Episodio 2.28

Episodio 2.28

Appena terminato di montare l’episodio siamo venuti a conoscenza di un triste fatto: proprio mentre la Repubblica italiana abolisce (nel 2021!) la censura cinematografica, la redazione di Radio Blackout ha “sospeso” la nostra trasmissione (assieme ad un’altra, “Spessore“) pare per blasfemia. A presto aggiornamenti.

 

Celine Lafontaine conclude il passaggio del suo libro dedicato alla polemica contro il cyber-strutturalismo lanciata da Lefebvre ricordando come quest’ultimo, con grande anticipo sui tempi, punti il dito contro il trionfo della macchina, «l’ossessione del comunicabile» e la riduzione della soggettività a informazione. Oltre ad associare a livello teorico lo strutturalismo alla cibernetica, il ritratto che abbozza del cybernantropo in un certo senso anticipa il sistemismo e la seconda cibernetica che si affermeranno con forza a metà degli anni ’70.

Per Lefebvre «il cybernantropo si definisce come un organismo complesso che obbedisce a leggi semplici (sforzo minimo, economia, ecc.) e dispone di un sistema integrante e integrato di sistemi parziali autoregolatori con cui costituisce un tutt’uno (il sistema nervoso, quello osseo, ghiandolare, digestivo, respiratorio, ecc.)». Antenato del cyborg e del post-umano, il cybernantropo che continua a diffondersi in Occidente costituisce, secondo Lefebvre, una concreta minaccia per la specie umana.

Ma ora allontaniamoci di nuovo dal cammino di Lafontaine e addentriamoci nel testo di Lefebvre, partendo dal primo capitolo di Position: contre le technocrates.

«Da qualche tempo è possibile che nella stampa vi siate imbattuti in un’espressione curiosa, accompagnata da commenti non meno sorprendenti. Dei signori intelligenti e competenti vi spiegano come la produzione nel suo insieme trarrà beneficio dalle ricerche applicate a razzi e missili. È chiaro che i dispositivi più potenti o i meglio miniaturizzati saranno sempre riservati alle aziende più grandi: esplorazione dello spazio, distruzione nucleare. Eppure qualche “ricaduta della tecnica” passerebbe inevitabilmente nell’industria che lavora per i consumatori.

Il tetro humor di questo parallelismo tra “ricadute” della tecnicità d’avanguardia e le “ricadute” delle particelle radioattive avrà forse impedito a queste riflessioni di ricevere quell’accoglienza che manca di rado alle idee che passano per nuove? Senza aver sollevato proteste, la formula è scomparsa; legittima una situazione difficile da accettare fin da quando è stata formulata.

Noi (noi chi? Ciascuno degli uomini responsabili oppure no? Per il momento lasciamo da parte la questione…), gettiamo nell’abisso strabilianti risorse in termini umani, di mezzi materiali, ricchezze e conoscenze. Con quale obiettivo? Per preparare l’arma assoluta e per constatare che la Luna è un mucchio di sassi. L’avventura planetaria, interplanetaria, galattica inebria le genti della Terra, affascinandole. Essa maschera loro al tempo stesso il pericolo, il terrore in cui vivono e l’abbandono. Perdono di vista l’umile superficie del globo, tranne quando i loro interessi ce li riportano. In entrambi i casi, trascurano ciò che Nietzsche chiamava il Senso della Terra. Ne hanno perso il contatto. Questi nuovi poteri – l’avventura, il prestigio – sono già stati delegati a un’infima minoranza, i Cosmonauti, i Saggi dello spazio, simili a delle divinità dell’Olimpo, a degli Idoli e a degli uomini che detengono il potere. Rinuncia e abdicazione che s’aggiungono alle molte altre, testimonianze di una rivoluzione possibile e finora abortita. La società nel suo insieme, coscienza e rapporti sociali, non ottiene un principio di sviluppo dalle sue opere più mirabili. La vita propriamente sociale stagna, regredisce, sprofonda nella palude del quotidiano, sotto cui si agitano dei miraggi “culturali”. Nel frattempo la produzione materiale si accresce e la tecnica si perfeziona. Questa stravolge i suoi stessi quadri: i suoi risultati si allontanano nella stratosfera per poi ritornare verso la terra nel modo più minaccioso. E noi beneficiamo solamente di qualche “ricaduta”…

Ciò significa che bisogna tarpare le ali all’immaginazione, all’avventura cosmica? Che bisogna riportare le potenze dell’azione e della conoscenza, oltre al potere politico, al livello della trivialità, del buon senso e del “benessere”? No. Eppure un ordine di priorità s’impone.

