Episodio 7.7

Le teorie-pratiche che ruotano attorno la gestione dei gruppi nascono e si sviluppano proprio nel momento in cui viene progressivamente sgretolata la vita collettiva tradizionale, sostituita con la società di massa. Al proprio interno lo Stato non ha più come contraltare comunità semi-indipendenti da spremere con le tasse e controllare che non si ribellino, eppure ancora lontane dai centri del potere e dalla loro cultura. Con l’industrializzazione queste particolarità locali iniziano progressivamente a uniformarsi e fanno spazio a un insieme di cittadini sempre più frammentati e atomizzati, che devono riunirsi e accordarsi in vista del funzionamento del macchinario sociale, motivo per cui le suddette teorie e pratiche devono essere applicate avendo come obiettivo, più che l’armonizzazione delle decisioni comuni, quello di oliare e far girare l’ingranaggio delle varie istituzioni, pubbliche e private. Inoltre, per dare un simulacro di libertà ai sudditi bisogna creare l’illusione che le decisioni siano prese collettivamente, sia tramite il ricorso al voto (diritto e dovere del buon cittadino, al momento ancora prerogativa maschile ma in via di allargamento all’altra metà della popolazione) sia garantendo libertà formale di unione, riunione e opinione.

Il luogo di incubazione delle teorie dei gruppi e della facilitazione sono gli Stati Uniti, che in apparenza più garantiscono questi diritti e dove nel dopoguerra le teorie cibernetiche favoriscono il passaggio dalla cieca sottomissione all’autorità (che nella nazione del capitalismo rampante è meno legata allo Stato, alla nobiltà e all’esercito) a consenso ottenuto tramite strategie di discussione e prese di decisioni. C’è da dare un taglio netto col passato, anche se questo si era manifestato principalmente nei paesi europei e molto meno in America, e il comando apertamente autoritario va sostituito con uno più democratico, in campo politico, educativo così come all’interno delle aziende. L’autoritarismo vecchio stampo da un lato è visto come criminale e liberticida, con il comunismo sovietico che ben presto sostituisce lo spauracchio nazista con cui far risaltare la propria pratica virtuosa, dall’altro come qualcosa che non funziona, controproducente e incapace di creare ricchezza e benessere e le dinamiche necessarie a crearle e diffonderle. Questione altrettanto importante, a essere sottoposta a strategie discorsive e deliberative è anche la sfera intima, coinvolgendo opinioni e sentimenti fino ad allora rimasti rinchiusi nel “continente oscuro” della psiche, che deve anch’esso venire alla luce, razionalizzato e gestito. Questi compiti sono affidati alle scienze sociali, antropologia, psicologia e sociologia, che devono contribuire a forgiare la nuova società e con essa un nuovo tipo di Uomo, adatto alle sfide della modernità e delle sue nuove tecnologie.

Uno dei principali contributi della cibernetica è quello di riunire sotto le stelle e strisce del sogno americano tutti gli ambiti dello scibile umano, in una fenice che sta sorgendo dalle ceneri prodotte dalla distruzione non soltanto materiale del conflitto planetario appena concluso: le scienze dialogano fra loro, si scoprono leggi valevoli tanto in campo fisico e meccanico come biologico, l’informazione e la comunicazione assumono il ruolo cardine e anche la sociologia vi partecipa. Sul solco di questa interdisciplinarietà si va formando anche un nuovo linguaggio: non a caso uno dei cardini della storia della facilitazione, Jerome Liss (in un’intervista a Giacomo D’Alterio, all’epoca in cui conduceva Seminari di Formazione per i gruppi pacifisti, per l’Associazione Lilliput o il WWF, sui temi della Comunicazione Ecologica, della Conduzione del Gruppo e dell’Integrazione di nuovi soci), così descriverà questa nuova figura: «Il Facilitatore è come un enzima biologico. Il suo compito è catalizzare la comunicazione fra i membri».

