Episodio 6.5

Episodio 6.5

Per perfezionare il loro marchingegno, nell’estate del 1942 Wiener e Bigelow visitano alcuni laboratori in giro per gli Stati Uniti in cui si stavano analizzando i voli aerei, finché all’Anti-Aircraft Board di Camp Davis, North Carolina, trovano un prezioso documento, i dati del tracciamento della posizione dei voli in codice 303 e 304 all’intervallo di un secondo. Ma dopo aver inserito i dati nell’AA predictor, a fine anno si rendono conto che i risultati non sono migliori di quelli forniti da due semplici macchine di previsione geometrica, già in funzione, progettate da Hendrik Bode, ricercatore dei laboratori della Bell. Sebbene intuisca le potenzialità insite nel suo lavoro di ricerca, Wiener è profondamente disilluso e, come scrive a Weaver, pensa di non riuscire a ottenere alcunché di utile entro la fine della guerra: «Mi sarebbe piaciuto creare qualcosa in grado di uccidere dei nemici invece di limitarmi a dimostrare come non cercare di ucciderli.» (Lettera a Weaver, 28/1/1943)

Nel gennaio 1943 avviene una svolta con la pubblicazione di “Comportamento, fine e teleologia”, in cui Wiener e Bigelow assieme al medico messicano Arturo Rosenblueth (che nel 1930 si era recato ad Harvard per lavorare al dipartimento di fisiologia diretto da Walter Cannon, assieme a cui aveva compiuto i primi studi sull’omeostasi) si interessano alla «classe dei comportamenti basati sulla previsione (…) che suggerisce la possibilità di progettare test sistematici sempre più complessi del comportamento degli organismi»; l’articolo mette in luce l’importanza di concetti che a loro avviso godono di scarso credito, come il fine e per l’appunto la teleologia, e dimostra che «un’analisi uniforme del comportamento è applicabile alle macchine come agli organismi viventi». (“Behavior, Purpose and Teleology”, in Philosophy of Science, Vol. 10, n° 1, gennaio 1943; tr. it. in Dio & Golem s.p.a. Un commento su alcuni punti in cui la cibernetica tocca la religione, Boringhieri, Torino 1967, p. 100) Con l’obiettivo di studiare e classificare i comportamenti, e di sottolineare il concetto di fine, si postula che è più utile esaminare un soggetto/oggetto dal punto di vista delle relazioni di “uscita” e di “ingresso” che nella sua organizzazione intrinseca (è l’idea della “scatola nera”), che è la differenza tra il metodo comportamentistico e quello funzionale.

Come Darwin aveva rintracciato delle similitudini tra animali e umani al fine di abbattere i confini che li separavano, Wiener si sforza di cancellare quelli tra umani e macchine. Tra l’altro, come annota nel 1945 in “Operationalism – Old and New”, nel corso della Guerra gli uomini si stavano sempre più abituando a considerare animati i sistemi servomeccanici: «tra gli aviatori la superstizione, che fa quasi ridere, dell’esistenza di un gremlin probabilmente è dovuta (…) all’abitudine di trattare con una macchina in possesso di un gran numero di feedback inseriti al suo interno, che possono essere interpretati come amichevoli oppure ostili.» Wiener cita l’esempio del sistema a retroazione di stabilizzazione delle ali degli aeroplani, il cui funzionamento spinge i piloti a poterlo «facilmente percepire come una personalità cui far fronte quando l’aereo deve fare manovre inusuali». Essere consapevoli della volontà di un’altra persona è la sensazione percepita quando si ha a che fare con un meccanismo a mantenimento automatico che facilita oppure contrasta le nostre azioni. L’aeroplano, offrendo questo tipo di resistenza che serve alla sua auto-stabilizzazione, si comporta come se avesse un fine, come se fosse abitato da un folletto.

