Episodio 6.6

Episodio 6.6

In ricordo di Bruno Geda

Se, secondo i primi cibernetisti, gli umani non differiscono dalle macchine dal “punto di vista scientifico”, ciò è dovuto al fatto che negli anni ’40 tale punto di vista era quello degli uomini-macchine in guerra. L’insieme uomo-aeroplano-radar-predictor-artiglieria è un sistema chiuso, in cui sembra possibile sostituire gli uomini con le macchine e viceversa. Per il soldato che manovra la tecnologia contraerea, il nemico si comporta realmente come un servomeccanismo. Quel che sorprende è il modo in cui questa visione tecnologica si sia ampliata fino a concepire una nuova età per l’umanità e una filosofia generale dell’azione umana.

Nel 1947, mentre medita sugli eventi bellici appena trascorsi, Wiener sostiene che «il pensiero di ogni epoca si riflette nella sua tecnica». Quella antica era caratterizzata da agrimensori, astronomi e navigatori, mentre nel Seicento e Settecento si distinguevano orologiai e molatori di lenti. La loro scienza era la previsione secondo leggi e la loro economia quella mercantile; le navi solcavano i mari basandosi su orologi e calcoli astronomici della longitudine. Wiener la definì «tecnica del mercantilismo». (Norbert Wiener, La cibernetica. Controllo e comunicazione nell’animale e nella macchina [1948], il Saggiatore, Milano 1968, pp. 65-66) Mentre volgeva al termine il Settecento, sorgeva una nuova età in cui il cronometro lasciava il posto al motore a vapore come simbolo e fulcro reale del lavoro tecnologico. A Huygens e Newton succedevano Rumford, Carnot e Joule, e adesso era il settore manufatturiero e non più mercantile a incarnare la nuova cultura. Infine per Wiener l’età attuale, inaugurata dalla vasta gamma dei dispositivi elettromeccanici della guerra, è l’età dell’informazione e del controllo. Se questi sviluppi risalivano fino a Kelvin e Gauss, trovano la loro forma compiuta (e gli interpreti) soltanto nei laboratori e nelle fabbriche di radar e dei sistemi a questi associati, e le «meraviglie della macchina calcolatrice automatica fanno parte dello stesso genere di idee.» Questa età, che è ancora la nostra, è quella dei servomeccanismi.

Comunque sia, allora erano in molti a credere di trovarsi a un punto di svolta epocale. Il bombardamento nucleare di Hiroshima e Nagasaki nell’agosto del ’45 moltiplicò a livello esponenziale le speranze come le paure anche di Wiener, espresse con qualche mese di ritardo nella lettera a un amico, il filosofo italiano Giorgio di Santillana che nel ’41 si era trasferito al MIT. «Da quando è caduta la bomba atomica mi sono dovuto riprendere da un attacco acuto di coscienza in quanto scienziato che ha lavorato in campo bellico e che ha visto il suo lavoro bellico come parte di un corpus più ampio che è stato adoperato in un modo che io non approvo e su cui non ho il benché minimo controllo. Credo che i presagi di una terza guerra mondiale siano oscuri e non ho alcuna intenzione di permettere che le mie prestazioni siano adoperate in un conflitto simile. Ho preso seriamente in considerazione la possibilità di rinunciare al mio sforzo di produzione scientifica perché non vedo come possa pubblicare senza permettere che le mie invenzioni finiscano nelle mani sbagliate.» (Lettera a de Santillana, 16/10/1945)

Due giorni dopo, redasse una lettera per il presidente del MIT, in cui ripeté i suoi timori riguardo la perdita del controllo da parte degli scienziati sull’uso civile e militare della scienza, concludendo che intendeva «abbandonare completamente e definitivamente il lavoro scientifico. Troverò il modo per vivere nella mia fattoria in campagna. Non sono troppo ottimista di riuscirci, ma non vedo altra direzione che si accordi con la mia coscienza.» (Lettera a Karl Compton, 18/10/1945)

Le lacrime di coccodrillo degli scienziati si asciugano in fretta, e il 1947 si chiude con Wiener ancora al suo posto al MIT: «Quelli fra noi che hanno contribuito alla nuova scienza della cibernetica si trovano così in una posizione morale a dir poco scomoda. Abbiamo contribuito alla nascita di una nuova scienza che (…) comporta sviluppi tecnici con grandi possibilità per il bene e per il male. Non possiamo fare altro che consegnarla al mondo che ci circonda, e questo è il mondo di Belsen e Hiroshima. Non abbiamo neanche la scelta di arrestare questi nuovi sviluppi tecnici. Essi appartengono alla nostra epoca, e il massimo che riusciremmo ad ottenere cercando di sopprimerli sarebbe di metterli nelle mani dei più irresponsabili e venali dei nostri tecnici. Il meglio che possiamo fare è agire in modo che un vasto pubblico comprenda le tendenze e gli aspetti di questo lavoro, e limitare il nostro impegno personale nei campi che, come la fisiologia e la psicologia, sono più lontani dalla guerra e dallo sfruttamento.» (Wiener, La cibernetica, p. 54) Paradossalmente, negli anni della Guerra Wiener aveva ampliato la cibernetica oltre il suo ristretto ambito a causa della debolezza dell’AA predictor; mentre ora che la cibernetica è associata al potere di armi catastrofiche, cerca di riportarla fuori dall’arena militare dato che funziona mortalmente bene. Ma oramai la cibernetica è legata alle sue origini belliche in un modo talmente forte e profondo che Wiener e i suoi colleghi non possono più farci niente.

Nel ventennio che separa la fine della guerra alla sua morte improvvisa, avvenuta durante un viaggio in Europa, Wiener si distinguerà nel tentativo – vano e maldestro – di sottolineare l’importanza della componente umana, condannando non soltanto l’uso militare delle discipline a cui aveva dato il proprio contributo, ma anche la disumanizzazione provocata dalla perdita del controllo sulle tecnologie informatiche che si andavano affermando, così come dalla perdita di posti di lavoro e competenze umane provocate dall’automazione. Inoltre, anche grazie al fatto che nei pochi anni appena trascorsi di incubazione della cibernetica Wiener e soci avevano già presagito che la neonata disciplina sarebbe uscita dal ristretto ambito dei laboratori di elettrotecnica e informatica, per proporsi come modello di interpretazione e di funzionamento degli animali così come delle macchine oltre che delle relazioni interpersonali, e per scrollarsi di dosso il peso e la responsabilità di aver costruito un’arma micidiale, i primi protagonisti decidono di allargare il cerchio della cibernetica alle scienze sociali. Grazie al finanziamento della Fondazione Josiah Macy, l’8-9 marzo 1946 ha luogo la prima conferenza multidisciplinare che unisce matematici e fisici con psicologi e antropologi sull’argomento generale dei sistemi con causalità circolare.

Gregory Bateson, già convinto dell’importanza delle nuove idee, aiutò nell’organizzazione della seconda conferenza, “Meccanismi teleologici nella società” (20 settembre 1946) e della terza, “Meccanismi di retroazione e sistemi con causalità circolare in biologia e nelle scienze sociali”. Vi persero parte, tra gli altri, Paul Lazarsfeld, Margaret Mead e Filmer S. C. Northrop, e le discussioni, sostenute con vigore da Bateson e condotte con entusiasmo da Wiener, von Neumann, Warren McCulloch e Rafael Lorente de Nò, portarono i sistemi, la teoria dell’informazione e i meccanismi di retrazione nel cuore di sociologia, psicologia e antropologia. Secondo Northrop l’impatto della teoria dei servomeccanismi ebbe una «importanza rivoluzionaria per le scienze naturali, morali così come per la filosofia naturale» oltre che «sulla teoria del fattore normativo in legge, politica, religione e in scienze sociali». (Northrop, “Ideological Man in His Relation to Scientifically Known Natural Man”, in Ideological Differences and World Order: Studies on the Phylosophy and Science of the World’s Cultures, 1949, p. 414) Per Bateson il nuovo vocabolario della cibernetica e della teoria della comunicazione rappresentarono una svolta nel suo lavoro; il suo biografo David Lipset l’ha definita una «conversione teoretica» in cui i termini che aveva adoperato in precedenza, come schismogenesi, furono riadattati al linguaggio della macchina rivolta a un fine: retroazione positiva, che lui chiamava rigenerativa (Lipset, Gregory Bateson: The Legacy of a Scientist, 1980, p. 182)

