Episodio 2.29

Episodio 2.29

La prima parte di Posizionamento: Contro i tecnocrati di Henri Lefebvre, libro pubblicato in francese nel 1967 e mai tradotto in italiano, intitolata “TECNICITÀ E QUOTIDIANITÀ. Frammenti di un manifesto del Possibile”, prosegue con alcune riflessioni sull’oggetto-re di allora, l’automobile, per approdare a uno dei temi più cari all’autore de Il diritto alla città, l’urbanistica. Egli dichiara più volte di essere favorevole al progresso, dunque non si può certo bollarlo come un retrogrado reazionario; ciò che gli interessa è il trattamento riservato all’essere umano, e nel caso della città sottolinea come le si stiano sventrando per lasciar spazio ai flussi del traffico. Per Lefebvre, «che ciò si definisce “urbanesimo” altro non è che un insieme troppo coerente – un sistema – di permessi e limitazioni che servono a mantenere un’attività essenzialmente al livello dello stretto minimo tecnico. Tutto ciò riducendo una situazione e un’attività, l’abitare, a una realtà brutalmente materiale, l’habitat

Al termine di questo secondo capitolo, “I miti della tecnocrazia”, Lefebvre arriva all’argomento del titolo presentandoci una riflessione che è, anche e forse ancora oggi, di drammatica attualità.

«Pare che le persone cosiddette di destra, o “reazionarie”, pensano che ci siano due specie di tecnocrati, quelli buoni e quelli cattivi, quelli benefici e quelli pericolosi; questi ultimi sarebbero “di sinistra” o addirittura di obbedienza comunista. Avrebbero in serbo una riserva di idee perverse, distruttrici della sana tradizione, dei souvenir di una volta, delle norme della società francese, sotto la copertura delle tecnologie. Peraltro è possibile che questa tendenza di destra si attenui. Anche se la sinistra attuale morisse e se l’ideologia di destra come tale scomparisse, la “destra”, invece, rimane. Le persone di destra restano ciò che erano: sono quelle che restano tale quali erano. Hanno perduto da tempo la capacità di creare ideologie e miti. La “sinistra” le ha sostituite in questa attività, sebbene di questi tempi poco produttivi questa sinistra sogna il suo passato e non riesce nemmeno a fare autocritica. Riconoscibile anche se mascherata, la vecchia “destra” è lì pronta a raccogliere le macerie dell’ideologia di sinistra. L’immagine del tecnocrate proviene da quest’ultima. La sinistra pare convinta che il regno della tecnica verrà grazie a lei. A suo dire, gli uomini di destra che promettono l’efficacia tecnica non vogliono e non possono mantenere le loro promesse: pianificazione, soddisfacimento dei bisogni sociali, razionalizzazione della vita sociale, internazionale e nazionale, ecc. Sta alla sinistra organizzare l’ingresso nella terra promessa. Le due “tendenze” sono nei fatti d’accordo su una rappresentazione: il mito della tecnocrazia. Motivo per cui niente assomiglia di più all’immagine di un “tecnocrate di sinistra” quanto quella di un “tecnocrate di destra”. In quanto ai tecnocrati reali, questa confusione gli permette di manovrare, di tendere da una parte, poi dall’altra, di superare a modo loro l’opposizione (secondo loro antiquata) tra sinistra e destra, in nome del primato della tecnica. Abbiamo parecchie buone ragioni per pensare che nemmeno la sinistra cosiddetta “rivoluzionaria” o “comunista” sfugga al mito della tecnocrazia. È perfino sensibile, a causa dell’influenza sovietica, al prestigio della pianificazione autoritaria, e a certe “sovra-determinazioni” ideologiche (il dogmatismo nell’interpretazione marxista).

Sulla tecnica in sé, possiamo essere certi che simultaneamente:

a) tende a chiudere la società e a bloccare l’uomo (nello specifico con la cibernetica, che porta a termine il “cosmo” della quantità e la quantificazione del cosmo!). La tecnicità diventa ossessiva e di conseguenza determinante. Invade il pensiero e l’azione, a cui detta la linea;

b) minaccia di distruzione questo mondo ostruito, questo cosmo chiuso, dove l’unico possibile si riduce al funzionamento automatico e alla strutturazione di un equilibrio perfetto; depreda il mondo e può arrivare fino in fondo a queste predazioni con l’annientamento nucleare.

c) apre al Possibile, a patto che sia investito nel quotidiano.

Dunque essa [la tecnica] è ciò che chiude e che apre la via d’uscita, che oscura oppure scopre l’orizzonte. In quanto all’ideologia, quella dei tecnocrati, quella dei sociologi che parlano della società tecnica, blocca l’insieme; maschera le contraddizioni (nello specifico quella tra la chiusura di una società immobilizzata dalle strutture di equilibrio, e l’aperura di una società verso il possibile attraverso la contestazione e l’effervescenza). Cosa ci vuole per dissipare le ideologie e i miti? Tempo. Delusioni. Esperienze e prove. Contrattacchi teorici. Audacia e pazienza, virtù rivoluzionarie. Se è vero che nel corso del secolo l’etica e l’estetica del lavoro, l’ideologia del lavoro e del lavoratore, la filosofia dell’attività produttiva e della creazione ci hanno ingannato, se è esatto che c’è stato uno spostamento massiccio di affettività e di attività (senza parlare degli spostamenti materiali) verso i divertimenti, se è giusto affermare che questi divertimenti preparano nuove delusioni e frustrazioni, verso cosa si andranno ben presto a rivolgere le attenzioni e le speranze?» (Henri Lefebvre, I miti della tecnocrazia)

 

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Sommario Ep. 2.29

  • Introduzione
  • Istrixistrix, All’arrembaggio del mal francese (2019)
  • Andrà tutto, bene o male… con l’mRNA – VIDEO
  • PRONTO VIRUS?
  • I bianchi, gli ebrei e Hourria Bouteldja: amore rivoluzionario?
  • Il mondo a distanza: Su pandemia, 5G, materialità rimossa del digitale e l’orizzonte di un controllo totalitario – Sesta parte: “Liberi dal lavoro?”
  • Vogliamo cambiare la vita intera: omaggio ai Provos

 

Riferimenti Ep 2.29

  • Jean Dubuffet, Pleure et Applaudit (1961)
  • Les Troublamours, L’Homme De Cromatique (Ama L’acqua, 2007)
  • Checco Zalone, Immunità di gregge (2020)
  • Elio (2021)
  • Istituto Peyron Re Umberto I di Torino, Andrà tutto bene (giugno 2020)
  • Truce Baldazzi, Andrà tutto male (2021)
  • Beppe Grillo (1998)
  • Terry Jones, Brian di Nazareth (1979)
  • Sin Dios, Somos así (live inedito a El Paso, 2001) – Testo tradotto
  • Dj Spooky That Subliminal Kid, Byzar Prologue + Joe Nation – Zvona (Voda Mix) + Heterotopian Trace + Joe Nation Prologue (Necropolis: The Dialogic Project, 1996)
  • Robert Jasper Grootveld (1966)
  • Tomorrow, My White Bicycle (1967)
Link alla puntata su Radio Blackout