubbio, troppo in fretta soffocato dalla dose anestetica vaccinale e dal frastuono delle voci festanti dei vivi morenti tornati alla normalità, alla norma.

Come li coglierà la terza, la quarta ondata? Come sarà possibile dar loro anche solo un briciolo di solidarietà? Che faccia faranno quando scopriranno, dopo aver lodato ammirati l’Inghilterra omni-vaccinata (peraltro, nei primi mesi del Covid, bistrattata in quanto “negazionista”), di essere infetti dell’ennesima variante, Delta Epsilon Omega…, che si sarà fatta un baffo, uno spike, di tutte le – a questo punto tocca dirlo – inutili vaccinazioni?

E se qui da noi le cose vanno male, ancor peggio va negli Stati Uniti dove scopriamo, con stupore e raccapriccio, che molti compagni anarco-primitivisti che pensavamo dalla nostra parte, non solo appoggiano il programma di vaccinazione di massa; peggio, lanciano strali su noi poveri mozzi accusati, ebbene sì, accusati anche da costoro, di fare il gioco del nemico, essere ignoranti, cospirazionisti, trumpiani razzisti e chissà cos’altro.

Non è la prima volta, ma lo ripetiamo: siamo davvero a questo punto? Si è spinta tanto lontana l’umanità, anche quella in teoria ribelle, da dimenticare i propri stessi principi? Qual è, dunque la posta in gioco?

 

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Sommario Ep. 2.36

Riferimenti Ep. 2.36

  • Leitmotiv, L’Embarcadere (2001)
  • Hedningarna, Fulinghalling  + Lacknafta (Hedningarna, 1989) + Joupolle Joutunut + Pål Karl + Omas Ludvig (Kaksi!, 1992)
  • Werner Herzog, Lo and Behold – Internet: il futuro è oggi (2016)
  • Animal Collective, dall’album Here Comes The Indians (2003)
  • Demetrio Stratos, Le Sirene (Cantare la voce, 1978)
  • Wolfgang Petersen, La storia infinita (1984)
  • La Chorale des Pétroleuses, La Semaine sanglante + La Danse des bombes (2021)
Link alla puntata su Radio Blackout

Episodio 2.35

Episodio 2.35

Siamo salpati con l’intento di cogliere le radici profonde dei grandi mutamenti in corso, adoperando la cibernetica come specchio, modello celato ma onnipervasivo per comprendere il funzionamento del macchinario sociale, nel tentativo forse vano di incepparlo. Salpati per vedere fino a che punto la tecnologia penetri nel corpo del corpo dell’individuo e in ogni anfratto della vita, della natura, nel tentativo forse vano di denunciare e bloccare questa transizione verso il postumano. Salpati, dopo aver levato l’ancora da acque stagnanti, per gettare un amo, aprire un sentiero, nel tentativo certo mai vano di scoprire affinità e complicità, qualche coscienza desta, lucida, cospiratrice.

Invece ci ritroviamo nella desolazione abissale. Non una riflessione, non una critica puntuale, nemmeno nei nostri riguardi. Assordante silenzio. Complicità, questa sì, ma con il Grande Fratello. Un vociare unanime, quando davvero conta, dove tutto si mescola e scompare e si spengono anche le voci chi è, o piuttosto si crede di essere, fuori dal coro.

Nonostante il mondo della virtualità, tanto reale quanto virtuale, brilli di sciami di soggettività in lotta, quando si spengono i riflettori e scendono dalla ribalta, ritrovandosi in mano un pungo di mosche e dovendo tornare a fare i conti con la banale vita quotidiana, queste belle anime antagoniste dovranno guardare in faccia la realtà: e per quanto faranno di tutto pur di non ammetterlo, in prima battuta a sé stessi, capiranno di trovarsi nel bel mezzo del deserto.

Questo deserto, questa macchina implacabile, qualcuno lo chiamò Grande Fratello. Oggi più che mai ha bisogno di te, del tuo contributo e del tuo consenso.

Non è un caso che 1984 da distopia premonitrice sia divenuto banale romanzetto d’appendice. La verità del falso è legge. Scientifica, per di più. Così, grazie al consenso, gli uomini più ricchi del mondo dettano legge, ribaltano e saccheggiano il pianeta, eventualmente lo salvano e lo curano, oggi con vaccini per tutti. Non imposti, non calati dall’alto ma richiesti, rivendicati, pretesi. Grazie al consenso, i capitalisti trans-umani, i Besos e i Musk – ma chi non vorrebbe essere come loro, se perfino l’ultimo degli anarchici desidera di poter volare? – si proiettano nella desolazione dello spazio galattico per troneggiare, nuove divinità tecnolimpiche, su ciò che hanno reso un deserto invivibile, e sui docili sudditi costretti a restare quaggiù.