Per quanto riguarda gli interessi filosofici di Wiener, già negli anni Trenta si era interessato a Leibniz, esaltandone l’apertura mentale in opposizione al dogmatismo newtoniano, sottolineandone la dedizione al relativismo, al principio di identità degli indiscernibili simile alla meccanica quantistica, e perfino all’idea dell’indipendenza e autosufficienza della monade – in analogia con alcune teorie che vedevano l’elettrone appartenere a una dimensione più elevata. (Wiener, “Back to Leibniz! Physics Reoccupies an Abandoned Position”, Technology Review n° 34, febbraio 1932) Ma nel dopoguerra Wiener andò ancora oltre, ricavando da Leibniz un ombrello filosoficamente onnicomprensivo che copriva e ricombinava cibernetica e ricerca operativa. Come affermò alla Operations Research Society nel 1953, entrambe si basavano su un moderno parallelismo con Leibniz, la cui concezione di monade era decisamente antropomorfica. Si trattava di una visione del mondo in cui le monadi erano «quasi delle anime la cui attività era limitata a riflettere l’universo delle monadi stesse.» La cibernetica forniva una «immagine del mondo simile»: nodi di comunicazione che interagiscono scambiandosi ordini o comandi. Secondo il cibernetico, il mondo non è altro che l’insieme delle reciproche relazioni interne di questi messaggi in ingresso e in uscita – in definitiva la cibernetica porta con sé, per Wiener, una visione dell’universo «quasi solipsista». Considerata nella sua funzione epistemologica, la cibernetica può essere sia basata sull’osservazione (messaggi unicamente in entrata) sia sperimentale (messaggi in entrata e in uscita). Al tempo stesso, Wiener voleva fosse chiaro che mentre l’epistemologia avrebbe potuto sottrarre alla scienza la funzione di raccolta di conoscenza e informazioni, i cibernetisti non si sarebbero limitati a ciò: «i messaggi possono essere inviati con il fine di esplorare l’universo, ma possono essere inviati anche con l’intenzione di controllare l’universo.» Proprio perché Wiener voleva sottolineare l’aspetto duale dell’informazione, distingueva tra messaggi che potevano essere inviati «nel modo indicativo o in quello imperativo». (Wiener, “Delivered to the Operations Research Society”, 23 novembre 1953)

Come suggeriscono le monadi prive di finestre, e come dice esplicitamente Wiener riguardo il loro quasi-solipsismo, la filosofia cibernetica aveva come premessa l’opacità dell’Altro. In questa visione del mondo siamo davvero come scatole nere, dotate di input e output e senza alcuna possibilità di accedere alla vita intima nostra o di chiunque altro. La stessa opacità domina la teoria dei giochi di von Neumann, dove l’opponente agisce in accordo a determinati principi universali di massimizzazione ma in cui il processo del pensiero che si risolve in ogni singola mossa ci è nascosto. Sebbene in tarda età Wiener giunse a respingere la teoria di von Neumann perché dotata di basi psicologiche inadeguate, negli anni del dopoguerra pensava diversamente: il libro scritto da von Neumann e Morgenstern era per lui «un interessantissimo studio dell’organizzazione sociale da un punto di vista metodologico strettamente connesso, sebbene distinto, ai problemi della cibernetica.» (Wiener, La cibernetica, p. 42)

 

 

Sommario 6.6

  • Introduzione
  • Matteo Salvini, il ganzo è servito (Il Pranzo è Servito, Canale 5, 1993)
  • Zanzare OGM Vaccinatrici (Tg Leonardo 3/12/2024)
  • Jacques Luzi, Le religioni industriali contro la natura e la libertà. Cosmismo e Transumanesimo (Pubblicato sul giornale L’Urlo della Terra, n° 12, Luglio 2024)TESTO

 

Riferimenti 6.6

  • Neu!, Spitzenqualitat + Neuschnee + Super (Neu! 2, 1973)
  • Neu!, Jahresübersicht-Negativland (Neu!, 1972)
  • Mr.GLOB@L [Feat. Elon Musk], Tostapane (dicembre 2024)
  • The Doors, The Mosquito (Full Circle, 1972)
  • CCCP CCCP Fedeli alla linea, Libera me Domine (Socialismo e barbarie 1987)
  • Vladimir Putin, Credo in Dio e Dio è con noi (26/12/2024)
  • The USSR TV and Radio Large Symphony Orchestra diretta da Vladimir Fedoseyev, Время, вперед! (Tempo, avanti!) di Georgij Sviridov (Suite dalla colonna sonora del film Vremja, vperёd! – Время, вперёд!, 1965)
  • François Couture, Marc Couroux, Paul Helmer, Pierrette Le Page, Cosmos Op. 28 (1934) di Ivan Wyschnegradsky (Hommage à Ivan Wyschnegradsky, 1994)
  • Sylvaine Billier & Martin Joste, Preludio II – Ventiquattro preludi in tutti i toni della scala cromatica-diatonica, per due pianoforti a quarti di tono (1939-40) di Ivan Wyschnegradsky (Etude Sur Les Mouvements Rotatoires – 24 Préludes, 2002)
  • Jean Koerner, Jean François Heisser, Martine Joste, Sylvaine Billier, Troisième Fragment Symphonique, Opus 32 (1946) di Ivan Wyschnegradsky (Registrazione del 1977)
  • Nouvel Orchestre Philharmonique de Radio-France & Mario Haniotis, La Journée De L’Existence (1915-16) di Ivan Wyschnegradsky (Registrazione del 1978)
  • Jacques Wiederker & Martine Joste, Méditation Sur 2 Thèmes De La Journée De L’Existence, Opus 7 (1958) di Ivan Wyschnegradsky (Registrazione del 1977)
  • Julia Dmitriukova, Leopoldo Amigo, Miguel Molina et. al., Estratti dall’opera cubo-futurista “Vittoria sul sole” (Победа над Cолнцем, Pobeda nad Solntsem) (1913) di Mikhail Matyushin e Aleksej Kručenych ­­(Baku: Symphony Of Sirens – Sound Experiments In The Russian Avant Garde, 2008)

Episodio 6.5

Episodio 6.5

Per perfezionare il loro marchingegno, nell’estate del 1942 Wiener e Bigelow visitano alcuni laboratori in giro per gli Stati Uniti in cui si stavano analizzando i voli aerei, finché all’Anti-Aircraft Board di Camp Davis, North Carolina, trovano un prezioso documento, i dati del tracciamento della posizione dei voli in codice 303 e 304 all’intervallo di un secondo. Ma dopo aver inserito i dati nell’AA predictor, a fine anno si rendono conto che i risultati non sono migliori di quelli forniti da due semplici macchine di previsione geometrica, già in funzione, progettate da Hendrik Bode, ricercatore dei laboratori della Bell. Sebbene intuisca le potenzialità insite nel suo lavoro di ricerca, Wiener è profondamente disilluso e, come scrive a Weaver, pensa di non riuscire a ottenere alcunché di utile entro la fine della guerra: «Mi sarebbe piaciuto creare qualcosa in grado di uccidere dei nemici invece di limitarmi a dimostrare come non cercare di ucciderli.» (Lettera a Weaver, 28/1/1943)

Nel gennaio 1943 avviene una svolta con la pubblicazione di “Comportamento, fine e teleologia”, in cui Wiener e Bigelow assieme al medico messicano Arturo Rosenblueth (che nel 1930 si era recato ad Harvard per lavorare al dipartimento di fisiologia diretto da Walter Cannon, assieme a cui aveva compiuto i primi studi sull’omeostasi) si interessano alla «classe dei comportamenti basati sulla previsione (…) che suggerisce la possibilità di progettare test sistematici sempre più complessi del comportamento degli organismi»; l’articolo mette in luce l’importanza di concetti che a loro avviso godono di scarso credito, come il fine e per l’appunto la teleologia, e dimostra che «un’analisi uniforme del comportamento è applicabile alle macchine come agli organismi viventi». (“Behavior, Purpose and Teleology”, in Philosophy of Science, Vol. 10, n° 1, gennaio 1943; tr. it. in Dio & Golem s.p.a. Un commento su alcuni punti in cui la cibernetica tocca la religione, Boringhieri, Torino 1967, p. 100) Con l’obiettivo di studiare e classificare i comportamenti, e di sottolineare il concetto di fine, si postula che è più utile esaminare un soggetto/oggetto dal punto di vista delle relazioni di “uscita” e di “ingresso” che nella sua organizzazione intrinseca (è l’idea della “scatola nera”), che è la differenza tra il metodo comportamentistico e quello funzionale.