Dunque, se autorità dev’esserci è quella che viene scoperta essere insita, secondo la vulgata cibernetica, nella stessa natura delle cose. I problemi di qualunque genere diventano risolvibili con abili strategie, a cominciare da quelli più annosi a livello sociale, che dunque non sono considerati radicati nell’ingiustizia, nell’esistenza di classi basate sull’appropriazione privativa e sulla speculazione a danno dei sottoposti, dei popoli e degli ambienti naturali; e non a caso uno dei primi target, per dirla all’americana, dell’azione sociocibernetica del pioniere Lewin sono i rapporti interraziali, nel tentativo di pacificare i quartieri più difficili e riportarli sotto l’ala del controllo di Stato e mercato. Kurt Lewin aveva tenuto i primi esperimenti negli anni ’30 su quella che diventerà la questione della “Dinamica di gruppo”, ma la vera spinta propulsiva arriva nel 1946 quando, assieme a Leland (Lee) Bradford e altri collaboratori, organizza alcune conferenze e seminari secondo una precisa strutturazione, in cui ogni gruppo è diviso in piccole unità, ognuna diretta da un “leader”, in cui sono presenti in germe già tutti i principi cardine della facilitazione: «Bradford e Lewin hanno addestrato i leader a essere capaci di aiutare il gruppo e non a essere degli esperti. Li hanno addestrati a come saper costruire, o validare o espandere l’agenda di lavoro del gruppo, come aiutare il gruppo ad attenersi al proprio compito senza adoperare un cronometro o gestire il gruppo… come aiutare il gruppo a iniziare… come gestire membri perturbatori che divagano… come incoraggiarne altri che non prendono la parola… come far sentire i membri liberi di dare il proprio contributo e continuare a tenere il gruppo sulla strada giusta senza irregimentarlo – in breve, come saper condurre senza rendere l’affare troppo complicato.» (John Sam Keltner, “Facilitation catalyst for group problem solving”, Management Communication Quarterly, vol. 3, n. 1, 1989)

In seguito il ruolo di leader si evolve in quello di formatore, sempre nell’ambito di laboratori organizzati, nel giugno 1946, dall’equipe di Lewin e in seguito ribattezzati New Britain o Connecticut Workshop. Un osservatore e un formatore accompagnano ogni gruppo di circa 10 persone, composto da educatori, lavoratori del sociale, manager e cittadini. Ogni sera i ricercatori tengono delle discussioni informali che hanno delle retroazioni (feedback) sulla giornata seguente, e che gradualmente attirano l’attenzione di altri che chiedono di parteciparvi. Per la prima volta si adoperano grandi fogli di carta incollati ai muri per raccogliere le informazioni durante le discussioni, tecnica adoperata ancora oggi, e il fatto di coinvolgere i partecipanti «nella disamina critica del loro stesso processo, in modo intenso, aperto e conflittuale, fu una scoperta fondamentale». (Ibid)
Nonostante la morte improvvisa di Lewin nel febbraio 1947, nell’estate dello stesso anno Bradford, Benne e Lippitt organizzano il primo National Training Laboratory in Group Development (laboratorio nazionale di formazione in sviluppo del gruppo) e vengono redatti tre documenti per la preparazione dei formatori, che riguardano le competenze dell’agente del cambiamento (Change Agent Skills), le dimensioni di sviluppo del gruppo (Group Growth Dimensions) e l’ideologia democratica (Democratic Ideology). Si assiste allora alla nascita dei Basic Skill Training Groups, che da allora saranno conosciuti come T-Groups: all’inizio il ruolo dei formatori consiste nell’aiutare il gruppo ad analizzare e valutare i dati raccolti, senza intervenire nell’ambito dei contenuti o dei problemi personali ma limitandosi agli aspetti legati al processo di gruppo. In questo caso saranno chiamati “agenti del cambiamento”. Tuttavia un paio di anni dopo avvengono mutazioni nella direzione del programma, che contribuiscono a dare un orientamento quasi “terapeutico” ai T-Groups, dove all’interno di laboratori di formazione poco strutturati, i partecipanti iniziano a commentare i propri comportamenti e quelli degli altri partecipanti.

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Sommario 7.7

  • Introduzione con organi 3D stampati nel corpo
  • IOA – Spot 15
  • Future Clarke, Man, Monkeys, Machines (Ship of Fools Records, 2025) (Intervista a Arthur C. Clarke, BBC Two, 21/9/1964)
  • IOA – Spot 16
  • ACCELERAZIONISMO, tra lusso e fantascienza (Seconda e ultima parte) – TESTO
  • IOA – Spot 17

Riferimenti 7.7

  • Kollektiv, Gageg (Kollektiv, 1973)
  • Electric Orange, B-Movie (Cyberdelic, 1996)
  • Trace & Nico, Damn Son (Torque, 1997)
  • Flytronix, Shadowlandz (1994)
  • Underground Resistance, Punisher (1991)
  • Tek9, The Beast Within (It’s Not What You Think It Is !?!!, 1996)
  • Black Sound, Smog (1974)