Non è un caso che possano permettersi di farlo non grazie al terrore dittatoriale, alla violenza e alla morte, ma con la più oppiacea delle anestesie democratiche, con piglio missionario se non addirittura, tenetevi forte… umanitario. O magari transumanitario…

Non è un caso che le greggi impaurite, come pure molti dei caproni alternativi, non facciano nulla per vedere il disastro in corso, figuriamoci per fermarlo.

Sarà dunque un caso il fatto che Orwell ebbe l’idea – o piuttosto l’epifania – del mondo nuovo non tanto leggendo Huxley né pensando allo sfacelo che stavano compiendo i Mussolini Stalin Hitler Churchill Roosvelt di turno… ma combattendo come volontario nella guerra civile spagnola del ’36, toccando di prima mano, con metodo scientifico se volete, il livello di trionfo della menzogna tale da imporsi – proprio come un virus, come un contagio inarrestabile – anche tra chi combatteva in teoria per la verità. Anche tra chi, e a quei tempi ancora popolati da umani erano i più, ne era inconsapevole.

 

Il vero è falso, la guerra è pace.

L’anarchia è governo, il comunismo è proprietà privata.

La nave dei folli, la voce del post-umano.

 

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Sommario Ep. 2.35

  • Introduzione
  • Rosi Braidotti: il postumano
  • Elon Musk e le colonie su Marte
  • Rosi Braidotti: il postumano non l’ho inventato io
  • Piero Coppo, Etnopsichiatria dell’Occidente
  • La civiltà è una compilation di catastrofi – Introduzione al numero 2 del giornale anticivilizzazione Oak (autunno 2020)
  • SPOT del Ministero della Verità
  • VacciniMegamix15
  • IO SONO LA TECNOLOGIA!
  • IL BATTITO ININTERROTTO DI GENOVA (IV)Radiodramma de LaNavedeiFolli sui fatti del luglio 2001. Personaggi e interpreti:  Wu Blisset e le Moltitudini, Luca Casarini, Don Andrea Gallo, Francesco Caruso, Capitano dei Carabinieri Claudio Cappello – nel ruolo dei buoni. Paolo Persichetti e Carlo Giulianinel ruolo dei cattivi.
  • George Orwell, Omaggio alla Catalogna (Lettura di Alfonso Berardinelli)

Riferimenti Ep. 2.35

  • Cluster, Gissander (Qua, 2009)
  • Iannis Xenakis, Jonchaies pour grand orchestre (1977)
  • Werner Herzog, Lo and Behold – Internet: il futuro è oggi (2016)
  • Casco, Cybernetic Love (1983)
  • Jorge Reyes, El Rostro De Los Abuelos (Niérika, 1990)
  • Jessika Kenney – Eyvind Kang, Kidung (The Face of the Earth, 2012)
  • Voicians, Cybernetic (2077 Edit)
  • Lynched, Carlo Giuliani (Where Did We Go Wrong?!, 2003)
Link alla puntata su Radio Blackout

Episodio 2.34

Episodio 2.34

Anche se non c’è peggior sordo di chi non vuol stare ad ascoltare, i mozzi a bordo del transatlantico normalizzato continuano a lanciare allarmi, inascoltati. Se prima era il rombo della tempesta, ora è la musica ad alto volume a impedire ai passeggeri di parlarsi, capirsi, vedere l’imminenza dello schianto.

Gran parte di questo rumore di fondo è dovuto al diffondersi delle politiche identitarie, in tutte le loro forme e declinazioni. Di seguito una riflessione di chi ha organizzato la fiera del libro anarchica di Londra nel 2017, durante la quale sono sorti problemi non nuovi ma che hanno raggiunto un punto di non ritorno, a quanto pare. Risultato: negli anni seguenti l’Anarchist Book Fair non si è più svolta.

Meditate, gente, meditate…

 

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Sommario Ep. 2.34

  • Introduzione
  • Woke Anarchists – CONTRO IL LIBERALISMO ANARCHICO E LA SCIAGURA DELLE POLITICHE IDENTITARIE
  • IL BATTITO ININTERROTTO DI GENOVA (III)Radiodramma de LaNavedeiFolli sui fatti del luglio 2001. Personaggi e interpreti: la Moltitudine, Francesco Caruso, Luca Casarini, Toni Negri, Le Moltitudini di Wu Blisset, Vittorio Angoletto – nel ruolo dei buoni. Detour. La canaglia a Genova, Claudio Albertani e Sin Diosnel ruolo dei cattivi.
  • SPOT del Ministero della Verità
  • VacciniMegamix14
  • Piero Coppo, Psicopatologia del non vissuto quotidiano. Appunti per il superamento della “psicologia” e per la realizzazione della salute (1980)

 

Riferimenti Ep. 2.34

  • Cyclobe, Silent Key (Emre [Dark Matter], 2000)
  • Throbbing Gristle, In the Shadow of the Sun (1981)
  • Franz Schubert, Trio per pianoforte n. 2 in mi bemolle maggiore, op. 100 (1828)
  • Sin Dios, No a EEUUropa (live inedito a El Paso, 2001)
  • Eric Burdon & The Animals, Paint it Black (Winds of Change, 1967)
  • Duilio Del Prete, I borghesi (Duilio Del Prete canta Brel, 2002)
Link alla puntata su Radio Blackout

Episodio 2.33

Episodio 2.33

Dopo la lunga tempesta covid, a quanto pare La nave dei folli sta tornando alla normalità: un bel vaccino e hop! Il gregge immunizzato può finalmente tornare a vivere. Nell’elenco delle priorità: caffè e cappuccino al bancone, partita allo stadio, ristorante e discoteca, spiagge e seggiovie. Voilà, eccovi forniti tutti i comfort per una comoda, soffice transizione verso il post umano.