Come Darwin aveva rintracciato delle similitudini tra animali e umani al fine di abbattere i confini che li separavano, Wiener si sforza di cancellare quelli tra umani e macchine. Tra l’altro, come annota nel 1945 in “Operationalism – Old and New”, nel corso della Guerra gli uomini si stavano sempre più abituando a considerare animati i sistemi servomeccanici: «tra gli aviatori la superstizione, che fa quasi ridere, dell’esistenza di un gremlin probabilmente è dovuta (…) all’abitudine di trattare con una macchina in possesso di un gran numero di feedback inseriti al suo interno, che possono essere interpretati come amichevoli oppure ostili.» Wiener cita l’esempio del sistema a retroazione di stabilizzazione delle ali degli aeroplani, il cui funzionamento spinge i piloti a poterlo «facilmente percepire come una personalità cui far fronte quando l’aereo deve fare manovre inusuali». Essere consapevoli della volontà di un’altra persona è la sensazione percepita quando si ha a che fare con un meccanismo a mantenimento automatico che facilita oppure contrasta le nostre azioni. L’aeroplano, offrendo questo tipo di resistenza che serve alla sua auto-stabilizzazione, si comporta come se avesse un fine, come se fosse abitato da un folletto.

Questa visione profondamente behaviorista non sfugge ad alcuni suoi contemporanei, come lo psicologo Edwin Boring, insegnante ad Harvard e che oltre a nutrire interesse per i fenomeni sensoriali e percettivi, nel 1943 ha appena pubblicato un manuale di grande successo di psicologia militare (Psychology for the Fighting Man, 1943) basato su informazioni pratiche come aumentare il morale dei soldati o adattarsi alla vita militare, e nel 1945 farà uscire un libro di testo intitolato Psychology for the Armed Services. Boring trova «molto attraente» l’idea di Wiener di duplicare con sistemi elettrici le funzioni del cervello e propone di fornirgli «una lista abbastanza completa delle funzioni psicologiche», che in linea di principio si possono esprimere nei termini di stimoli e risposte. Secondo lui, ad esempio, un «processo simbolico» potrebbe essere «una reazione ritardata, adeguatamente differenziale»; oppure l’introspezione, la reazione a una reazione. Nel caso accettasse la sua sfida, il compito di Wiener sarebbe quello di trasferire queste coppie di stimolo-risposta nella sua macchina sottoforma di input/output, e Boring ha già 14 proprietà psicologiche sulla lista e altre da aggiungere come “generalizzazione” e “astrazione”. (Lettera a Wiener, 13/11/1944)

L’ingegneria basata sulla scatola nera – ricordiamo che black-box, termine comunemente adoperato nel Radiation Laboratory del MIT, descriveva un’unità destinata a compiere una funzione prima che si conoscesse la sua modalità di funzionamento, e nel corso della guerra divenne popolare perché apparecchi elettrici erano contenuti in scatole chiazzate di nero – ora aveva uno scopo funzionale molto più grande e complesso rispetto all’amplificazione elettrica: ricreare la mente. Ma nell’arco di poche settimane, l’ambizione di Wiener si spinge addirittura oltre. In collaborazione con Howard Aiken, uno dei pionieri della tecnologia informatica, e John von Neumann, matematico incredibilmente versatile che stava lavorando sui primi computer, nel dicembre 1944 spedisce a una cerchia ristretta di esperti apparentemente non correlati una lettera: «Un gruppo di persone interessate all’ingegneria delle comunicazioni, all’ingegneria delle macchine calcolatrici, all’ingegneria delle apparecchiature di controllo, alla matematica delle serie temporali in statistica e agli aspetti della comunicazione e del controllo nel sistema nervoso, è giunto alla conclusione provvisoria che i rapporti tra questi campi di ricerca sono arrivati a un grado di intimità tale da rendere un incontro (…) assai auspicabile». Da questa confluenza di discipline di guerra, segreta poiché trattava tematiche belliche, emerge una nuova visione che avrebbe abbracciato questioni che andavano dall’ingegneria alla fisica, toccando interessi economici e sociali. I tre firmatari chiamano il gruppo “Teleological Society”.

Il centro comune degli interessi di Wiener, Aiken e von Neumann ruota attorno all’intenzione: «La teleologia è lo studio del fine di una condotta, e pare che gran parte del nostro interesse sia rivolto da una parte allo studio di come il fine si realizzi nel comportamento umano e animale, e dall’altra a come il fine possa essere imitato da mezzi meccanici ed elettrici.» La loro intenzione è fondare una società, una rivista, creare un brevetto e un meccanismo di sostegno, un mezzo di divulgazione e, infine, una rete protettiva per difendersi dalla «pubblicità pericolosa e sensazionalistica». (Aiken, von Neumann e Wiener, lettera Herman Goldstine, 28/12/1944) Il primo incontro avviene il 6-7 gennaio 1945. Rafael Lorente de Nó e Warren McCulloch, fisiologi specialisti dell’organizzazione funzionale del sistema nervoso centrale, presentano il loro lavoro sull’organizzazione del cervello. Wiener si esalta scrivendo a Rosenblueth: «Alla fine eravamo tutti convinti che la questione di fondo comprendeva aspetti sia ingegneristici sia neurologici.» (24/1/1945) Era giunto il momento di trasferire vocazioni separate in un programma di ricerca integrato e permanente, che avrebbe trovato molte risorse tra cui la Fondazione Rockefeller, grazie al sostegno del suo direttore Weaver. Erano state gettate le fondamenta delle future conferenze sugli stati generali della cibernetica.

Da parte sua von Neumann adoperò l’incontro per organizzare una divisione del lavoro: Wiener e Walter Pitts, allievo di Rudolf Carnap e che aveva adoperato la logica per analizzare le proprietà di trasferimento dei neuroni, si sarebbero occupati dei problemi riguardanti il filtraggio e la previsione; William Edwards Deming (statistico che sarebbe diventato uno dei principali consulenti del Giappone durante il suo miracolo economico postbellico), von Neumann e altri di applicare i rapidi metodi computazionali ai problemi di statistica; a von Neumann, Aiken e Herman Goldstine (anch’egli uno dei primi informatici) spettavano le questioni riguardanti le equazioni differenziali di astronomia, idrodinamica, balistica eccetera; infine a Pitts, de Nó e McCulloch quelle di neurologia.

La divisione dei compiti andava bene a Wiener, che però faceva notare a von Neumann la mancanza di quella fondamentale transizione dalla macchina computazionale alla macchina di controllo, quel sistema di retroazione su cui Wiener aveva posto l’accento fin dai suoi primi lavori sui servomeccanismi, e che continuava ad occupare un posto centrale nel suo pensiero poiché era proprio quel processo propriocettivo che avveniva nei controlli meccanici, nei controlli organici e nei sistemi ibridi meccanico-organici.

