Episodio 6.26
Nella seconda parte di “Frontiere delle dinamiche di gruppo” Kurt Lewin prende in prestito gli strumenti cibernetici incontrati durante le conferenze Macy, dal momento che anche «la vita sociale organizzata è piena di questo tipo di canali circolari. Alcuni di questi processi circolari corrispondono a ciò che l’ingegneria fisica chiama sistemi di feedback, cioè sistemi che dimostrano un certo tipo di auto-regolazione». Ripercorrendo alcuni esperimenti condotti poco tempo prima, come quello relativo al cambiamento del regime alimentare nelle famiglie americane, sottolinea che «molti canali della vita sociale non hanno semplicemente un inizio e una fine ma hanno un carattere circolare», motivo per cui, ad esempio, nel processo attraverso il quale il cibo dal negozio di alimentari finisce o nelle bocche dei membri della famiglia oppure nel cestino della spazzatura entrano in gioco molti altri passaggi, dal lavaggio dei piatti al ricevere i soldi del coniuge per fare la spesa, che si susseguono in modo circolare e in sezioni interdipendenti, «nel senso che quando finisce una inizia l’altra». Compito delle scienze sociali sarà analizzare questi processi e guidare le scelte politico-sociali in vista del cambiamento.
Ciò che sottende gli sforzi di Lewin è il tentativo di smentire quello che considera un sentire comune dell’epoca postbellica emerso a causa del timore del fascismo: fraintendere che la democrazia significhi mancanza di pianificazione. Per lui, al contrario, «la sopravvivenza e la diffusione della democrazia dipendono non tanto dagli ideali democratici che sono diffusi e forti» bensì «dallo sviluppo di forme efficaci di gestione sociale democratiche e dalla diffusione delle competenze in questo tipo di gestione all’uomo comune», ed è convinto ci sia bisogno di «una ricerca ai fini della gestione sociale e dell’ingegneria sociale. Si tratta di un tipo di ricerca tramite l’azione, una ricerca comparativa sulle condizioni e gli effetti di varie forme di azione sociale, e di ricerca che porta all’azione sociale.» Infatti, secondo un principio che sta alla base delle credenze di Lewin, «la ricerca che produce nient’altro che libri non è sufficiente», e lo dimostra l’impegno di alcune istituzioni, tra cui il MIT, nel sostenere quella che è definita “ricerca di base”. Nel campo dell’ingegneria sociale «i progressi dipenderanno molto dal grado in cui la ricerca di base nelle scienze sociali può aiutare a farsi un’idea più profonda circa le leggi che governano la vita sociale», ricerca di base che deve includere un approccio matematico alle questioni teoriche e al tempo stesso la sperimentazione in laboratorio e sul campo dei cambiamenti sociali.
In questo studio-ricerca bisogna analizzare i tre diversi momenti, la situazione di partenza, gli eventi che portano i cambiamenti e la situazione finale, in un approccio simile a quello degli storici con la differenza che se per loro la scala temporale è quella degli anni, per gli psicologi è dei «minuti e dei secondi». Gli scienziati sociali sono stretti tra due pericoli minacciosi, «la Scilla del perdere la loro “obiettività” nel tentativo di occuparsi di unità abbastanza larghe e significative», da un lato, e la «Cariddi della perdita della “validità” dei loro studi per il fatto di occuparsi di unità inadeguate perché spesso troppo piccole». Per trovare la giusta misura dovranno perciò agire su piani diversi: nel risolvere problemi immediati, dove i ricercatori sociali forniscono il loro contributo sia come consulenti riguardo le modalità di azione – dato che loro conoscenze scientifiche accumulate giorno dopo giorno nel corso della ricerca li rende tecnicamente adatti al compito – sia come esperti nella valutazione delle azioni intraprese; poi nella sperimentazione di test preliminari, in modo da fornire una guida tra le più sicure alle decisioni politiche, e infine nel proporre politiche a lungo termine e programmi di azione.
Secondo Lewin, «l’azione sociale pianificata di solito emerge da una “idea” più o meno vaga. Un obiettivo appare nella forma fumosa di un sogno o desiderio, che difficilmente può esser chiamato un obiettivo. Per diventare reale, per dirigere l’azione, bisogna sviluppare qualcosa che si può chiamare un “piano”». Il passaggio dall’idea al piano presuppone che: 1) l’obiettivo deve essere chiarito; 2) la strada che conduce alla meta deve essere determinata; 3) bisogna sviluppare una strategia d’azione. Queste tre cose insieme formano il “piano generale” che precede l’azione e che corrisponde a un campo che contiene la struttura dell’obiettivo, e i passi in direzione dell’obiettivo, spiegati con sufficienti dettagli, servono come impronta per l’azione. Inoltre, per essere efficace, questo piano deve essere “flessibile” e questa flessibilità necessita di alcuni modelli procedurali: accettare un piano non significa che tutti gli ulteriori passi siano prefissati da una decisione definitiva, e una decisione può essere definitiva soltanto riguardo al primo passo. Lewin in questo caso si ispira all’ambito militare, dove maggiormente sono sviluppate nei massimi dettagli le azioni pianificate di gruppo, per cui il riconoscimento degli effetti del primo passo possono rendere necessario alterare il piano generale e portano a una decisione su come effettuare il secondo passo, e via di seguito.