In questo deserto cibernetico, riportiamo alla luce dagli abissi della storia questa perla di una ventina d’anni fa, come se ci avesse tolto le parole di bocca.

«Meglio guadagnare un mondo diverso da quello che abbiamo perso, che abitare quella discarica di sogni.

Meglio guerreggiare che atrofizzato, vivendo ore morte.

Meglio nel delirio che nell’incubo quotidiano.

Meglio aprendo brecce che dormicchiando in una nicchia.

Meglio folle che zombie.»

(ALIENATI – In difesa della anormalità)

 

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Sommario Ep. 2.33

 

Riferimenti Ep 2.33

  • Pan De Capazo, Alborca Jotia (Wi:L, 2011)
  • Quarteto Novo, Algodao – Canta Maria – Vim de Santana – O cantador (traccia bonus) (1967, rimasterizzato con Radames Gnattali, 1993)
  • Nerorgasmo, Distruttore (Nerorgasmo, 1985)
  • Ilse Weber, Wiegala
  • Disemballerina, The Walking Dead + Saturn Return (Disemballerina, 2010)
  • Dodi Moscati, La viperaccia + Formule magiche (Sole Sole Vieni, 1979)
  • Massimo Ferrante, Annamaria (U Ciucciu, 2005)
  • Muslimgauze, Moroccan Lemon Chador (Izlamaphobia, 1995)
  • Nikolas Asimos, To Fanari Tou Diogeni (To Fanari Tou Diogeni, 1989)
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Episodio 2.32

Episodio 2.32

 

Smaschieramenti, si diceva.

Smascherare e schierarsi.

Ma… schera de che? Schiera di cosa? si domanderebbe l’incauto passeggero che fin qui avesse prestato più attenzione al paesaggio, al luccichio delle stelle nel cielo (o delle costellazioni di satelliti), al rancio di bordo e ai cartelli che invitavano a non essere machisti, aggressivi, razzialitatori essenzialisti – che a quanto succedeva a bordo, alle sue regole sempre più spietate ma sempre più applaudite anche dall’antagonista; a misure, potenziamenti tecnologici, ibridazioni biomeccaniche salutate da costoro, oramai in odor/puzzo di trans-post-umano, come cosa buona e giusta – solo un tantino in attesa di riappropriazione o… di gestione statal-bolscevica.

Ebbene, vogliamo dire a costoro e a costora, a questi assenti, vuoti soggetti operanti per transposta persona “il sistema”, quanto segue:

Vi abbiamo smarscherati, siete il nulla dietro alla patina pixeloide della realtà virtuale.

Siete realmente virtuali. E in quanto tali ectoplasmatici, dunque in apparenza inattaccabili e invincibili. Ma finito l’incubo, svaniscono i fantasmi.

Giacché non avete storia, memoria, corpo… d’ora in avanti sarete semplicemente inumani.

Eppure, cenere alla cenere, alla fine tutto lì torna, alla terra.

Noi altre, le ancora resistenti, le non già del tutto cyborg, gli ultimi antropoidi in circolazione, a lei chiederemo consiglio. Alla natura, certo, alla nostra cara vecchia antenata natura. Non certo agli apprendisti stregoni, non certo ai militonti babbioni.

E volendo restare esseri umani, oggi gli scimpanzé del futuro dichiariamo guerra alla Procreazione Medicalmente Assistita.

 

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Sommario Ep. 2.32

 

Riferimenti Ep 2.32

  • Throbbling Gristle, traccia 4 di Heathen Earth (live, 1980)
  • Mel Brooks, Frankenstein Junior (1984)
  • Bobby Beausoleil, Dreamways of the Mystic, part 1 e 2; Songs of the Forest People (Dreamways of the Mystic, 2005)
  • Turbulent Force, Timer (101 + 303 + 808 = Now Form A Band, 1995)
  • Chiara Visentini, Alba d’Oro e Metalli (Metalli, 2013)
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Episodio 2.31