Nonostante l’ampia schiera dei sostenitori alle idee di Wiener, c’era anche chi dissentiva. Nel 1950 il giovane filosofo Richard Taylor domanderà incredulo a Wiener e soci come avessero potuto proporre seriamente una definizione di comportamento rivolto a uno scopo basata unicamente sull’esito di una sequenza di eventi. Nel testo del ’43 Wiener, Bigelow e Rosenblueth avevano dato questa definizione: il comportamento «“rivolto a un fine” indica che l’atto o il comportamento può essere interpretato come diretto al raggiungimento di un obiettivo, cioè di una condizione finale in cui l’oggetto di cui si studia il comportamento raggiunge una correlazione definita nello spazio e nel tempo rispetto a un altro oggetto o evento. Il comportamento non rivolto a un fine può essere interpretato come quello che non mira a uno scopo.» (“Comportamento, fine e teleologia”, in Dio & Golem s.p.a., pp. 92-93) Secondo Taylor questa definizione era al tempo stesso onnicomprensiva e priva di contenuto, e la sua totale arbitrarietà permeava già dicendo “può essere interpretato”: l’azione di un vaso che cade da un balcone e colpisce in testa un passante può essere “rivolta a un fine”? (Richard Taylor, “Comments on a Mechanistic Conception of Purposefulness”, Philosophy of Science, 17 ottobre 1950) Peraltro la cosa era già stata sottolineata proprio dai tre estensori dell’articolo, per i quali tuttavia, «sebbene la definizione di comportamento rivolto a un fine sia relativamente vaga, e per questo, da un punto di vista operativo, in larga misura insignificante, il concetto di fine è utile e dovrebbe pertanto essere mantenuto.» (p. 94) Questa utilità risiedeva nella possibilità di suddividere in due ordini (in cui la funzione era attiva o spenta, on/off) il comportamento, che poteva essere: non attivo o attivo; e in quest’ultimo caso non rivolto a un fine oppure rivolto a un fine; e in quest’ultimo caso senza oppure con retroazione, ovvero teleologico; e in quest’ultimo caso non estrapolante (non basato su previsione) oppure sì; e in quest’ultimo caso con un ordine di previsione di vari gradi, a seconda che si tenesse conto di coordinate temporali e spaziali più o meno complesse. Dunque, la teleologia era nient’altro che «“il fine controllato da retroazione”», e quello teleologico «il comportamento controllato da retroazione negativa». (pp. 103-104)

La novità che Taylor non prendeva in considerazione proveniva appunto da queste apparecchiature elettromeccaniche dotate di feedback, eppure aveva messo in luce quella che era l’obiezione fondamentale all’analisi behaviorista alle fondamenta dell’intero programma di Wiener: un missile, per quanto teleguidato, non era filosoficamente dissimile da uno che non era auto-regolato, dunque secondo Taylor l’espressione «missile che va in cerca del proprio obiettivo (target-seeking) è metaforica». Ma su questo punto la distanza era incolmabile, giacché a Wiener (e Rosenblueth, che collaborò nella risposta a Taylor)  non interessava sapere se in astratto le macchine «sono o possono essere come gli umani», si trattava di una questione «irrilevante» a fini scientifici: «Crediamo che gli uomini e gli altri animali siano come macchine dal punto di vista scientifico perché crediamo che gli unici metodi fruttuosi per studiare il comportamento umano e animale siano quei metodi applicabili anche al comportamento di oggetti meccanici. Di conseguenza, la nostra principale ragione di selezionare i termini in questione era di sottolineare che, in quanto oggetti di indagine scientifica, gli umani non differiscono dalle macchine.» (Rosenblueth e Wiener, “Purposeful and Non-purposeful Behavior”, Philosophy of Science, 17 ottobre 1950)

Taylor replica a quest’ultimo articolo sostenendo che il loro errore era di basare il concetto di “rivolto a un fine” unicamente su comportamenti osservabili, ignorando però che il proposito di un’azione potrebbe non essere comprensibile in mezzo a molte ipotesi: se il guidatore di un’automobile segue zigzagando un uomo a piedi, sta cercando di metterlo sotto, oppure gli sta facendo uno scherzo, o vuole mettergli paura, o semplicemente sta cercando di far uscire dalla propria auto una fastidiosa ape? Certamente l’osservazione è importante, ma bisogna distinguere tra fine ed evidenza: come adoperare un approccio puramente comportamentista nel caso di azioni in cui l’obiettivo, in quanto entità fisica distinta, non esiste nemmeno, come nel caso dei cavalieri che cercavano il Sacro Graal o gli alchimisti la pietra filosofale? L’intenzione, così come il desiderio, è reale tanto quanto gli atti tangibili, e Taylor non è d’accordo che si abbandonino dei concetti semplicemente perché scientificamente non sono utili a livello operativo. (Taylor, “Purposeful and Non-purposeful Behavior: A Rejoinder”, Philosophy of Science, 17 ottobre 1950)

Mentre Wiener lasciò perdere il dibattito a questo punto, il conflitto rimase irrisolto.  Intanto, con la matematica dei sistemi di retroazione cibernetici, il formalismo della teoria dei giochi e i diagrammi di flusso dell’analisi operativa, le scienze Manichee avevano raggiunto l’apoteosi del behaviorismo, come sperava Boring. Che nel febbraio 1945, affascinato dai nuovi progressi della ricerca interdisciplinare di Wiener, gli scrive nuovamente: «ho fatto una lista di tutte quelle che credo siano le funzioni del cervello, mettendole nei termini positivistici della reazione dell’organismo, termini che potrebbero essere traslati in input, output e aggiustamenti di una scatola misteriosa con sopra morsetti e manopole.»

Lo stesso panegirico per il programma basato sulla scatola nera veniva dallo psichiatra inglese William Ross Ashby, di lì a poco autore di una Introduzione alla cibernetica, che nel 1951 scrisse a Wiener: «Quando penso a come gli psicologi abbiano cercato per decenni (se non secoli) di risolvere in modo esatto questo problema, che la scatola nera è il cervello, e quando penso a quanta poca attenzione abbiano rivolto ai princìpi che ne erano coinvolti, l’opinione che ho degli psicologi crolla a un punto ancor più basso. Il problema è che lo psicologo è troppo orgoglioso per imparare a camminare prima di provare a correre. Motivo per cui oggi è sdraiato sulla schiena, agita le gambe come uno sciocco e pretende di essere un ballerino di danza classica, quando in realtà non ha ancora imparato a camminare a gattoni. Per questo motivo (…) credo che il tuo studio del problema della scatola nera sia il primo passo verso una psicologia scientifica!» (Lettera a Wiener, 6 febbraio 1951)

 

 

Sommario 6.5

  • Introduzione
  • Leonardo Lippolis – Un oscuro scrutare. La trasparenza distopica di Smart City ( Introduzione alla nuova edizione del 2024 di Viaggio al termine della città, Eleuthera, 2009) – SECONDA PARTE (Testo)

 

Riferimenti 6.5

  • Kluster/Eruption, Black Spring (Klopfzeichen, 1970/2006)
  • Kluster/Eruption, Cold Winter (Zwei / Osterei, 1971/2006)
  • Joy Division, Failures of the Modern Man (An Ideal For Living, 1978)
  • Brian Eno, Dover Beach (Jubilee, 1978)
  • Wayne County & The Electric Chairs, Things Your Mother Never Told You (Things Your Mother Never Told You, 1979)
  • The Fall, Industrial Estate + Frightened (Live at the Witch Trials, 1979)
  • Ultravox, Fear In The Western World (Ha! Ha! Ha!, 1977)
  • Amilcar, Wargasm In Pornotopia (Jubilee, 1978)
  • John Foxx, No-one Driving (Metamatic, 1980)

Episodio 6.4

Episodio 6.4

Norbert Wiener, nato nel 1894, si diplomò a 14 anni, a 18 ottenne il dottorato ad Harvard e in seguito si distinse nel campo della fisica, anche a livello internazionale. Negli anni Trenta lo troviamo tra le principali figure del MIT, dove contribuisce alla teoria quantistica, allo sviluppo della balistica e alle tecnologie della comunicazione, e nel 1940 si mobilita in un sub-comitato di scienziati che ragionava su come l’American Mathematical Society potesse dare il proprio contributo a una probabile emergenza nazionale. Anticipando il coinvolgimento bellico degli Stati Uniti, la scienza era già in guerra, e per far questo doveva scendere dal suo piedistallo, trovare i suoi fondamenti nella materialità e indirizzarsi al mondo delle armi.