Questa visione profondamente behaviorista non sfugge ad alcuni suoi contemporanei, come lo psicologo Edwin Boring, insegnante ad Harvard e che oltre a nutrire interesse per i fenomeni sensoriali e percettivi, nel 1943 ha appena pubblicato un manuale di grande successo di psicologia militare (Psychology for the Fighting Man, 1943) basato su informazioni pratiche come aumentare il morale dei soldati o adattarsi alla vita militare, e nel 1945 farà uscire un libro di testo intitolato Psychology for the Armed Services. Boring trova «molto attraente» l’idea di Wiener di duplicare con sistemi elettrici le funzioni del cervello e propone di fornirgli «una lista abbastanza completa delle funzioni psicologiche», che in linea di principio si possono esprimere nei termini di stimoli e risposte. Secondo lui, ad esempio, un «processo simbolico» potrebbe essere «una reazione ritardata, adeguatamente differenziale»; oppure l’introspezione, la reazione a una reazione. Nel caso accettasse la sua sfida, il compito di Wiener sarebbe quello di trasferire queste coppie di stimolo-risposta nella sua macchina sottoforma di input/output, e Boring ha già 14 proprietà psicologiche sulla lista e altre da aggiungere come “generalizzazione” e “astrazione”. (Lettera a Wiener, 13/11/1944)

L’ingegneria basata sulla scatola nera – ricordiamo che black-box, termine comunemente adoperato nel Radiation Laboratory del MIT, descriveva un’unità destinata a compiere una funzione prima che si conoscesse la sua modalità di funzionamento, e nel corso della guerra divenne popolare perché apparecchi elettrici erano contenuti in scatole chiazzate di nero – ora aveva uno scopo funzionale molto più grande e complesso rispetto all’amplificazione elettrica: ricreare la mente. Ma nell’arco di poche settimane, l’ambizione di Wiener si spinge addirittura oltre. In collaborazione con Howard Aiken, uno dei pionieri della tecnologia informatica, e John von Neumann, matematico incredibilmente versatile che stava lavorando sui primi computer, nel dicembre 1944 spedisce a una cerchia ristretta di esperti apparentemente non correlati una lettera: «Un gruppo di persone interessate all’ingegneria delle comunicazioni, all’ingegneria delle macchine calcolatrici, all’ingegneria delle apparecchiature di controllo, alla matematica delle serie temporali in statistica e agli aspetti della comunicazione e del controllo nel sistema nervoso, è giunto alla conclusione provvisoria che i rapporti tra questi campi di ricerca sono arrivati a un grado di intimità tale da rendere un incontro (…) assai auspicabile». Da questa confluenza di discipline di guerra, segreta poiché trattava tematiche belliche, emerge una nuova visione che avrebbe abbracciato questioni che andavano dall’ingegneria alla fisica, toccando interessi economici e sociali. I tre firmatari chiamano il gruppo “Teleological Society”.

Il centro comune degli interessi di Wiener, Aiken e von Neumann ruota attorno all’intenzione: «La teleologia è lo studio del fine di una condotta, e pare che gran parte del nostro interesse sia rivolto da una parte allo studio di come il fine si realizzi nel comportamento umano e animale, e dall’altra a come il fine possa essere imitato da mezzi meccanici ed elettrici.» La loro intenzione è fondare una società, una rivista, creare un brevetto e un meccanismo di sostegno, un mezzo di divulgazione e, infine, una rete protettiva per difendersi dalla «pubblicità pericolosa e sensazionalistica». (Aiken, von Neumann e Wiener, lettera Herman Goldstine, 28/12/1944) Il primo incontro avviene il 6-7 gennaio 1945. Rafael Lorente de Nó e Warren McCulloch, fisiologi specialisti dell’organizzazione funzionale del sistema nervoso centrale, presentano il loro lavoro sull’organizzazione del cervello. Wiener si esalta scrivendo a Rosenblueth: «Alla fine eravamo tutti convinti che la questione di fondo comprendeva aspetti sia ingegneristici sia neurologici.» (24/1/1945) Era giunto il momento di trasferire vocazioni separate in un programma di ricerca integrato e permanente, che avrebbe trovato molte risorse tra cui la Fondazione Rockefeller, grazie al sostegno del suo direttore Weaver. Erano state gettate le fondamenta delle future conferenze sugli stati generali della cibernetica.

Da parte sua von Neumann adoperò l’incontro per organizzare una divisione del lavoro: Wiener e Walter Pitts, allievo di Rudolf Carnap e che aveva adoperato la logica per analizzare le proprietà di trasferimento dei neuroni, si sarebbero occupati dei problemi riguardanti il filtraggio e la previsione; William Edwards Deming (statistico che sarebbe diventato uno dei principali consulenti del Giappone durante il suo miracolo economico postbellico), von Neumann e altri di applicare i rapidi metodi computazionali ai problemi di statistica; a von Neumann, Aiken e Herman Goldstine (anch’egli uno dei primi informatici) spettavano le questioni riguardanti le equazioni differenziali di astronomia, idrodinamica, balistica eccetera; infine a Pitts, de Nó e McCulloch quelle di neurologia.