Episodio 2.31

Avevamo momentaneamente interrotto la lettura del libro di Celine Lafontaine, L’impero cibernetico, per addentrarci nel testo di Henri Lefebvre Contro i tecnocrati in cui per la prima volta, in maniera diretta e affrontando il problema di petto, è stata mossa una critica radicale alla nuova ideologia nata dalla cibernetica, che diventava di gran moda negli anni di poco precedenti il ’68, tra i vari buffoni di corte e di cortile, soprattutto quello della Sorbona. Un pensiero fintamente sovversivo e realmente integrato, come dimostra la presenza costante di quei loschi figuri – tra api regine, api operaie, operaiste e post-operaiste… fino ai fuchi foucaultiani – negli apparati, o dovremmo dire dispositivi, dominanti: ministeri, università, centri di ricerca, case editrici, riviste e televisioni di regime, gruppi e ideologie di potere e contropotere…

A questo punto perciò riemergiamo dalle acque profonde della storia, per riportare a galla le perle della critica e provare a declinare nel presente quanto scoperto. Pensiamo che mai come oggi sia opportuno, e fondamentale, smascherare e gettare la maschera, schierarsi e prendere una posizione. Situarsi, come dicono i post-umani.

Dunque, procediamo con lo SMASCHIERAMENTO, iniziando a elencare una serie di punti problematici che a nostro avviso vanno assolutamente affrontati, pena il (ri)piombare della cosiddetta “corrente radicale”, sia essa autonoma o anarchica, nella brodaglia post-moderna che non molti anni fa abbiamo combattuto sotto il nome e le pratiche di Tute Bianche e Disobbedienti.

Primo: il progetto di vaccinare “tutto il mondo”, come dice Draghi, non trova opposizione neppure nel cosiddetto movimento – che in realtà bisognerebbe iniziare a chiamare immobilismo militante. Anch’essi, come una qualunque spiaggia o parrucchiere, sono prontamente tornati alla normalità? Chi sopravvivrà, vedrà…

 

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Sommario Ep. 2.31

 

Riferimenti Ep 2.31

  • Jorge Reyes, Shaman’s Dream (Forgotten Gods, 1993)
  • Pink Floyd, Sheeps (Animals, 1977)
  • The Jimi Hendrix Experience, Third Stone from the Sun (Are You Experienced, 1967)
  • Domenico Modugno, Nel blu dipinto di blu (1958)
  • DJ Food, Scratch Yer Hed + Scientific Youth (A Recipe For Disaster, 1995)
  • Terry Riley, Performance One – Face 1 (Persian Surgery Dervishes, 1972)
  • Popular Orchestra, Bournovalio Syrtos (Rembetika: The Ottoman Legacy (1925-1937), 2006)
  • Nikolas Asimos, Seismos (O Xanapes, 1982)
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Episodio 2.30

Episodio 2.30

Proseguendo nel libro Contro i tecnocrati, e saltando per ragioni di spazio alcuni capitoli in cui si sofferma sulla critica alla sociologia, su felicità, vita quotidiana e costruzione di situazioni, Lefebvre giunge ad affrontare il rapporto tra socialismo e utopia, e i miti della rivoluzione. «Tra le persone di sinistra, le più realiste pensano di attuare i progetti della tecnocrazia: pianificazione, razionalizzazione dall’alto della vita sociale, organizzazione in nome della Nazione e dello Stato. Come se questa organizzazione non fosse stata già raggiunta dal capitalismo! (…) Come novità, oggi c’è la seguente alternativa: o questo programma o il nichilismo. O questo programma oppure la fine del pensiero marxista. (…) Se nei grandi paesi industriali oggi si tratta di “padroneggiare la tecnica” è innanzitutto perché la tecnica si è elevata a potenza autonoma, a forza esterna e coercitiva, a sfida alla terra. “Padroneggiare la tecnica” nel senso di un’epoca per noi conclusa, proprio come fanno in maniera perfetta gli esploratori dello spazio.»

Dopo aver analizzato a fondo il ruolo della parola scritta e di quella orale, sottolineando come quest’ultima abbia accompagnato i progetti rivoluzionari contro le leggi e le norme spesso stabilite dalla prima, che nell’epoca del primato assoluto della linguistica ha assunto un carattere “terroristico”, Lefebvre conclude il capitolo in questi termini: «La “società” pare chiudersi di fronte a noi, attorno a noi. Il possibile pare limitarsi, ostruirsi. A questa chiusura contribuiscono sia le scienze parcellari (economia, psicologia, sociologia, addirittura storia) sia i concetti come quelli di struttura e sistema che analizzeremo a breve. Questa chiusura è però soltanto apparente. Nessuna definizione di società la coglie appieno né la esaurisce, nemmeno quella che pensiamo sia la migliore (“società burocratica di consumo pilotato”). Le forze della protesta e della contestazione non smettono mai di agire. (…) L’effervescenza è continua. Per lo meno questa società cambia e avanza verso una meta che non conosce: non sa dove va, ma comunque va. È la “fuga in avanti”. Le barriere crollano, un giorno o l’altro. Pericolosamente, il possibile si riapre, come la strada, attraverso disagi e comodità. Dove va questa società? Noi proponiamo un obiettivo, un percorso, una strategia. E una teoria del possibile.» (Henri Lefebvre, Passatismo, utopismo, socialismo)