I calcoli relativi ai movimenti degli aeroplani nemici simulati sull’analizzatore differenziale di Bush dovevano tradursi in qualcosa di concreto e nei mesi conclusivi del 1940 Wiener è sempre più convinto che i matematici debbano abbandonare la “purezza” e sporcarsi le mani. Per ottenere risultati pratici c’era bisogno di esperti in tecniche computazionali, provenienti dalla Remington-Rand o dall’IBM, gente che avesse familiarità con le valvole termoioniche, che padroneggiasse tecniche di ingegneria delle comunicazioni come la telefonia. «Se non posso trovare tutti questi talenti riuniti in un solo uomo, sarò costretto a mettere insieme un team di persone ognuna con un talento specifico in un campo e una conoscenza generale degli altri. In questo gruppo probabilmente io dovrei essere l’unico matematico (…) e dovrò oltrepassare i normali limiti della professione.» (Lettera a Marston Morse, 12/3/1941) Sebbene il programma di Wiener sarà infinitesimamente più piccolo di altri – ad esempio il Radiation Laboratory, per non parlare del progetto Manhattan di Los Alamos – il suo gruppo assai ristretto e il suo budget quasi irrisorio, i risultati in termini di integrazione dei sistemi uomo-macchina avranno tali e tante ripercussioni che nel dopoguerra il suo valore sarà incalcolabile.

Tornando all’AA predictor, nel gennaio del ’41 Wiener chiama a lavorare con sé un ingegnere elettrotecnico del MIT, Julian Bigelow, e ben presto si rendono conto che il meccanismo deve tenere conto di due movimenti irregolari, quello dell’operatore di terra che gira la manovella per seguire il suo bersaglio sul puntatore telescopico, e quello del pilota che per sfuggire al fuoco contraereo procede zigzagando. Entrambi devono essere filtrati, e Wiener adopera i suoi vecchi studi dei servomeccanismi, apparecchi a retroazione come i termostati o i siluri autoguidati, anche se in questo caso il problema era maggiore data la discrepanza temporale tra l’azione e l’effetto prodotto, una ventina di secondi prima che il proiettile colpisca l’obiettivo in aria. «Abbiamo capito che la “casualità” o irregolarità della traiettoria di un aeroplano è introdotta dal pilota; che nel tentativo di costringere il suo velivolo dinamico a eseguire una manovra utile, ad esempio un volo in linea retta o una virata a 180°, il pilota si comporta come un servomeccanismo, cercando di vincere il ritardo dovuto alla dinamica del suo aereo in quanto sistema fisico, come risposta a uno stimolo che aumenta in intensità in proporzione al livello con cui non è riuscito a svolgere il suo compito. Altro fattore importante, la reazione cinestetica del pilota al movimento dell’aereo è ben diversa da quella che tutti gli altri sensi lo porterebbero normalmente ad aspettarsi, di modo che per poter volare con precisione deve dissociare la sua cinestetica dal suo senso visivo.» (Summary Report for Demonstration, inviato il 10/6/1942 al Office of Science and Research Development, National Defense Research Committee).

Un problema fisico e psicologico, dato che il pilota opera in mezzo al fuoco della contraerea, tra le turbolenze dell’aria e i fasci di luce dei proiettori, e Wiener nota che sotto stress l’essere umano tende a comportarsi in modo ripetitivo e dunque prevedibile. Così, assieme a Bigelow, un esperto pilota, e al tecnico Paul Mooney, compiono una serie di esperimenti di simulazione costruendo una speciale apparecchiatura in grado di dare la sensazione di avere tra le mani i comandi di un aereo e avvalendosi di proiezioni sul muro di luci che ricreavano sia la posizione dell’aereo sia la perlustrazione dei proiettori contraerei. I dati elaborati in seguito dall’AA predictor dimostrano che le “reazioni nervose” dello pseudo pilota presentano caratteristiche importanti: le differenze tra i diversi piloti sono minime e c’è un alto livello di correlazione tra i movimenti del singolo pilota prima e dopo la situazione di pericolo. Se la previsione non funziona molto per l’insieme dei piloti, è però abbastanza accurata nell’analisi di ciascun operatore. A margine, Wiener suggerisce l’utilità di adoperare «un’apparecchiatura simile nella diagnosi delle differenze individuali nel comportamento riflesso e delle condizioni patologiche che riguardano l’arco riflesso spinale. Molti altri ampliamenti di queste idee si imporranno da sé a fisiologi, neuropatologi ed esperti in test attitudinali.» (Ibid.)

L’AA predictor perciò non è soltanto il primo congegno cibernetico ma anche un prototipo di macchina ad apprendimento, e sono le caratteristiche dell’essere umano ai comandi del velivolo a dover essere studiate, in modo da calcolare le sue mosse future e colpirlo a morte. Questo operatore può opporre qualche comportamento strategico per evitare di essere colpito: «Se tale azione potesse venire liberamente eseguita dal pilota, ed egli fosse in grado di fare un uso intelligente delle sue possibilità, come per esempio ci aspettiamo da un buon giocatore di poker, avrebbe tante possibilità di modificare, prima dell’arrivo di un proiettile, la sua posizione prevista, che le probabilità di abbatterlo non sarebbero molte, tranne forse nel caso di un ampio sbarramento di fuoco. D’altro lato, il pilota non ha completa libertà di manovrare come vuole. In primo luogo, egli si trova su un aereo che vola a velocità elevatissima, e una deviazione troppo brusca causerebbe un’accelerazione tale da fargli perdere i sensi o da disintegrare l’aereo. In secondo luogo, egli può controllare l’aereo soltanto mediante il movimento delle superfici di governo, e ogni nuovo regime di volo richiede un certo tempo, seppure breve, per stabilirsi. Anche quando si è pienamente stabilito, esso varia semplicemente l’accelerazione dell’aereo, e questa variazione di accelerazione, per diventare efficace, deve prima convertirsi in variazione di velocità e poi in variazione di posizione. Inoltre, un pilota sotto la tensione del combattimento non è nelle condizioni migliori per impegnarsi in un’azione sciolta, libera e complessa, ma seguirà con ogni probabilità il modello di comportamento cui è stato addestrato.» (Norbert Wiener, La cibernetica. Controllo e comunicazione nell’animale e nella macchina [1948/1961], il Saggiatore, Milano 1968, p. 28)

Dal lavoro sulla contraerea Wiener trae una lezione fondamentale, ovvero che è indispensabile concettualizzare il pilota e l’arma, in quanto servomeccanismi, all’interno di un unico sistema. Come ricorderà anni dopo, per quanto si possa riuscire a eliminare questa o quella funzione umana dai sistemi d’arma, «non pare nemmeno lontanamente possibile eliminare l’elemento umano così come si presenta nel comportamento del nemico. Pertanto, al fine di ottenere il trattamento matematico più completo possibile dell’intero problema del controllo, è necessario integrare le diverse parti del sistema in un singolo fondamento, o umano o meccanico. Dal momento che la nostra conoscenza degli elementi meccanici del puntatore d’arma ci sembra molto più avanzata rispetto alla conoscenza della psicologia, abbiamo scelto di provare a cercare un analogo meccanico del puntatore d’arma e del pilota di aereo.» (Norbert Wiener, I Am a Mathematician, pp. 251-52) La teoria del servomeccanismo sta per diventare la misura dell’uomo.

Inoltre Wiener ha la grande intuizione che la missione fondamentale dell’elettronica sia quella di sopprimere il disturbo e trasmettere l’informazione: «gli studi più moderni sugli automi, sia artificiali che naturali, sono una branca della tecnica delle comunicazioni, e in essi le nozioni fondamentali sono quelle di messaggio, di quantità di disturbo o “rumore” – un termine questo preso dalla tecnica telefonica – di quantità d’informazione, di sistema di codificazione, e cosi via.» (La cibernetica, p. 70). Ma le sue idee erano divergenti da quelle di molti altri fisici, perciò il 21/3/1942 rassegna le sue dimissioni dal Radiation Laboratory al direttore E. L. Bowles. Non voleva più perdere il suo tempo con puerilità, con l’inutile soluzione di problemi teorici: senza la conoscenza dei processi di comunicazione gli sforzi sarebbero rimasti al livello dei boy-scout.

