Episodio 4.36
Forse inconsapevolmente, Peter Sloterdijk si collega a una delle principali avanguardie del transumanesimo – quel Ray Kurzweil, futuro ingegnere capo di Google, che prima di teorizzare la Singolarità aveva scritto nel 1999 “L’età delle macchine spirituali” (The Age of Spiritual Machines: When Computers Exceed Human Intelligence, Viking, New York 1999) – quando approccia la contemporaneità tecnologica dal punto di vista dello spirito. Ispirandosi a Gotthard Günther, secondo cui si può riassumere la periodizzazione della storia dell’anima nelle tre epoche classiche con «un’antichità animista, un medioevo soggettivista o personalista e una modernità asoggettiva o cibernetica», adopera questa matrice per vedervi «la storia della progressiva desostanzializzazione o, se si vuole, della funzionalizzazione dello spirituale», interpretandola come una storia delle ferite narcisistiche dell’umanità. A suo avviso in ogni individuo sarebbe presente la successione delle epoche precedenti: «un animista offeso, che proviene dall’epoca antica dell’anima e che all’inizio dell’era delle culture evolute viene ricacciato indietro da una riformulazione dello spirituale di tipo soggettivo e personalistico; e un personalista offeso, che con l’inizio dell’epoca della tecnica deve riconoscere di essere stato superato da concetti asoggettivi e cibernetico macchinici dello spirituale.»
Quello che è stato il compromesso storico dei monoteismi personalistici con i politeismi animisti che li hanno preceduti, e che furono non tanto eliminati quanto assorbiti e rielaborati dalle nuove credenze, si ripresenta oggi su due livelli: «da una parte, come compensazione tra cibernetica e personalismo e, dall’altra, come compromesso tra la cultura delle macchine e l’animismo.» Secondo Sloterdijk viviamo nella fase critica della transizione tra il medioevo personalista e la civilizzazione tecnica moderna: il «personalismo ebraico, il platonismo cristiano e l’umanismo stoico sono stati ricacciati in posizioni reazionarie dall’emergere della cultura intellettuale cibernetica e sistemica», laddove la reazione è il fenomeno che si limita alle proteste e non si propone avanzamenti. «I risentimenti contro la tecnica non portano ad altro che alla formazione di sottoculture popolate dai “superati”, con le loro tipiche mistificazioni. Essi infatti elaborano una doppia morale, refrattaria a ogni terapia, che pensa in modo pretecnico e vive in modo tecnico.»
Il luddismo antitecnologico impedirebbe perciò questa mediazione, o recupero, dei caratteri antichi dell’anima che viene esercitata dalla modernità macchinica, che «può rivelarsi come la più grande forza umana.» Siamo al trionfo del paradosso, che d’altronde abbiamo sempre più sotto gli occhi, allorché gli ingegneri dell’intelligenza artificiale oggi vorrebbero salvarci dai prodotti della loro scellerata fuga in avanti, o nel momento in cui il discorso ambientalista è portato avanti dalle lobby della Green Economy a colpi elettrificazione e microchip. «Bisogna diventare dei cibernetici per poter restare degli umanisti. Da una cultura tecno-umanista che vuol essere qualcosa di più di una barbarie di successo, bisogna pretendere innanzitutto due cose: una formazione psicologica e la capacità di traduzione culturale. I matematici devono diventare poeti, i cibernetici devono diventare filosofi della religione, i medici compositori, gli informatici sciamani.»
Nonostante i punti in comune, Sloterjik elabora però una prospettiva molto lontana dai sogni di perfezione e potenza tipici delle correnti anglosassoni dell’uomo aumentato: la postumanità ha un’anima angosciata che sperimenta la propria vulnerabilità anche nel bel mezzo di tutta questa architettura di sicurezza rappresentata dalla tecnoscienza, e «anche se i robot nell’epoca della tecnica avranno convinto l’anima che essa non può essere ciò che un tempo voleva essere, all’anima desostanzializzata rimane tuttavia l’orgoglio di soffrire in modo discreto di questa ferita. Il suo cruccio è la prova del suo essere. (…) Il vantaggio di essere un tecnologo non è mai stato così grande come oggi. Il compromesso umano avrà luogo nella medicina tecnica più evoluta fino a quando ci saranno medici che condividono con i loro pazienti, in condizioni serene, lo svantaggio di essere uomini.» (Peter Sloterdijk, “L’offesa delle macchine”, in Non siamo ancora stati salvati. Saggi dopo Heidegger, 2004, p. 288-294)
Sommario 4.36
- Introduzione
- IO, ROBOT
- VaSSaSSini – Perché l’eccesso di mortalità non è dovuto né al Covid né alle mancate cure, di Alessandor Bagnato, gennaio 2023 (TESTO – Link)
- VaSSaSSini – Intervista a un’infermiera del Giovanni Bosco di Torino (giugno 2023)
- Angelo Bonelli (Alleanza Verdi e Sinistra) vuole il reato di negazionismo climatico
- EcoAnsia (Giorgia Vasaperna e il ministro Gilberto Pichetto Fratin)
- EcoAnsia 2 (Francesca Michielin, Festival Green&Blue, 2022)
- IO, ROBOT (Pagare con un microchip sottocutaneo: l’esperienza di Mattia)
Riferimenti 4.36
- Einstürzende Neubauten, Abstieg & Zerfall + U-Haft Muzak (Kollaps, 1981)
- David Zed, Balla robot (1980) – TESTO
- Alex Proyas, Io, robot (2004)
- Killing Joke, New Cold War (Pylon 2015)
- Crisis, Holocaust (No Town Hall, 1978) – TESTO
- David Lowery, Deep Oblivion / The Palace Guards (The Palace Guards 2011)
- Rage Against the Machine, Snakecharmer (Evil Empire 1996)
- Ivan Cattaneo, Clinica Paradiso (Urlo, 1980) – TESTO
- Alberto Sordi, Te c’hanno mai mannato (1981)
- Giorgio Gaber, Pressione bassa (Pressione bassa, 1980)
- La Kinky Beat, Vaffanculo (One More Time, 2006)
- Pupa Jim, I Am A Robot (2009)
- Kymberly Stewart, I Am A Robot (2014)