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Sommario Ep. 2.30

  • Introduzione
  • Pfizer: inoculate yourself with love
  • Riccardo d’Este – Aids: la malattia come espressione delle fasi della civiltà
  • Il Progresso sinistro – Togliatti/Berlinguer/Burgio
  • Il mondo a distanza: Su pandemia, 5G, materialità rimossa del digitale e l’orizzonte di un controllo totalitario – Settima parte: “Turchi meccanici”
  • IL BATTITO ININTERROTTO DI GENOVA (II)Radiodramma de LaNavedeiFolli sui fatti del luglio 2001. Personaggi e interpreti: Cobas di Piazza Paolo da Novi / Vittorio Agnoletto / Vari TG / Emilio Fede – nel ruolo dei buoni. Claudio Albertani (Paint It Black), Tabularasa e Conflictnel ruolo dei cattivi.
  • Comunicato di Fabiola

Riferimenti Ep 2.30

  • Negativeland, The Answer Is… (Points, 1981)
  • Heilung, Traust (Futha, 2019)
  • Francesco Turrisi, Variazioni sopra la Follia + Passamezzo Antico (Sì Dolce è il Tormento, 2009)
  • Bernard Parmegiani, Points Contre Champs (De Natura Sonorum, 1978)
  • Abe Duque & Dietrich Schoenemann, 88-30 (FACIL, 1995)
  • Tabula Rasa, Carlo Giuliani (Vecchia scuola, s.d.)
  • Rolling Stones, Paint It, Black (Aftermath, 1966)
  • Lola Lafon & Leva, Paint it, Black (…Grandir à l’envers de rien, 2006)
  • Terry Jones, Brian di Nazareth (1979)
  • Collectif Mary Read, Casse-muraille (II, 2008)
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Episodio 2.29

Episodio 2.29

La prima parte di Posizionamento: Contro i tecnocrati di Henri Lefebvre, libro pubblicato in francese nel 1967 e mai tradotto in italiano, intitolata “TECNICITÀ E QUOTIDIANITÀ. Frammenti di un manifesto del Possibile”, prosegue con alcune riflessioni sull’oggetto-re di allora, l’automobile, per approdare a uno dei temi più cari all’autore de Il diritto alla città, l’urbanistica. Egli dichiara più volte di essere favorevole al progresso, dunque non si può certo bollarlo come un retrogrado reazionario; ciò che gli interessa è il trattamento riservato all’essere umano, e nel caso della città sottolinea come le si stiano sventrando per lasciar spazio ai flussi del traffico. Per Lefebvre, «che ciò si definisce “urbanesimo” altro non è che un insieme troppo coerente – un sistema – di permessi e limitazioni che servono a mantenere un’attività essenzialmente al livello dello stretto minimo tecnico. Tutto ciò riducendo una situazione e un’attività, l’abitare, a una realtà brutalmente materiale, l’habitat

Al termine di questo secondo capitolo, “I miti della tecnocrazia”, Lefebvre arriva all’argomento del titolo presentandoci una riflessione che è, anche e forse ancora oggi, di drammatica attualità.

«Pare che le persone cosiddette di destra, o “reazionarie”, pensano che ci siano due specie di tecnocrati, quelli buoni e quelli cattivi, quelli benefici e quelli pericolosi; questi ultimi sarebbero “di sinistra” o addirittura di obbedienza comunista. Avrebbero in serbo una riserva di idee perverse, distruttrici della sana tradizione, dei souvenir di una volta, delle norme della società francese, sotto la copertura delle tecnologie. Peraltro è possibile che questa tendenza di destra si attenui. Anche se la sinistra attuale morisse e se l’ideologia di destra come tale scomparisse, la “destra”, invece, rimane. Le persone di destra restano ciò che erano: sono quelle che restano tale quali erano. Hanno perduto da tempo la capacità di creare ideologie e miti. La “sinistra” le ha sostituite in questa attività, sebbene di questi tempi poco produttivi questa sinistra sogna il suo passato e non riesce nemmeno a fare autocritica. Riconoscibile anche se mascherata, la vecchia “destra” è lì pronta a raccogliere le macerie dell’ideologia di sinistra. L’immagine del tecnocrate proviene da quest’ultima. La sinistra pare convinta che il regno della tecnica verrà grazie a lei. A suo dire, gli uomini di destra che promettono l’efficacia tecnica non vogliono e non possono mantenere le loro promesse: pianificazione, soddisfacimento dei bisogni sociali, razionalizzazione della vita sociale, internazionale e nazionale, ecc. Sta alla sinistra organizzare l’ingresso nella terra promessa. Le due “tendenze” sono nei fatti d’accordo su una rappresentazione: il mito della tecnocrazia. Motivo per cui niente assomiglia di più all’immagine di un “tecnocrate di sinistra” quanto quella di un “tecnocrate di destra”. In quanto ai tecnocrati reali, questa confusione gli permette di manovrare, di tendere da una parte, poi dall’altra, di superare a modo loro l’opposizione (secondo loro antiquata) tra sinistra e destra, in nome del primato della tecnica. Abbiamo parecchie buone ragioni per pensare che nemmeno la sinistra cosiddetta “rivoluzionaria” o “comunista” sfugga al mito della tecnocrazia. È perfino sensibile, a causa dell’influenza sovietica, al prestigio della pianificazione autoritaria, e a certe “sovra-determinazioni” ideologiche (il dogmatismo nell’interpretazione marxista).