In quei giorni era nervoso e lavorava freneticamente, spesso sotto l’effetto della Benzedrina; se ne accorge anche Warren Weaver, all’epoca a capo dell’Applied Mathematics Panel, una sezione dell’Office of Scientific Research and Development che coordinava il lavoro di centinaia di matematici nella ricerca operativa in campo bellico, che lo vede camminare su e giù per una stanza, grondando sudore mentre si scusa per non essere riuscito a calcolare un integrale che abbia una qualche applicazione pratica, che era quello che ci si aspettava da lui. In una lettera del 22/6/1942 all’amico e collega John Haldane dice: «Il behaviorismo come lo conosciamo è un metodo consolidato di studio biologico e psicologico, ma da nessuna parte ho visto un tentativo adeguato di analizzare le possibilità intrinseche ai diversi tipi di comportamento. Questo è diventato per me necessario in rapporto alla progettazione di un’attrezzatura che compia specifici scopi nel modo della ripetizione e della modifica di pattern temporali.» Wiener non specifica il contenuto degli studi per questioni di sicurezza, poi aggiunge che l’esame di un apparato da questo punto di vista è una componente fondamentale dell’ingegneria della comunicazione, dove la funzione di uno strumento tra quattro terminali è specificata prima che qualcuno si occupi di com’è realmente costituito l’apparato all’interno della scatola. Senza entrare nel dettaglio del significato della scatola nera (e bianca) in elettrotecnica, quel che conta è che Wiener suggerisce ad Haldane che fino ad allora «nessun comportamentista aveva ancora realmente capito le possibilità del comportamento». È chiaro che considerava l’AA predictor, che nei giorni in cui scriveva questa lettera era quasi pronto per essere inaugurato, come il prototipo di un nuovo modo behaviourista di intendere il sistema nervoso stesso.

Pochi giorni dopo, il 1° luglio, l’esperto di computer George Stibitz, che lavorava ai laboratori della Bell e durante la guerra era consulente per il National Defense Research Committee, visita il laboratorio in cui operano Wiener, Bigelow e Mooney, rimanendo profondamente stupito: a suo avviso il loro strumento di previsione statistica compie miracoli. Scriverà nel suo rapporto: «Wiener fa notare come la loro apparecchiatura sia probabilmente uno degli approcci meccanici che si sia maggiormente avvicinato al comportamento psicologico. Tra parentesi, il predictor è basato su buone idee behaviouriste, dato che cerca di prevedere azioni future di un organismo non studiando la struttura dell’organismo ma studiando il comportamento passato dell’organismo.»

 

 

Sommario 6.4

  • Introduzione
  • VAX Der Layden (Ursula von der Leyen al Global Citizen Festival di New York, 28/9/2024)
  • Evgenij Zamjatin, Noi – tratto dall’Appunto 15
  • Leonardo Lippolis – Un oscuro scrutare. La trasparenza distopica di Smart City ( Introduzione alla nuova edizione del 2024 di Viaggio al termine della città, Eleuthera, 2009) – PRIMA PARTE (Testo)

 

Riferimenti 6.4

  • Cabaret Voltaire, Exterminating Angel (Intro) + The Message (The Conversation, 1994)
  • Cabaret Voltaire, The Power (Of Their Knowledge) (Shadow of Fear, 2020)
  • Krisma, Metropolis (Emo-Euro-Emo, 2008)
  • Derek Jarman, Jubilee (1978)
  • Joy Division, Failures of the Modern Man (An Ideal For Living, 1978)
  • Brian Eno, Slow Water (Jubilee, 1978)
  • Joy Division, Incubation (Substance, 1988)
  • Joy Division, These Days (Live at Les Bains Douches, Parigi, 18/12/1979)
  • The Original Adam and the Ants, Plastic Surgery (Jubilee, 1978)
  • Wayne County & The Electric Chairs, Paranoia Paradise (1977)
  • Suzi Pinns, Rule Britannia + Jerusalem (Jubilee, 1978)
  • John Foxx, New Kind of Man (Metamatic, 1980)

Episodio 6.3

Episodio 6.3

Il 20 settembre 1940 Norbert Wiener scrive al coordinatore scientifico delle ricerche militari degli Stati Uniti, Vannevar Bush: «Spero tu possa trovare qualche ambito di attività in cui io possa essere utile durante l’emergenza.» Siamo nei mesi in cui l’aviazione nazista sta colpendo duramente l’Inghilterra, e Wiener ha delle idee su come adoperare l’apparecchiatura computazionale di Bush, il cosiddetto analizzatore differenziale (differential analyzer), per progettare più velocemente materiale bellico, dalle ali degli aerei alle bombe, e più nello specifico reitera la sua proposta di arma contraerea che consiste nel far detonare in quota dei contenitori di gas liquido come etilene, propano o acetilene. Sarà proprio dall’idea di costruire un’arma antiaerea che, negli anni seguenti, lavorerà alla messa a punto di quel dispositivo che chiamerà “antiaircraft (AA) predictor”, nella doppia accezione di puntatore per contraerea e di strumento di previsione della posizione dell’aeroplano nemico. Ma infine Wiener andrà ben oltre la concezione di un’arma da guerra: passo dopo passo, giungerà non soltanto a considerare il predictor come il prototipo della mente tanto del pilota dell’Asse nemico quanto di quella dell’artigliere alleato, ma più generale a includere nel suo modello la vasta gamma dei sistemi di retroazione umani presenti nella cinestesia e in ambito elettrofisiologico. Queste idee nel dopoguerra diventeranno la scienza da lui battezzata cibernetica che, inglobando intenzionalità, apprendimento e molto altro di quanto presente nella mente umana, lo porteranno a credere di capire il funzionamento della totalità degli animali, delle macchine, dell’universo stesso.

Se la cibernetica fu battezzata adoperando l’immagine pittoresca e romantica del timoniere (che in greco è kubernetes), il suo modello era in realtà quello molto più prosaico e moderno del pilota nemico di cacciabombardieri. In quegli anni si delineano, soprattutto nei paesi anglosassoni, due modi di concepire il nemico. Innanzitutto c’è la sua degradazione ad animale da schiacciare, pidocchio, formica, verme; il generale inglese Thomas Blamey, nel 1942, rivolgendosi a Port Moresby ai suoi uomini parlava così del soldato giapponese: «è una bestia subumana, che ha riportato l’arte della guerra a un’epoca primordiale, che segue le regole della giungla combattendo con le unghie e con i denti, e che bisognerà sconfiggere con le sue stesse regole della giungla… Uccidetelo o vi ucciderà.» Un anno dopo sul campo di battaglia di Buna-Gona, sempre nell’isola di Papua, dirà: «combattere contro i giapponesi non è come combattere contro normali esseri umani. (…) Il giapponese è un piccolo barbaro. (…) Non siamo di fronte a essere umani così come li conosciamo. Siamo di fronte a qualcosa di primitivo. Le nostre truppe hanno la giusta opinione dei giapponesi. Li considerano dei parassiti.»

Ma al tempo stesso comincia a farsi strada un’altra versione del nemico, meno razzista e più anonima, quella dello sconosciuto vittima dei raid aerei, in cui la distanza fisica è anche morale e le persone uccise diventano invisibili. Lo metterà bene in luce anni dopo Günther Anders, nella sua prima lettera scritta nel 1959 a uno dei piloti della squadriglia aerea che bombardò Hiroshima, Claude Eatherly, che si era pentito ed era quasi uscito di senno, a differenza di altri come il radarista dell’Enola Gay Joe Stiborik, secondo cui era solo una bomba più grossa delle altre, o di un ex capo di stato che, «rovesciando ingenuamente ogni morale (…), ha dichiarato (…) di non sentire i minimi “rimorsi di coscienza”, che sarebbe una prova lampante della sua innocenza.» (Günther Anders, Diario di Hiroshima e Nagasaki, p. 195) Anders, a differenza di Wiener, capisce che la «tecnicizzazione dell’esistenza» trasforma la morale dell’essere umano: «il fatto che, indirettamente e senza saperlo, come le rotelle di una macchina, possiamo essere inseriti in azioni di cui non prevediamo gli effetti, e che, se ne prevedessimo gli effetti, non potremmo approvare (…). La tecnica ha fatto sì che si possa diventare “incolpevolmente colpevoli”, in un modo che era ancora ignoto al mondo tecnicamente meno avanzato dei nostri padri», e questo è dovuto principalmente al fatto «che siamo in grado di produrre più di quanto siamo in grado di immaginare; e che gli effetti provocati dagli attrezzi che costruiamo sono così enormi che non siamo più attrezzati per concepirli.» (Ibid., pp. 191 e 194)