La divisione dei compiti andava bene a Wiener, che però faceva notare a von Neumann la mancanza di quella fondamentale transizione dalla macchina computazionale alla macchina di controllo, quel sistema di retroazione su cui Wiener aveva posto l’accento fin dai suoi primi lavori sui servomeccanismi, e che continuava ad occupare un posto centrale nel suo pensiero poiché era proprio quel processo propriocettivo che avveniva nei controlli meccanici, nei controlli organici e nei sistemi ibridi meccanico-organici.

Nonostante l’ampia schiera dei sostenitori alle idee di Wiener, c’era anche chi dissentiva. Nel 1950 il giovane filosofo Richard Taylor domanderà incredulo a Wiener e soci come avessero potuto proporre seriamente una definizione di comportamento rivolto a uno scopo basata unicamente sull’esito di una sequenza di eventi. Nel testo del ’43 Wiener, Bigelow e Rosenblueth avevano dato questa definizione: il comportamento «“rivolto a un fine” indica che l’atto o il comportamento può essere interpretato come diretto al raggiungimento di un obiettivo, cioè di una condizione finale in cui l’oggetto di cui si studia il comportamento raggiunge una correlazione definita nello spazio e nel tempo rispetto a un altro oggetto o evento. Il comportamento non rivolto a un fine può essere interpretato come quello che non mira a uno scopo.» (“Comportamento, fine e teleologia”, in Dio & Golem s.p.a., pp. 92-93) Secondo Taylor questa definizione era al tempo stesso onnicomprensiva e priva di contenuto, e la sua totale arbitrarietà permeava già dicendo “può essere interpretato”: l’azione di un vaso che cade da un balcone e colpisce in testa un passante può essere “rivolta a un fine”? (Richard Taylor, “Comments on a Mechanistic Conception of Purposefulness”, Philosophy of Science, 17 ottobre 1950) Peraltro la cosa era già stata sottolineata proprio dai tre estensori dell’articolo, per i quali tuttavia, «sebbene la definizione di comportamento rivolto a un fine sia relativamente vaga, e per questo, da un punto di vista operativo, in larga misura insignificante, il concetto di fine è utile e dovrebbe pertanto essere mantenuto.» (p. 94) Questa utilità risiedeva nella possibilità di suddividere in due ordini (in cui la funzione era attiva o spenta, on/off) il comportamento, che poteva essere: non attivo o attivo; e in quest’ultimo caso non rivolto a un fine oppure rivolto a un fine; e in quest’ultimo caso senza oppure con retroazione, ovvero teleologico; e in quest’ultimo caso non estrapolante (non basato su previsione) oppure sì; e in quest’ultimo caso con un ordine di previsione di vari gradi, a seconda che si tenesse conto di coordinate temporali e spaziali più o meno complesse. Dunque, la teleologia era nient’altro che «“il fine controllato da retroazione”», e quello teleologico «il comportamento controllato da retroazione negativa». (pp. 103-104)

La novità che Taylor non prendeva in considerazione proveniva appunto da queste apparecchiature elettromeccaniche dotate di feedback, eppure aveva messo in luce quella che era l’obiezione fondamentale all’analisi behaviorista alle fondamenta dell’intero programma di Wiener: un missile, per quanto teleguidato, non era filosoficamente dissimile da uno che non era auto-regolato, dunque secondo Taylor l’espressione «missile che va in cerca del proprio obiettivo (target-seeking) è metaforica». Ma su questo punto la distanza era incolmabile, giacché a Wiener (e Rosenblueth, che collaborò nella risposta a Taylor)  non interessava sapere se in astratto le macchine «sono o possono essere come gli umani», si trattava di una questione «irrilevante» a fini scientifici: «Crediamo che gli uomini e gli altri animali siano come macchine dal punto di vista scientifico perché crediamo che gli unici metodi fruttuosi per studiare il comportamento umano e animale siano quei metodi applicabili anche al comportamento di oggetti meccanici. Di conseguenza, la nostra principale ragione di selezionare i termini in questione era di sottolineare che, in quanto oggetti di indagine scientifica, gli umani non differiscono dalle macchine.» (Rosenblueth e Wiener, “Purposeful and Non-purposeful Behavior”, Philosophy of Science, 17 ottobre 1950)