È a questo punto che emerge l’influsso delle idee di Wiener, allorché Lewin sostiene che «per comprendere quale tipo di organizzazione sociale sia richiesta per un’azione pianificata di gruppo che abbia efficacia, ci si può riferire ai modelli di certe macchine che puntano a certi obiettivi», ovvero il sistema d’arma contraerea progettato durante la guerra. «C’è qualcosa di equivalente nella vita sociale che dirige l’azione sociale? Quali sono i nostri organi di senso sociali? Che dire del processo che governa queste azioni?» Adoperando anche lui l’esempio del capitano di una nave che governa il timone in base alle informazioni che riceve, ma che vale anche nel caso di cittadini riuniti per risolvere un dato problema, Lewin sottolinea come spesso ci si accontenti di risultati che a primo acchito sembrano buoni ma che alla fine non conducono da nessuna parte: per evitare che la nave giri in tondo o che i cittadini non vengano a capo della questione da risolvere, c’è bisogno di una visione dall’esterno, che ci informi del fatto che si stia o meno progredendo. In molti campi della gestione sociale, come ad esempio quelli che hanno a che vedere con i problemi delle minoranze, l’educazione, il modo di condurre le conferenze o le commissioni, scarseggiano gli strumenti in grado di indicarci la nostra esatta posizione, in che direzione ci muoviamo e a quale velocità. Come risultato, le azioni sono incerte riguardo se stesse, sono alla mercé delle approvazioni o disapprovazioni di capi, colleghi o del pubblico. Ma forse, cosa ancor più importante e urgente, sono incapaci ad “apprendere”, poiché in un campo in cui mancano gli standard per valutare se sono stati raggiunti gli obiettivi, non può avvenire alcun apprendimento. Se non possiamo giudicare se un’azione ha portato in avanti o indietro, se non abbiamo criteri per valutare il rapporto tra sforzo e raggiungimento dell’obiettivo, non c’è nulla che possa impedirci di arrivare a conclusioni errate e incoraggiare abitudini di lavoro sbagliate. «Un governo efficiente dell’azione sociale presuppone la necessità di sviluppare metodi di accertamento dei fatti che permettano di determinare in modo abbastanza realistico la natura e la posizione dell’obiettivo sociale e la direzione e la quantità di moto che risulta da una data azione. Per essere efficace, questo accertamento dei fatti dev’essere collegato alla stessa organizzazione dell’azione: deve far parte di un sistema di feedback che leghi il settore dell’organizzazione che si occupa di questa ricognizione, ai settori che agiscono. Il feedback dev’essere fatto in modo che una discrepanza tra la direzione desiderata e quella effettiva porti “automaticamente” a una correzione delle azioni o a un cambiamento della pianificazione». (“Frontiers in Group Dynamics. Channels of Group Life; Social Planning and Action Research”, in Human Relations, n° 1, vol. 2, 1947)
Sommario 6.26
- Introduzione con sabotaggio a Cannes-Nizza
- Collettivo Terra e Libertà – L’occhio del nemico. Su Mondeggi Bene Comune e l’agri-tech “dal basso” (Rovereto, aprile 2025) – Seconda parte – TESTO
- “TAGLIO!” – COMUNICATO DEL SABOTAGGIO CONTRO IMPIANTI ELETTRICI IN COSTA AZZURRA Maggio 2025 – TESTO – Qui l’originale (ET… COUPEZ !)
Riferimenti 6.26
- Ibrahim Maalouf, Timeless + The Proposal + Capitals (Trumpets of Michel-Ange, 2024)
- Kimmo Pohjonen, Spore + Genesis (Kalmuk, 2002)
- Kimmo Pohjonen, Koruna + Anastaja + Kirkuna (Kielo, 1999)
- Vernian Process, Once Upon a Time in the West (The Symphonic Collection, 2007)
- Calibro 35 (Enrico Gabrielli / Luca Cavina / Fabio Rondanini / Massimo Martellotta / Tommaso Colliva), Italia a mano armata + Notte in Bovisa + Milano calibro 9 + La polizia s’incazza + Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (Calibro 35, 2008)