Sulla tecnica in sé, possiamo essere certi che simultaneamente:

a) tende a chiudere la società e a bloccare l’uomo (nello specifico con la cibernetica, che porta a termine il “cosmo” della quantità e la quantificazione del cosmo!). La tecnicità diventa ossessiva e di conseguenza determinante. Invade il pensiero e l’azione, a cui detta la linea;

b) minaccia di distruzione questo mondo ostruito, questo cosmo chiuso, dove l’unico possibile si riduce al funzionamento automatico e alla strutturazione di un equilibrio perfetto; depreda il mondo e può arrivare fino in fondo a queste predazioni con l’annientamento nucleare.

c) apre al Possibile, a patto che sia investito nel quotidiano.

Dunque essa [la tecnica] è ciò che chiude e che apre la via d’uscita, che oscura oppure scopre l’orizzonte. In quanto all’ideologia, quella dei tecnocrati, quella dei sociologi che parlano della società tecnica, blocca l’insieme; maschera le contraddizioni (nello specifico quella tra la chiusura di una società immobilizzata dalle strutture di equilibrio, e l’aperura di una società verso il possibile attraverso la contestazione e l’effervescenza). Cosa ci vuole per dissipare le ideologie e i miti? Tempo. Delusioni. Esperienze e prove. Contrattacchi teorici. Audacia e pazienza, virtù rivoluzionarie. Se è vero che nel corso del secolo l’etica e l’estetica del lavoro, l’ideologia del lavoro e del lavoratore, la filosofia dell’attività produttiva e della creazione ci hanno ingannato, se è esatto che c’è stato uno spostamento massiccio di affettività e di attività (senza parlare degli spostamenti materiali) verso i divertimenti, se è giusto affermare che questi divertimenti preparano nuove delusioni e frustrazioni, verso cosa si andranno ben presto a rivolgere le attenzioni e le speranze?» (Henri Lefebvre, I miti della tecnocrazia)

 

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Sommario Ep. 2.29

  • Introduzione
  • Istrixistrix, All’arrembaggio del mal francese (2019)
  • Andrà tutto, bene o male… con l’mRNA – VIDEO
  • PRONTO VIRUS?
  • I bianchi, gli ebrei e Hourria Bouteldja: amore rivoluzionario?
  • Il mondo a distanza: Su pandemia, 5G, materialità rimossa del digitale e l’orizzonte di un controllo totalitario – Sesta parte: “Liberi dal lavoro?”
  • Vogliamo cambiare la vita intera: omaggio ai Provos

 

Riferimenti Ep 2.29

  • Jean Dubuffet, Pleure et Applaudit (1961)
  • Les Troublamours, L’Homme De Cromatique (Ama L’acqua, 2007)
  • Checco Zalone, Immunità di gregge (2020)
  • Elio (2021)
  • Istituto Peyron Re Umberto I di Torino, Andrà tutto bene (giugno 2020)
  • Truce Baldazzi, Andrà tutto male (2021)
  • Beppe Grillo (1998)
  • Terry Jones, Brian di Nazareth (1979)
  • Sin Dios, Somos así (live inedito a El Paso, 2001) – Testo tradotto
  • Dj Spooky That Subliminal Kid, Byzar Prologue + Joe Nation – Zvona (Voda Mix) + Heterotopian Trace + Joe Nation Prologue (Necropolis: The Dialogic Project, 1996)
  • Robert Jasper Grootveld (1966)
  • Tomorrow, My White Bicycle (1967)
Link alla puntata su Radio Blackout

Messaggio nella bottiglia

La Nave dei Folli è tornata su Radio Blackout (martedì, ore 12-13), l’episodio 28 è andato in onda martedi 4 maggio.

Non è chiaro il motivo della settimana di sospensione; inoltre, dopo la redazione di Blackout del 19 aprile, La Nave dei Folli si è ufficialmente tolta dalla stessa e si limiterà ad inviare la puntata ogni martedì.

Domani, martedi 11 maggio, andrà in onda il 29esimo episodio.

 

Episodio 2.28

Episodio 2.28

Appena terminato di montare l’episodio siamo venuti a conoscenza di un triste fatto: proprio mentre la Repubblica italiana abolisce (nel 2021!) la censura cinematografica, la redazione di Radio Blackout ha “sospeso” la nostra trasmissione (assieme ad un’altra, “Spessore“) pare per blasfemia. A presto aggiornamenti.