Durante la guerra mondiale si fa strada una terza immagine del nemico, molto diversa sia dal soldato stanato dalle trincee ma anche dall’invisibile abitante dei palazzi bombardati dall’alto: quella di un avversario meccanico, spietato e dal sangue freddo, prodotto dai laboratori di ricerca bellica del MIT così come di molte altre università dei paesi sia Alleati sia dell’Asse. In campo americano, nel calcolo di questo nemico convergevano tre scienze strettamente legate: la ricerca operativa, che si concentrava sul massimizzare l’efficienza nel localizzare e distruggere i sommergibili tedeschi; la teoria dei giochi, quella ideata da John von Neumann e Oscar Morgenstern (Theory of Games and Economic Behavior, 1944) in cui gli strateghi militari prendono spunto dalla tecniche di gioco per analizzare ciò che dovrebbero fare due forze opposte allorché si aspettano che l’altra agisca nella maniera più razionale possibile, ma ignorando entrambe sia le specifiche intenzioni dell’avversario sia la sua scelta di dove, come e quando bluffare. Infine, nella sua visione cibernetica, Wiener divideva il nemico in due categorie: da una parte il “diavolo Manicheo”, «che essendo determinato a vincere adopererà ogni stratagemma di astuzia o dissimulazione per ottenere il successo» e che può dunque cambiare strategia per fregarci, e dall’altra il “diavolo Agostiniano”, tra cui annoverava le forze della natura, la cui caratteristica è la “malvagità” del caso e del disordine ma che non può cambiare le regole. (The Human Use of Human Beings; Cybernetics and Society [1950], Free Association Books, London 1989, pp. 34-35). Wiener pensava che l’irrazionalità del comportamento umano fosse della stessa natura del caso nel mondo fisico: «Questo elemento di casualità, questa incompiutezza organica, senza adoperare un’immagine troppo violenta la possiamo considerare come il male; il male negativo che S. Agostino caratterizza come incompiuto, rispetto al male positivamente maligno dei manichei. (…) Ho già indicato che il diavolo che gli scienziati stanno combattendo è il demone della confusione, non della malvagità intenzionale.» (Ibid., pp. 11 e 190)

Peter Galison, newyorkese, professore di storia della scienza ad Harvard, che nell’autunno 1994 ha pubblicato sulla rivista Critical Inquiry un testo intitolato “L’ontologia del nemico: Norbert Wiener e la visione della cibernetica” (The Ontology of the Enemy: Norbert Wiener and the Cybernetic Vision) su cui ci stiamo basando per questa parte del racconto, definisce questa triade come scienze Manichee, sebbene secondo lui la distinzione tra antagonisti attivi e passivi non farà parte della visione del mondo cibernetica. Secondo Wiener c’è una stretta continuità tra la strategia di autoregolazione anti-entropica finalizzata al controllo e alla distruzione del nemico, da una parte, e il controllo del mondo che ci circonda, dall’altra, ed è lo stesso Wiener a sostenere che la posizione agostiniana facilmente si degrada in quella manichea. (The Human Use of Human Beings, p. 191)

Sempre secondo Galison, però, di queste tre scienze sarà la cibernetica a essere centrale nell’indagine dei sistemi uomo-macchina. Posto di fronte alla difficoltà di colpire con la contraerea di terra cacciabombardieri facilmente manovrabili, Wiener mette in campo il suo interesse già consolidato nei meccanismi di retroazione, nelle tecnologie di comunicazione e nei processi non lineari. È qui che si fonda un’ulteriore immagine del nemico, che sui campi di battaglia meccanizzati non è più quello invisibile o irrazionale, ma che è a proprio agio nel mondo della strategia, delle tattiche e delle manovre, e al tempo stesso del tutto inaccessibile perché separato da un abisso fatto di distanza, velocità e metallo. Si tratta di una visione in cui il pilota nemico è talmente immerso in meccanismi e macchinari che non si capisce dove finisce l’umano e dove inizia il non umano e, inoltre, in questo quadro operativo il soldato che manovra gli strumenti antiaerei comincia ad assomigliare al suo avversario. Tra l’abbattimento delle frontiere tra umano e non umano, sia nel nemico sia nell’alleato, e nella scomparsa del confine tra umano e macchina in generale, il passo sarà breve. Come sostiene Galison, «nella visione cibernetica degli anni ’40, il nemico servomeccanico diventa il prototipo per la fisiologia umana e, in definitiva, per la natura umana nel suo insieme. A quel punto, con un movimento finale verso la totalizzazione, Wiener catapulta la cibernetica a filosofia della natura, in cui la natura stessa diventa un avversario inconoscibile ma passivo – il male agostiniano.» (The Ontology of the Enemy, p. 233)

 

 

Sommario 6.3

  • Introduzione con Vannevar Bush (Looking Back on the Bomb, 1963)
  • HARA(RI)KIRI – Alien Intelligence
  • Annullamento multe No-Vax è una vergona per l’Italia: Vincenzo De Luca, a Scampia per inaugurare il presidio ospedaliero “Sciuti” dell’ASL Napoli 1, il primo ‘Punto di facilitazione digitale previsto dal PNRR (SìComunicazione, 12/12/2024)
  • Deny, Defend, Depose – Luigi Mangione For President (1a parte) – Con intermezzi pubblicitari della UnitedHealthcare
  • Le parole di Luigi Mangione ritrovate in un taccuino al momento dell’arresto – TESTO
  • Fabrizio Pregliasco e il misterioso virus in Congo (TG2 Italia Europa)
  • Deny, Defend, Depose – Luigi Mangione For President (2a parte) / RaiNews24, 11/12/2024

Riferimenti 6.3

  • Deutsch Nepal, Dead Dogs Entertainment + Take U Out of Control + Amygdala + The Carnivors Cave + A Swinging View From the Gallows (Amygdala, 2011)
  • The Dead Brothers, Ship of Fools (Black Moose, 2014) – TESTO
  • Carl Craig, Mind of A Machine (Landcruising, 1995)
  • Napoli Centrale, Viecchie, mugliere, muorte e criaturi + Campagna + Vico primo Parise n. 8 (Napoli Centrale, 1975)
  • American Murder Song, Murder! Murder! (Murder Ballads of 1816: The Year Without a Summer, 2017)
  • Ebo Taylor Jnr., Children Don’t Cry (Afrobeat Airways 2: Return Flight to Ghana 1974-1983, 2013)
  • The Residents, Search for Truth (I Murdered Mommy, 2004)
  • Nico, Segui la fila (1967)

Episodio 6.2

Episodio 6.2

Con l’inizio della sesta stagione riparte il viaggio alla scoperta dei territori inesplorati del continente cibernetico. Dopo aver descritto le tappe principali dello sviluppo di questa nuova scienza nella seconda metà del Ventesimo secolo, ripercorreremo alcune delle sue traiettorie per verificare quale sia stato il contributo che hanno dato all’edificazione dell’attuale Quarta rivoluzione industriale.

Nata come studio del controllo e della comunicazione nell’animale e nella macchina, la cibernetica non si è limitata a essere la scienza che ha fornito la spinta principale alla creazione dell’informatica, al dilagare dei computer e di tutte le apparecchiature che oggi funzionano all’unisono nella “rete” che ci sta definitivamente catturando. Sebbene, in modo speculare all’emergere dell’energia atomica, lo sforzo bellico degli alleati per contrastare l’avanzata dell’Asse nazifascista (senza dimenticare l’impero nipponico) sia l’ambito in cui ha mosso i suoi primi passi, a differenza di molte altre discipline scientifiche la cibernetica si è distinta innanzitutto per il suo carattere interdisciplinare.