È strano che nessuno abbia proclamato pubblicamente, foss’anche in modo poco altisonante: “Nessuna prodezza cosmica fintanto che sulla terra milioni di esseri umani patiscono la fame! Nessuna risorsa colossale gettata al vento dello spazio finché non siano stati risolti i problemi di città e campagne terrestri!” Che tale ordine di priorità non sia stato nemmeno enunciato, che nulla di tutto ciò figuri nei programmi politici che si vogliono audaci, non è forse il sintomo più grave della crisi di quello che continuiamo a chiamare “socialismo” e di quello pseudo-concetto che non possiamo più sostenere né rinnegare, ovvero l’umanesimo? Le masse umane che si lasciano affascinare dalle prodezze spaziali rivivono, in condizioni nuove, un fenomeno religioso. Forse riscoprono, in piena incoscienza (etnologi, antropologi, sociologi, psicologi trascurano questa ammirevole incoscienza, mentre al tempo stesso prendono in considerazione con tanto diletto “l’inconscio”), il fatto religioso per eccellenza. Queste masse sacrificano. Cosa sacrificano? Il loro passaggio dal compiuto al possibile, dalla loro condizione alla felicità. La loro ascensione. A cosa? Davanti a quale altare si consuma il sacrificio? Nell’infinito cosmico percepito confusamente, che lo si chiami o meno “Dio”. E cosa si sacrifica? Vittime designate, preparate: come presso gli Aztechi queste vittime adorate – da quando si incamminano verso la cerimonia a quando ne ritornano – sono elevate al rango di divinità. Gli eroi raggiungono nella ridicola grandezza i Cantori, le Vedette, i Potenti. Masse gigantesche s’immolano con le loro delusioni, privazioni e frustrazioni, espiando le loro più giuste richieste sull’altare di divinità inaccessibili, mediatrici tra la terra e l’universo. Il rito non si svolge più, sanguinoso, sui gradini dei templi del Sole. Missili e rampe di lancio hanno sostituito gli splendidi monumenti. Non si strappa più il cuore alle vittime. È alle folle di spettatori che vengono strappati i sensi. La tecnicità più stupefacente s’accompagna così a una strana religiosità. Assistiamo alla crescita di una religione del Cosmo che traspare tanto dal feticismo per i segni zodiacali quanto dall’adorazione per i cosmonauti. Essa ha come rivale una religiosità dell’Eros non meno affascinante e delirante. D’altronde è chiaro che il vecchio termine “alienazione” (religiosa, ideologica, politica) è debole per descrivere questa situazione al tempo stesso mostruosa e normalizzata, intollerabile e tollerata, opprimente ma che passa inosservata.

Abbassiamo i nostri occhi e il nostro pensiero su ciò che ci circonda. Non lasciamo che il nostro sguardo si smarrisca. Ritorniamo alla superficie, quella della terra, quella dei nostri corpi. E da lì proviamo a ridiscendere, non verso le profondità abissali ma verso la carne e il sangue. Facciamoci passare la sbornia. Basta con la fanta-umanità (anche se la fantascienza ha molto da insegnarci). Prendiamo in considerazione il nostro micro-cosmo. Sta male. Dietro un’apparenza sfavillante, sta andando in rovina. Non soltanto in Asia e Africa, ma proprio intorno a noi e sotto la nostra pelle. Tutto procede come se i padroni del Cosmo dovessero, un giorno non troppo lontano, abbandonare questa nave che affonda – la Terra – per un pianeta riuscito meglio, il tutto tra gli applausi dei naufraghi. Tutto procede come se la specie umana ammettesse il proprio insuccesso e si dichiarasse oramai perduta, assieme alla sua dimora, la Terra. Se l’umanità abortisce, se si moltiplicano i segni del grande Fallimento, sta al pensiero lucido trarne la lezione.» (Henri Lefebvre, Le ricadute della tecnica)

 

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Sommario Ep. 2.28

  • Introduzione
  • Cronache dal XX secolo – Seconda puntata: “La conquista dello spazio”, di Sergio Spina, testo Andrea Barbato (Rai, 1965)
  • Agricoltura e Droni (Tg3 Pixel, 17/4/2021)
  • Il mondo a distanza: Su pandemia, 5G, materialità rimossa del digitale e l’orizzonte di un controllo totalitario – Quinta parte: “Il modo più sicuro per prevedere un comportamento è predeterminarlo”
  • PRONTO VIRUS?
  • VacciniMegamix13
  • “Ben strano il mondo…” – Prinz Eugen, Torino

 

Riferimenti Ep 2.28

  • Terry Jones, Brian di Nazareth (1979)
  • CCCP Fedeli alla Linea, Punk Islam (live a D.O.C., Raidue, 1988)
  • Wolfgang Petersen, La storia infinita (1984)
  • Iron Butterfly, Iron Butterfly Theme (Galaxy Club, 1967)
  • Grateful Dead, The Same Thing (Live San Francisco, 18 marzo 1967)
  • Nino Ferrer, Viva la campagna (1970)
  • Dj Spooky That Subliminal Kid, Quark Soup + Byzar (Necropolis: The Dialogic Project, 1996)
  • Valsusa Trash Crew, Techno Treno (Corona Virus Edit)
  • Arbat, Improvisations Sur Thèmes Tziganes (Voyage en Tziganie, 2004)
  • Danny Boyle, Trainspotting (1996)
  • IBM MT/St – Tutta roba nostra!
  • Dick Gaughan, The World Turned Upside Down (BBC live, 1982)
Link alla puntata su Radio Blackout