 

Celine Lafontaine conclude il passaggio del suo libro dedicato alla polemica contro il cyber-strutturalismo lanciata da Lefebvre ricordando come quest’ultimo, con grande anticipo sui tempi, punti il dito contro il trionfo della macchina, «l’ossessione del comunicabile» e la riduzione della soggettività a informazione. Oltre ad associare a livello teorico lo strutturalismo alla cibernetica, il ritratto che abbozza del cybernantropo in un certo senso anticipa il sistemismo e la seconda cibernetica che si affermeranno con forza a metà degli anni ’70.

Per Lefebvre «il cybernantropo si definisce come un organismo complesso che obbedisce a leggi semplici (sforzo minimo, economia, ecc.) e dispone di un sistema integrante e integrato di sistemi parziali autoregolatori con cui costituisce un tutt’uno (il sistema nervoso, quello osseo, ghiandolare, digestivo, respiratorio, ecc.)». Antenato del cyborg e del post-umano, il cybernantropo che continua a diffondersi in Occidente costituisce, secondo Lefebvre, una concreta minaccia per la specie umana.

Ma ora allontaniamoci di nuovo dal cammino di Lafontaine e addentriamoci nel testo di Lefebvre, partendo dal primo capitolo di Position: contre le technocrates.

«Da qualche tempo è possibile che nella stampa vi siate imbattuti in un’espressione curiosa, accompagnata da commenti non meno sorprendenti. Dei signori intelligenti e competenti vi spiegano come la produzione nel suo insieme trarrà beneficio dalle ricerche applicate a razzi e missili. È chiaro che i dispositivi più potenti o i meglio miniaturizzati saranno sempre riservati alle aziende più grandi: esplorazione dello spazio, distruzione nucleare. Eppure qualche “ricaduta della tecnica” passerebbe inevitabilmente nell’industria che lavora per i consumatori.

Il tetro humor di questo parallelismo tra “ricadute” della tecnicità d’avanguardia e le “ricadute” delle particelle radioattive avrà forse impedito a queste riflessioni di ricevere quell’accoglienza che manca di rado alle idee che passano per nuove? Senza aver sollevato proteste, la formula è scomparsa; legittima una situazione difficile da accettare fin da quando è stata formulata.

Noi (noi chi? Ciascuno degli uomini responsabili oppure no? Per il momento lasciamo da parte la questione…), gettiamo nell’abisso strabilianti risorse in termini umani, di mezzi materiali, ricchezze e conoscenze. Con quale obiettivo? Per preparare l’arma assoluta e per constatare che la Luna è un mucchio di sassi. L’avventura planetaria, interplanetaria, galattica inebria le genti della Terra, affascinandole. Essa maschera loro al tempo stesso il pericolo, il terrore in cui vivono e l’abbandono. Perdono di vista l’umile superficie del globo, tranne quando i loro interessi ce li riportano. In entrambi i casi, trascurano ciò che Nietzsche chiamava il Senso della Terra. Ne hanno perso il contatto. Questi nuovi poteri – l’avventura, il prestigio – sono già stati delegati a un’infima minoranza, i Cosmonauti, i Saggi dello spazio, simili a delle divinità dell’Olimpo, a degli Idoli e a degli uomini che detengono il potere. Rinuncia e abdicazione che s’aggiungono alle molte altre, testimonianze di una rivoluzione possibile e finora abortita. La società nel suo insieme, coscienza e rapporti sociali, non ottiene un principio di sviluppo dalle sue opere più mirabili. La vita propriamente sociale stagna, regredisce, sprofonda nella palude del quotidiano, sotto cui si agitano dei miraggi “culturali”. Nel frattempo la produzione materiale si accresce e la tecnica si perfeziona. Questa stravolge i suoi stessi quadri: i suoi risultati si allontanano nella stratosfera per poi ritornare verso la terra nel modo più minaccioso. E noi beneficiamo solamente di qualche “ricaduta”…

Ciò significa che bisogna tarpare le ali all’immaginazione, all’avventura cosmica? Che bisogna riportare le potenze dell’azione e della conoscenza, oltre al potere politico, al livello della trivialità, del buon senso e del “benessere”? No. Eppure un ordine di priorità s’impone.