Taylor replica a quest’ultimo articolo sostenendo che il loro errore era di basare il concetto di “rivolto a un fine” unicamente su comportamenti osservabili, ignorando però che il proposito di un’azione potrebbe non essere comprensibile in mezzo a molte ipotesi: se il guidatore di un’automobile segue zigzagando un uomo a piedi, sta cercando di metterlo sotto, oppure gli sta facendo uno scherzo, o vuole mettergli paura, o semplicemente sta cercando di far uscire dalla propria auto una fastidiosa ape? Certamente l’osservazione è importante, ma bisogna distinguere tra fine ed evidenza: come adoperare un approccio puramente comportamentista nel caso di azioni in cui l’obiettivo, in quanto entità fisica distinta, non esiste nemmeno, come nel caso dei cavalieri che cercavano il Sacro Graal o gli alchimisti la pietra filosofale? L’intenzione, così come il desiderio, è reale tanto quanto gli atti tangibili, e Taylor non è d’accordo che si abbandonino dei concetti semplicemente perché scientificamente non sono utili a livello operativo. (Taylor, “Purposeful and Non-purposeful Behavior: A Rejoinder”, Philosophy of Science, 17 ottobre 1950)

Mentre Wiener lasciò perdere il dibattito a questo punto, il conflitto rimase irrisolto.  Intanto, con la matematica dei sistemi di retroazione cibernetici, il formalismo della teoria dei giochi e i diagrammi di flusso dell’analisi operativa, le scienze Manichee avevano raggiunto l’apoteosi del behaviorismo, come sperava Boring. Che nel febbraio 1945, affascinato dai nuovi progressi della ricerca interdisciplinare di Wiener, gli scrive nuovamente: «ho fatto una lista di tutte quelle che credo siano le funzioni del cervello, mettendole nei termini positivistici della reazione dell’organismo, termini che potrebbero essere traslati in input, output e aggiustamenti di una scatola misteriosa con sopra morsetti e manopole.»

Lo stesso panegirico per il programma basato sulla scatola nera veniva dallo psichiatra inglese William Ross Ashby, di lì a poco autore di una Introduzione alla cibernetica, che nel 1951 scrisse a Wiener: «Quando penso a come gli psicologi abbiano cercato per decenni (se non secoli) di risolvere in modo esatto questo problema, che la scatola nera è il cervello, e quando penso a quanta poca attenzione abbiano rivolto ai princìpi che ne erano coinvolti, l’opinione che ho degli psicologi crolla a un punto ancor più basso. Il problema è che lo psicologo è troppo orgoglioso per imparare a camminare prima di provare a correre. Motivo per cui oggi è sdraiato sulla schiena, agita le gambe come uno sciocco e pretende di essere un ballerino di danza classica, quando in realtà non ha ancora imparato a camminare a gattoni. Per questo motivo (…) credo che il tuo studio del problema della scatola nera sia il primo passo verso una psicologia scientifica!» (Lettera a Wiener, 6 febbraio 1951)

 

 

Sommario 6.5

  • Introduzione
  • Leonardo Lippolis – Un oscuro scrutare. La trasparenza distopica di Smart City ( Introduzione alla nuova edizione del 2024 di Viaggio al termine della città, Eleuthera, 2009) – SECONDA PARTE (Testo)

 

Riferimenti 6.5

  • Kluster/Eruption, Black Spring (Klopfzeichen, 1970/2006)
  • Kluster/Eruption, Cold Winter (Zwei / Osterei, 1971/2006)
  • Joy Division, Failures of the Modern Man (An Ideal For Living, 1978)
  • Brian Eno, Dover Beach (Jubilee, 1978)
  • Wayne County & The Electric Chairs, Things Your Mother Never Told You (Things Your Mother Never Told You, 1979)
  • The Fall, Industrial Estate + Frightened (Live at the Witch Trials, 1979)
  • Ultravox, Fear In The Western World (Ha! Ha! Ha!, 1977)
  • Amilcar, Wargasm In Pornotopia (Jubilee, 1978)
  • John Foxx, No-one Driving (Metamatic, 1980)