Uno dei principali limiti interpretativi è stato quello di far coincidere la cibernetica unicamente con la robotica, i calcolatori, l’intelligenza artificiale; a immaginarsi la sua incarnazione, il fantomatico cyborg – l’organismo cibernetico – principalmente in un soldato sovrumano o in un supereroe dotato di forza straordinaria, grazie all’unione della plasticità biologica con le prestazioni aumentate delle tecno-scienze.  Tuttavia, come mise in luce Günther Anders analizzando le epoche della Seconda e Terza rivoluzione industriale, quel che stava succedendo agli esseri umani e che continua inesorabilmente a succedere, è qualcosa di più profondo e che riguarda quel che si è soliti chiamare anima. Il lato oscuro e nascosto dell’individuo, quello strato irraggiungibile, indescrivibile e dunque inspiegabile, che esita a piegarsi ai calcoli probabilistici e ancora resiste all’operazione magica di prestidigitalizzazione: la sua scomposizione in quanti di informazione.

La diffusione delle teorie cibernetiche in tutti gli ambiti delle scienze umane non è stata di secondaria importanza, tutt’altro. Nel tentativo di comprendere come sia possibile che miliardi di persone stiano accettando – più o meno docilmente – di vivere sotto il governo di una macchina planetaria, proveremo innanzitutto ad analizzare le fondamenta su cui sorge, dalle ceneri dei primi due conflitti mondiali, l’essere che minaccia di sostituirsi al sapiens: il cibernantropo.

 

 

Sommario 6.2

Riferimenti 6.2

  • A Verbal Equinox, Interlude (A Verbal Equinox, 2011)
  • Caravan of Thieves, Zu Zu’s Petals (Bouquet, 2008)
  • Eduardo Niebla, Calle De La Tiña (I Can Fly Now, 1996)
  • Herbie Hancock, Quasar + Water Torture (Crossings, 1972)
  • Arandel, Hysope (InBach, 2020)
  • The Caretaker, Place In The World Fades Away (Everywhere At The End Of Time: Stage 6, 2016)
  • Les Claypool’s Duo De Twang, Stayin’ Alive (Four Foot Shack, 2014)
  • Gangpol Und Mit, Le Sorbet Cassis (Disque Compact, Pièces Détachées, 2004)
  • R-Zac, Nazi Europe Fuck Off (Trailer Trax, 2022)

Episodio 6.1

Episodio 6.1

Ladies and gentlemen, signore e signori, mesdames et messieurs, cyborg e posthuman all’ascolto, ben ritrovati sulle onde perigliose della Nave dei Folli.

Per la sesta stagione ritorna, implacabile come un’influenza invernale o come un nuovo obbligo vaccinale, l’impertinente ciurma dei mozzi a tenervi compagnia, col consueto bollettino settimanale, sul sito di Noblogs, sul canale Telegram e ogni lunedì in replica dalle 16 alle 17 su Radio Bandito.

Anche quest’anno si tenta l’arrembaggio alla società cibernetica, sotto tutte le sue forme: sia quelle materializzate delle appendici tecno-scientifiche in continua espansione nella pace sociale come nella guerra globale; sia quelle meno visibili ma forse più subdole e insidiose, della gestione del parco umano nei suoi comportamenti, pensieri ed emozioni.

Proveremo ad approfondire le nostre considerazioni sull’anima nell’epoca della quarta rivoluzione industriale, sull’obsolescenza dell’essere umano che rischia di esser soppiantato dal suo fantasmatico sdoppiamento robotico, sull’intelligenza artificiale ai tempi dell’istupidimento generalizzato dell’homo ignorans, sulla continua medicalizzazione di corpi e spiriti nel tentativo di migliorarne prestazioni, adattabilità e funzionamento.

Con questi e molti altri propositi ci lanciamo tanto nell’oscurità quanto nel bagliore accecante dei mari del presente. Navigando come sempre a vista, chissà dove ci condurrà il nostro viaggio, e forse poco ci interessa saperlo.

Perciò, senza promesse né proclami, che si drizzino le vele, che Eolo ci sia propizio, che Talassa e Nettuno ci proteggano!

 

 

Sommario 6.1

Riferimenti 6.1

  • Maksym Chumakov, A Lucky Pirate in Ireland + Happy Pirat + Happy Pirat 2 + Happy Pirat 3 (Pirat, 2024)
  • Campagna contro l’influenza stagionale 2024-25
  • Watcha Clan, Gypsy Dust (Radio Babel, 2011)
  • Jose Manuel, Vampyros In Love (Discodromo Remix) (Cocktail d’Amore Sampler 01, 2011)
  • Cabaret Voltaire, Brutal but Clean (The Conversation, 1994)
  • Idiot Flesh, Puppet Theatre (The Nothing Show, 1994)
  • Balkan Hotsteppers, Let’s Go Trippin (Klezmer circus Stylee) (2010)
  • Balkan Hotsteppers, TypsyGypsyMyxy (2012)
  • Biznaga, Todas Las Pandemias De Mañana (Bremen No Existe, 2022) – TESTO
  • Jose Manuel, Vampyros In Love (Discodromo Remix) (Cocktail d’Amore Sampler 01, 2011)

I CANTI DELLA TAVERNA – Volume 5

Aspettando che salpi la Nave dei Folli, continuano i canti dall’oscurità della taverna.

 

 

Riferimenti Canti della Taverna – Vol. 5

  • Martin Carthy & The UK Group, The Mermaid (Rogue’s Gallery – Pirate Ballads, Sea Songs, and Chanteys, 2006)
  • Kultur Shock, Build A Wall (Integration, 2009)
  • Gogol Bordello vs. Tamir Muskat, Balkanization Of Amerikanization (J.U.F., 2004)
  • Balkan Beat Box, La Bush Resistance (Balkan Beat Box, 2005)
  • Memphis Slim, Big Bill Broonzy & Sonny Boy Williamson, Life is Like That (Land Where the Blues Began / 1933-59, 1970)
  • Canray Fontenot, Blues De La Prison (Alan Lomax Blues Songbook, 2003)
  • David Page, Gapu/Celebration (The Rough Guide to Australian Aboriginal Music, 2000)
  • Asto Pituak, Food & Bombs (Garrasiak Iluntasunean, 2007)
  • Los Muertos de Cristo, Ni Dios Ni Amo (Los Olvidados, 1997)
  • Dodi Moscati, La tua bocca (In Blues, 1995)
  • Maria Monti, Il figlio del poliziotto (Maria Monti e i Contrautori, 1972)
  • Piero Ciampi, Don Chisciotte (Dentro e Fuori, 1976)
  • Tom Waits, Road To Peace (Orphans/Brawlers, 2006)
  • The Beatnigs, Television (Remix) (Television, 1988)

I CANTI DELLA TAVERNA – Volume 4

Aspettando che salpi la Nave dei Folli, continuano i canti dall’oscurità della taverna.

 

 

Riferimenti Canti della Taverna – Vol. 4

  • Eliza Carthy, Rolling Sea (Wayward Daughter, 2013)
  • Henri Cow, War (in Praise of Learning, 1975)
  • Ramzi Aburedwan & Ensemble Dal’ouna, Et Nous, Nous Aimons La Vie (The Rough Guide to Arabic Revolution, 2013)
  • Ballo delle Castagne, Il pianto di Cristo su Gerusalemme (Ballo delle Castagne, 2009)
  • Maurizio Monti, Il diavolo (Diavolo custode, 1976)
  • Varlin, Desertion (Split Collectif Mary Read, 2010)
  • Serpe in Seno, Kill The Rich Or Die Tryin’ parte 2 feat. Pugni in Tasca (Carne, 2013)
  • Dino Sarti, Professore, mi dà una pastiglia (p. interr.) (Omonimo, 1977)
  • Watcha Clan, On Est Pas Là Pour Rigoler (Le Bastion, 2005)
  • Rona Hartner, Nationalité Vagabonde (Nationalité Vagabonde, 2008)
  • Asian Dub Foundation, Rebel Warrior (Facts and Fictions, 1995)
  • Mad Manoush, Gipsy R-Evolution (The Gipsy R-Evolution, 2008)
  • Jean Mereu/Jean-Luc Cappozo/Lucie Recio & La Marmite Infernale, A las barricadas (Buenaventura Durruti, 1996)