È strano che nessuno abbia proclamato pubblicamente, foss’anche in modo poco altisonante: “Nessuna prodezza cosmica fintanto che sulla terra milioni di esseri umani patiscono la fame! Nessuna risorsa colossale gettata al vento dello spazio finché non siano stati risolti i problemi di città e campagne terrestri!” Che tale ordine di priorità non sia stato nemmeno enunciato, che nulla di tutto ciò figuri nei programmi politici che si vogliono audaci, non è forse il sintomo più grave della crisi di quello che continuiamo a chiamare “socialismo” e di quello pseudo-concetto che non possiamo più sostenere né rinnegare, ovvero l’umanesimo? Le masse umane che si lasciano affascinare dalle prodezze spaziali rivivono, in condizioni nuove, un fenomeno religioso. Forse riscoprono, in piena incoscienza (etnologi, antropologi, sociologi, psicologi trascurano questa ammirevole incoscienza, mentre al tempo stesso prendono in considerazione con tanto diletto “l’inconscio”), il fatto religioso per eccellenza. Queste masse sacrificano. Cosa sacrificano? Il loro passaggio dal compiuto al possibile, dalla loro condizione alla felicità. La loro ascensione. A cosa? Davanti a quale altare si consuma il sacrificio? Nell’infinito cosmico percepito confusamente, che lo si chiami o meno “Dio”. E cosa si sacrifica? Vittime designate, preparate: come presso gli Aztechi queste vittime adorate – da quando si incamminano verso la cerimonia a quando ne ritornano – sono elevate al rango di divinità. Gli eroi raggiungono nella ridicola grandezza i Cantori, le Vedette, i Potenti. Masse gigantesche s’immolano con le loro delusioni, privazioni e frustrazioni, espiando le loro più giuste richieste sull’altare di divinità inaccessibili, mediatrici tra la terra e l’universo. Il rito non si svolge più, sanguinoso, sui gradini dei templi del Sole. Missili e rampe di lancio hanno sostituito gli splendidi monumenti. Non si strappa più il cuore alle vittime. È alle folle di spettatori che vengono strappati i sensi. La tecnicità più stupefacente s’accompagna così a una strana religiosità. Assistiamo alla crescita di una religione del Cosmo che traspare tanto dal feticismo per i segni zodiacali quanto dall’adorazione per i cosmonauti. Essa ha come rivale una religiosità dell’Eros non meno affascinante e delirante. D’altronde è chiaro che il vecchio termine “alienazione” (religiosa, ideologica, politica) è debole per descrivere questa situazione al tempo stesso mostruosa e normalizzata, intollerabile e tollerata, opprimente ma che passa inosservata.

Abbassiamo i nostri occhi e il nostro pensiero su ciò che ci circonda. Non lasciamo che il nostro sguardo si smarrisca. Ritorniamo alla superficie, quella della terra, quella dei nostri corpi. E da lì proviamo a ridiscendere, non verso le profondità abissali ma verso la carne e il sangue. Facciamoci passare la sbornia. Basta con la fanta-umanità (anche se la fantascienza ha molto da insegnarci). Prendiamo in considerazione il nostro micro-cosmo. Sta male. Dietro un’apparenza sfavillante, sta andando in rovina. Non soltanto in Asia e Africa, ma proprio intorno a noi e sotto la nostra pelle. Tutto procede come se i padroni del Cosmo dovessero, un giorno non troppo lontano, abbandonare questa nave che affonda – la Terra – per un pianeta riuscito meglio, il tutto tra gli applausi dei naufraghi. Tutto procede come se la specie umana ammettesse il proprio insuccesso e si dichiarasse oramai perduta, assieme alla sua dimora, la Terra. Se l’umanità abortisce, se si moltiplicano i segni del grande Fallimento, sta al pensiero lucido trarne la lezione.» (Henri Lefebvre, Le ricadute della tecnica)

 

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Sommario Ep. 2.28

  • Introduzione
  • Cronache dal XX secolo – Seconda puntata: “La conquista dello spazio”, di Sergio Spina, testo Andrea Barbato (Rai, 1965)
  • Agricoltura e Droni (Tg3 Pixel, 17/4/2021)
  • Il mondo a distanza: Su pandemia, 5G, materialità rimossa del digitale e l’orizzonte di un controllo totalitario – Quinta parte: “Il modo più sicuro per prevedere un comportamento è predeterminarlo”
  • PRONTO VIRUS?
  • VacciniMegamix13
  • “Ben strano il mondo…” – Prinz Eugen, Torino

 

Riferimenti Ep 2.28

  • Terry Jones, Brian di Nazareth (1979)
  • CCCP Fedeli alla Linea, Punk Islam (live a D.O.C., Raidue, 1988)
  • Wolfgang Petersen, La storia infinita (1984)
  • Iron Butterfly, Iron Butterfly Theme (Galaxy Club, 1967)
  • Grateful Dead, The Same Thing (Live San Francisco, 18 marzo 1967)
  • Nino Ferrer, Viva la campagna (1970)
  • Dj Spooky That Subliminal Kid, Quark Soup + Byzar (Necropolis: The Dialogic Project, 1996)
  • Valsusa Trash Crew, Techno Treno (Corona Virus Edit)
  • Arbat, Improvisations Sur Thèmes Tziganes (Voyage en Tziganie, 2004)
  • Danny Boyle, Trainspotting (1996)
  • IBM MT/St – Tutta roba nostra!
  • Dick Gaughan, The World Turned Upside Down (BBC live, 1982)
Link alla puntata su Radio Blackout