Episodio 5.27
Nel Duemila l’uscita di Impero di Michael Hardt e Antonio Negri – annunciato dal New York Times come un nuovo “Manifesto del partito comunista” – ci ha offerto un ottimo esempio del grado di penetrazione del paradigma informatico presso una certa sinistra militante. Analizzando la rimessa in discussione del principio di sovranità nazionale a opera della globalizzazione, i due autori abbozzano il ritratto di una nuova fase del capitalismo: quella imperiale. Traendo la propria forza da un’economia informatica deterritorializzata e dal controllo cosiddetto biopolitico degli individui, l’impero rappresenta a loro avviso una forma inedita di potenza politica. Per rispondere teoricamente a questa nuova età del capitalismo, propongono una rilettura deleuziana della modernità in cui il concetto d’immanenza spodesta qualunque idea di trascendenza e dove lo spazio simbolico della rappresentazione politica sembra essere stato svuotato. Attraverso l’abolizione delle barriere tra classi, sessi e razze, la potenza della comunicazione dell’impero contribuisce alla creazione di un movimento di resistenza di tipo nuovo: la moltitudine. Emergendo dalla massa informe degli oppositori alla mondializzazione, la moltitudine avanza, come dei nuovi barbari, con il volto mascherato dall’ibridità. A immagine del cyborg, la moltitudine non conosce alcuna frontiera.
Richiamandosi a Donna Haraway, gli autori di Impero proclamano a gran voce che bisogna costruire «un nuovo corpo» per «creare vita nuova» (Hardt e Negri, Impero. Il nuovo ordine della globalizzazione, Rizzoli, Milano 2000, pp. 206). In questo modo vanno a ingrossare le fila dei militanti del postumano, come traspare da certe affermazioni: «I corpi stessi mutano e si trasformano per dare vita a nuovi corpi postumani. La prima condizione di questa trasformazione corporea è la consapevolezza che la natura umana non è in nessun modo separata dal resto della natura, che non vi sono limiti fissi e immutabili tra l’umano e l’animale, tra l’umano e la macchina, il maschile e il femminile e così via. Ma, soprattutto, si tratta della consapevolezza che la natura stessa è completamente artificiale ed è aperta a nuove mutazioni, mescolanze e ibridazioni» (p. 205)
Questi nuovi barbari, definiti anche una «nuova orda nomade», operando mutazioni corporee danno luogo a un «esodo antropologico» che però, come loro stessi ammettono, «è comunque molto ambiguo poiché i suoi metodi, l’ibridazione e la mutazione, sono gli stessi impiegati dalla sovranità imperiale. Nel mondo oscuro della fiction cyberpunk, ad esempio, la libertà della cura di sé è spesso indistinguibile dai poteri di un controllo onnipresente». Dunque le trasformazioni auspicate da Negri e Hardt vanno ben al di là delle mode corporali tipo tatuaggi e piercing: «Si deve giungere a un artificio politico, un “divenire artificiale” (…) Gli infiniti percorsi dei barbari devono creare un nuovo modo di vita.» (Ibid.)
Abbandonando il feticcio della decostruzione, Hardt e Negri pensano sia giunta l’ora di produrre a partire dagli utensili/protesi: «costruire, nel non-luogo, un luogo nuovo; costruire nuove determinazioni ontologiche dell’umano e della vita – un essere artificiale e potente. La favola cyborg di Donna Haraway che si muove tra gli ambigui confini dell’umano, dell’animale e della macchina, ci trasporta oggi, molto più efficacemente del decostruzionismo, verso nuovi piani del possibile – e tuttavia bisogna ricordare che è solo una favola. La forza che può trasportare (e con sempre maggiore intensità) oltre queste pratiche teoriche, verso l’attualizzazione di potenziali metamorfosi, resta l’esperienza comune delle nuove pratiche produttive e la concentrazione del lavoro sul corpo – plastico e fluido – delle nuove tecnologie meccaniche, biologiche e comunicative. Essere repubblicani oggi significa, innanzi tutto, lottare contro l’Impero costruendo all’interno di esso, sul suo stesso terreno ibrido e modulare. (…) questo nuovo terreno imperiale offre enormi possibilità creative e di liberazione. La moltitudine, nella sua volontà di essere contro e nel suo desiderio di liberazione, deve spingersi dentro l’Impero per uscirne fuori dall’altra parte.»
Sommario 5.27
- Introduzione (VOTA Antonio!)
- VOTA NAVE DEI FOLLI (Fantozzi, Bonelli su La7, presentazione della candidatura di Ilaria Salis, Inno “Pace, vita e libertà”, Cateno De Luca)
- FOMO (Fear of Missing Out): La paura di essere disconnessi – TESTO
- Lamento – da Jakob Van Hoddis, Fine del mondo (Gratis edizioni, 2024)
- Intervista a Miquel Amorós per la rivista di ecologia politica della Svizzera romanda di Losanna Moins! (dicembre/gennaio 2024) – TESTO
- Presentazione del libro DOPO INTERNET (ed. Nero, 2024), di Tiziana Terranova, con introduzione di Stamatia Portanova (Libbra, festival delle librerie indipendenti di Napoli, 3-5 maggio 2024) – AUDIO integrale
Riferimenti 5.27
- Link, Arcadian (Global Communication Remix) (Artificial Intelligence II, 1994)
- Sergio Corbucci, Gli onorevoli (1963)
- Enzo Castellari, I nuovi barbari (1983)
- Neri Parenti, Fantozzi subisce ancora (1983)
- Cateno De Luca, Terra d’amuri! (2022)
- Ben Russell, Yuki Numata Resnick & Max Richter, Richter: Dream 3-Jürgen Müller Remix (Sleep Remixes, 2016)
- Nurse With Wound & Faust, It Will Take Time (Disconnected, 2007)
- Moebius & Plank, Infiltration + Conditionierer + Tollkuhn (Material, 1981)
- Les Chevals, Dracula + Cactus + Ushi’s Back (Brass Bande A La Conque, 2003)