Episodio 4.26

Episodio 4.26

Se la figura del cyborg infesta l’immaginario della fantascienza e del cyberspazio, il suo cugino il postumano fa la sua comparsa ufficiale sulla scena filosofica e politica nel 1999. Lo dimostra la polemica che si scatenò a quei tempi in Germania e in Francia intorno a quel che si è soliti chiamare “l’affare Sloterdijk”. Collegato alla movenza postmoderna, Peter Sloterdijk ha provocato, con la pubblicazione di “Regole per il parco umano”, un vivo dibattito attorno alle trasformazioni dell’umano a opera delle biotecnologie. Redatto nell’ambito di un colloquio consacrato a Heidegger, questo testo ha provocato, per l’ambiguità delle sue affermazioni, grande scompiglio all’interno delle comunità intellettuali tedesca e francese che hanno creduto, a torto, di scorgervi le tracce di una reminiscenza dell’eugenismo nazista. L’analisi di Lafontaine porta invece a inscrivere le argomentazioni di Sloterdijk nella lunga lista dei prolungamenti contemporanei del paradigma cibernetico.

Riportando la cultura umanista alla semplice imposizione da parte di una élite di tutta una serie di testi giudicati essenziali all’«addomesticamento» della gioventù, in “Regole per il parco umano” Sloterdijk afferma che si è occultato il fatto che la società umana è il frutto di un dressage, un addomesticamento appunto, dell’umano da parte dell’umano. Considerando che all’epoca dei mass-media l’umanesimo è definitivamente superato come forma di addomesticamento, intende riaprire la questione dei mezzi adoperati socialmente dall’uomo per auto-addomesticarsi. Riprendendo le parole del Zarathustra di Nietzsche, Sloterdijk vuole aprire una controversia tra i «diversi allevatori e diversi programmi di allevamento». (Peter Sloterdijk, “Regole per il parco umano”, in Non siamo ancora stati salvati. Saggi dopo Heidegger, 2004, p. 257)

Contro l’umanesimo che giudica obsoleto, prende posizione a favore di un auto-addomesticamento antropotecnologico. Senza peraltro difendere una modificazione dell’umano attraverso le biotecnologie, sostiene però che il loro uso è oramai ineluttabile. Basandosi sull’idea che qualunque forma di addomesticamento culturale presuppone una selezione, sviluppa alcune riflessioni che ricava dalla Politica di Platone: «Ciò che Platone afferma per bocca del suo straniero è il programma di una società umanistica che prende corpo in un singolare umanista assoluto, il signore dell’arte pastorale regia. Il compito di questo superumanista non sarebbe altro che la pianificazione delle caratteristiche di una élite che deve venir allevata proprio per volontà della totalità.» (p. 262)

È proprio questa parte che ha destato profonde inquietudini riguardo le sue intenzioni, nonostante Sloterdijk si sia pronunciato sulla necessità di promulgare un codice di condotta in materia di manipolazioni genetiche. Ma per quanto ambigua e interpretabile, la sua posizione è certamente sconcertante. «Qui trova posto il famoso paragone dell’uomo di Stato con il tessitore. Per Platone il fondamento reale e vero dell’arte di governare non sta nel voto dei concittadini, che a loro discrezione danno o sottraggono la fiducia al politico, e non si trova nemmeno tra i privilegi ereditati o le nuove forme di usurpazione del potere. Il signore platonico trova la ragione del suo potere solo in un sapere del governo d’allevamento, e dunque nel sapere di un esperto del tipo più singolare e particolare. Riemerge qui il fantasma di un regno di esperti il cui potere ha come fondamento legale il sapere come gli uomini dovrebbero venire separati e uniti al meglio, senza arrecare danni alla loro libera volontà. L’antropotecnica di governo richiede difatti all’uomo di Stato, che sappia intrecciare l’una con l’altra nel modo più efficace le qualità adatte all’essere-comune degli uomini che si fanno guidare liberamente. Sotto la sua mano il parco uomini ottiene così la sua omeostasi ottimale; ciò accade quando i due rispettivi tipi umani ottimali, caratterizzati da una parte dal coraggio guerresco, dall’altra dalla razionalità filosofico-umana, vengono inseriti in eguale misura nella trama del loro essere-comune.» (p. 261)

 

 

Sommario 4.26

  • Introduzione
  • Henri Laborit e l’inibizione all’azione (da Mio zio d’America)
  • HOMO TECHNOLOGICUS – Utero in affitto, surrogazione di maternità: dalla vita carnale alle piastrine dei laboratori – 6a PARTETESTO
  • Henri Laborit bis
  • RAI Tgr Leonardo, Cina crea virus in laboratorio (novembre 2015)
  • Henri Laborit tris
  • Bill Gates – LA LEZIONE DEL COVID: come prevenire la prossima pandemia? (VI Parte)TESTO
  • Henri Laborit quater
  • Recensione di Simona Regina al libro di Alessandro Delfanti Il magazzino Codice Edizioni (2023), daTutto Libri, supplemento de La Stampa, 6/5/2023

 

Riferimenti 4.26

  • The Cosmic Jockers, Der Planet des Sternenmädchens (Planeten Sit-in, 1974)
  • Alain Resnais, Mio zio d’America (1980)
  • Chris & Cosey With Boyd Rice, Guest + Host = Ghost (Core – A Conspiracy International Project, 1988)
  • Dr. John &The Donald Harrison Band, Mamzelle Zizi (Dr. John Meets Donald Harrison, 2013)
  • Jefferson Airplane, Embryonic Journey (Surrealistic Pillow, 1967)
  • György Ligeti, Volumina (1966)
  • Raised By Owls, Coronavirus Hardcore Song (2020)
  • Thinking Plague, Les Etudes d’Organism (In Extremis, 1998)
  • Matt Elliott / The Third Eye Foundation, Half a Tiger + Are You Still a Cliché? (Little Lost Soul, 2000)